C’è ma non si vede

Il Giornale Online

E' ancora avvolta nella sua culla di gas e polveri da cui si è formata e che la rende ancora invisibile ai nostri telescopi. Ma questa giovanissima stella sa già come farsi notare: due enormi getti che si allontanano da essa sono stati infatti osservati con grande dettaglio dal Large Binocular Telescope in abbinamento al suo sistema di ottiche adattive.

di Marco Galliani

Sta ancora avvolta nel suo fitto bozzolo di gas e polveri da cui si è formata e che la rende ancora invisibile ai nostri strumenti. Ma ora gli astronomi sanno che quella stella è proprio lì: a testimoniare la sua presenza ci sono quei due getti che sembrano formarsi dal nulla, che sono stati ripresi in una dettagliata immagine infrarossa del corpo celeste denominato IRAS20126+414. A ottenerla è stato il telescopio binoculare LBT in Arizona (di cui l’INAF è uno dei partner) sfruttando il suo sistema di ottiche adattive FLAO (First Light Adaptive Optics). “Si tratta di una stella in formazione circa sette volte più massiccia del Sole e distante circa 5600 anni luce” spiega Riccardo Cesaroni, dell’Osservatorio Astrofisico INAF di Arcetri, primo autore dell’articolo sulle osservazioni di questo oggetto celeste, in pubblicazione sulla rivista Astronomy&Astrophysics . “La stella stessa non può essere vista in quanto oscurata da un disco circumstellare opaco anche alla radiazione infrarossa, ma la sua presenza viene svelata dai potenti getti osservati nell’emissione di riga dell’idrogeno molecolare. Tali getti si sviluppano lungo l’asse di rotazione del disco”.

L’immagine evidenzia come questo tipo di oggetti riesca a distruggere rapidamente il proprio ambiente natale attraverso potenti venti stellari collimati (con velocità di qualche centinaio di chilometri al secondo). Nella ripresa di LBT il vento stellare ha già aperto una cavità attraverso la quale la radiazione emessa dalla stella filtra ed è riflessa dalla polvere (in bianco-blu nell’immagine). All’estremità della cavità, il vento stellare si scontra con il gas presente nella regione, producendo onde d’urto che eccitano le molecole di idrogeno. Queste a loro volta rilasciano la loro caratteristica ‘firma’ sotto forma di radiazione a una particolare lunghezza d’onda (in arancio-rosso nell’immagine). Alla distanza di IRAS20126+4104, 1 secondo d’arco (indicato in figura) corrisponde a circa 1.000 unità astronomiche, ma il più piccolo elemento distinguibile nell’immagine è pari a sole 100 unità astronomiche (ovvero circa tre volte l’orbita di Plutone), una risoluzione davvero notevole per un oggetto così lontano. “Noi ricercatori dell’INAF abbiamo recentemente installato e testato il primo sistema di ottica adattiva (First Light Adaptive Optics, FLAO) del telescopio LBT, grazie al quale siamo riusciti a ottenere queste accurate riprese di IRAS20126+4104” sottolinea Carmelo Arcidiacono, ora presso l’INAF-Osservatorio Astronomico di Bologna. “Le osservazioni di IRAS20126+4104 dimostrano la capacità del FLAO di competere col telescopio spaziale HST, producendo da Terra immagini al limite di risoluzione teorico del telescopio LBT”.

Il gruppo di ricercatori che ha condotto lo studio sulla stella IRAS20126+414 oltre a Riccardo Cesaroni e Carmelo Arcidiacono, è composto da Filippo Massi, Maite Beltran, Fernando Quiros-Pacheco e Marco Xompero (INAF-Osservatorio Astrofisico di Arcetri), Konstantina Boutsia e Diego Paris (INAF-Osservatorio Astronomico di Roma), Don McCarthy e Craig Kulesa (Steward Observatory, University of Arizona).

Per saperne di più:

[link=http://www.aanda.org/articles/aa/pdf/forth/aa20609-12.pdf]l’articolo [/link]A close-up view of a bipolar jet: Sub-arcsecond near-infrared imaging of the high-mass protostar IRAS20126+4104 di Riccardo Cesaroni et al. in pubblicazione sulla rivista Astronomy&Astrophysics

(INAF)
Fonte: http://www.media.inaf.it/2013/01/15/ce-ma-non-si-vede/