Effetti fisiologici della meditazione

Il Giornale Online
di Michael Murphy e Steven Donovan

Mentre la meditazione può essere considerata come una strategia cognitiva con cui la coscienza guadagna un controllo sui normali stati di consapevolezza inconsci, inclusi i processi corporei involontari, la fisiologia della meditazione ha ottenuto più attenzione rispetto ad altri aspetti, dagli scienziati Occidentali, in modo sproporzionale ad altre dimensioni dell'esperienza meditativa. Storicamente, questo è stato largamente dovuto, per 300 anni, al dualismo di Descartes, che richiedeva un'assoluta separazione tra mente e corpo, mentre la ricerca recente e il positivismo scientifico, asseriscono meccanicisticamente che quello che è immediatamente fisico e materiale, costituisce tutto ciò che è la realtà. La forma più visibile e palpabile di un fenomeno è il solo proprio oggetto dello scrutinio scientifico.

I ricercatori moderni, in virtù del fatto che applicano i metodi della scienza riduzionistica, persino applicandoli ad apparenti ridicoli argomenti, non possono evitare queste costrizioni. La fisiologia della meditazione è stata il punto di partenza e rimane al centro di molti sforzi di ricerca.

Il Sistema Cardiovascolare – Frequenza Cardiaca

Molti studi contemporanei hanno indicato che la frequenza cardiaca solitamente rallenta in meditazione e accelera durante discipline attive o momenti di estasi, come troviamo nei testi contemplativi che descrivono gli effetti calmanti della meditazione in silenzio e della stimolazione degli esercizi come la visualizzazione Tantrica o i canti. Molti studi sulla Meditazione Trascendentale (TM), sullo Zen Buddhista, sulla “risposta di rilassamento” di Herbert Benson e su altre forme di meditazione per il rilassamento, indicano che i soggetti in meditazione provano generalmente un abbassamento della frequenza cardiaca.

I risultati di tali studi variano, dato che dipendono da diversi gruppi di soggetti e da varie procedure sperimentali, quindi alcuni mostrano una riduzione media di 7 battiti o più per minuto e altri mostrano una riduzione di 2 o 3 battiti al minuto, tra altri gruppi di praticanti. Bagga e Gandhi (1983) hanno scoperto una riduzione media che arriva a 15 battiti al minuto, fra i soggetti da loro esaminati. Alcuni studi indicano che la meditazione abbassa la frequenza cardiaca in misura maggiore rispetto al biofeedback, al rilassamento progressivo, ad altre terapie o al semplice stare seduti, mentre altri studi indicano che queste varie attività hanno un effetto equivalente sulla frequenza cardiaca. Ancora una volta, tali differenze possono essere relazionate alle differenze tra i soggetti e le tecniche sperimentali.

Un declino nella frequenza cardiaca è più pronunciata tra i meditatori con esperienza, in base ad alcuni studi, ma anche qui l'evidenza non è unanime. L'unica generalizzazione che possiamo fare con sicurezza ora, è che alcuni soggetti dimostrano un abbassamento medio della frequenza cardiaca durante la meditazione e che alcuni individui con esperienza possono raggiungere un abbassamento permanente della frequenza cardiaca con la pratica continua. In studi che coinvolgono metodi attivi come la respirazione rapida, la frequenza cardiaca si è alzata. Tali studi suggeriscono che gli schemi dell'attività fisiologica sono specifici alle particolari pratiche.

Julian Davidson (1976), Roland Fischer (1971, 1976) e altri ricercatori, hanno distinto le forme di meditazione eccitanti rispetto a quelle rilassanti, associando i relativi effetti alle condizioni ergotropiche e trofotropiche del sistema nervoso centrale, modellato da Gelhorn e Keily (1972). Fischer (1971) ha riferito che lo stato trofotropico estremo del samadhi, a volte stimola una reazione ergotropica estrema, che può essere estatica, quindi gli effetti fisiologici dell'attività contemplativa mostrano larga variabilità.Gli studi seguenti mostrano una diminuzione della frequenza cardiaca durante la meditazione. Bono (1984) ha scoperto che la riduzione della frequenza cardiaca durante la MT, è stata maggiore della riduzione risultante dallo stare seduti a occhi chiusi.
Delmonte (1984) ha scoperto che la frequenza cardiaca è stata leggermente inferiore durante la meditazione, rispetto al riposo, per 52 soggetti. Holmes (1983), comunque, ha scoperto che mentre i meditatori hanno ottenuto un abbassamento della frequenza cardiaca praticando MT, non ci sono state differenze rispetto al gruppo di controllo che stava semplicemente riposando. Vedere la discussione seguente, in particolare Dillbeck e Orme-Johnson (1987), Morrell (1986) e Holmes (1984). Bagga e Gandhi (1983) hanno confrontato gruppi di sei praticanti di MT e sei di Shavasana (rilassamento in posizione supina) con sei di controllo e ha trovato una riduzione significativa della frequenza cardiaca nei gruppi di sperimentazione, rispetto a quello di controllo.

Cummings (1984) ha osservato la riduzione di frequenza cardiaca in soggetti praticanti una combinazione tra meditazione ed esercizio. Throll (1982) ha scoperto che un gruppo praticante la Meditazione Trascendentale, ha mostrato una diminuzione più significativa della frequenza cardiaca, rispetto ad un gruppo praticante il rilassamento progressivo di Jacobson. Pollard e Ashton (1982), hanno diviso sessanta soggetti in sei gruppi in un confronto tra la diminuzione della frequenza cardiaca ottenuta con il feedback visivo, il feedback auditivo, il feedback combinato tra visivo e auditivo, istruzioni per far diminuire la frequenza cardiaca senza feedback, lo star seduti e l'addestramento per il rilassamento abbreviato.

E' stato anche studiato un gruppo di confronto, composto da meditatori con minimo sei anni di esperienza. I risultati hanno indicato che non ci sono stati vantaggi di diminuzione della frequenza cardiaca per i soggetti sottoposti a biofeedback visivo, auditivo o combinato, ovvero tutti i gruppi hanno mostrato evidenze di diminuzione della frequenza cardiaca durante le sessioni di test. Il gruppo in meditazione ha mostrato il maggior declino della frequenza cardiaca, con un abbassamento di circa sette battiti al minuto, rispetto ai tre battiti al minuto per i gruppi che hanno utilizzato tecniche di biofeedback.

Cuthbert (1981) ha ottenuto risultati che hanno mostrato la chiara superiorità per i meditatori che hanno utilizzato la risposta di rilassamento di Benson, rispetto all'uso del biofeedback, specialmente quando la relazione tra i soggetti è stata di supporto. Lang (1979) ha rilevato una diminuzione della frequenza cardiaca del 9%, tra utilizzatori della MT, con più di quattro anni di pratica. Bauhofer (1978) ha scoperto che la frequenza cardiaca di soggetti esperti di MT, si è abbassata grazie alla tecnica, maggiormente rispetto a quella di meditatori meno esperti della stessa tecnica. Corey (1977) e Routt (1977), hanno riportato che la Meditazione Trascendentale sembra diminuire la frequenza cardiaca in condizioni non stressanti.

Glueck e Stroebel (1975), Wallace e Benson (1972), Wallace et al. (1971c) e Wallace (1971), hanno scoperto che la frequenza cardiaca è scesa di tre battiti e fino a cinque battiti per minuto, durante la Meditazione Trascendentale. Questi risultati risalgono a Paul (1969), Karambelkar et al. (1968), Anand e Chhina (1961), Wenger e Bagchi (1961), Bagchi e Wenger (1957), Das e Gastaut (1955). Kothari er al. (1973) hanno riportato il caso di uno yogi confinato in una piccola cava sotterranea per otto giorni e poi monitorizzato continuamente con un EKG. Dal secondo all'ottavo giorno, l'attività EKG è scesa sotto un livello registrabile, indicando che lo yogi aveva fermato il cuore o fatto diminuire enormemente la sua attività elettrica. Gli autori credono che lo yogi non possa aver manomesso gli elettrodi senza creare un ovvio disturbo sullo strumento.

Alcuni studi indicano che la frequenza cardiaca aumenta in alcune circostanze, come lo stato di trance profonda (samadhi) (vedi Lehrer et al. (1980), Parulkar er al. (1974), Wenger e Bagchi (1961), Das e Gastaut (1955). Altre ricerche non mostrano consistenti cambiamenti nella frequenza cardiaca con la pratica del Ananda Marga Yoga o del rilassamento progressivo (vedi Gash e Karliner (1978), Elson et al. (1977), Travis et al. (1976), Wenger et al. (1961) e Bagchi e Wenger (1957)). Non possiamo trovare dati nella letteratura tradizionale, a descrizione del numero di battiti cardiaci che si dovrebbero ipotizzare durante la meditazione, con i quali confrontare i numeri nei moderni studi. I maestri non condividono la passione scientifica per le analisi quantitative e apprezzano generalmente le differenze fisiologiche e di temperamento tra i loro discepoli. Non hanno mezzi di misurazione precisa dei cambiamenti corporei e generalmente non li userebbero anche avendoli.
Fonte: http://www.noetic.org/research/medbiblio/ch2_1.htm
Continua: https://www.altrogiornale.org/news.php?item.3126.9