Epic fail: da stella a buco nero, ma senza il botto

Epic fail: da stella a buco nero, ma senza il botto
supernova
Le immagini scattate da Hubble nel 2007 (a sx) e nel 2015 (a dx). Il circoletto azzurro evidenza la posizione in cui si trovava la stella scomparsa. Crediti: Nasa, Esa, and C. Kochanek (Osu)

Nella galassia Ngc 6946, a 22 milioni di anni luce da noi, una stella da 25 masse solari è collassata in buco nero senza prima esplodere come supernova. Ricostruito grazie ai telescopi Lbt, Hubble e Spitzer, si tratta d’un fenomeno mai osservato prima, e spiegherebbe perché ci sono meno supernove del previsto.

Il romanzo di formazione dei buchi neri potrebbe dover essere riscritto. La trama classica prevede l’attraversamento di fasi tragiche e teatrali, che raggiungono l’apice con l’esplosione di supernova, il passaggio più spettacolare. Ma non è detto che debba sempre andare in questo modo. Stando a uno studio pubblicato il mese scorso su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, può anche accadere che una stella si spenga con discrezione. Collassando in buco nero in punta di piedi. Senza fare alcun rumore. E sparendo così sotto gli occhi del pubblico pur avendo una massa di tutto rispetto.

È accaduto a una stella di nome N6946-BH1. Ubicata – ironia della sorte – in una galassia ribattezzata “Fireworks” (fuochi d’artificio) proprio per l’abnorme frequenza di supernove che ospita (l’ultima è stata vista il 14 maggio scorso, ne abbiamo parlato anche su Media Inaf), a 22 milioni di anni luce da noi, N6946-BH1 era da tempo un’osservata speciale. Almeno dal 2009, da quando i due specchi da 8.4 metri del Large Binocular Telescope (Lbt), il grande telescopio binoculare al quale lo stesso Inaf contribuisce per un quarto, registrano un lieve aumento della sua luminosità. Gli astronomi, insospettiti, subito la iscrivono al registro delle stelle da tenere sott’occhio come potenziale candidata a diventare una cosiddetta “supernova fallita”. Ma il “fallimento” va oltre ogni aspettativa: nel 2015, appena sei anni dopo, della stella non c’è più traccia. Scomparsa dai radar.

Rappresentazione artistica dell’evoluzione che potrebbe aver subito N6946-BH1. Crediti: Nasa, Esa, e P. Jeffries (STScI)

A questo punto, sempre più incuriositi, Scott Adams (all’epoca dottorando alla Ohio State University) e i suoi colleghi Christopher Kochanek e Krzystof Stanek decidono di vederci chiaro. Chiedono ai due telescopi spaziali Hubble e Spitzer – quest’ultimo in grado di stanare, con il suo sguardo a infrarossi, anche stelle nascoste dietro un mantello di polvere – di dare un’occhiata là dove un tempo c’era N6946-BH1. Zero.

Ora, far sparire nel nulla una stella da 25 masse solari – tanto era grande N6946-BH1 – è pressoché impossibile. Cosa può esserle accaduto? Scartate tutte le altre possibili ipotesi, non rimane che ammettere la possibilità più affascinante: la materia è ancora tutta lì, ma collassata in un buco nero. Senza che si sia mai registrata un’esplosione di supernova.

«In sette anni d’osservazioni, N6946-BH1 è l’unica probabile candidata a essere una “supernova fallita” che abbiamo trovato. Durante questo lasso di tempo, nelle galassie che stiamo tenendo d’occhio abbiamo visto esplodere sei supernova “classiche”, e questo ci porta a stimare che dal 10 al 30 per cento delle stelle di grande massa possano concludere la loro esistenza come supernove fallite», spiega Adams. «Questa è esattamente la percentuale che spiegherebbe il fenomeno dal quale siamo partiti per la nostra ricerca, ovvero lo scarso numero di supernove osservate rispetto a quante dovrebbero essercene se tutte le stelle massive morissero in quel modo».

La conferma definitiva potrebbe arrivare da future osservazioni in banda X, forse in grado di cogliere l’emissione ad alta energia dai dintorni del buco nero.

Articolo scientifico: “The search for failed supernovae with the Large Binocular Telescope: confirmation of a disappearing star“, di S. M. Adams, C. S. Kochanek, J. R. Gerke, K. Z. Stanek e X. Dai

Marco Malaspina

media.inaf.it