Downshifting: scalando marcia si vive meglio

Il Giornale Online
Inviata da skorpion75
Le avvisaglie di un cambiamento di coscienza collettivo si stanno progressivamente palesando nel comportamento e nelle abitudini delle persone, sempre più stanche di rincorrere inutili miraggi professionali e di seguire regole deumanizzanti che riducono la vita a consumo e abnegazione per il lavoro. Il downshifting (letteralmente scalare marcia) è la cessazione o il rallentamento consapevole del ritmo lavorativo, una scelta personale che può fare la differenza, un fenomeno incalzante che ha già coinvolto 16 milioni di persone in tutto il mondo. Un numero significativo che parla da se.

Sono già in molti, soprattutto tra i cosiddetti benestanti, a riconoscere e percepire l'insensatezza di un sistema che ricatta per funzionare, che richiede la totale partecipazione dell'individuo, quasi sempre, a discapito di una vita soddisfacente e creativa. Il downshifting può sembrare ad alcuni una scelta coraggiosa, comunque riservata a chi ha precise risorse o addirittura inapplicabile ma, pensandoci bene, come si può rinunciare a persone, sentimenti, aspirazioni, situazioni, gioia, senso di avventura, agli anni migliori, per ripetere ogni giorno le stesse azioni, il più delle volte prive di passione, e vedere le stesse identiche persone come noi immerse nell'apparente ineluttabilità dei propri obblighi? Come possiamo barattare una vita vera dettata dalle nostre reali ispirazioni e capacità, con una vita da schiavi, relegati e inscatolati in un ufficio (quando va bene) per produrre la ricchezza necessaria a sostentarci e a consumare beni poco necessari o totalmente inutili? Lo facciamo solo perchè lo fanno tutti ed è così che va la vita? Oppure per poter dire “anch'io esisto” e sono socialmente integrato? Lasciate spazio al dubbio e senza razionalizzare assaporate l'eventualità di poter mollare tutto per fare finalmente ciò che preferite. Se per voi fosse possibile, ammesso che sappiate ancora cosa vi piacerebbe fare, non lo fareste?

Questa consapevolezza è qualcosa che si sta rafforzando, sia pur lentamente, e che rappresenta l'impellente desiderio di riprendersi il diritto di vivere un'esistenza piena e adeguata ai propri ritmi. Slegarsi da un modello di vita e di pensiero così consolidato per riottenere la libertà non è un'impresa facile e presuppone un'intenzione lucida e ponderata. Questa strada richiede un certo tempo per essere intrapresa e un'attenta pianificazione. Cito una sintesi di alcuni concetti tratti dal libro “Adesso basta” di Simone Perotti (ex manager): “Ridurre o lasciare il lavoro per cambiare vita non è cosa che si possa fare in qualsiasi momento, scappando da un nemico crudele che ci ha oppresso fino a farci desistere né tantomeno deve essere una scelta esistenziale da associare alla sconfitta. Deve essere una scelta consapevole, chiara, pianificata da tempo e portata avanti con determinazione e ottimismo. Cambiare la propria vita per provarne un'altra o molte altre, per provare se stessi con altri abiti addosso deve essere un sogno positivo in cui sfocia la nostra energia”.

Solo una visione del mondo basata sulla curiosità, lo spirito di avventura e sulla fede nella vita come “fabbrica del possibile” può portare ai risultati ricercati. Per operare il cambiamento deve avvenire una trasformazione interiore: un individuo demotivato, che rimugina sui fallimenti passati, sarà infelice dovunque, salvo per l'istante della novità. Qualunque luogo e condizione (ricchezza, povertà, ecc.) offre identiche possibilità, cioè, essere felici o infelici. L'inizio di una nuova vita necessita di una coscienza libera. Non dobbiamo prendere una decisione così importante quando siamo nella polvere, prima dobbiamo rialzarci, rassenerarci, fare bene un'altro tratto di strada e poi cambiare, col cuore in pace. Continuare a vivere una sorta di “Sindrome di Stoccolma” con il sistema quando in realtà nel nostro profondo, seppellito tra certezze più o meno guadagnate, pulsa l'anelito verso qualcosa di veramente appagante, è l'ipocrisia più grande a cui si possa indulgere. Ma, si sa, il sistema droga e trattiene le sue prede, non accetta mezze misure, parziali adesioni, o tutto o niente. Con chi non lo sostiene è spietato, se non segui le sue regole niente privilegi e questo è indubbiamente un forte deterrente. Inoltre niente status, niente gingilli con cui giocare o apparire. Se fosse davvero impossibile togliersi queste “manette”, allora come si spiega l'entità del fenomeno?

Anche se ormai siamo ridotti ad un ammasso di individui privi di intuito, freddi calcolatori di profitto personale e sudditi di una società cinica, edonista, fatua e distruttiva, anche se ormai abbiamo gettato la spugna e nemmeno più crediamo esista un'alternativa sostenibile o magari aspettiamo che la nostra fatica dia prima o poi dei frutti, sempre più impauriti dal futuro e a rischio di “agenti tossici” come la noia e l'assenza di senso, anche se siamo per la maggior parte del nostro tempo in preda ad una mente sabotata fin dall'infanzia, per alcuni di noi è stato possibile compiere questo salto verso la libertà. Non è un'utopia. Questo va ricordato così come è bene ricordare che “qualcuno” vuole che il mondo resti in questo stato e che tutto continui a degenerare. Se ciò sta accadendo sotto i nostri occhi è solo perchè noi accettiamo passivamente questo assurdo gioco. Per liberarsi dal sistema bisogna essere già liberi poichè l'ostaggio che non vuole abbandonre il suo rapitore non riuscirà mai a lasciarlo.

“Per un vero viaggio di scoperta non occorrono posti nuovi ma occhi nuovi” Marcel Proust

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Fonte: http://coscienzaevoluta.blogspot.com/2009/10/downshifting-scalando-marcia-si-vive.html

Lasciare il lavoro e cambiare la vita