Un nuovo studio, che combina i dati del VLT (Very Large Telscope) dell'ESO con quelli dell'osservatorio spaziale per raggi X dell'ESA XMM-Newton, ha procurato una grossa sorpresa: la maggioranza dei buchi neri giganteschi al centro delle galassie non sono stati attivati, negli ultimi 11 miliardi di anni, da collisioni e fusioni di galassie, come si pensava finora.
Nel cuore della maggior parte, se non di tutte le grandi galassie si nasconde un buco nero supermassiccio, con una massa di milioni, e a volte miliardi, di volte la massa del Sole. In molte galassie, compresa la nostra VIa Lattea, il buco nero centrale è tranquillo, mentre in altre galassie, e in particolare nelle prime epoche della storia dell'Universo [1], il mostro centrale banchetta con della materia che, cadendo nel buco nero, sprigiona intense radiazioni. Uno dei misteri insoluti è l'origine di questa materia che può attivare un buco nero quiescente e innescare violente esplosioni al centro della galassia, così da renderlo un nucleo galattico attivo. Finora molti astronomi ritenevano che la maggior parte di questi nuclei attivi venga accesa dalla fusione tra due galassie o da un passaggio così ravvicinato che la materia disturbata diviene carburante per il buco nero centrale. Invece nuovi risultati sembrano indicare che questa interpretazione non sia corretta per molte galassie attive.
Viola Allevato (Max-Planck-Institut für Plasmaphysik, Excellence Cluster Universe, Garching, Germania) e un'equipe internazionale di scienziati della collaborazione COSMOS [2] hanno osservato in dettaglio più di 600 galassie attive in un pezzetto di cielo molto studiato, il cosiddetto campo COSMOS [3]. Come ci si attendeva, gli astronomi hanno trovato che i nuclei attivi estremamente brillanti sono rari, mentre il grosso delle galassie attive negli ultimi 11 miliardi di anni è rappresentato da oggetti moderatamente brillanti. Ma c'era in serbo una grossa sorpresa: i nuovi dati mostrano che la stragrande maggioranza di queste galassie attive, più comuni e meno brillanti, non vengono “accese” dalle fusioni tra galassie [4]. I risultati di questo studio saranno pubblicati dalla rivista “The Astrophysical Journal”.
La presenza di nuclei galattici attivi viene segnalata dai raggi X emessi nelle vicinanze del buco nero, rivelati dall'osservatorio spaziale dell'ESA XMM-Newton. Queste galassie sono state quindi osservate con il VLT (Very Large Telescope) dell'ESO, che ne ha misurato la distanza [5]. Queste osservazioni combinate tra loro hanno permesso al gruppo di scienziati di costruire una mappa tridimensionale che mostra la posizione delle galassie attive.
“Ci sono voluti più di cinque anni, ma siamo stati in grado di produrre uno dei più grandi e completi cataloghi di galassie attive nel cielo a raggi X”, dice Marcella Brusa, una degli autori dello studio.
Gli astronomi hanno potuto utilizzare questa nuova mappa per scoprire come le galassie attive sono distribuite e confrontarle con le previsioni della teoria. Hanno anche potuto vedere come la distribuzione cambia con l'età dell'Universo — da circa 11 miliardi di anni fa fino quasi a oggi.
L'equipe ha scoperto che i nuclei attivi si trovano soprattutto nelle grandi galassie massicce che contengono tanta materia oscura [6]. Questa risultato era inaspettato e non era consistente con le previsioni della teoria — se la maggior parte dei nuclei attivi fossero una conseguenza della fusione e dello scontro tra galassie dovrebbero infatti trovarsi al centro di galassie di massa relativamente modesta (circa un milione di miliardi di volte la massa del Sole). L'equipe invece ha trovato che la maggioranza dei nuclei attivi abita in galassie di massa circa 20 volte maggiore di quanto previsto dalla teoria della fusione tra galassie.
“Questi nuovi risultati ci fanno intuire come i buchi neri supermassicci inizino i loro pasti”, dice Viola Allevato, l'autrice principale del nuovo articolo. “Essi indicano che i buchi neri sono solitamente nutriti da processi interni alla galassia stessa, come instabilità del disco o episodi di formazione di stelle, invece che da collisioni tra galassie”.
Alexis Finoguenov, che ha coordinato il lavoro, conclude: “Anche nel passato più remoto, fino a circa 11 miliardi di anni fa, le collisioni tra galassie spiegano solo una piccola percentuale delle galassie attive moderatamente brillanti. In quei tempi le galassie erano più vicine tra loro e perciò gli scontri e le fusioni erano più frequenti rispetto al passato più recente, così che i nuovi risultati sono ancora più sorprendenti”.
Note
Ulteriori Informazioni
Questo lavoro è stato descritto in un articolo che verrà pubblicato dalla rivista The Astrophysical Journal nel luglio 2011.
L'equipe è composta da V. Allevato (Max-Planck-Institut für Plasmaphysik [IPP], Excellence Cluster Universe, Garching, Germania), A. Finoguenov (Max-Planck-Institut für Extraterrestrische Physik [MPE], Garching, Germania e University of Maryland, Baltimore, USA), N. Cappelluti (INAF-Osservatorio Astronomico de Bologna [INAF-OABo], Italy e University of Maryland, Baltimore, USA), T.Miyaji (Universidad Nacional Autonoma de Mexico, Ensenada, Messico e University of California at San Diego, USA), G. Hasinger (IPP), M. Salvato (IPP, Excellence Cluster Universe, Garching, Germania), M. Brusa (MPE), R. Gilli (INAF-OABo), G. Zamorani (INAF-OABo), F. Shankar (Max-Planck-Institut für Astrophysik, Garching, Germania), J. B. James (University of California at Berkeley, USA e University of Copenhagen, Danimarca), H. J. McCracken (Observatoire de Paris, Francia), A. Bongiorno (MPE), A. Merloni (Excellence Cluster Universe, Garching, Germania e MPE), J. A. Peacock (University of California at Berkeley, USA), J. Silverman (University of Tokyo, Giappone) and A. Comastri (INAF-OABo).
L’ESO (European Southern Observatory) è la principale organizzazione intergovernativa di Astronomia in Europa e l’osservatorio astronomico più produttivo al mondo. È sostenuto da 15 paesi: Austria, Belgio, Brasile, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Olanda, Portogallo, Repubblica Ceca, Spagna, Svezia, e Svizzera. L’ESO svolge un ambizioso programma che si concentra sulla progettazione, costruzione e gestione di potenti strumenti astronomici da terra che consentano agli astronomi di realizzare importanti scoperte scientifiche. L’ESO ha anche un ruolo di punta nel promuovere e organizzare la cooperazione nella ricerca astronomica. L’ESO gestisce tre siti osservativi unici al mondo in Cile: La Silla, Paranal e Chajnantor. Sul Paranal, l’ESO gestisce il Very Large Telescope, osservatorio astronomico d’avanguardia nella banda visibile e due telescopi per survey. VISTA, il più grande telescopio per survey al mondo, lavora nella banda infrarossa mentre il VST (VLT Survey Telescope) è il più grande telescopio progettato appositamente per produrre survey del cielo in luce visibile. L’ESO è il partner europeo di un telescopio astronomico di concetto rivoluzionario, ALMA, il più grande progetto astronomico esistente. L’ESO al momento sta progettando l’European Extremely Large Telescope o E-ELT (significa Telescopio Europeo Estremamente Grande), di 40 metri, che opera nell'ottico e infrarosso vicino e che diventerà “il più grande occhio del mondo rivolto al cielo”.
Links
Articolo scientifico http://www.eso.org/public/archives/releases/sciencepapers/eso1124/eso1124.pdf
Immagini del VLT http://www.eso.org/public/images/archive/category/paranal/
link al risultato di Hubble (heci1101) http://www.spacetelescope.org/news/heic1101/
link al video di Hubble http://www.spacetelescope.org/videos/heic0701c/
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Questa è una traduzione del Comunicato Stampa dell'ESO eso1124.
Fonte: http://www.eso.org/public/italy/news/eso1124/