Architettura megalitica e geometria sacra

Architettura megalitica e geometria sacra

cubesphere Architettura megaliticaDa diversi anni viaggio in tutto il pianeta, attratta dal fascino dei megaliti, menhir, dolmen, cromlech, templi e muraglie che siano. Ho studiato l’architettura megalitica di tutti i luoghi che ho potuto raggiungere, da quelli delle piramidi della piana di Gizah e del tempio di Abydos in Egitto a quelli molto famosi che costituiscono le ciclopiche mura di Cusco, Macchu Picchu, Sacsayhuaman e Ollantaytampu sulle Ande peruane. Ho trovato costruzioni megalitiche in Bretagna come in Cambogia, all’Isola di Pasqua come in Giappone. Il megalitismo sembra essere un’espressione comune della religiosità pagana più antica del nostro pianeta. Hanno un bel dire gli archeologi e gli accademici che le piramidi le hanno costruite i faraoni e il Macchu Picchu gli Inka. La realtà è che lo stesso tipo di struttura si trova in tutto il pianeta, anche in luoghi dove faraoni e inka non centrano nulla. Ciò che più mi ha colpito è la presenza nelle costruzioni megalitiche di strani tasselli inseriti artificialmente tra i megaliti a volte tagliandoli a misura.

Un’operazione di nessuna utilità pratica né estetica che sicuramente adombra qualche altro scopo.

Credo che alla base dell’architettura megalitica ci sia la necessità di lasciare delle informazioni legate alla geometria sacra o a forme di comunicazione non visibile che non siamo in grado di leggere né di comprendere.

Le pietre parlano e questa è l’innegabile sensazione che chiunque prova quando si trova alla presenza di un menhir alto 20 metri che se ne sta lì da migliaia di anni. Al di là di tutte le possibili spiegazioni mi sono fatta un’idea di ciò che questi tasselli potrebbero significare dopo il mio viaggio a Rapa Nui nel novembre 2009.

Un giorno uscii in fuoristrada con Ana Maria, la padrona della capanna in cui alloggiavo nonché studiosa di archeologia Rapa Nui, collaboratrice dell’Università di Santiago e pittrice. La donna mi portò in un sito, Vinapu, che io di mia iniziativa non sarei andata a visitare, perché non c’erano Moai eretti. Traggo dal mio libro “Il ponte tra i mondi” il racconto di come andò:

… imboccò la direzione che una freccia indicava come Vinapu. Percorremmo un lungo tratto di sterrato polveroso e pieno di gobbe e finalmente arrivammo al mare.
Ci fermammo.
Mi disse di scendere e si avviò verso quello che a prima vista sembrava un cumulo di rovine ma che poi compresi essere Moai rivesciati a terra. Ci camminai intorno fino al lato fronte mare e, a un certo punto, vidi qualcosa che fermò i battiti del mio cuore. Non so come Ana Maria avesse intuito che quel posto era importante per me, sta di fatto che l’Ahu Vinapu, l’altare cerimoniale più antico dell’isola dal quale i Moai erano precipitati a terra, era composto di megaliti). Megaliti!… Squadrati e lavorati a incastro, coi tasselli che tanto mi avevano fatto interrogare… gli stessi enormi megaliti allineati trovati sulle Ande, in Egitto e in Cambogia! E questo toglieva definitivamente di mezzo la falsa credenza che Rapa Nui sia sempre stata un’isola dispersa nel mare. Evidentemente chi sostiene che si tratta dell’ultimo pezzo emerso di Atlantide o di qualunque altro continente antico ora inghiottito dal mare, ha ragione. Questo consolidava anche la teoria che un unico architetto e un’unica arte abbiano creato i siti megalitici di tutto il mondo. Quindi era proprio vero, c’era stato un “prima del diluvio” in cui erano vissuti esseri con alte conoscenze e tecnologie oggi perdute.

Non si trattava di qualcosa di “simile”: era proprio la stessa lavorazione, come si può vedere senza dubbio nelle foto comparate. La cosa ridicola è che, secondo la “scienza ufficiale”, l’Isola di Pasqua non ha avuto contatti col resto del mondo fino al XVI secolo. Ancora una volta il sito più antico di tutta l’area era il più perfetto. Probabilmente in origine quel muro megalitico (l’unico nel quale non sono state trovate ossa) non era destinato all’uso di Ahu, uso che gli venne affibbiato in seguito. Gli abitanti dell’Isola cercarono di costruirne altri senza però riuscire a creare che muretti piccoli di pietre sconnesse. Ufficialmente l’arrivo di esseri umani a Rapa Nui dalle isole circostanti viene fatto risalire solo al 500 d.C. Tuttavia la parte di isola dove sorge Vinapu fu, mi disse Ana Maria, la prima ad emergere (o ri-emergere?) dal mare circa 300.000 anni fa. Ci sedemmo in riva all’oceano con le spalle alle onde e lo sguardo rivolto ai megaliti… dovevo riprendermi! Intanto, con voce tranquilla e suadente, la piccola coltissima donna cilena mi spiegava la composizione fondamentale delle credenze Rapa Nui.

  • C’è il MANA – raccontò – l’energia cosmica che solo i sacerdoti potevano maneggiare. Il Mana è orientato alla nascita e alla fertilità ed emana dagli occhi dei Moai. Per questo le cavità orbitali venivano scolpite quando il Moai era già eretto sull’Ahu e non prima: per evitare dispersione di Mana.
  • Poi c’è il TAPU, ovvero la controparte del Mana, il suo negativo… il buco che rimane quando si estrae il Mana dall’Universo. Tapu è ciò che resta ed è ugualmente sacro. Questo concetto, espresso sinteticamente ma con estrema chiarezza, mi riportò immediatamente ai concetti quantici di particella e anti-particella.
  • Secondo le leggende dell’isola – riprese Ana Maria – che ho raccolto in diverse pubblicazioni per l’Università di antropologia, i Moai giungevano sull’Ahu trasportati dal Mana. MO’AI significa in realtà “ATTO SESSUALE”: è un incontro di energia maschile con energia femminile. E’ evidente che il Moai è una forma fallica e in tutta l’isola vi sono migliaia di petroglifi che rappresentano la vulva.

Tornata a casa un giorno, mentre viaggiavo in treno, lessi un interessantissimo articolo su Hendaye di Jay Weidner dal titolo “La topologia del tempo – spazio iperdimensionale e l’alternarsi delle quattro età”. L’autore spiegava, appunto, come ci fosse un collegamento tra le 4 A contenute in una delle facce del basamento della croce di Hendaye (nei Paesi Baschi francesi) e le quattro ere della cosmologia hindu con riferimento alla precessione degli equinozi. Weidner cercava una conciliazione tra le datazioni astronomiche, secondo le quali il ciclo precessionale di 25.920 deve essere diviso in 4 sezioni di 6.480 anni ciascuna, periodo di tempo necessario alla levata eliaca equinoziale per entrare in ciascuno dei quattro segni zodiacali “fissi” – acquario toro leone e scorpione – e le datazioni della cosmogonia hindu, che sono sempre 4 ma di durata diversa e proporzionale una all’altra. Weidner spiega che la fisica moderna attribuisce ai quattro spazi dimensionali – lunghezza larghezza altezza più il tempo – la forma di un’ipersfera.

In sostanza il flusso di energia all’interno dell’ipersfera esce dal basso, risale lungo i fianchi all’esterno muovendosi verso l’alto e, dall’alto, si rituffa all’interno attraversando nuovamente l’ipersfera nel centro. L’energia si muove a spirale, più stretta all’interno, più larga all’esterno, come si vede nel disegno di Weidner.

L’ipersfera: disegno di Jay Weidner
L’ipersfera: disegno di Jay Weidner


Questo flusso di energia è infinito.

Gli umani, animali, piante, pianeti e stelle sono l’interno solido del flusso energetico quadridimensionale – spiega lo studioso – si potrebbe dire che l’irrigidimento di queste forze vorticose è ciò che crea la solidità del nostro spazio tridimensionale. Ogni cosa esistente percepibile è solo la punta di un vortice invisibile che le gira intorno. Quindi questo è il disegno della multidimensionalità: la rappresentazione grafica del nostro essere contemporaneamente in Terza Dimensione col corpo fisico e in altre dimensioni con i nostri corpi sottili. Il 21-12-2012, anno dell’allineamento tra il centro galattico e il nostro sole, il pianeta Terra uscirà dalla kali yuga che rappresenta il nocciolo centrale della clessidra e passerà nella “metà di sotto”. Quindi ricomincerà a rallentare nel suo moto consentendo un’espansione delle cellule e una dilatazione della vita in generale.

In altre parole – scrive Weidner – il flusso di energia si espande dopo che passa il punto “nullo” nel centro della ipersfera dimensionale dove le punte dei due vortici tetraedrici si toccano. L’Età dell’Oro è il periodo di tempo che inizia nel punto nullo (0) nel centro della sfera (dove stiamo per passare ora) e continua nel vortice in basso.

Via via che il flusso di energia si espande verso il basso il tempo rallenta (mentre in questi ultimi anni sembra accelerato all’impazzata: ci si alza al mattino e in un attimo è sera). Secondo Weidner – e concordo – la forma a clessidra dell’ipersfera è sicuramente collegata alle due X della croce di Hendaye. Ma ecco l’intuizione che mi ha fatto sobbalzare sul sedile del treno mentre leggevo l’articolo: l’ipersfera viene anche rappresentata dai fisici con L’IPERCUBO.

Un ipercubo – scrive Weidner – è un cubo dentro un cubo… chiamato anche tetragrammaton dagli alchimisti ed è una versione squadrata dell’ipersfera.

L’ipercubo: disegno di Jay Weidner
L’ipercubo: disegno di Jay Weidner

Improvvisamente mi era chiaro che i tasselli di pietra, inseriti nei megaliti scavati a misura nei luoghi sacri a lavorazione megalitica in tutto il pianeta – oltre a Perù, Egitto, Cambogia, Isola di Pasqua, ne ho trovati anche a Nagoya in Giappone e, di recente, nel muro esterno più antico dell’Abbazia di San Salvatore in Val d’Orcia sull’Amiata e nei pozzi sacri in Sardegna – potevano avere un collegamento con la teoria di Weidner e con l’ipersfera. Ho sempre pensato che quel taglio particolare di pietre megalitiche all’interno delle quali vengono ricavati spazi per inserire tasselli di identica misura senza un motivo apparente, nascondesse un segreto.

Ebbene, potrebbero essere delle rappresentazioni monumentali della realtà fisica multidimensionale. Indizi del sapere lasciato nella pietra dei luoghi sacri attraverso i quali, da sempre, l’Uomo può entrare in altre dimensioni. Per me il cubo interno dell’ipercubo e il tassello erano e sono la stessa cosa: gli antichi sapevano molto più di quanto noi non riconosciamo loro. Conoscevano la fisica e la teoria dei quanti, sapevano come muoversi tra le dimensioni e ne conoscevano i luoghi: hanno lasciato tracce in ogni megalito visibile. Del resto Fulcanelli stesso sostiene che il sapere esoterico è da sempre scolpito nella pietra e che la nascita della stampa e dei libri lo ha fatto cadere nell’oblio.

Fa notare tra l’altro Weidner qualcosa di assolutamente pertinente la mia ricerca e la mia esperienza. Dice: … un nuovo umano sta emergendo. Questo nuovo umano possiede qualità completamente nuove simili a quelle degli Avatar. L’Acquario, Era in cui stiamo entrando, è l’unico dei segni dei quattro quadranti della croce di Hendaye rappresentato da un umano che regge un contenitore d’acqua. Questo simbolismo è interessante dato che il dna può essere attivato solo nell’acqua. Quindi l’era dell’Acquario sembra suggerire un cambiamento nella struttura genetica della razza umana.

Devana