Cervello classico vs. cervello quantistico – Intervista a Fausto Intilla

Siamo felici ed onorati di aver ottenuto un’altra interessantissima intervista esclusiva dall’amico e grande, instancabile ricercatore scientifico Fausto Intilla da sottoporre alla vostra attenzione. L’argomento, che da più di un ventennio ed ancora oggi, è oggetto di discussione accademico-scentifica riguarda le teorie sul funzionamento del cervello umano. Buona lettura.

Patrizia Calzolari: Buongiorno Fausto e grazie di cuore per questa tua grande disponibilità nei confronti del nostro giornale online. Dopo l’intervista sul concetto di tempo (a cura di Nadia Lisanti), per me è un piacere poterti intervistare personalmente su un altro argomento molto interessante ma anche piuttosto controverso; lo dimostra il fatto che dopo più di vent’anni, è ancora molto dibattuto in ambito accademico. Mi riferisco al concetto di “mente/coscienza quantistica”, nato all’inizio degli anni Novanta dalla collaborazione di due scienziati di fama mondiale: il fisico inglese Roger Penrose e il neuroscienziato statunitense Stuart Hameroff; una teoria che prese il nome di modello ORCH-OR, esposto per la prima volta in italiano nel libro “Ombre della Mente”, nel 1994. Il modello di Penrose e Hameroff però, a tutt’oggi è ancora oggetto di aspre critiche, da parte di molti scienziati che da decenni si cimentano su questo grande dilemma: Il cervello umano funziona secondo i principi della fisica classica, oppure secondo quelli della meccanica quantistica? Qual è la tua opinione, al riguardo?

Fausto Intilla: Bè, l’argomento è indubbiamente assai complesso e andrebbe affrontato da più fronti, per avere un quadro della situazione in grado di offrirci delle risposte del tutto oggettive e razionali su cui riflettere ulteriormente, onde arrivare a delle conclusioni accettabili dall’intera comunità scientifica. Il modello ORCH-OR, a ben vedere, non poggia su dei principi puramente fisici, bensì logico-matematici.

Dr. Roger Penrose – Dr. Stuart Hameroff

Penrose infatti, arrivò all’idea di “cervello quantistico”, ovvero al concetto di una coscienza che prende forma da processi legati ai principi della meccanica quantistica, partendo dai teoremi di incompletezza di Gödel.

Grazie a questi teoremi, oggi sappiamo che non tutta l’aritmetica è internamente coerente e libera da contraddizioni; i sistemi logici, in parole povere, comprendono sempre teoremi veri che non possono essere dimostrati attraverso il simbolismo della logica-matematica. Se ora pensiamo ad un computer tradizionale, i cui principi di funzionamento si basano sulle leggi della fisica classica, ci appare evidente che ogni suo processo di elaborazione dell’informazione, debba necessariamente poggiare su dei sistemi di logica formale; ovvero su degli algoritmi predefiniti. In tal caso abbiamo quindi delle risposte/risultati che, seppur vere/i, in base ai teoremi di Gödel, il computer in questione non può dimostrare.

Ed è proprio qui che Penrose, a mio avviso, compie un passo un po’ troppo azzardato. Egli infatti ne deduce che, se è vero che un computer tradizionale non è in grado di dimostrare una verità formalmente indimostrabile, contrariamente, una mente umana, è in grado di farlo! Esistono dunque secondo Penrose, dei “processi non computabili” legati all’elaborazione dell’informazione, che possono trarre origine solo dai principi della meccanica quantistica; da cui l’idea che il cervello umano, funzioni esattamente come un computer quantistico.

P.C.: È facile intuire quindi che il passo successivo, per Penrose, sia stato quello di ipotizzare una sorta di “coscienza quantistica”, comune ad ogni essere umano, in quanto fenomeno che trae origine proprio dai principi della meccanica quantistica, ipotizzati per il “funzionamento” del cervello umano. A dimostrazione di ciò, se non ricordo male, Penrose e Hameroff chiamarono in causa delle complesse strutture neuronali, che a parer loro dovevano rappresentare quelli che comunemente, nell’ambito della computazione quantistica, chiamiamo qubit.

F.I.: Ricordi bene. Le strutture dei neuroni che hai menzionato poc’anzi, sono gli ormai famosi microtubuli; ovvero dei “frammenti” di una proteina chiamata tubulina. Per farla breve, Penrose e Hameroff sostennero che tali proteine potessero presentarsi, quantisticamente parlando, in sovrapposizione di stati. Ipotizzando inoltre, una correlazione quantistica tra le tubuline presenti in vari gruppi di neuroni, a dipendenza dei processi cognitivi in atto. In ultima analisi, avremmo quindi una sorta di correlazione quantistica tra tutti i neuroni (o gran parte di essi) presenti nel nostro cervello; una specie di “miracolo della natura” che ci permetterebbe di “scavalcare”, ad esempio, determinati legami di causa-effetto tra tutti i vari componenti del nostro sistema nervoso ed altro ancora.

L’esperienza diretta però, non ci ha mai fornito alcuna prova a sostegno di una simile tesi; da cui lo scetticismo, del tutto giustificato, di gran parte dell’intera comunità scientifica. Non da ultimo, per importanza, rimane inoltre il problema della decoerenza quantistica. I microtubuli infatti, sono delle strutture troppo grandi e complesse, per poter assumere un comportamento quantistico. Qualsiasi molecola complessa, all’interno del corpo umano, che si trovasse miracolosamente in una sovrapposizione di stati, avrebbe un tempo di decoerenza infinitamente piccolo; ovvero passerebbe dal mondo quantistico a quello definito dalle leggi di Newton, in un intervallo di tempo talmente piccolo (solo qualche picosecondo!), da non poter compiere molteplici operazioni di trasmissione istantanea dell’informazione, come avviene appunto per i sistemi coerenti nel campo della meccanica quantistica. Tuttavia, il modello ORCH-OR sembrerebbe aggirare il problema della decoerenza, facendo ricorso alla teoria di Penrose sulla riduzione oggettiva (OR), dove il collasso della funzione d’onda non avviene in modo convenzionale, ma è soggetto all’influenza della gravità e ad altri parametri legati alla struttura dello spazio-tempo, su scale prossime a quella di Planck. Ad entrare in gioco quindi, vi sono troppi gradi di autoreferenzialità che a mio avviso, rendono il modello ORCH-OR, poco plausibile.

P.C.: Dopo tutto ciò che hai esposto, comincio a nutrire dei seri dubbi sui vari modelli teorici inerenti al comportamento quantistico del cervello umano; ossia inerenti ai nostri processi di elaborazione dell’informazione, attraverso dei meccanismi neuronali legati al mondo della meccanica quantistica.

F.I.: Bè, anche se a questo punto potrà sembrarti incredibile, a causa del mio approccio tutt’altro che positivo al modello teorico di Penrose e Hameroff, in realtà vi sono molti altri indizi a favore di un modello quantistico della mente umana. Sulla base di alcune recenti ricerche, sembrerebbe infatti che un possibile sito per i fenomeni quantomeccanici nel cervello, siano i canali ionici nella membrana cellulare dei neuroni. In pratica sono le strutture che mediano i segnali nervosi, ovvero il potenziale d’azione che nel cervello, regola e definisce la trasmissione di tutta l’informazione nervosa. In questi canali, larghi circa mezzo nanometro, passano approssimativamente cento milioni di ioni al secondo.

Canali ionici nella membrana cellulare

Ebbene cinque anni fa (nel 2012), due scienziati austriaci riuscirono a dimostrare, attraverso una simulazione sperimentale basata sui principi della meccanica quantistica, che quando uno ione passa in un canale ionico, è molto più simile ad un’onda coerente, piuttosto che ad una particella. Dobbiamo dunque immaginare un’onda ionica che oscilla ad una frequenza elevatissima, trasferendo energia alla proteina circostante, attraverso un meccanismo ancora poco conosciuto. In tale processo l’energia cinetica degli ioni si riduce di circa il 50% e al contempo, la loro temperatura diminuisce notevolmente; ed è proprio questo significativo abbassamento di temperatura, che aiuta a mantenere gli ioni in questione, in uno stato quantistico coerente. Il problema della decoerenza viene quindi in tal modo “aggirato”, permettendo appunto la trasmissione dell’informazione in termini quantistici.

P.C.: Tutto ciò è davvero molto interessante; in effetti ha quasi dell’incredibile. Dunque se ho ben capito, potremmo addirittura immaginare che i canali ionici, visto che hanno un ruolo ben definito nei calcoli neurali, siano coinvolti nella coscienza. A dire il vero mi sembra un’ipotesi un pochino azzardata.

F.I.: Ed infatti lo è. Per essere coinvolti nella coscienza, i canali ionici dovrebbero essere in qualche modo collegati tra loro, secondo i principi della meccanica quantistica; ovvero gli ioni di ogni singolo canale ionico, dovrebbero essere in correlazione quantistica con quelli di altri canali ionici o cellule vicine. Ebbene questa ipotesi è del tutto insostenibile, a causa del problema della decoerenza, che come abbiamo già potuto appurare poc’anzi, è il principale elemento invalidante del modello ORCH-OR; anch’esso basato sui principi della meccanica quantistica.

P.C.: A questo punto sinceramente, mi sento un po’ confusa. Queste tue ultime considerazioni, sembrerebbero infatti dare il colpo di grazia a qualunque modello di coscienza, basato sui principi della meccanica quantistica. Oppure c’è dell’altro?

F.I.: A ben vedere sì, per cui a volte è proprio il caso di dire che “nulla è come appare”. Ciò che permette ai canali ionici di aprirsi e chiudersi continuamente, è il voltaggio; il quale non è altro che una misura del gradiente di un campo elettrico. Sappiamo inoltre che l’intero volume del cervello possiede un suo proprio campo elettromagnetico, generato dall’attività elettrica di tutti i suoi nervi. Ovviamente sto parlando del campo che viene comunemente rilevato attraverso una semplice elettroencefalografia. Ebbene questo campo elettromagnetico, noto in ambito scientifico da lunghissimo tempo (ovvero dal 1929), potrebbe essere coinvolto nei calcoli cerebrali. Infatti un campo elettrico o magnetico, è in grado di muovere delle particelle cariche elettricamente, come ad esempio gli ioni nei canali ionici dei nervi.

Un’altra importante considerazione, è che il campo elettromagnetico del cervello, siccome viene generato dall’attivazione dei neuroni, codifica esattamente la stessa informazione degli schemi di attivazione neuronale nel cervello. Altrettanto importante è il fatto che, mentre l’informazione neuronale rimane confinata nei neuroni, l’attività elettrica generata dalla loro attivazione, codifica tutta l’informazione nel campo elettromagnetico del cervello. Se poi pensiamo al fatto che il campo elettromagnetico del cervello, è sicuramente in grado di interagire con gli ioni coerenti presenti in ogni singolo canale ionico, abbiamo un’ottima chiave di lettura per avvicinarci sempre più, al concetto di “cervello quantistico”.

P.C.: Tutto ciò è davvero straordinario. Se ho ben capito quindi, siamo passati dall’ambito delle ipotesi e della speculazione scientifica, a qualcosa di molto più concreto, supportato da varie ricerche ed esperimenti in ambito scientifico, i cui risultati non possono che lasciare esterrefatto chiunque.

F.I.: Bè, diciamo che in un certo senso, grazie alle scoperte fatte in questi ultimi dieci anni, siamo passati dalla pura e semplice speculazione scientifica, scevra da qualsiasi indizio in grado di sostenerne almeno le premesse fondamentali, ad una speculazione ricca di elementi di rilievo, in grado di ampliarne i margini di plausibilità. Oggi ad esempio sappiamo che un campo elettromagnetico esterno, di struttura e intensità simili a quello del cervello, riesce ad influenzare l’attivazione dei nervi. Questo campo esterno è in grado di sincronizzare neuroni diversi, ovvero di attivarli tutti assieme contemporaneamente, riuscendo quindi a coordinare l’attività dei nervi. Ora, se pensiamo al fatto che la sincronizzazione dell’attivazione dei nervi da parte del campo elettromagnetico, è un particolare non indifferente dell’attività nervosa, poiché in grado di metterla in relazione con la coscienza, ci accorgiamo immediatamente di quanto sia realmente importante l’intera struttura elettromagnetica del cervello, nel quadro di una visione quantomeccanica inerente ai processi cognitivi; ovvero all’elaborazione dell’informazione, da parte del nostro cervello.

P.C.: Tutto sommato quindi, possiamo tranquillamente iniziare a credere in un modello quantistico della mente umana, oppure è ancora troppo presto per giungere ad una simile conclusione?

F.I.: Diciamo che la strada che abbiamo iniziato a percorrere all’inizio degli anni Novanta e che stiamo tuttora percorrendo, ci sta fornendo degli ottimi indizi a favore di un modello quantistico della mente. Per una conclusione incontrovertibile però, ho paura che occorreranno ancora diversi anni di studi e ricerche, su tale argomento.

P.C.: Grazie infinite Fausto, per averci offerto la possibilità di porti delle domande piuttosto impegnative, su un argomento tutt’altro che semplice. Come al solito, le tue risposte non possono lasciare indifferente nessuno; o perlomeno non i lettori di AG, sempre estremamente attenti alle ultime scoperte in ambito scientifico, come anche in altri ambiti della sfera umana.

F.I.: Grazie a voi. Per me è sempre un piacere.


Fausto Intilla (6 febbraio 1972), inventore-divulgatore scientifico, è di origine italiana ma vive e lavora in Svizzera (Canton Ticino). I suoi libri più noti sono: “Fisica dell’Invisibilità. Metamateriali e tecnologie del futuro“, “L’esperimento di Afshar” e “Fisica dell’Informazione, ultima frontiera della scienza“, tutti pubblicati dalla Aracne Editrice (Roma). Altri volumi meno recenti sono: “Dio = mc2. Oltre l’Universo Olografico” (eBook), “La funzione d’onda della Realtà” (eBook) e “Verso una nuova scienza di confine” (eBook), tutti pubblicati dall’editore Lampi di Stampa (Milano). Nel campo delle invenzioni invece, il suo nome è legato alla “Struttura ad albero”, una delle più note strutture anti-sismiche per ponti e viadotti brevettata in Giappone e negli Stati Uniti. Il suo indirizzo di posta elettronica è: f.intilla@bluewin.ch.

Nel campo della ricerca sull’interazione tra psiche e materia, Intilla ha collaborato inoltre allo sviluppo di alcune teorie ed esperimenti, con alcuni membri del P.E.A.R (Princeton Engineering Anomalies Research), il cui laboratorio si trova nel New Jersey, USA. Le ricerche in questo ambito scientifico, da parte del Dr. Roger D. Nelson e colleghi, dopo la chiusura dei laboratori del PEAR, si sono trasferite qui: ICRL. In questo istituto, da diversi anni a questa parte, le ricerche sono rivolte verso il “Global Consciousness Project”.