Breve storia dell'Ipnosi

Il Giornale Online
del Dr. Massimo Fochi

La principali fasi caratterizzanti lo sviluppo dell'ipnosi.

Granone definisce l’ipnosi come ”la possibilità di indurre in un soggetto un particolare stato psicofisico che permette di influire sulle condizioni psichiche, somatiche e viscerali del soggetto stesso, per mezzo del rapporto creatosi fra questi e l’ipnotizzatore”.
Invita inoltre a respingere decisamente l’idea che ipnosi equivalga a sonno, ricordando che una persona addormentata reagisce solo a stimoli intensi e risulta scarsamente in contatto con il mondo esterno, mentre un soggetto ipnotizzato può reagire a stimoli anche deboli proposti dall’operatore.

Il termine ipnotismo nacque nel 1843 coniato da uno dei massimi studiosi di questo fenomeno, il medico scozzese J.Braid. Egli lo definì “ uno stato particolare del sistema nervoso, determinato da manovre artificiali.”
Tuttavia nel 1847 ripudiò il termine proposto per vari motivi. Aveva constatato che solo pochi soggetti si “addormentavano” (circa uno su dieci) e che polarizzare l’attenzione su un’idea procurava già eccellenti risultati per cui propose il nuovo termine monoideismo.

Al di là delle sterili dispute terminologiche, comunque, in tutta la storia del genere umano, il mistero, costituito dai movimenti e dai segnali ideomotori, ha avuto momenti in cui è stato scoperto, dimenticato e poi nuovamente scoperto.
Alcuni di questi fenomeni sono testimoniati nella cultura cinese, egizia, ebraica, greca e romana.
Nel papiro di Ebers, scritto nel 1500 a.C., si descrivono rituali magici ed incantesimi che collocavano il paziente in uno stato mentale alterato al fine di guarirlo.

Nei templi del sonno egiziani di Iside e Serapide, cosĂŹ come nei templi greci dedicati ad Apollo ed Asclepio, intorno al 400 a.C., si ricercava la guarigione inducendo stati sonnambulici.
Greci e romani praticavano il sonno nel tempio per avvicinarsi alla divinitĂ  e poter cosĂŹ predire il futuro.
Anche la mitologia testimonia di come gli antichi conoscessero e credessero alla fascinazione; la Medusa paralizzava gli uomini che osavano guardarla fino a pietrificarli, mentre nei racconti di mare le sirene ammaliavano i marinai con il canto per farli naufragare sulla loro isola.

I maghi persiani ed i fachiri indiani praticavano una forma di autoipnosi, pretendendo di possedere, in questo stato particolare, poteri soprannaturali.
Gli indiani Chippewa praticavano una sorta di ipnosi di gruppo, durante le loro pratiche di iniziazione, indotta dalle cantilene dello stregone, tanto che in alcuni soggetti si produceva anche una forma spontanea di analgesia. Gli indiani tuttavia, pur servendosi egregiamente dell’ipnotismo, ne ignoravano le leggi e le cause, finendo per stabilire un nesso immaginario tra questo ed il soprannaturale.

Possiamo ricordare, tra le altre, la figura di Filippo Teofrasto Bombasto Aureulus von Hohenheim, detto Paracelso (1493-1541), dal medico latino Celso (padre assieme ad Ippocrate della medicina antica e dotto in ogni ambito del sapere.) Egli studiò a Basilea e successivamente con Tritemio che sembra averlo introdotto alla occulta philosophia.
L’interpretazione mistica, dei fenomeni ipnotici, si ritrova ancora alla fine del XVIII secolo con la figura del medico e religioso Gassner (1734-1815) che, appellandosi a demoni e a Dio, continuava ad interpretare questo fenomeno come trascendente influsso del soprannaturale.
Nello stesso periodo tuttavia iniziò una nuova interpretazione del fenomeno che potremmo chiamare magneto-fluidica. Il massimo rappresentante di questa concezione fu Franz Anton Mesmer (1734-1815) medico svizzero che studiò medicina a Vienna. Egli partÏ dallo studio dei testi di Paracelso e giunse a ritenere causa dei fenomeni ipnotici il fluido magnetico animale.
Egli riteneva che vi fosse un fluido che, dall’operatore, si trasmetteva al soggetto il quale, una volta magnetizzato, poteva comunicarlo a chiunque si mettesse in contatto con lui.
Le idee e le pratiche mediche di Mesmer suscitarono un tale scalpore che il Governo francese intervenne nel 1784 chiedendo alla Reale Accademia di Medicina uno studio accurato e un rapporto su di esse.

I commissari dimostrarono che l’immaginazione senza magnetismo era in grado di produrre convulsioni mentre il magnetismo da solo era inerte e privo di utilità. Ciò sembrò costituire una stroncatura fatale per il mesmerismo, ma non fu così.
Infatti del tutto diversa fu la relazione stipulata dall’Accademia di Medicina, a seguito di una nuova richiesta di giudizio, avanzata nuovamente nel 1825. Dopo sei anni di studi si giunse a riconoscere come reale non solo il sonnambulismo ma anche i fenomeni di chiaroveggenza.
In ogni caso e’ giusto riconoscere a Mesmer il merito di aver richiamato, per primo in Europa, l’attenzione degli studiosi sui fenomeni ipnotici.

Da Charcot ai giorni nostri

Il noto neurologo Charcot (1835-1893), docente alla scuola della Salpetriere, è forse l’ultimo prestigioso medico a mantenere alcuni punti di contatto con le tesi del magnetismo. Formulò una teoria sulla genesi dell’ipnosi fondata su una concezione energetica: riteneva che questa forma di influsso si potesse esercitare solo su soggetti affetti da isteria e finiva per considerare l’ipnosi, una sorta di nevrosi sperimentale.

Suddivise inoltre la profondità della trance in tre fasi che denominò:
1) catalettica
2) letargica
3) sonnambulica.

Nella prima fase il soggetto mostra una estrema plasticità muscolare, e può mantenere le posizioni suggerite per lungo tempo, senza apparente sforzo.
Nella seconda sprofonda in uno stato stuporoso con la tendenza a non reagire a forti rumori e nemmeno a sollecitazioni corporee.
Nella terza può muoversi e camminare, reagire alle sollecitazioni del terapeuta e sembrare, ad un occhio sprovveduto, sveglio.
Fu l’abate Faria (1776-1812), proprio mentre il mesmerismo era in auge, a respingere le concezioni legate alla predisposizione, e spostò l’accento sul potere di concentrazione del soggetto. Fu probabilmente questa la prima concezione psicologica dell’ipnosi.
Questo punto di vista venne ripreso e approfondito da J.Braid che attribuiva ad una alterazione prodotta nel sistema nervoso, attraverso la concentrazione dell’attenzione e la fissità dello sguardo, le strane peculiarità dei fenomeni indagati.

La scuola di Nancy, tramite le prestigiose figure di Bernheim (1837-1919) e di Liebault, fece sua la concezione psicologica e non esitò ad entrare in polemica con Charcot, dimostrando l’infondatezza delle sue argomentazioni. Bernheim sostenne, pur senza negare un possibile influsso della predisposizione, che lo stato ipnotico è una situazione di suggestionabilità esaltata.
Bernheim definì l’ipnosi uno stato particolare di coscienza che esalta la suggestionabilità senza tuttavia crearla. La suggestionabilità è essenzialmente la tendenza del soggetto a sviluppare risposte che oggi definiremmo ideodinamiche (ideomotorie, ideosensorie, ideoaffettive, ideocognitive); in altri termini l’attitudine a subire l’effetto di una idea e ad attuarla.
Il suo modo di descrivere questi fenomeni è: “… una cosa è certa, che nei soggetti ipnotizzati che sono suscettibili alla suggestione, esiste una peculiare disposizione a trasformare l’idea ricevuta in una azione.

Nelle condizioni normali, qualsivoglia idea formulata, viene messa in discussione dalla mente. Nel soggetto ipnotizzato, invece, la trasformazione del pensiero in azione, sensazione, movimento o visione si compie in modo tanto rapido ed attivo che l’inibizione intellettuale non ha il tempo di agire. Quando la mente si frappone , si trova già di fronte ad un atto compiuto che viene spesso registrato con sorpresa e che viene confermato dal fatto che si dimostra reale, e non può essere impedito da alcun intervento.”
Berneheim capì con chiarezza che l’ipnosi non crea la suggestione; predicatori, oratori, imbonitori, avvocati sono suggestionatori che non necessitano di stati esplicitamente ipnotici per condizionare con il loro eloquio l’uditorio.
Al contrario di Charcot fu esplicitamente avverso a ritenere l’ipnosi connessa a qualsivoglia patologia del sistema nervoso e non fu d’accordo, nemmeno, nella tripartizione da questi suggerita della profondità della trance.

Sbagliando, si oppose ai mesmeriani, e ritenne l’ipnosi non idonea ad alterare la percezione del dolore e ad indurre anestesia.
Altra figura di rilievo nel panorama europeo di fine ottocento, fu indubbiamente quella di Janet (1859-1947) che pose l’accento su come l’ipnosi sia da intendere come la formazione di una coscienza dissociata, che prenderebbe transitoriamente il posto di quella ordinaria. Janet si avvicina alla nozione di inconscio, formulata dalla scuola Ericksoniana, inteso come sede di automatismi motori e cognitivi ma scopre anche, indipendentemente da Breuer e Freud, le potenzialità terapeutiche dell’ipnosi tramite la catarsi di emozioni antiche sepolte in zone non consce della mente.

In certe scuole anglosassoni si è, con qualche ragione, avanzata la tesi che la trance sia una forma di regressione ad un modo arcaico di funzionare del nostro apparato mentale. Si sottolinea come in essa si abbia un assopimento delle funzioni critiche ed un riemergere di modelli atavici quali le difese allucinatorie, il sonno, il sogno, la fuga dalla realtà. La teoria della regressione ha il vantaggio, al contrario della sottolineatura freudiana del ruolo del transfert, di poter spiegare l’ipnosi ottenuta anche contro la volontà del soggetto e anche da parte di una persona sconosciuta o, in taluni casi, odiata. Tale evento sarebbe da intendere come assoggettamento senza reazione causato principalmente dall’inerzia.

Con la teoria dei riflessi condizionati di Pavlov si ha un ulteriore apporto alla comprensione dell’ipnosi. Negli scritti Lezioni sull’attività degli emisferi cerebrali del 1927 e Fisiologia dello stato ipnotico del cane del 1932 fornisce una spiegazione su base fisiologica di questa fenomenologia. Durante la trance si avrebbe una parziale inibizione corticale; le residue zone funzionanti, pur se non integrate con le altre aree encefaliche come nella veglia, permettono di spiegare e di concepire lo svolgimento delle numerose operazioni tipiche di quello stato.

Le inibizioni sarebbero attivate, come normali riflessi condizionati, dall’uso della parola che funge da s.i.c. Lo stato ipnotico sorgerebbe per un fenomeno di diffusione della inibizione interna che parte da una zona del cervello particolarmente suscettibile a questo riflesso condizionato.
Erickson ( 1901-1980) e’ indubbiamente il piu’ importante ipnotista del XX° secolo; a lui si deve la rinascita dell’interesse per questa antica disciplina che, tuttavia, con lui muta profondamente. Questo autore ci insegna che l’osservazione è certamente l’aspetto più importante della prima fase del training ipnoteraputico.

L’arte pratica di questa disciplina, richiede che i terapeuti imparino ad osservare i minimi cenni del corpo e ad adattare ad essi le proprie suggestioni; si può apprendere ad osservare il comportamento ed a commentarlo, e ad aggiungere delle suggestioni che lo anticiperanno e in seguito lo potranno attivare.
Viene dunque accuratamente studiata, agevolata e utilizzata l’individualità di ciascun paziente, valorizzando la sua unicità e le sue concrete esigenze, in continuo divenire.

Immagine in alto: Franz Anton Mesmer (Wikipedia)
Fonte: http://guide.supereva.it/ipnosi/interventi/2000/07/8797.shtml http://guide.supereva.it/ipnosi/interventi/2000/07/8930.shtml