Acqua: risorsa insostituibile.

Qual’è lo spettacolo offerto dalla natura che maggiormente ci rilassa e ci fa insieme esclamare dallo stupore?

Un tramonto sul mare… una cascata… un laghetto di montagna? Sicuramente l’acqua è un elemento indispensabile ed istintivamente la sua presenza ci tranquillizza. Non a caso le più antiche civiltà sono nate nei pressi di importanti corsi d’acqua e molta attenzione è stata posta nell’utilizzo di questa preziosa risorsa naturale.

Eppure in questi ultimi anni stiamo assistendo ad un preoccupante fenomeno: la riduzione delle falde acquifere planetarie. Cosa significa? Significa che l’acqua dolce presente nel sottosuolo si sta riducendo sensibilmente e, per soddisfare la richiesta di acqua potabile, occorre scavare pozzi sempre più profondi; in pratica stiamo consumando più acqua di quella disponibile!

Ma la superficie terrestre non è coperta per due terzi di acqua? È vero ma circa il 95% non è potabile e un ulteriore 2% è congelato nelle calotte polari; la disponibilità di acque dolci a livello mondiale è stata calcolata in circa 44.000 miliardi di metri cubi all’anno con una disponibilità teorica, nel 1998, di 4.000 metri cubi all’anno per abitante (un metro cubo corrisponde a 1000 litri). Si deve però tenere presente che una grossa parte delle acque viene usata in agricoltura per scopi irrigui e dall’industria, solamente 600 metri cubi all’anno sono disponibili per scopi alimentari ed igienici ad abitante con sperequazioni nei consumi (dai 630 litri giornalieri pro capite di un americano ai 30 litri di un africano).

Perché la situazione sta rapidamente peggiorando? Dal 1980 al 1998 la richiesta di acqua è raddoppiata, alcuni stimano che dall’inizio del XX secolo ad oggi il consumo di acqua dolce sia aumentato di sette volte. Le cause del calo sono molteplici e possono essere così sintetizzate:

– Crescita demografica; considerato che i consumi sono direttamente proporzionali alla crescita della popolazione mondiale (negli ultimi cento anni i consumi sono cresciuti ad una velocità doppia dell’incremento demografico) si prevede, con questi tassi di crescita, che dopo il 2025 i consumi mondiali non potranno essere soddisfatti dalle attuali risorse; in aggiunta a ciò i paesi a più alto tasso di crescita demografica (Africa, Cina e India) sono proprio quelli che si trovano nelle peggiori situazioni di approvvigionamento.

– Inquinamento; esistono tre modalità di azione degli inquinanti prodotti dall’uomo: l’inquinamento diretto delle falde tramite la penetrazione nel sottosuolo di sostanze tossiche (pesticidi e nitrati impiegati nell’agricoltura, metalli e altre sostanze di sintesi impiegate dall’industria); l’eutrofizzazione a causa del massiccio uso di fertilizzanti azotati; l’inquinamento dell’aria che produce all’ormai noto effetto serra, con innalzamento delle temperature e aumentata evaporazione delle acque, il risultato è l’incremento della percentuale di vapore acqueo presente nell’atmosfera che corrisponde alla siccità nelle terre più esposte (il fenomeno della desertificazione viene implementato dal buco nell’ozono che lascia passare dosi eccessive di ultravioletti con effetti distruttivi sulla flora) e rovinosi uragani.

– Alterazione degli ecosistemi; la costruzione di dighe per lo sfruttamento idroelettrico e la deviazione di corsi d’acqua a scopo irriguo (si parla di oltre 36.000 dighe con invasi superiori ai 15 metri di altezza, distribuite su tutto il pianeta), hanno portato alla distruzione di importanti ecosistemi con sparizioni di zone umide ed aree di piena, insabbiamento degli estuari, reflussi di acqua salata e salinizzazione delle falde.

– Sprechi; la distribuzione delle risorse idriche non è omogenea e avvantaggia pochi paesi, mentre praticamente in tutta l’Asia ed in Medio Oriente si assiste al progressivo esaurimento delle falde; gli sprechi delle acque irrigue e degli impianti di distribuzione rendono inutilizzabili enormi quantità del prezioso liquido.

LA SITUAZIONE IN ITALIA

Com’è la situazione italiana? Non ha ancora raggiunto livelli di particolare gravità ma in molte zone del Sud, particolarmente durante l’estate, assistiamo a delle vere e proprie emergenze con razionamenti del vitale liquido; con le ultime calure eccezionali anche il nord è in affanno. Di fatto in Italia precipitano ogni anno circa 290 miliardi di metri cubi che, dopo la dispersione e l’assorbimento, diventano 110, oltre ai 13 che s’infiltrano nel suolo.

L’acqua estratta dal suolo corrisponde al 32% di quella disponibile (la media europea è del 20%); malgrado ciò al Sud il 70% della popolazione soffre di difficoltà a reperire acqua potabile. È stato riscontrato che lo spreco dell’acqua immessa nelle reti di distribuzione, causa perdite e malfunzionamenti, è impressionante: assomma mediamente al 27% del totale, con punte del 60-70% in Puglia.

Cosa si può fare per ridurre gli sprechi? Come è possibile rilevare dai dati esposti nello schema precedente, in Italia solo circa l’8% dell’acqua potabile consumata serve per scopi alimentari e per bere. Il rimanente 92% se ne va per usi igienici spesso impropri.

Consigli per risparmiare l’acqua:

  • Ridurre gli sprechi mantenendo in buona efficienza i rubinetti e chiudendoli accuratamente; lo sapevate che lo stillicidio può far sprecare più di 3.000 litri l’anno per rubinetto?
  • Usate di preferenza la doccia al posto del bagno per lavarvi, è più sbrigativa, ci consente lo stesso di lavarci accuratamente e ci fa risparmiare perché si consuma meno della metà rispetto al bagno in vasca.
  • Comprate elettrodomestici che utilizzano minori quantità di acqua e ad alto rendimento energetico.
  • Mentre vi lavate i denti o vi fate la barba non lasciate correre l’acqua inutilmente, chiudetela.
  • Fate funzionare lavatrice e lavastoviglie a pieno carico, potreste risparmiare sino ad oltre 1000 litri di acqua l’anno.
  • Non gettate l’acqua di cottura della pasta ma riutilizzatela (tra l’altro è ben calda) per lavare o sciacquare i piatti sporchi.
  • Raccogliete l’acqua piovana ed usatela per innaffiare come anche potrete usare l’acqua di lavaggio di frutta e verdura.

ALCUNE PROPOSTE DELLA BIOARCHITETTURA®

A conclusione di quanto già detto, la penuria di acqua può produrre condizioni destabilizzanti e situazioni di conflittualità; quando in un’area la disponibilità di acqua potabile scende sotto i 1.700 metri cubi l’anno pro capite, tale area entra in crisi; già nel 1995 un quinto della popolazione mondiale non aveva accesso a sorgenti di acqua potabile e la metà mancava di strutture igieniche adeguate.

Il terzo millennio ci riserva scenari catastrofici; già oggi circa 240.000.000 di persone vive al di sotto del livello minimo, fissato dall’O.N.U. in 1.000 metri cubi annui a persona; 2 miliardi di persone sono già in condizioni limite, prelevando più acqua di quella che il ciclo naturale ripristina. Dobbiamo correre ai ripari!

Già da svariati anni la Bioarchitettura propone soluzioni allo spreco di questa vitale risorsa, operando due distinguo: recupero delle acque piovane e recupero delle acque d’uso domestico. Il recupero delle acque piovane può sembrare un discorso banale, ma banale non è, infatti pensiamo alla grande quantità di superfici impermeabili create dall’edilizia (tetti, lastrici solari, cortili pavimentati, passaggi pavimentati, strade asfaltate, ecc.).

L’acqua meteorica su tali superfici “corre” via e non va ad infiltrarsi nel terreno, molte volte viene incanalata e “gettata” in caditoie, fognature, comunque dispersa senza essere adeguatamente sfruttata. L’acqua così raccolta non arricchisce il terreno su cui sarebbe dovuta cadere ma ne viene prontamente allontanata senza alcuna discriminazione, mescolata ad altre acque, va a confluire in canalizzazioni che rapidamente la dirottano verso corsi d’acqua più grandi.

Non a caso nelle nostre città, in seguito a violenti nubifragi, si formano rapidamente ingorghi e rigurgiti della rete fognaria, i pochi corsi d’acqua tracimano e si può assistere alla comparsa di microalluvioni, le strade in pendenza diventano torrenti e spesso le zone più basse diventano bacini alluvionali. Superfici molto vaste, poste al di sotto delle aree urbane, non trattengono più l’acqua meteorica; il terreno, che naturalmente avrebbe un effetto “spugna”, non riesce a trattenere la poca acqua con cui entra in contatto. Una risorsa preziosa viene sprecata senza scopo.

La proposta è relativamente semplice: aumento delle superfici permeabili e raccolta delle acque piovane per il riuso attraverso condutture specifiche, dedicate all’acqua non potabile, rivolte all’alimentazione degli elettrodomestici (lavatrici, lavastoviglie) e degli sciacquoni dei gabinetti; l’acqua raccolta può essere anche usata per annaffiare i giardini.

Un esempio interessante è costituito da un complesso industriale di servizi in Germania, a Francoforte Bockenheim, il “Gewerbehof”, in cui i principi sopra enunciati sono applicati in vasta scala su un edificio che utilizza le acque provenienti dalle varie falde delle coperture per ridurre il consumo idrico e creare ambienti di lavoro maggiormente salubri.

Il recupero delle acque reflue costituisce invece un aspetto più complesso la cui attuazione è spesso ostacolata da preconcetti e normative poco attente a questo tipo di soluzioni. Le acque reflue, o meglio acque di scarico di uso domestico, sono acque di risulta provenienti dai vari processi di lavaggio (quindi contengono detersivi, con una gamma complessa di sostanze inquinanti: detersivi, tensioattivi, fosforo, sbiancanti, acidi, ecc.) e dai sevizi igienici. Il recupero di tali acque a costi relativamente bassi costituirebbe sicuramente un vantaggio economico ed un modo di riqualificare un territorio spesso valutato in modo meramente commerciale.

Oggi le acque reflue vengono trattate da impianti di depurazione centralizzati (detti a “fanghi attivi”) e gestiti generalmente dai comuni o dalle regioni; tali impianti hanno costi elevati di gestione (oltre a costi elevati di costruzione, vi sono forti spese per lo smaltimento dei fanghi di risulta ) ed un impatto ambientale molto forte (vasche di cemento fuori terra e le altre infrastrutture, produzione di aerosol batterico, odori molesti e rumorosità dell’impianto in funzionamento).

LA BIOFITODEPURAZIONE TRAMITE LAGUNAGGIO

Di che cosa si tratta? Si tratta di un sistema di depurazione basato sull’utilizzo di piante acquatiche per l’abbattimento degli inquinanti; le piante interagiscono con microrganismi e rendono possibile l’abbattimento degli inquinanti.

È un sistema costituito da uno o più laghetti di depurazione della profondità di circa 60 cm. dove viene convogliata l’acqua reflua proveniente da fosse di raccolta e sedimentazione (simili alle attuali fosse biologiche); il bacino viene preventivamente impermeabilizzato e vengono poste a dimora varie specie vegetali adatte al filtraggio ed assorbimento delle varie sostanze inquinanti; le piante, oltre ad assorbire i composti nutrienti presenti nel liquame (azoto, carbonio, fosforo, ecc.) forniscono un ottimo supporto ai microrganismi demolitori e trasformatori.

Tale sistema si è dimostrato molto efficiente in località con forte variazione della popolazione residente (centri turistici), nei centri rurali e nelle comunità montane; si tratta di un sistema molto tollerante in caso di sovraccarichi e con costi di esercizio modesti. La versatilità del sistema è testimoniata dalla sua diffusione nei paesi tecnologicamente avanzati come Stati Uniti, Germania, Francia, con migliaia di impianti realizzati per il trattamento degli scarichi di piccole comunità ma anche di comunità più grandi (anche superiori agli 80.000 abitanti).

Molto spesso i bacini di lagunaggio vengono usati per colture idroponiche (floricoltura ed itticoltura) e l’impatto ambientale risulta interessante per la riqualificazione di aree degradate (ad esempio cave dismesse, zone incolte, canali inutilizzati, ecc.) e comunque restituisce all’ambiente quell’aspetto naturale che spesso è assente nei nostri centri urbani.

Le acque in uscita possono essere ulteriormente trattate tramite dinamizzazione attraverso flow-form. Le flow-form sono una serie di contenitori, o meglio dei recipienti flussiformi, realizzati in materiali vari (cemento, ceramica, vetro, metallo) concatenati, cioè in successione, posti possibilmente in pendenza; essi hanno delle forme lobate particolari che costringono l’acqua a scorrere formando delle turbolenze che favoriscono l’ossigenazione e di conseguenza innescano i vari processi biologici necessari alla purificazione.

Questi recipienti costituiscono una interessante applicazione anche esteticamente gradevole con risvolti sia di arredo urbano sia di impiego economicamente rilevante (ad esempio di trattamento delle acque stagnanti, la desalinizzazione e come integratore nei sistemi di acquicoltura) e rendono il complesso di depurazione delle acque simile ad un organismo vivente.

Claudio Simonetti