Epifania istantanea: l'effetto Visione Globale e la Coscienza Cosmica.

Il Giornale Online

Per l'astronauta Edgar Mitchell il momento fondamentale della vita non si è verificato quando, il 9 febbraio 1971, divenne il sesto uomo ad aver camminato sulla Luna. Si è verificato, invece, durante il viaggio di ritorno dalla Luna, quando gli accadde un qualcosa che egli ha definito in seguito “un'esperienza di epifania spontanea”.

Mentre il Modulo di Comando dell'Apollo 14 faceva rotta verso casa Mitchell, durante uno dei rari momenti di ozio, guardò attraverso il finestrino. Il suo sguardo abbracciò le stelle, il Sole, la Terra che si avvicinava, e tutto sembrava ruotargli intorno con grazia ( sebbene fosse l'astronave che stava, in effetti, ruotando). E poi accadde. Improvvisamente Mitchell non percepì più se stesso come un osservatore distaccato che osserva l'Universo ma si sentì, veramente, parte di esso. E sentì che ciò era vero anche per tutto il creato, per tutti gli altri esseri. Tutto era connesso, tutto era collegato in un tutto unico di cui la materia, il tempo e lo spazio, rappresentavano solo aspetti differenti di una universale coscienza che pervadeva il tutto.

“Sperimentai ciò che è stato descritto come “estasi dell'unità” ha spiegato in seguito. “Fu un pensiero talmente enorme da non poter essere espresso a parole, e ancora adesso non riesco a descriverlo adeguatamente”
Tornato sulla Terra, Mitchell – non lo stesso Mitchell che aveva messo piede sulla Luna ma un nuovo Mitchell, rinato – tentò con tutte le sue forze di capire cosa gli fosse accaduto. Cercò spiegazioni nelle opere dei grandi mistici e nelle nebulose filosofie New Age. Si domandava come la scienza potesse spiegare una cosa del genere e si chiedeva cosa sarebbe accaduto se fosse stata data a tutti la possibilità di vivere una simile esperienza. Poteva darsi che lo Spazio avesse catapultato l'umanità ai limiti di un'era di fondamentali trasformazioni della coscienza?

Lo scrittore Frank White descrive quanto accaduto a Mitchell e ad altri astronauti come “Effetto Visione Totale”. L'Effetto Visione Totale consiste nel vedere la Terra da lontano, soprattutto dall'orbita lunare, e nel percepire l'unità, nello stesso tempo, l'unicità coerente di tutto ciò che si trova sul pianeta, spiega l'autore di ” Effetto Visione Totale”: Esplorazione Spaziale ed Evoluzione Umana”. “Tale Effetto rappresenta uno spostamento della percezione in cui l'osservatore passa dall'identificazione con singole parti della Terra all'identificazione con l'intero sistema”.

Quest'anno sia White che Mitchell si sono incontrati con i luminari che hanno parlato durante il Giorno dell'Effetto Visione Totale alla Conferenza della Fondazione Frontiera Spazio. Altri oratori hanno discusso su come l'imminente era dei “viaggi spaziali di massa” potrebbe modificare la visione che l'umanità ha di sè stessa e sulla possibilità di far sperimentare a tutti i terrestri, grazie alle nuove tecnologie, l'Effetto Visione Totale.

Naturalmente il Turismo Spaziale è una possibilità attualmente riservata solo ai ricchi e i ricchi, come diceva Scott Fitzgerald “sono diversi da voi e me”. Ad esempio, essi possiedono un enorme potere. Ben l' 85% dei beni mondiali fa capo al 10% dei cittadini del pianeta e più della metà dei patrimoni mondiali appartiene ad un esiguo 2% di ricchissimi individui. Quali potrebbero essere le conseguenze se tale 2% costituito dalle persone più ricche del mondo sperimentasse un'esperienza di “epifania spontanea”? Come potrebbe cambiare il corso della storia se, per esempio, spedissimo George W. Bush a farsi una breve vacanza nello spazio?

Tornerebbe anche lui sulla Terra convinto, come Edgar Mitchell, che “la storia del genere umano, così come è insegnata secondo le cosmologie religiose è arcaica e piena di falle”? La possibilità di provocare l'”Effetto Visione Totale” grazie alla realtà virtuale potrebbe un giorno causare epifanie istantanee a tutti i patiti della tecnologia. Una macchina capace di indurre la Visione Totale grazie alla realtà virtuale potrebbe diventare la versione positiva del Vortice di Prospettiva Globale di Douglas Adam. Come si ricorderà, il Vortice di Prospettiva Globale proiettava chiunque faccia a faccia con “l'infinita totalità della Creazione” e faceva comprendere il proprio significato di esseri singoli in rapporto a ciò. Purtroppo tale processo portava anche inevitabilmente alla pazzia ('unico essere capace di sopravvivere illeso ad una sessione di “Vortice di Prospettiva Globale” fu Zaphel Beeblebrox, e ciò accadde solo perchè il tutto, in realtà, si svolgeva in un universo virtuale costruito ad uso e consumo dello stesso Beeblebrox).

Ma forse Adam è stato troppo pessimista riguardo alla capacità degli esseri umani di sopportare la Prospettiva Globale. Forse la mente, di fronte a tale esperienza, invece di perdersi e non vedersi più nel tutto, finirebbe col vedersi ovunque. Forse l'unico modo per difendersi dall'annichilazione sarebbe quello di dissolvere momentaneamente le proprie difese mentali tra il sè ed il mondo esterno. Di conseguenza una persona all'interno del Vortice di Prospettiva Globale, invece di essere travolta dalla vastità della Creazione, potrebbe sperimentare una connessione simbiotica con l'intero Universo. Non esisterebbero più i concetti di “Là Fuori” e “Quaggiù”, esisterebbe solo un singolo e infinito “Io” che tutto comprende nel proprio esistere. E' questo ciò che Edgar Mitchell sperimentò?

Sarebbe anche il caso di chiederci se l'Effetto Visione Totale sia una prerogativa della sola mente umana. E' possibile che anche altre razze aliene capaci di viaggiare nello spazio sperimentino lo stesso senso di connessione estatica con il Cosmo e con tutte le altre forme di vita? Forse una specie trasformata dall' Effetto Visione Globale finirebbe per considerare infantili e ad uno stadio larvale le specie ancora incatenate al proprio pianeta. Forse aspetterebbe con pazienza che esse vengano a loro volta trasformate dall' Effetto Visione Totale prima di prendere contatto con loro. In tal caso anche i playboy milionari che di tanto in tanto si pagano un viaggetto in orbita si rivelerebbero di una qualche utilità per la specie umana: essi contribuirebbero, inconsapevolmente, ad avvicinarci al contatto con le civiltà extraterrestri.

D'altra parte può anche darsi che l'Effetto Visione Globale sia un'esperienza che riguarderà sempre e comunque solo una minoranza di viaggiatori spaziali; in effetti sembra che ben pochi astronauti lo abbiano sperimentato con la stessa intensità di Mitchell. Il turista spaziale Mark Shuttleworth, ad esempio, parlò di un “senso di magnificenza terrestre”, mentre Dennis Tito disse che il viaggio gli aveva dato “una piccola idea di come deve essere il Paradiso”. Nessuno degli uomini andati nello spazio sembra aver sperimentato lo stesso profondo shock esistenziale descritto da Michell. L'imprenditore Charles Simonyi, per esempio, quando gli venne chiesto se il viaggio spaziale per lui fosse stato “un'esperienza spirituale” sembrò non capire la domanda e replicò: “Non mi sembra. Qualcosa è cambiato solo nel senso che sono diventato più ottimista. Quando guardavo la Terra e la vedevo così vasta, maestosa e calma sono diventato più ottimista.”

Può darsi che l'effetto Visione Totale possa essere sperimentato in totale pienezza solo da viaggiatori spaziali che abbiano una personalità già orientata al misticismo – coloro i quali, per dirla con le parole di Blake, “riescono a vedere un intero mondo in un granello di sabbia e un paradiso in un fiore”. Sempre Blake chiedeva a se stesso “quando sorge il sole vedi forse soltanto un disco di fuoco rotondo come una ghinea?” e si rispondeva “o no, no, io vedo un'infinita compagnia di esseri celesti che cantano ' Santo, Santo, Santo è l'Onnipotente Signore Dio dell'Universo”. Quali straordinari quadri della Terra avrebbe dipinto Blake se avesse potuto osservarla dallo spazio? Ma Blake era uno che, già nella sua epoca, lottava con tutte le sue forze per staccarsi da terra e sperimentare l'unione estatica e trascendente con l'Universo.

E noi altri? Basterebbe un veloce balzo nello spazio per trasformare la nostra percezione ed avvicinarla a quella di Blake? Oppure rimarremmo viaggiatori spaziali incapaci di guardare al di là dei nostri “io” insignificanti?

Fonte: Paolaharris.com