Anton Zeilinger: Non località… Misteri dell'interazione a distanza, teletrasporto e concetto di Informazione

Il Giornale Online
Intervista ad Anton Zeilinger.
Il fisico viennese Anton Zeilinger parla del teletrasporto, dell'informazione costitutiva di un essere umano e della libertà in fisica.


Die Weltwoche: Prof. Zeilinger, i media la chiamano “Signor Trasbordo [Beam, orig.]”. Lei personalmente sarebbe assolutamente contrario al concetto di trasbordo. Perché?

Anton Zeilinger: Perché dà un'impressione sbagliata del mio lavoro. Il “Trasbordo” [“Beaming”, orig.] è presente solo nelle rappresentazioni cinematografiche della scienza, in cui è stato usato come un dispositivo per far soldi. In realtà, dover raggiungere tutti quei pianeti aumentava molto i costi di produzione. Il teletrasporto è conveniente: basta contare fino a tre e ti ritrovi da qualche altra parte. Ma c'è una grande differenza rispetto a ciò che stiamo facendo qui.

Cosa state facendo?

Stiamo trasferendo le proprietà delle particelle di luce ad una certa distanza dentro altre particelle di luce, senza ritardo temporale. La procedura è basata su un fenomeno che esiste solo nel mondo quantistico, conosciuto come “teletrasporto quantistico”.

Suona eccitante quasi quanto “trasbordo” [“beaming”, orig.].

Sì, ma ci sono due grandi differenze. Primo, noi trasferiamo proprietà, non materia. Secondo, finora abbiamo avuto il maggior successo con le particelle di luce e occasionalmente con atomi, non con oggetti di grandi dimensioni.

Nel 1997 il suo gruppo ha effettuato con successo il primo teletrasporto quantistico. Quale distanza può essere attraversata oggi con questa tecnica?

Lo scorso anno abbiamo trasportato particelle di luce per una distanza di 600 metri sotto il Danubio – questo è l'attuale record mondiale. Dico sempre che quando gli americani davvero inizieranno la loro missione per Marte, il viaggio di 280 giorni sarà mortalmente noioso per gli astronauti. Loro potrebbero essere interessati a prendere parte in alcuni esperimenti di teletrasporto lungo il tragitto e si incrementerebbe il record a centinaia di milioni di chilometri o più.

Lei ha detto che trasferite solo proprietà, non particelle. “Copiare” non sarebbe un'espressione più accurata rispetto a “Teletrasportare”?

No. Primo, differisce dalla semplice copia in quanto l'originale perde le sue caratteristiche. Questo è qualcosa di pazzesco che può esistere solo nel mondo quantistico. Lei può realmente rimuovere tutte le proprietà di una particella e fornirle ad un'altra.

Ma entrambe le particelle rimangono dove sono.

Sì, ma la questione è: come posso io riconoscere un originale? Io sostengo: solo attraverso le sue proprietà. La materia in sè è completamente irrilevante. Se cambio tutti i miei atomi di carbonio con altri atomi di carbonio, io sono ancora Anton Zeilinger.

Questo succede nel corso della nostra vita. Noi continuamente cambiamo le nostre proprie cellule.

Esattamente. L'unica cosa importante sono le mie proprietà e esse sono basate sull'ordine degli atomi – quello che mi permette di essere chi sono. Gli atomi non sono importanti in sè. Quindi quando traferiamo le caratteristiche durante il teletrasporto, in questo senso noi realmente trasferiamo gli originali.

Qualche gruppo di fisici ha già teletrasportato singoli atomi. Quindi cosa davvero manca dal trasbordare esseri umani?

Noi qui stiamo parlando di fenomeni quantistici – non abbiamo idea di come produrre questi effetti con oggetti di grandi dimensioni. Ed anche se fosse possibile, il problema da affrontare potrebbe essere enorme. Primo, per ragioni fisiche, l'originale dovrebbe essere completamente isolato dal suo ambiente affinché il trasbordo funzioni. Ciò richiede il vuoto assoluto, ed è abbastanza risaputo che questo non è particolarmente salutare per gli esseri umani. Secondo, lei vorrebbe prendere tutte le proprietà da una persona e trasferirle in un'altra. Questo significa produrre un essere che non ha più nessun colore di capelli, nessun colore degli occhi, nulla. Un uomo senza qualità! Questo non manca solo di etica – è così folle da essere impossibile da immaginare.

Beh, a Vienna forse… Ma lei ha detto che un altro problema era la mole di informazioni. Una volta ha calcolato che se registrassimo tutte le informazioni di un essere umano dentro dei CD, dovrebbero essercene a sufficienza per formare una pila che da qui raggiungerebbe il centro della via lattea.

Questo era qualche anno fa – con la tecnologia attuale la pila non sarebbe ancora così alta. Ma possiamo fare un calcolo grossolano. Gli atomi in un essere umano sono l'equivalente di una massa di informazione di circa mille miliardi di miliardi di miliardi di bit. Sempre con le tecnologie di punta oggi, questo significa che occorrerebbero 30 miliardi di anni per trasferire questa mole di dati. Questo è il doppio dell'età dell'universo. Quindi ci serve un maggior numero di passi avanti nella tecnologia, innanzitutto.

Quali pensa che siano i limiti del teletrasporto?

Chi lo sa, forse tra un migliaio di anni saremo davvero capaci di teleportare una tazza di caffè. Ma attenzione: anche la più piccola interferenza potrebbe significare che la tazza arrivi senza il manico. Questo metodo è di gran lunga troppo pericoloso per gli umani.

Perché la procedura è così sensibile ai disturbi?

In quanto ogni disturbo – e questo vale per una misura o un'osservazione – altera lo stato delle particelle coinvolte nel trasporto. Le regole della fisica quantistica sono completamente diverse da quelle del mondo in cui viviamo. Per il teletrasporto qunatistico noi usiamo il metodo della correlazione[entanglement]. Questo è un particolare stato che connette due o più particelle, ma che scompare tanto in fretta quanto prima si cerca di osservarlo dall'esterno.

Correlazione[Entanglement] – possiamo immaginarla come…

…non c'è modo di immaginarla. Il fisico austriaco Erwin Schrödinger ha coniato il termine nel 1935 ed ha anche detto che il garbuglio nei fenomeni della fisica quantistica è tale da costringerci a dire addio a tutte le nostre idee più care circa il mondo.

Ci aiuti a farlo!

Quando due particelle colidono come palle da biliardo nel mondo quantistico, esse sono immediatamente collegate o correlate. Nessuna delle due ha una posizione chiaramente definita o un preciso momento (quantità di energia): posizione e velocità sono incerte, appunto.

Il famoso principio di indeterminazione di Heisemberg.

Esattamente. Ma poi io posso fare una misura, diciamo, del momento di una delle particelle correlate. A causa di questa misura, il momento che era prima incerto, adesso può essere determinato. La cosa particolare è che nello stesso istante la seconda particella acquista un ben preciso momento. Non ha importanza quanto distante essa sia.

Albert Einstein chiamò questo effetto “azione imprevedibile[spooky] a distanza”.

Esatto. Ma il veramente strano deve ancora venire.

Non vedo l'ora.

Il risultato delle mie misure sulla prima particella è totalmete casuale. Non c'è modo di predirlo, in linea di principio. Ma appena ho il risultato, posso dedurre il momento della seconda particella.

Quindi posso misurare accuratamente il momento della seconda particella, anche se è a miliardi di chilometri di distanza.

Teoricamente sì. L'effetto è stato provato al massimo con una distanza di cento chilometri. La cosa pazzesca è che non c'è stato scambio di informazione tra le due particelle. Esse reagiscono assolutamente in sincrono, sebbene ognuna di esse non può sapere nulla dell'esistenza dell'altra. Può pensare a due dadi lontani tra loro che si fermano sempre sullo stesso numero, senza che ci sia nessun tipo di meccanismo che li connette. Assurdo!

Incertezza, coincidenza, effetti imprevedibili – tutto ciò non la stordisce certe volte?

E' tutto piuttosto folle. L'effetto imprevedibile a distanza è un processo fuori dal tempo e dallo spazio che neanche io riesco a immaginare. Ma credo che la fisica quantistica ci dica qualcosa di davvero profondo riguardo al mondo. E cioè che il mondo non è come è indipendentemente da noi. Così le caratteristiche del mondo sono in qualche misura dipendenti da noi.

Questo suona quasi New Age.

Bisogna stare attenti a non equivocare. Io intendo questo: lo sperimentatore può determinare attraverso la sua scelta dello strumento di misura quale grandezza fisica diventa realtà. Prenda una particella con una posizione e una velocità incerte. Quando lei la guarda attraverso un microscopio e la localizza, la particella le fornisce una risposta: “Io sono qui”. Questo significa che la posizione diventa realtà in quel momento. Prima, la particella non ha posizione alcuna. Con la scelta di misurare noi abbiamo influenzato la realtà oltre le nostre aspettative. Ma la risposta che la natura ci fornisce è completamente casuale.

Io scelgo lo strumento di misura e la natura sceglie il risultato?

Giusto. Io chiamo questo “le due libertà” La prima è quella dello sperimentatore nella scelta dello strumento di misura – questo dipende dalla mia libertà di volere [la scelta]; e poi la libertà della natura nel fornirmi la risposta che più le piace. Una libertà condiziona l'altra, per così dire. Questa è veramente una proprietà sottile. E' troppo grave che i filosofi non dedichino molto tempo a riflettere su ciò.

Mi piacerebbe tornare sue queste libertà. Primo, se lei assumesse che non ci sia libertà di scelta – e ci sono persone che sostengono questa posizione – allora può fare a meno di tutte le follie della meccanica quantistica in un sol colpo.

Vero – ma solo se lei assume un mondo completamente determinato dove ogni cosa che è accaduta, assolutamente ogni cosa, è fissata in una grande rete di causa-effetto. Allora c'è stato un evento nel passato che potrebbe aver determinato sia la mia scelta dello strumento di misura che il comportamento della particella. Quindi la mia scelta non è più una scelta, l'incidente casuale non è più casuale e l'azione a distanza non è più tale.

Può accettare una simile idea?

Non posso escludere che il mondo sia fatto così. Ma per me la libertà di fare domande sulla natura è una delle conquiste essenziali delle scienze naturali. E' una scoperta del Rinascimento. Per i filosofi e i teologi del tempo doveva sembrare incredibilmente presuntuoso che le persone improvvisamente iniziassero a ideare esperimenti e a fare domande sulla natura e a dedurre leggi naturali, che erano di fatto esclusiva di Dio. Per me ogni esperimento sta in piedi o cade assieme al fatto che io sono libero di fare domande e effettuare le misurazioni che voglio. Se questo è tutto determinato, allora le leggi di natura apparirebbero solo come leggi e le scienze naturali nella loro interezza cadrebbero.

Ci sono fisici che propugnano il completo determinismo?

Ne ho incontrato uno. Quando ero molto più giovane e maleducato di oggi, e l'ho intenzionalmente insultato pubblicamente in una conferenza. Lui era infuriato. Gli ho detto: “Perché sei seccato? Nè tu nè io siamo liberi in quello che facciamo.”

Mi piacerebbe arrivare alla seconda libertà: La libertà della natura. Lei ha detto che, per esempio, la velocità o la posizione di una particella sono solo determinate al momento della misura ed in modo completamente casuale.

Io sostengo: E' così casuale che nemmeno Dio conosce la risposta.

In ultimo, questo implica qualcosa di mostruoso: ossia che la particella non ha assolunamente nessuna caratteristica prima che questa venga misurata. Il grande fisico Niels Bohr una volta disse: “Nessuno ha mai visto una sedia”. Non c'è una realtà oggettiva. Solo ciò che viene misurato esiste. Noi costruiamo la realtà e lo facciamo solo nel momento dell'osservazione o della misura.

Credo che lei debba fare una distinzione: secondo me c'è qualcosa che esiste indipendentemente da noi – in fisica lo chiamiamo l'evento singolare. Per esempio l'attività di un rilevatore di particelle. O l'attività di certe cellule nel mio occhio, che registra un certo numero di particelle di luce e poi provoca una reazione chimica che viene successivamente registrata nel cervello. L'immagine che creiamo alla base di esso sono nostre costruzioni. La sedia di Bohr o ad un livello più astratto, l'equazione di stato della meccanica quantistica o i nostri concetti su un oggetto. Naturalmente siamo molto orientati agli scopi, in quanto ci siamo abituati con un uso ripetuto degli oggetti.

Quindi c'è di fatto qualcosa che esiste indipendentemente da noi. E la luna è comunque lì anche se io non la guardo.

Qualcosa esiste, ma non ci è direttamente accessibile. Solo indirettamente. E se questa cosa deve essere davvero chiamata “luna” è un'altra questione. Questa è anche un costrutto.

Ma c'è qualcosa lì sopra…

…la parola “lì” è un altro costrutto. Spazio e tempo sono concetti finalizzati a dare significato al nostro mondo di apparenze. Quindi sono costrutti del tutto razionali. Non voglio in nessun modo dare l'impressione che io creda che ogni cosa sia semplicemente una nostra immaginazione.

Il mondo è un enorme teatro che è rappresentato solo nelle nostre teste.

Questa non è certamente la mia visione delle cose.

Quindi come vuole chiamarlo, questo qualcosa che non può chiamare luna o spazio o tempo – questo qualcosa che esiste indipendentemente da noi?

Non starei dando un'altra qualificazione se cercassi di dargli un nome? Non sarebbe sufficiente dire semplicemente che esiste? Appena utilizza parole come “mondo” o “universo”, lei ricomincia a trascinarsi dietro tutta quella zavorra concettuale.

Ma lei difende la tesi che c'è una “materia originaria (costitutiva, ndt.) dell'universo”: l'informazione.

Sì. Per me il concetto di informazione è alla base di ogni cosa che noi chiamiamo “natura”. La luna, la sedia, l'equazione degli stati, niente e tutto, in quanto non possiamo parlare di alcunché senza de facto parlare dell'informazione che noi abbiamo di queste cose. In questo senso l'informazione è il blocco costruttivo basilare del nostro mondo.

Ma proprio ora noi stiamo parlando di un mondo che esiste indipendentemente da noi.

E' vero. Ma questo mondo non è direttamente accertabile o descrivibile. Questo perché ogni descrizione deve essere fatta in termini di informazione e quindi lei entra inevitabilmente in un ragionamento circolare. C'è un limite che non possiamo attraversare. E anche una civiltà su Alpha Centauri non può attraversarlo. Per me questo è qualcosa di quasi mistico.

Nel suo ultimo libro lei ha scritto: “Le leggi di natura non dovrebbero fare distinzioni tra realtà e informazione.” Perché?

Noi abbiamo imparato nelle scienze naturali che la chiave di lettura può essere spesso trovata se rimuoviamo certe linee di demarcazione nelle nostre menti. Newton ha mostrato che la mela cade al suolo in accordo a certe leggi che governano l'orbita della luna intorno alla Terra. E con questo ha reso obsoleta la vecchia differenziazione tra fenomeni terrestri e fenomeni celesti. Darwin ha mostrato che non ci sono linee divisorie tra l'uomo e gli animali. Ed Einstein ha rimosso la linea di demarcazione tra spazio e tempo. Ma nelle nostre menti, noi ancora tracciamo una linea di separazione tra “realtà” e “conoscenza sulla realtà”, in altre parole tra realtà e informazione. E lei non può tracciare questa linea. Non c'è nessuna regola, nessun processo di distinzione tra realtà e informazione. Tutto questo pensare sulla realtà è pensare sull'informazione, che è il motivo per cui lei non può fare questa distinzione in una formulazione delle leggi di natura. La meccanica quantistica, correttamente interpretata, è una teoria dell'informazione.

E può definitivamente spiegare tutti questi strani fenomeni quantistici col suo concetto di informazione?

Non ancora tutti, ma ci stiamo lavorando sopra. Con la limitazione funziona in modo eccellente.

Come?

Io immagino che un sistema quantistico può portare solo una limitata quantità di informazione, che è sufficiente solo per una singola misurazione. Torniamo indietro alla situazione delle due particelle che collidono come palle da biliardo così da entrare in uno stato di limitazione. In termini di teoria dell'informazione questo significa che l'informazione è distribuita su entrambe le particelle, invece che su ogni particella che individualmente porta l'informazione. E questo significa che l'intera informazione che abbiamo pertiene alla relazione tra le due particelle. Per questa ragione, dalla misurazione della prima particella posso anticipare la velocità della seconda. Ma la velocità della prima particella è completamente casuale.

In quanto l'informazione non è sufficiente.

Esatto. La sua casualità è in ultimo una conseguenza della finitezza dell'informazione.

Professor Zeilinger, lei appartiene alla rara specie di fisici filosofanti. Una volta ce n'erano di più, specialmente in Austria: Wolfgang Pauli, Schrödinger, Ludwig Boltzmann, Ernst Mach…

Non solo in Austria. Può essere che Vienna sia una città speciale, ma c'era e c'è ancora una tradizione in Europa di pensiero filosofico tra i fisici. Me ne accorsi nel 1977, quando andai in America per la prima volta. Già dopo un po' di settimane ho iniziato a sentire la mancanza della discussione di stampo filosofico. Qui noi siamo più pronti a farci domande davvero fondamentali. In Europa è importante chiedere cose. In America è importante essere in grado di costruire qualcosa. Io non intendo dire che questo sia totalmente negativo.

E' probabilmente la ragione della superiorità americana, specialmente in tecnologia.

Certamente. Ed ha anche a che fare con lo spirito pionieristico e con il “successo” nelle scienze naturali durante la seconda guerra mondiale. Ma penso che l'approccio europeo sia di maggior successo a lungo termine. Precisamente nel caso di quelli che sono i maggiori problemi che la fisica affronta. Noi ora stiamo lavorando all'unificazione della gravitazione e della fisica quantistica da quasi ottant'anni – ci deve essere qualcosa di sbagliato nella nostra concezione. Sono convinto che potremo riuscirci solo con un approccio filosofico completamente nuovo.

Ma in tempi recenti ha anche avanzato una idea prettamente in stile americano: una università di elite per l'Austria.

Sì, abbiamo cercato un buon nome per qualche tempo. Adesso è chiamata “Istituto Austriaco di Scienza Avanzata e Tecnologia”. L'idea è di creare una istituzione scientifica a livello mondiale, di quelle in grado di attrarre le migliori persone. Qualcosa come l'ETH di Zurigo, ma…

…un po' meglio?

Già, in qualche ambito l'ETH è molto, molto buono, ma non in ogni ambito. Questo è il maggiore svantaggio delle università europee, ossia questo miscuglio di eccellenza e mediocrità. Lei può trovare questo in quasi tutte le università in Europa. In America, per contrasto, le differenze di qualità esistono più tra diverse istituzioni. Ce ne sono alcune di primissimo livello, ma ce ne sono altre molto mediocri ed altre molto povere. La mia idea è un'università solo per attività di dottorato e post-dottorato. Cinquecento persone al massimo, un campus dove la gente costantemente discute e si scambia idee. Nella mia esperienza i migliori risultati si ottengono quando c'è un alto grado di cooperazione interdisciplinare.

Quanto è lontano nel tempo l'Istituto Austriaco?

Il progetto è pronto, il governo ha espresso la sua approvazione, quello che manca è il denaro.

Probabilmente non è economico.

Il costo non è più alto che qualche chilometro di autostrada: dai cinquanta agli ottanta milioni di euro di capitali iniziali e circa lo stesso importo per coprire ogni anno i costi operativi. Sono convinto che l'Austria ne abbia bisogno. E sono anche convinto che in dieci o venti anni la nostra regione avrà una università di livello mondiale. La questione è: Quì, a Bratislava o a Varsavia?
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Qui c'è la lista http://www.quantum.univie.ac.at/zeilinger/Buch.htm delle pubblicazioni di Anton Zeilinger. Il suo recente lavoro http://www.randomhouse.de/book/edition.jsp?edi=139519 , “Einsteins Spuk. Die neue Welt der Quantenphysik.” (Il velo di Einstein. Il nuovo mondo della fisica quantistica) è pubblicato da Bertelsmann (Einaudi in Italia). L'intervista è tratta dalla traduzione inglese di John Lambert e Lucy Powell che potete leggere qui,apparsa in tedesco in Die Weltwoche, 3 Gennaio 2006. Traduzione a cura di Paolo Ferrante, Redazione Centro Studi ASIA.

Fonte: http://www.asia.it/adon.pl?act=doc&doc=338 http://oloscience.blogspot.com/2010/05/anton-zeilinger-non-localita-misteri.html