Cyber warfare: un nuovo modello di conflitto

Cyber warfare: un nuovo modello di conflitto
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Crediti: Shutterstock

Si chiama warfare ed è il nuovo modo di fare guerra con il computer. Se ne è parlato a Roma, al convegno ‘Armi cibernetiche e processo decisionale’, promosso da Centro di studi strategici, internazionali e imprenditoriali (Cssii) dell’Università di Firenze, Link Campus University, Istituto per gli studi di previsione (Ispri), Centro studi ‘Gino Germani’, d’intesa con Maglan Information Defense & Intelligence.

“Tutti questa sera potreste tornare a casa e trovarla completamente al buio perché un hacker di Shangai ha deciso di attaccare il sistema informatico dell’Enel”, ha esordito Giampiero Massolo, direttore del dipartimento Informazioni per la sicurezza della Presidenza del Consiglio, che ha precisato come sia necessario definire “una strategia difensiva globale di fronte agli attacchi provenienti dal cyberspazio, creando e promuovendo una cultura della sicurezza cibernetica”.

Elemento centrale di tale strategia deve essere l’accelerazione del ciclo Ooda ( Observe-Orient-Decide-Act ), basato su quattro elementi fondamentali: osservazione dei potenziali avversari e delle vulnerabilità proprie, orientamento, decisione, azione. Le cyber war modificano gli equilibri strategici senza l’impiego di forza fisica: si combatte in uno spazio dematerializzato, secondo parametri temporali del tutto nuovi.

Dal semplice cyber crime si è arrivati poi a sperimentare tecniche più avanzate di vero e proprio cyber warfare, tipico delle strutture militari.

È il caso del malware Stuxnet, che ha attaccato gli impianti nucleari di Bushehr e Natanz in Iran, segnando un punto di svolta nel dibattito circa la possibilità di danneggiare un’infrastruttura critica di uno stato, penetrandola attraverso la rete internet.

Nel campo della cyber sicurezza i modelli tradizionali di deterrenza falliscono, ne sono necessari di nuovi, bisogna attivare una sinergia mondiale basata su resilienza, flessibilità e attività di intelligence.

L’Italia è in forte deficit rispetto a paesi come la Russia e la Cina, che portano avanti un’attività continua, anche in tempi di pace: nel nostro Paese occorre dunque un nuovo approccio normativo, operativo e logistico.

Il colonnello Giandomenico Taricco, infine, parlando dell’intelligence tecnico-militare, si è soffermato sull’uso che i gruppi terroristici fanno dei social network e della rete, per reclutare adepti e coordinare le proprie attività. “Il cyber spazio sta diventando un’arma”, ha denuncia Taricco, “per questo occorre incrementarne la conoscenza e creare una sinergia fra il settore della difesa e quello accademico, e convincere la comunità di hacker a collaborare con le istituzioni”.

A.T.

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