Coppedè – Un uomo e il suo progetto

CoppedèLuigi “Gino” Coppedè, l’architetto nato a Firenze il 26 settembre 1866, è la mente che progettò il Quartiere Dora di Roma sorto tra il 1916 ed il 1927, nell’area compresa tra Via Tagliamento, Via Arno, Via Adige e Corso Trieste, all’interno dunque del secondo Municipio, zona di espansione residenziale, di livello medio alto, prevista dal PRG del 1909.

 

Schizzo assonometrico quartiere Dora – Anonimo – Fonte: Sovrintendenza per i Beni Ambientali e Architettonici del Lazio. Il “quartiere Coppedè” a Roma : Conoscenza e tutela. Crediti: archidiap.com
Foto storica Palazzo degli Ambasciatori – Anonimo – Fonte: Bossaglia R., Cozzi M. – Coppedè. Crediti: archidiap.com
Arco di Coppedè con lampadario in ferro battuto

Sarà stata probabilmente la firma incisa sul basamento di uno dei capitelli che si trova sotto l’imponente arco, che unisce le torri de il Palazzo degli Ambasciatori e che funge da ingresso al quartiere Dora, ad aver suggerito di identificarlo, nel linguaggio comune, con il nome dell’architetto Coppedè dimenticandone quello ufficiale.

La singolare impronta progettuale dell’architetto Gino Coppedè, decisamente coraggiosa per qualunque epoca e città, vede la fusione calibrata di stili artistici ed architettonici quali: liberty, art decò, neogotico, medievale, kitsch, barocco e, per l’epoca, la contemporanea corrente europea modernista, in un sapiente gioco di equilibri su ogni edificio dei 26 palazzi e 17 villini presenti, tale da rendere il quartiere visibilmente unico ed emozionante a più livelli.

Il suo motto, “ARTIS PRAECEPTA RECENTIS – MAIORUM EXEMPLA OSTENDO”, la cui traduzione: “Rappresento i precetti dell’arte moderna attraverso l’esempio degli antichi”, è emblematico dell’intento artistico del Coppedè e lo troviamo inciso nel Palazzo del Ragno che si affaccia sulla piazza Mincio.

Nell’edificio di fronte a quest’ultimo, un’altra incisione apposta nel Palazzo senza nome che rafforza la scritta inserita nella volta che incornicia il portone d’ingresso dello stesso. In questo caso si tratta di un “saluto di accoglienza”:

“OSPES SALVE” = “Benvenuto Ospite”

“INGREDERE HAS AEDES QUISQUIS ES AMICUM ERIS HOSPITEM SOSPITO” = “Entra in questo luogo, chiunque tu sia sarai amico, io proteggo l’ospite”.

Entrambi i palazzi, insieme ai Villini delle Fate, contornano la Fontana delle Rane che è collocata al centro della piazza, cuore del quartiere. Sorprendente è la quantità di simboli, arcaici e non, presenti in ogni dove, dai bassorilievi ai decori pittorici murali delle facciate, nel ferro battuto dei cancelli e dei decori appesi come lanterne, nelle volte e nei fregi.

Geometrie e stemmi, gechi, ippocampi, api, rane, spirali, l’albero della vita, figure mitologiche, soli raggianti con triangoli inscritti, scacchiere e tanto altro. Un tripudio che può confondere se osservato nell’insieme e non singolarmente.

Quale fosse l’intenzione di Gino Coppedè in merito all’utilizzo di queste forme simboliche, se puramente decorativa o al contrario una fucina intenzionalmente evocativa, ufficialmente non è nota.

Innegabile è che la massiccia presenza rende suggestivo ogni angolo dell’intera area e, anche senza comprenderne razionalmente un chiaro significato, nella sola percezione tocca corde emozionali per nulla banali ed ancora, ad altro livello, trasporta in un’atmosfera molto particolare di “mistero” e di “magico”.

Questo “alone” che avvolge Coppedè non si limita però solo a quanto detto fin qui. La cosa che stupisce forse più di tutte è che in pochissimi, romani compresi, ne conoscono l’esistenza e, per essere una zona di grande pregio storico-architettonico ed artistico, non appare di certo nelle guide turistiche e negli itinerari a larga diffusione.

Al contrario di tante altre zone di Roma e non solo, pare non esista nessun “business” collegato; nessuna maglietta o calamita; niente venditori ambulanti di cappellini o cartoline illustrate a fisarmonica. Strano ma vero.

Se escludiamo una manciata di libri ed articoli, per lo più per gli “addetti ai lavori” nell’ambito universitario e di architettura, o di blog che ne raccontano il viaggio fotografico amatoriale, restano simpatiche gite organizzate a sfondo “esoterico”, ispirate forse più alle pellicole cinematografiche girate a Coppedè da Dario Argento che ad una ricerca di conoscenza.

Un “segreto” ben custodito nel cuore di uno dei quartieri più signorili della Capitale. Oppure uno tra i tanti dimenticati architetti dei primi del ‘900. Quale sarà il vero motivo?

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