Computazione quantistica: sogno o possibilità reale?

Il Giornale Online
di Astro Calisi

Uno dei maggiori limiti della computazione tradizionale, su cui è basato il funzionamento degli ordinari computer, è che essa opera in maniera sequenziale, eseguendo le istruzioni finalizzate all’esecuzione di un dato compito, una di seguito all’altra. Questa modalità di funzionamento, nonostante la grande velocità raggiunta dagli attuali processori, porta a tempi di elaborazione spesso incredibilmente lunghi quando si ha a che fare con operazioni molto complesse.(1) Una soluzione radicale a questi problemi sembrerebbe essere quella prospettata dalla cosiddetta computazione quantistica che, da un punto di vista strettamente teorico, dovrebbe fondarsi sul fenomeno della sovrapposizione quantistica, per cui una particella viene a trovarsi contemporaneamente in più stati. La computazione quantistica permetterebbe di svolgere simultaneamente le operazioni necessarie allo svolgimento di un determinato compito, fornendo i risultati in tempi brevissimi.

Per meglio comprendere le enormi possibilità offerte dalla computazione quantistica rispetto alla computazione tradizionale (ma anche i problemi connessi alla sua realizzazione pratica) vale la pena esaminare più da vicino le rispettive modalità di codificare l’informazione. Nella computazione ordinaria, ogni unità di informazione, o bit, corrispondente a una soltanto di due possibilità definite, viene codificata sotto forma di uno stato di un circuito elettrico bistabile, di cariche magnetiche su supporti metallici, di tracce su dischi ottici o altro. In ogni caso, abbiamo sempre a che fare con una presenza o con una assenza di qualche quantità fisicamente misurabile, alla quale viene convenzionalmente attribuito valore informativo (associato di solito ai simboli 0 e 1). Nei modelli di elaborazione che si richiamano alla computazione quantistica, l’informazione viene invece memorizzata sfruttando il fenomeno della polarizzazione (orizzontale o verticale), se si utilizzano fotoni, o lo spin (su o giù) [nota] se si utilizzano elettroni (2). Ad esempio, può essere convenzionalmente assegnato valore 1 alla polarizzazione orizzontale di un fotone e valore 0 a quella verticale; allo stesso modo, si può assegnare valore 1 allo spin su di un elettrone e valore 0 allo spin giù.

Si sono già realizzati calcolatori molto elementari utilizzando questi nuovi principi. Tuttavia, a ben guardare, essi funzionano ancora in base alla computazione tradizionale, con l’unica differenza che al posto delle celle di elaborazione che utilizzano circuiti elettronici, si sono poste particelle subatomiche. Siamo ancora molto lontani dalla computazione quantistica, la quale richiede che le particelle si trovino in uno stato di sovrapposizione, cioè, se si utilizzano fotoni, essi devono essere polarizzati contemporaneamente in senso orizzontale e in senso verticale, oppure, se si utilizzano elettroni, essi devono avere contemporaneamente spin su e spin giù. La sovrapposizione quantistica è una condizione basilare affinché la computazione quantistica possa realizzarsi. Ora, come è possibile procedere a una qualsiasi tipo di elaborazione se non si immettono dei dati nel sistema, ossia se non si fa sì che almeno alcune delle sue unità di memoria assumano uno stato definito e lo trasmettano successivamente alle unità di elaborazione, secondo procedure predefinite, anch’esse memorizzate nel sistema? Detto altrimenti: com’è possibile che un computer esegua dei calcoli, risolva problemi e svolga specifici compiti senza che, dall’esterno, si vada a interagire con lo stato in cui si trovano le particelle, confinate in campi magnetici, che fanno parte dei suoi moduli di elaborazione?

Questo è il problema fondamentale che ha impedito finora la realizzazione di un computer quantistico e che sembra porre serie ipoteche su una sua realizzazione futura.

Una particella subatomica, affinché conservi la sua condizione di indeterminazione quantistica – di sovrapposizione di stati – deve rimanere isolata dal mondo esterno. Qualsiasi interazione capace di alterare il suo stato ne provoca l’immediato decadimento a una condizione definita: si verifica quello che in termini tecnici si chiama fenomeno della decoerenza. Per questo motivo, lo stato di sovrapposizione non può mai essere osservato. Per osservarlo, infatti, è necessario interagire con la particella, investendola con una qualche forma di luce, sia pur debolissima, o con altre particelle, che inevitabilmente ne modificano la condizione, rinviandoci informazioni su di essa. Si sono tentati – e si stanno tuttora tentando – vari espedienti per ovviare a questo problema. Ad esempio, nella prospettiva di mantenere l’isolamento del modulo di elaborazione dal mondo esterno, permettendo nello stesso tempo l’immissione dei dati, sono stati interposti uno o più stadi che fungano da separatori con l’esterno. Ma finora i risultati si sono rivelati piuttosto deludenti.

Una possibilità ulteriore sembrerebbe quella prospettata dal recente annuncio, da parte dei fisici Serge Haroche e David J. Wineland, di aver messo a punto dei metodi molto sofisticati per misurare e manipolare singole particelle senza che ciò distrugga il loro stato di sovrapposizione quantistica. I due ricercatori hanno ricevuto il Premio Nobel 2012 per il loro lavoro, ma è ancora presto per dire se le tecniche da loro sviluppate consentano di compiere passi significativi verso la costruzione pratica di un computer quantistico. In ogni caso, si tratta di oltrepassare una frontiera apparentemente invalicabile: quella che separa il mondo della nostra esperienza ordinaria, che fa riferimento alla fisica classica, dal mondo degli oggetti e dei fenomeni quantistici, che mostrano comportamenti tali da collocarsi al di là delle nostre capacità di rappresentazione e di comprensione.

NOTE

(1) Uno degli esempi spesso riportati per dare un’idea di tale complessità è il problema della scomposizione di un numero molto grande in fattori primi, connesso all’esigenza di creare codici di accesso difficilmente decifrabili. Quando si ha a che fare con numeri di centinaia di cifre, i tempi di soluzione diventano rapidamente proibitivi, rientrando nell’ordine delle settimane o addirittura degli anni.

(2) Con un paragone piuttosto grossolano, lo spin può essere immaginato come una sorta di rotazione della particella attorno al proprio asse.