Ciak si gira! Sul set ci sono le molecole

Ciak si gira! Sul set ci sono le molecole
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Rapresentazione artistica della molecola di serotonina (Credit: Science Photo Library / AGF)

Tecniche di imaging superveloci permettono ai ricercatori di guardare a quello che succede nel mondo atomico come mai prima.

Si tratta di un cambiamento epocale, che consente di studiare processi chimici che potrebbero essere utili in molte applicazioni. I chimici sono dei sognatori. Ogni giorno, immaginano le molecole che galleggiano nello spazio, con gli atomi che si muovono in una danza maestosa. Fanno ruotare mentalmente le strutture su loro stesse per esaminarle da tutti gli angoli, arrivando anche a torcere ciascuna molecola fino a quando un legame si rompe e se ne forma un altro.

Questi film si svolgono nelle menti della maggior parte dei chimici perché rappresentano un modo per visualizzare come avvengono le reazioni. “L’esperimento mentale unificante in tutte le discipline della chimica è immaginare che gli atomi si muovano in tempo reale”, spiega Dwayne Miller, chimico fisico del Max-Planck-Institut per la struttura e la dinamica della materia ad Amburgo, in Germania, e dell’Università di Toronto, in Canada. “Questo è il sogno dell’intero settore”.

I chimici sognano in questo modo da oltre 150 anni, da quando fu concepita per la prima volta l’idea della struttura molecolare. Ma ora queste fantasie stanno diventando una realtà. I ricercatori stanno girando film molecolari in laboratorio usando una serie di tecniche, la maggior parte delle quali illumina la scena con impulsi incredibilmente brevi di luce o elettroni. Alcuni si affidano alla precisione atomica dei microscopi a scansione a effetto tunnel (STM), mentre altri usano intensi lampi di raggi X per rivelare la struttura del loro bersaglio.

Il loro obiettivo è filmare eventi che si svolgono nell’arco di alcuni picosecondi (ps, 10 alla -12 secondi) o femtosecondi (fs, 10 alla -15 secondi), con atomi che si spostano solo di alcuni picometri (un atomo di idrogeno ha un diametro di circa 100 pm). A questa risoluzione, i ricercatori per la prima volta possono osservare direttamente una molecola che si contorce in un movimento lento, i legami atomici che vibrano e si rompono, o addirittura elettroni che oscillano avanti e indietro.

Con la crescente diffusione di queste tecniche si diffondono, i vantaggi potrebbero essere enormi. Potrebbero fornire informazioni cruciali che portano a migliori catalizzatori, forme artificiali di fotosintesi o nuovi modi per manipolare le proprietà quantistiche delle molecole per il calcolo e la comunicazione.

Le star di questi film sono spesso personaggi compositi, portati alla vita filmando miliardi di molecole identiche impilate in piccoli cristalli. Sempre più, tuttavia, i ricercatori stanno mettendo sotto i riflettori singole molecole. Queste ultime sono alla mercé della meccanica quantistica, invece che delle leggi statistiche classiche che governano le proprietà dei materiali macroscopici: per questo, immaginarle in uno splendido isolamento potrebbe fornire un ritratto della loro vera natura più fedele di quanto possa fare un’istantanea di gruppo.

Mentre sviluppano nuovi modi per catturare le singole molecole in movimento, gruppi di ricerca in tutto il mondo stanno scoprendo che ogni tecnica permette potenzialmente di dare un’occhiata diversa al comportamento molecolare. Alcune riescono meglio a individuare gli atomi nello spazio; altre sbirciano le molecole in brevi istanti evanescenti del tempo.

“L’idea di un film molecolare copre una gamma quanto mai varia”, afferma Louis DiMauro, fisico dell’Ohio State University a Columbus. “Si può fare un film d’azione o una commedia di Woody Allen”. Eppure messi insieme, spiega, i metodi promettono di mostrare come funziona la chimica con un dettaglio senza precedenti. “Una combinazione di queste tecniche, ecco il modo per produrre un vero film molecolare”.

– Luci, macchina, azione!

La cinematografia molecolare trae le sue origini dai metodi emersi negli anni ottanta per ottenere istantanee di molecole. La tecnica principale – chiamata spettroscopia pump-probe – usa un impulso di luce laser che dura alcuni femtosecondi per scatenare una reazione chimica (si veda l’illustrazione a questo link: “Piccolo mondo”). Un istante più tardi, arriva un secondo impulso a femtosecondi e interagisce con le molecole nel campione, a metà reazione. Questo modifica la luce in modi che possono essere misurati da un rivelatore e trasformati in un’immagine della molecola. Ripetendo l’esperimento più e più volte e cambiando il ritardo tra i due impulsi, i ricercatori possono costruire un folioscopio (flip-book) di immagini, ciascuna delle quali mostra una fase di una trasformazione chimica.

Un’immagine del Linac Coherent Light Source dello SLAC National Accelerator Laboratory di Menlo Park, in California (Cortesia SLAC)

Questa tecnica, una forma di femtochimica, ha mostrato i meccanismi interni delle reazioni chimiche come mai prima d’ora, rivelando le identità di fugaci strutture intermedie, che si formano quando una molecola si trasforma in un’altra. Ma la luce laser usata nella femtochimica ha una lunghezza d’onda molto più ampia della distanza tra i singoli atomi, il che impedisce d’individuare direttamente le posizioni degli atomi nelle molecole.

Per ottenere immagini chiare di atomi singoli, gli scienziati si sono affidati a lungo alla cristallografia a raggi X o alla diffrazione elettronica, che studiano in che modo fotoni o elettroni vengono diffusi quando passano attraverso le molecole. Inoltre, strumenti come gli STM e i microscopi a forza atomica (AFM) offrono immagini ancora più dettagliate degli atomi nelle singole molecole e delle nubi di elettroni intorno a loro. Ma per acquisire un’immagine, quelle tecniche richiedono solitamente alcuni millisecondi o più, un tempo troppo lungo per poter vedere gli atomi che si muovono avanti e indietro.

Quindi, negli ultimi anni, i produttori di filmati molecolari hanno combinato vari aspetti di femtochimica, diffrazione e imaging atomico per creare una “cassetta degli attrezzi” ibrida, che offre il meglio di diversi mondi, unificando la risoluzione temporale e spaziale per mostrare atomi e molecole nei loro habitat naturali.

Lo scorso anno, ricercatori dell’Università di Regensburg, in Germania, hanno usato impulsi laser per migliorare notevolmente la velocità dell’otturatore di un STM. Questo tipo di microscopio si basa su una punta sottile – ridotta al suo apice a un solo atomo – che si muove rispetto a una molecola vincolata a una superficie. Grazie al comportamento quantistico a brevi distanze, gli elettroni possono passare per “effetto tunnel”, tra la molecola e la punta, creando una corrente elettrica. Mentre la punta si muove, i cambiamenti nel valore di quella corrente rivelano la topografia degli elettroni attorno alla molecola.

Negli esperimenti di Regensburg, i ricercatori hanno scattato ogni istantanea inviando sulla punta dell’STM un impulso laser di radiazione terahertz (Thz), tra le microonde e gli infrarossi. Ciò ha creato tra la punta e la molecola bersaglio, chiamata pentacene, una differenza di potenziale sufficiente a consentire a un elettrone di uscire dalla molecola. Questo corridoio si apre nell’arco di un singolo ciclo dell’impulso THz, dando all’STM una velocità di otturatore di circa 100 fs – un valore abbastanza piccolo da produrre un’istantanea degli orbitali elettronici del pentacene in quel momento.

Dopo aver perso l’elettrone, la molecola del pentacene è stata spinta verso la superficie da forze elettriche, facendola vibrare su e giù. I ricercatori hanno usato altri impulsi a THz a vari intervalli per documentare per la prima volta questa vibrazione. “Non c’è altro modo per vedere questa oscillazione in una sola molecola”, sottolinea il fisico Jascha Repp, uno dei leader del gruppo di ricerca.

Anche se questo esperimento era essenzialmente dimostrativo, Repp pensa che la sua squadra possa ridurre la risoluzione temporale dell’STM a THz fino a 10 fs, il che potrebbe rivelare processi ancora più veloci: gli elettroni che si spostano attraverso una molecola dopo aver assorbito la luce o gli ioni idrogeno che saltellano avanti e indietro tra diversi siti, un processo chiamato tautomeria, che influenza la reattività di molte molecole biologiche. “Potrebbe essere un grande passo avanti”, dice DiMauro. “Potremmo osservare le reazioni su una superficie con specificità atomica”.

Repp e il fisico Leo Gross, dell’IBM Research di Zurigo, in Svizzera, sperano di lanciare nella mischia anche un AFM. Questo strumento ha una punta acuminata che agisce come la puntina di un vecchio giradischi: mentre sfiora un campione, vibra per effetto di lievi attrazioni e repulsioni nei confronti degli atomi e dei loro legami, offrendo immagini più nitide della molecola rispetto al solo STM.

– I pezzi grossi

Uno dei vantaggio di STM e AFM è che le attrezzature – insiemi di camere a vuoto in acciaio inox e sonde – possono essere ospitate in un piccolo laboratorio. Le tecniche sono gli “studios indipendenti” del cinema molecolare, relativamente accessibili a molti ricercatori.

All’estremo opposto della scala vi sono i “blockbuster” (i campioni di incassi) realizzati in strutture come la Linac Coherent Light Source (LCLS) da 414 milioni di dollari dello SLAC National Accelerator Laboratory di Menlo Park, in California. Questo gigantesco laser a raggi X a elettroni liberi (XFEL) produce impulsi luminosi e coerenti per rivelare stupefacenti strutture di proteine. La concorrenza per accaparrarsi il tempo sperimentale sulla macchina è feroce.

L’anno scorso, un gruppo internazionale di ricercatori ha riferito di aver usato gli impulsi a raggi X di LCLS per osservare per la prima volta un processo biologico chiave. L’obiettivo della squadra era la proteina gialla fotoattiva (PYP), un sensore di luce usato da alcuni batteri. Nel cuore di PYP c’è una regione in grado di assorbire la luce: contiene un doppio legame rigido carbonio-carbonio che non può torcersi liberamente. Di solito i grandi gruppi a ciascuna estremità del doppio legame puntano in direzioni opposte, secondo una configurazione denominata trans. Ma il gruppo ha usato un impulso laser blu per rompere temporaneamente uno dei legami, consentendo ai grossi gruppi di ruotare in una configurazione cis e di puntare nella stessa direzione (si veda l’illustrazione a questo link: “Una luce eccitante”). Questo tipo di isomeria “trans-cis” avviene spesso nei sistemi biologici, per esempio nel processo chimico che permette la visione.

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Schema di funzionamento di un microscopio a scansione a effetto tunnel; in viola la punta della sonda che interagisce con la molecola da analizzare: un elettrone può passare per effetto tunnel dalla punta alla molecola, creando una corrente elettrica. (Wikimedia Commons)

All’impulso laser iniziale, il gruppo ha fatto seguire una serie di impulsi a raggi X della durata di 40 fs, che ha prodotto figure di diffrazione da cui sono state ottenute le posizioni degli atomi. Mettendo tutto insieme, un filmato ha mostrato che l’isomerizzazione è avvenuta circa 550 fs dopo che la luce ha eccitato il PYP.

“La grande sorpresa è che non è un processo istantaneo”, spiega la biochimica Petra Fromme dell’Arizona State University a Tempe, che faceva parte della squadra. “Ha cambiato completamente la nostra visione di come avviene questa reazione”. Questo esperimento ha riguardato i cristalli a scala micrometrica che galleggiano in soluzione, ma altri ricercatori sono riusciti a usare l’LCLS per filmare le singole molecole in un gas. Nel 2015, hanno prodotto un filmato di una molecola a forma di anello che si rompe, aprendosi, secondo una classica reazione di chimica e biochimica (si veda il filmato a questo link: “Giorno di apertura”).

La lunghezza d’onda dei raggi X era troppo ampia per risolvere direttamente gli atomi, per cui la squadra si basava su simulazioni teoriche per affinare le immagini in un filmato molecolare di 16 fotogrammi. Ma un aggiornamento da un miliardo di dollari chiamato LCLS-II è in fase di costruzione e dovrebbe garantire raggi X a lunghezza d’onda più breve, in impulsi più brevi e più frequenti, che miglioreranno il tempo e la risoluzione spaziale dei filmati.

E Fromme spera che una nuova generazione di XFEL compatti, possibilmente del valore di meno di 15 milioni di dollari ciascuno, possa rendere disponibile la tecnica a molti più ricercatori. Attualmente, con i propri collaboratori sta lavorando a due prototipi, il primo dei quali, chiamato AXSIS e ospitato presso il sincrotrone tedesco a elettroni DESY di Amburgo, potrebbe essere completato il prossimo anno. Questi XFEL “da tavolo” produrranno impulsi a raggi X di poche centinaia di attosecondi (10 alla -18 secondi): saranno cioè così brevi che potranno evitare di distruggere la molecola bersaglio.

Gli impulsi a raggi X ad attosecondi degli XFEL compatti non contengono fotoni sufficienti per produrre immagini nitide di singole molecole; usarli sarebbe come scattare una fotografia con basse luci. Ma un’idea attualmente in discussione è che un XFEL compatto potrebbe alimentare un suo fratello maggiore, in un impianto come SLAC, con raggi X, elettroni o entrambi, per affinare i suoi impulsi brillanti. Se ciò consentisse a XFEL un vero imaging a singola molecola, Fromme vorrebbe usare la nuova fotocamera per studiare uno dei processi fondamentali della natura: il momento in cui un fotone è assorbito da una biomolecola e forma uno stato eccitato. “Nessuno ha mai potuto vedere quanto sia veloce quel processo”, dice.

– Un selfie molecolare

I raggi X più energetici di LCLS hanno attualmente una lunghezza d’onda di 150 pm, cioè sono leggermente troppo lunghi per individuare singoli atomi di carbonio o idrogeno. Per ingrandire ulteriormente la scena, i ricercatori possono usare elettroni veloci, che hanno lunghezze d’onda molto più brevi e offrono una migliore risoluzione spaziale, poiché si diffondono attraverso una molecola. Questo è il principio alla base della microscopia crioelettronica, che sta rivoluzionando il mondo della biologia strutturale, anche perché fornisce strutture dettagliate di proteine in campioni congelati senza la necessità di formare cristalli.

Anche se la microscopia crioelettronica fornisce istantanee di molte molecole insieme, altre tecniche usano gli elettroni per ottenere immagini di singole molecole. Lo scorso anno, un gruppo guidato da Jens Biegert, responsabile della ricerca presso l’Istituto di scienze fotoniche di Barcellona, in Spagna, ha riferito di aver usato la diffrazione elettronica indotta da laser (LIED) per studiare singole molecole di acetilene (C2H2). In questa tecnica, un impulso a raggi infrarossi allinea la molecola in una direzione definita, e poi un secondo impulso spinge due elettroni al di fuori della molecola, spezzando uno dei legami carbonio-idrogeno dell’acetilene.

Modello “ball and stick” della molecola di acetilene, in nero gli atomi di carbonio, in bianco quelli di idrogeno(Wikimedia Commons)

Proprio come qualsiasi forma di luce, questi impulsi laser sono costituiti da campi elettrici e magnetici oscillanti. Il campo elettrico del secondo impulso raccoglie uno degli elettroni liberati e lo rimanda verso la molecola. L’elettrone arriva circa 9 fs dopo che si è liberato per la prima volta, muovendosi abbastanza velocemente da passare attraverso la molecola frammentata. Non appena lo fa, è diffuso come un’onda che si frange su una costa rocciosa, formando uno schema che rivela le posizioni degli atomi con una velocità dell’otturatore inferiore a 1 fs. Forse si tratta del selfie molecolare definitivo.

Ogni volta che questo accade, l’elettrone è diffuso in una direzione leggermente diversa, quindi il gruppo di Biegert ha dovuto eseguire più e più volte l’esperimento per raccogliere dati sufficienti a costruire immagini nitide del frammento di acetilene e dello ione idrogeno che se ne separa. Dopo circa un miliardo di ripetizioni, ciascuna delle quali ha ottenuto un’immagine di una molecola nuova estratta da un gas, il gruppo ha ottenuto “fotogrammi” di un film molecolare che mostrava la rottura del legame. Il gruppo spera di aumentare presto il numero di fotogrammi e di poter così affrontare molecole più complesse.

Ottenendo un’immagine di ciascuna molecola con uno solo dei suoi elettroni, spiega Biegert, questa tecnica LIED evita alcuni ardui inconvenienti della diffrazione elettronica convenzionale, che usa una “pistola elettronica” per sparare pacchetti di elettroni su campioni di molecole. Quegli elettroni, infatti, si respingono a vicenda mentre si muovono, aumentando la lunghezza dell’impulso e rendendo difficile portare la velocità dell’otturatore sotto i 10 fs, spiega il ricercatore.

Nella fase successiva della produzione di filmati molecolari, altri ricercatori sperano che il passaggio da femtosecondi a impulsi laser ad attosecondi produrrà sequenze slow-motion senza precedenti. A quelle velocità dell’otturatore, gli atomi sembrano muoversi a un ritmo glaciale e il movimento degli elettroni diventa chiaramente visibile. Questo sarà un passo cruciale, dice DiMauro, perché il comportamento degli elettroni controlla in ultima analisi il moto degli atomi in una molecola. “Abbiamo sviluppato buone tecniche per guardare gli attori atomici”, dice. “Ma per guardare il vero film, dobbiamo guardare anche gli elettroni”.

La maggior parte dei ricercatori coinvolti concorda altresì che è giunto il momento di andare oltre i progetti dimostrativi e di applicare le tecniche ai problemi di una vasta gamma di campi di ricerca.

“Se le persone che stanno sviluppando questi strumenti sono in grado di convincere chimici e scienziati dei materiali, sarà davvero una grande spinta in avanti”, dice Biegert. Dopo tutto, “il primo passo verso la comprensione è la visione”.

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su Nature il 26 aprile 2017. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

Mark Peplow/Nature
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