BRICS e investimenti: guidare la re-industrializzazione globale

BRICS e investimenti: guidare la re-industrializzazione globale

bricsNon si può ancora affermare che sia stato definito un piano per l’economia mondiale post-crisi. La stagnazione mondiale è infatti un problema ancora attuale e non ci lascia sperare che la crisi sia finita. Se a ciò si aggiunge l’escalation delle tensioni politiche e geopolitiche in Ucraina e nel Vicino Oriente, non è difficile pensare che ci attende una transizione caotica, con imprevedibili conseguenze sulla comunità globale. Per non perdere di vista il contesto globale, che è connesso con le dinamiche e le direzioni dei mercati, dovremmo considerare immediatamente la transizione multipolare in atto. Alla luce di questo scenari, possiamo tentare di dare alcuni elementi per definire un’agenda per il mondo post-crisi, delineando le linee politiche idonee a sostenere la crescita e la prosperità nel ventunesimo secolo.

In ragione delle necessità che si impongono per l’adozione di nuove politiche di sviluppo, ogni potenza economica dovrebbe comportarsi responsabilmente e contribuire praticamente a una rivoluzione di pensiero “dall’alto”, mirando ad abbandonare l’ortodossia finanziaria speculativa che ha dominato negli ultimi decenni su larga parte delle leadership economiche dell’economia globale. La definizione nella pratica di quelle che intendiamo per “nuove politiche” è la sfida maggiore, una sfida per quanti vogliano davvero offrire un piano coerente e di lungo termine per il riavvio dell’economia mondiale.

Questa di fatto rappresenta la sfida storica del blocco BRICS, che potrebbe contribuire alla ripresa generale attraverso un’architettura economica mondiale assolutamente nuova. Credo fortemente che d’ora in poi l’alleanza BRICS dovrebbe sentirsi doppiamente responsabile per i suoi risultati, dal momento che la sua quota sul mercato mondiale è decisiva anche per la direzione futura del mercato mondiale. I giorni dei propositi teorici per la futura direzione del mercato mondiale sono finiti, adesso è il momento di pensare a delle soluzioni concrete per le potenze emergenti.

La sintetizzazione di politiche micro- e macro- economiche nelle condizioni del mercato globalizzato sarebbe possibile solo se le potenze economiche perseguissero un tipo di governance mondiale più inclusivo, un’economia orientata a una funzione transcontinentale, così da creare un impatto sul corso dell’economia stessa. È la natura della globalizzazione che ha dato forma all’identità dei BRICS per esprimere la necessità di un ritorno ai valori dell’industrializzazione, adattati al contesto tecnologico e sociale del 21° secolo. Questo può essere d’aiuto per l’intera comunità internazionale: già ora la “BRIConomics” ha un’importante influenza sulle strategie discusse in Europa per l’uscita dalla crisi, strategie di terapia e non di assistenza effimera.

È indicativa la recente decisione della Commissione Europea riguardante il bisogno urgente di un “Rinascimento industriale europeo”. Come riferito nel comunicato di febbraio 2014: «L’importanza economica delle attività industriali è molto superiore rispetto a quanto suggerito dalla quota della manifattura nel PIL. L’industria occupa più dell’80% delle esportazioni europee e l’80% della ricerca privata e dell’innovazione. Quasi un lavoro su quattro nel settore privato è nell’industria, spesso ad alta specializzazione, mentre ogni lavoro in più nella manifattura crea 0,5-2 nuovi lavori in altri settori. La Commissione considera che una forte base industriale sarà d’importanza chiave per il recupero economico e la competitività dell’Europa».

Senza dubbio, abbiamo l’opportunità di tornare di nuovo alla dinamica essenziale degli investimenti che è la base dei progetti infrastrutturali sui settori produttivi dell’economia internazionale e per quei settori che sono vitali per l’economia produttiva, come per esempio il trasporto e le telecomunicazioni. L’annunciata fondazione della BRICS Development Bank ha già rafforzato questi trend e naturalmente ha creato nuove aspettative per una gestione più dinamica delle relazioni economiche intra-BRICS. In ogni caso, la sfida di breve termine per la Banca sarà quella di giocare il ruolo di investitore centrale per i bisogni di sviluppo dei BRICS o, più avanti, di organo regolatore per una potenziale unione monetaria dei mercati BRICS.

Ma la sfida strategica per la Banca di Sviluppo dei BRICS è quella di non assumere un ruolo simile a quello assunto dalla Banca Centrale Europea o dalla Banca Europea degli Investimenti nell’accelerazione dell’unificazione europea.

La struttura geo-economica dei BRICS ha un ruolo molto più significativo per l’economia internazionale, un ruolo molto più “interregionale”, intercontinentale e, per tale ragione, mondiale. È il ruolo di acceleratore dello sviluppo nella maggior parte delle economie emergenti. Le stime degli economisti BRICS (Romani, Stern, Bhattacharya) affermano che gli investimenti in infrastrutture nei Paesi emergenti e in via di sviluppo dovranno salire da 0,9 trilioni di dollari all’anno a 2,3 trilioni di dollari all’anno entro il 2020. In termini assoluti, l’Asia orientale e il Pacifico hanno il maggior bisogno di investimenti in infrastrutture, e ovviamente a seguire si trova l’Africa sub-sahariana, se si guarda attentamente alla quota corrente degli investimenti nel PIL.

È chiaro che si è verificato un gap a livello finanziario tra gli investimenti correnti e quelli richiesti per le infrastrutture nei Paesi emergenti e, generalmente, per le infrastrutture globali. Si tratta di un gap che non è possibile colmare con il solo budget domestico, il quale da solo sarebbe costretto all’insostenibile lotta con il debito e i deficit di bilancio. Questo gap rappresenta una sfida per la Development Bank dei BRICS. Grazie ad una strategia basata sulla partnership e la cooperazione, inizialmente con le Banche Nazionali per lo Sviluppo dei Paesi Membri, si potrebbe proporre sistematicamente il finanziamento degli investimenti per le infrastrutture e, quindi, un considerevole credito verso le piccole e medie imprese. Si potrebbe offrire, inoltre, sostegno finanziario a un progetto che vedrebbe lavorare in sinergia università e multinazionali emergenti per la ricerca e l’implementazione delle innovazioni necessarie all’economia reale. Al tempo stesso, una strategia che preveda erogazione di credito verso i Paesi emergenti non membri dei BRICS potrebbe dare benefici nel corso dei primi 10 anni della Development Bank. Ciò sarebbe importante non solo perché il capitale totale ne risulterebbe incrementato, ma anche perché la gamma di competenze disponibili risulterebbe più vasta e la governance della banca più inclusiva.

L’inclusività, però, non deve essere limitata ai Paesi emergenti sul mercato mondiale, ma potrebbe interessare anche alcuni Paesi avanzati che, a determinate condizioni, potrebbero mostrare interesse nel partecipare attivamente sia come azionisti che come fruitori di prestiti alla Development Bank. Questa rappresenta forse una sfida politica per la leadership dei BRICS, ma costituisce anche l’essenza della specificità che l’esperimento relativo alla Development Bank dei BRICS potrebbe introdurre nelle Relazioni Internazionali. Potrebbe infatti contribuire al recupero dell’economia mondiale in quanto organismo per gli investimenti internazionali, per contrastare il gap negli investimenti per le infrastrutture mondiali con politiche di rappresentanza da ogni parte del mondo.

Alla luce di quanto detto sopra, ciò che potremmo proporre è un piano per l’accelerazione dei cambiamenti strutturali avvenuti negli ultimi quindici anni nelle economie BRICS, con lo scopo di dirigere l’investimento diretto estero verso uno sviluppo tecnologico maggiormente connesso con la produzione ad alto livello di capitale. Questa direzione ha un prerequisito oggettivo nel rafforzamento della riforma educativa nelle società BRICS e nel supporto di una industrializzazione basata sulla conoscenza, che ha al centro l’innovazione. Penso che – fatta eccezione per la Cina – gli altri Paesi del blocco siano ancora fermi allo stadio iniziale del processo. Se questo processo – nei prossimi cinque anni – verrà supportato da politiche adatte, molto presto i BRICS potrebbero essere nelle condizioni di cambiare la quantità e la qualità dei loro investimenti diretti esteri. L’estremo bisogno di infrastrutture a livello globale sta raggiungendo una richiesta di fondi che ammonterà a circa 57 trilioni di dollari entro il 2030. A livello globale, i settori in cui vi sono maggiori necessità a livello infrastrutturale sono quello dei trasporti, del gas, del petrolio e dell’energia.

Sono questi i settori che dovrebbero dirigere la prossima grande ondata di innovazione dei nostri giorni. Lo sforzo sistematico per cambiare le innovazioni industriali basate sulla comunicazione verso un’ innovazione industriale basata sulle infrastrutture e i trasporti.
Dopo aver perseguito la connettività della comunicazione dei cittadini globali, dobbiamo insistere per una maggiore connettività delle rotte commerciali, dell’esplorazione e dello sfruttamento delle risorse del pianeta. Pensiamo a grandi progetti come l’Ethiopia Djibouti Railway, la Blue Line del Lagos Rail Network, il Marmaray Tube Channel, il Gotthard Base Tunnel, solo per citare alcuni esempi, che aumentano di numero nel mondo.

A questo proposito possiamo sottolineare come con queste direzioni della strategia di investimenti dei BRICS vivremo un rinnovamento dell’industria a livello globale con degli effetti considerevoli sul commercio internazionale e naturalmente con risultati spettacolari sulla struttura sociale ed economica della comunità internazionale. Non si tratta di un disegno utopico per un futuro remoto, ma ciò non significa che si tratti di un progetto che si realizzerà facilmente nei prossimi anni. Inizialmente dovremo lavorare sull’architettura necessaria alla re-industrializzazione dell’economia internazionale.

L’impresa internazionale dell’Occidente e dei Paesi emergenti potrebbe giocare un ruolo decisivo in questa direzione. La logica stessa delle acquisizioni e delle fusioni sarà cambiata in quest’ottica. Organismi internazionali quali il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e l’Organizzazione Mondiale del Commercio saranno chiamate a cooperare con i nuovi organismi internazionali che pongono la globalizzazione come obiettivo principale dei loro sforzi, come dimostra l’esempio menzionato sopra della Development Bank dei BRICS. Vi sono forze nell’economia internazionale che pensano e lavorano ispirate da questa visione. Le nuove élite non si riconoscono come “soldati” di una particolare ideologia di mercato. I vecchi concetti su cui si basava una certa visione dell’economia non sono più validi in questa concezione multipolare dell’ordine mondiale. La guida alla re-industrializzazione globale dev’essere il primo obiettivo per la governance economica mondiale per i prossimi venti anni. La strategia degli investimenti dei BRICS sarà necessaria sia per la velocizzazione che per la concretizzazione di questo processo nel lungo periodo.

(Traduzione dall’inglese a cura di Marianna Griffini e Maria Pia Ester Cristaldi)
Articolo originariamente pubblicato su InnovaBRICS&Beyond

Spyridon St. Kogas

Crediti immagine d’anteprima: Shutterstock
geopolitica-rivista.org