Custodi dell’Immortalità

Custodi dell’Immortalità

zedUn nuovo inizio

“Prima di andare in pensione, voglio trovare la tomba di Cheope”. Quelle che potrebbero sembrare le parole di un comune fantarcheologo a caccia di scoop, provengono invece da una delle personalità più influenti dell’egittologia, il Segretario Generale del Consiglio Supremo delle Antichità Egizie, il dottor Zahi Hawass. Un’affermazione che dimostra come ormai anche l’Ultimo faraone nutra profondi dubbi sull’idea secondo cui le Piramidi di Giza siano state sepolture regali. Noi lo affermiamo senza alcun timore riverenziale: è tanto vero che le piramidi sono tombe quanto è vero l’esatto contrario. Finché non avremo la certezza che sia giusta un’affermazione piuttosto che l’altra, esplorare nuovi sentieri rientra nei nostri doveri.

Non è una eresia dire che ciò che ci affascina dell’Egitto non è ciò che sappiamo, ma ciò che ancora non abbiamo scoperto… Le piramidi, come ogni enigma del passato, sembrano nascondere tracce di una conoscenza perduta, qualcosa di intelligibile che sfugge alla nostra comprensione e che, proprio per questo, ci cattura come nessun altro mistero al mondo. Ricercatori come Mario Pincherle e Robert Bauval, pur non riconosciuti in ambito ufficiale, hanno saputo suscitare un clamoroso interesse proponendo idee pionieristiche che vantano una prodigiosa diffusione. È solo grazie all’esempio di uomini come loro che la nostra ricerca ha potuto avere inizio.

Una scoperta rivoluzionaria

Partiamo proprio dalle loro scoperte più importanti: secondo Bauval, la posizione delle Piramidi di Giza si ispirerebbe alle stelle della Cintura di Orione; secondo Pincherle, nella Piramide di Cheope è custodito il pilastro Zed. Nonostante il vasto consenso popolare che le sostiene, queste teorie non sono mai state supportate da prove in grado di convincere gli egittologi; manca l’indizio decisivo, la prova schiacciante che confermi le idee di Bauval e Pincherle; una prova che, fino ad oggi, nessuno aveva ancora trovato…

Augusta, Germania, anno 1603: il trentunenne giurista tedesco Johann Bayer pubblica l’Uranometria, il primo atlante stellare che descrive l’intera sfera celeste; l’opera cataloga 1277 stelle, e 88 costellazioni secondo un metodo del tutto nuovo: Bayer stabilì in maniera risolutiva la consuetudine di associare lettere dell’alfabeto greco alle stelle, distinguendole in base alla luminosità, alla grandezza e al colore. Questo sistema, noto come Nomenclatura Bayer, è il codice di catalogazione a cui l’astronomia mondiale fa tutt’oggi riferimento. Eppure alcuni studiosi hanno evidenziato che “ci sono molti esempi in cui questo ordine non è rispettato” . Si tratta di sviste o di eccezioni volute? Occupiamoci delle tre stelle che compongono la Cintura di Orione; furono gli Arabi a denominarle nel modo a noi noto: Alnitak (la Fascia), Alnilam (il Filo di Perle), Mintaka (la Cintura).

Johann Bayer, secondo il suo codice, assegnò loro tre lettere greche: Zeta [Orionis], Epsilon [Orionis] e Delta [Orionis]. Isolando le lettere greche, otteniamo Zeta, Epsilon e Delta: cioè Z, E, D. Incredibile a dirsi, la parola che compongono è proprio ZED. È possibile che su 1277 stelle, Bayer abbia assegnato, per un caso del tutto singolare, tre lettere che compongono il nome del Pilastro individuato dal nostro Mario Pincherle all’interno della Grande Piramide? Non può trattarsi di un caso.

Se Bauval e Pincherle cercavano una prova scritta e inconfutabile a sostegno delle loro teorie, questo esplicito riferimento nell’Uranometria rappresenta un elemento più che valido: il Codice di Bayer è, ancora oggi, un sistema autorevole e imprescindibile nello studio delle stelle, ideato da un precursore della moderna scienza astronomica. Siamo quindi in presenza di un’eccezionale conferma storica: la Grande Piramide nasconde uno Zed ed esiste una corrispondenza tra le Piramidi di Giza e Cintura di Orione; è la dimostrazione che la Piana di Giza e i suoi monumenti hanno da rivelare molto più di quanto finora sospettato… Qualcuno, migliaia di anni dopo la costruzione delle piramidi e quattro secoli prima di Pincherle e Bauval, sapeva che Cheope, Chefren e Micerino sono la Cintura di Orione riproposta sulla Terra, così come sapeva che l’anima della Piramide di Cheope è lo Zed. Siamo appena all’inizio di un percorso che ci condurrà alla scoperta di qualcosa che trascende la nostra più fervida immaginazione…

Un misterioso Pilastro

Lo Zed è un simbolo molto diffuso nell’Antico Egitto e anche uno dei più indecifrabili; è comunemente associato ad Osiride, il dio dei morti e dell’Oltretomba, l’interpretazione ufficiale lo considera la sua colonna vertebrale e simboleggia stabilità. Il nome egizio, Djed, ha un significato poco chiaro; secondo gli esperti deriverebbe dalla radice djd o da dd e si traduce come stabile, duraturo. Trasposto in greco diventa Zed; in questa lingua, infatti, dj viene contratto in Z. Il Vocabolario della Lingua Greca suggerisce di confrontarlo “con l’antico indiano Djauh”. Djauh è una parola sanscrita che, come possiamo notare, contiene la radice dj. La radice indoeuropea per Djauh è la stessa del nome Zeus, cioè div-, e significa splendere ; div- o dj si possono tradurre coi termini splendere, brillare, bruciare e si riferiscono al brillare degli astri; il loro significato quindi è anche stella.

Il nome piramide (Puramis in greco) ha sempre suscitato vivaci confronti circa la sua origine; secondo alcuni interpreti, il Papiro di Rhind lascerebbe intendere che piramide indica “ciò che va verso l’alto”; le consonanti pr m s hanno tuttavia un significato ben diverso: pr vuol dire casa, m esprime lo stato in luogo, s indica la costellazione di Orione, Sah; il risultato sarebbe la casa che sta in Orione. Il Vocabolario della Lingua Italiana della Treccani ritiene che Puramis derivi dalla radice Pur- che significa fuoco , ma anche luce, bagliore, splendore o tumulo sepolcrale…

Ecco la nostra interpretazione: il termine egizio pr, come abbiamo appena visto, vuol dire casa, dimora; la seconda parte della parola potrebbe essere composta dal femminile medea o dal maschile mezos ed entrambi hanno il significato di membro virile: Pr medea oppure Pr mezos, la casa del membro virile… Per quale motivo il nome di questa immensa struttura dovrebbe significare la casa del membro maschile? Da dove deriverebbe una denominazione così insolita?

Lasciamo in sospeso questo interrogativo e torniamo al suono dj; concentriamo la nostra attenzione sul faraone Medjedu; Medjedu altri non è che il nome in lingua originaria di Cheope; fu Erodoto a trasporre il nome egizio nel greco Cheope con cui oggi lo identifichiamo. Medjedu è formato dai gruppi di consonanti m djd w; w significa luogo; m indica sta, stare; djd indica lo zed; il risultato è quindi il luogo in cui si trova lo Zed, un significato alquanto bizzarro per essere il nome di un faraone…

Ancor più sconcertante è l’identicità tra m djd w (il luogo in cui si trova lo Zed), e Pr e mezos, cioè la casa del membro maschile… Siamo di fronte ad un’altra conferma straordinaria, una seconda e decisiva prova a sostegno della validità dell’ipotesi avanzata da Mario Pincherle.

L’interpretazione della parola piramide rileva che i Greci, quando trasposero il nome Medjedu nella loro lingua, non si limitarono semplicemente a grecizzarlo ma si preoccuparono di tradurlo correttamente; per questo motivo il Medjedu egizio è reso con piramide in greco, un passaggio che col tempo deve aver smarrito il suo significato originario, creando l’imbarazzo di dover giustificare un’espressione ormai incomprensibile fino a interpretarla come un nome proprio di persona.

Quello che era il nome di un luogo, Medjedu, è diventato impropriamente il nome di un faraone, mentre il termine piramide è divenuto un nome comune adoperato per designare una figura geometrica o un tipo di costruzione, non più quella specifica costruzione… La traduzione di piramide e Medjedu, intesi come la casa del membro maschile, introduce un discorso del tutto nuovo: a quale membro maschile farebbe riferimento? Si tratta forse dello stesso Zed, finora interpretato come una colonna vertebrale?

Terra “maschio, cielo “femmina”

La Pietra di Shabaka dimostra che gli egiziani ritenevano che il Cielo (Nut) fosse un’entità femminile e la Terra (Geb) maschile. La Terra è quindi il principio fecondatore mentre il Cielo è un ventre ricettivo. La mitologia egizia, così come viene comunemente presentata, descrive da una parte gli dèi Iside e Osiride che figurano nel cielo e, allo stesso tempo, la Terra che ingravida la volta celeste; ma se le piramidi sono in relazione con Orione e la Terra è un’entità maschile, come può questo principio maschile relazionarsi intimamente con una costellazione che si ritiene raffiguri un uomo, cioè Osiride? Nessuna variante del mito accenna alla possibilità che Osiride fosse in grado di concepire un figlio dal suo stesso grembo…

Cerchiamo quindi chi che potrebbe rappresentare un soggetto maschile sulla Terra e uno femminile nel cielo.

Il nome egizio della Piana di Giza è Rostau, la porta del luogo nascosto; la versione estesa del nome è pr wsr nb rstw: pr significa casa, wsr Osiride, nb signore, r ingresso, st nascosto w, luogo: Casa di Osiride, signore dell’ingresso del luogo nascosto (Rostau). Questo dimostra che Giza era strettamente connessa ad Osiride, ma il legame a cui si fa riferimento non è tra la sua presunta raffigurazione stellare (Orione) e le piramidi, bensì tra il dio stesso e la Piana, che è il luogo della sua sepoltura, la sua dimora eterna: il soggetto maschile sulla Terra è, quindi, Osiride. Ipotesi rafforzata da quanto detto precedentemente dato che, secondo Mario Pincherle, nella Piramide di Cheope c’è lo Zed, universalmente posto in relazione con Osiride. Ma è l’interpretazione dello Zed come colonna vertebrale che ci lascia perplessi, anche perché il mito non accenna ad una specifica importanza della spina dorsale del dio.

E se si trattasse di qualcos’altro? Se lo Zed fosse proprio il fallo artificiale di Osiride?

Le nebulose di Orione

Comincia ad insinuarsi il dubbio che l’intima relazione che unisce le piramidi e il cielo nasconda una verità sorprendente. Orione, in particolare, il fiero gigante che domina il firmamento, sembra aver subito nel corso dei millenni una radicale distorsione della propria originaria natura: tutto lascia intendere che non si tratti affatto di un personaggio maschile.

Paul Kunitzsch, esperto di fama mondiale di nomenclatura stellare, notò che gli Arabi si riferivano ad Orione con una terminologia chiaramente femminile; l’analisi dei nomi delle stelle che la delimitano forniscono la prova: Betelgeuse, che deriva dall’arabo Yad al-Jawzā, significa spalla (Yad) di colei che sta al centro (al-Jawzā è un termine femminile); Bellatrix deriva dall’arabo Al Najid ed è anche conosciuta col nome di Amazzone.

Ma la caratteristica più rilevante è la presenza nel suo perimetro delle nebulose più grandi e spettacolari finora scoperte: raggruppate in un’immensa formazione che oggi chiamiamo Spada di Orione, la M42 (Grande Nebulosa di Orione), la M43 (Nebulosa De Mairan), la NGC 1977 e la B33 (nota anche come Testa di Cavallo) si trovano poco al di sotto di Alnitak o Z Orionis, la più orientale delle tre stelle della Cintura, e sono così grandi da essere visibili ad occhio nudo.

Le nebulose sono composte da freddi ammassi di gas e polveri grandi migliaia di volte il nostro sistema solare; il collasso gravitazionale spontaneo di questi gas è all’origine della formazione delle stelle e, per questo motivo, le nebulose sono considerate i grembi materni dell’universo, in grado di generare un numero infinito di stelle (la sola M42 contiene materia sufficiente a dar vita a ben 10.000 stelle identiche al sole).

La soluzione dell’enigma è finalmente vicina: l’identificazione della costellazione di Orione con un essere di sesso maschile ha impedito troppo a lungo un’interpretazione logica del legame tra Terra e Cielo che le piramidi esprimono. Dobbiamo accettare una conclusione che è lecito definire rivoluzionaria: dopo millenni di fraintendimenti, abbiamo dimostrato che la costellazione più grande e nota del cielo rappresenta una figura femminile; non un dio, non un cacciatore, ma la madre di tutte le stelle…

La trasmissione dell’anima del faraone nel cielo attraverso lo Zed di Cheope è senza dubbio la simulazione metaforica dell’atto del concepimento e il personaggio che, secondo il mito, riceve il seme maschile attraverso un fallo artificiale è Iside.

Ricapitolando:

  • 1. secondo gli antichi Egizi, il cielo è un’entità femminile;
  • 2. gli Arabi si riferivano a Orione e le sue stelle con una terminologia tutta femminile;
  • 3. all’interno della costellazione di Orione ci sono delle nebulose, i grembi materni del cosmo;
  • 4. lo Zed nella Piramide di Cheope rappresenta il fallo artificiale di Osiride;
  • 5. le tre piramidi e in particolare lo Zed hanno rivelato una manifesta relazione con le tre stelle della Cintura di Orione.

Ormai non vi sono più dubbi: la costellazione di Orione è la dea Iside. Il progetto della Piana di Giza non si proponeva soltanto di copiare la disposizione delle stelle, ma doveva collegare le due entità maschio – femmina. Il faraone, col sopraggiungere della morte, diventava Osiride e quindi, in ossequio all’obbligatoria imitazione del suo dio e predecessore, doveva anch’egli ricorrere all’espediente del fallo artificiale per ingravidare la sua sposa celeste, Iside. Questo fallo artificiale è lo Zed nella Piramide di Cheope, il cui scopo era aiutare l’anima del re a tramutarsi in una stella fecondando la dea Iside, rappresentata nel cielo da quella che finora abbiamo chiamato erroneamente costellazione di Orione.

Estratto elaborato da Custodi dell’Immortalità di Piero Magaletti
Prefazione M. Pincherle

Piero Magaletti

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