Eternità del Mondo e Ciclicità

Il Giornale Online

Abbiamo per Voi un altro regalo da Alessandro Bardi che ci parla di un tema molto discusso in questo periodo, buona lettura e riflessione sul mistero del tempo.

Lo spazio non si identifica in un segmento né il tempo in un periodo. L’indefinito non é l’infinito e la successione di punti o tempi indica un dipanarsi di elementi relazionati e distinti. La corporeità é estesa non infinitamente ma indefinitamente nello spazio e nel tempo. L’universo fisico é infinito implicitamente e indefinito esplicitamente. Ovvero possiede simultaneità e successione. Sono le estrinsecazioni dell’indefinito a essere limitate nel tempo e nello spazio non l’universo in sé che é infinito.

Non é mai esistito alcun inizio dell’universo. Il tempo non ha un inizio né una fine. Non vi é stata mai alcuna creazione, alcun “fiat lux”. L’universo é senza tempo, sono le esistenze che cominciano e periscono. Infatti per immaginare un momento che precede il tempo dovremmo già porlo in relazione all’inizio del tempo e lo avremmo già collocato. Sono o i momenti o i periodi che possiedono limitazioni temporali e immaginare il tempo come un periodo lunghissimo é ridurlo ad un periodo transitorio e limitato che costituisce solo il fenomeno del tempo e non il suo noumeno.

Il tempo di per sé é metafisico, é indeterminato, é oltre i tre tempi, é un presente immutabile, un eterno presente. E’questo un attributo della materia prima che é tempo senza tempo e spazio senza spazio. L’universo é infinito ed eterno perché lo é questa sostanza indifferenziata e immanifesta. Kala e deha, tempo e spazio in sanscrito, sono solo possibilità latenti senza la coscienza egoica illusoria che le attualizza, se vogliamo usare questo termine aristotelico.
Dunque non essendovi creazione non vi é un creatore.

Come nell’uomo vi é un corpo deve esservi nell’universo un’anima universale che, come l’anima regge il corpo individuale, deve governare il corpo universale. L’universo é perciò un uomo gigantesco con il corpo e l’anima, o meglio le anime. Tutti questi principi cosmologici sono stati personificati dagli antichi iniziati ai misteri nei vari Déi olimpici. Il macrocosmo si riflette nel microcosmo e viceversa. Oltre la più alta delle anime plurali, l’intelletto, vi é l’Uno, Supremo Brahman, che trascende interamente il cosmo. Ora, mentre il tempo metafisico é indeterminato quello manifesto é determinato e mutevole. In considerazione del fatto che il secondo emana eternamente dal primo, essendo questo indeterminato e perciò eterno nel senso più astratto concepibile o al massimo intuibile o conoscibile attraverso l’illuminazione, esso é ciclico.

Vi é perciò una eterna alternanza di giorni e notti cosmiche, di periodi di attività e di periodi di riposo, di cui le stagioni e l’alternarsi di giorno e notte sono i cicli più piccoli della segmentazione temporale. Dunque all’inizio di un kalpa o giorno cosmico, gli Déi si risvegliano e iniziano la loro opera di explicatio del mondo dall’uovo dorato. Da esso esce o emana Giove, Zeus Phanes e da questo Déi, esseri e mondi fino al gradino più basso. Infine vi é il Ragnarok o Gotterdammerung dei miti norreni. Ovvero Mahapralaya o notte cosmica, il riassorbimento in seno a Giove, padre del mondo, Intelletto divino.

L’eternità contiene ogni mutamento apparente ed é così che possiamo conoscere passato e futuro ma non abitarli e sperimentarli. Lo stesso presente noi non lo abitiamo davvero, sperimentiamo solo una manifestazione dell’eternità ed é nell’eternità che siamo. Se i mutamenti sono illusori figuriamoci se possono occupare una posizione assoluta: il passato esistere ancora e il futuro esistere di già. Non possono esistere indipendentemente. Né spazio né tempo sono limitati, per cui vi sarebbe la “creazione”, ma gli esseri manifestantesi in essi. Fuori del tempo nel mondo materiale non c’é che tempo e così oltre lo spazio. Anche se vi sono cicli di manifestazione e occultamento in Giove, ovvero nel Logos divino. Come vi é il giorno e la notte così il Logos si desta per manifestare di nuovo il mondo. E infine lo riassorbe in una notte cosmica in attesa di riavviare tutto.

E’il Logos il “creatore” dell’universo non il principio assoluto. Dal Logos come la parola manifesta una persona così essa é la manifestazione dell’uno e da essa scaturisce tutto. La sostanza cosmica rispetto alle sue manifestazioni é illimitata. Data l’illimitatezza divina ne consegue l’illimitatezza spazio-temporale dell’universo. Dio non ha un fine nella manifestazione del mondo. Non fa che giocare (lila o gioco divino) e così facendo genera le apparenze terrene. Se avesse un fine sarebbe mutevole. La relazione causale tra mondo e Dio sta nella riducibilità del primo al secondo e dell’essenziale unicità di questo rispetto ad ogni altra esistenza. Tutto emana e poi ritorna. Lo stesso mondo materiale nasce da una condensazione.

Prima viene l’etere e poi una condensazione degli elementi più spessi, quindi stelle e pianeti che determinano con i loro influssi la formazione e la vita corporea. La dottrina della finitezza temporale del mondo deriva da quella di Dio: il mondo é un'”opera” voluta liberamente da Dio e siccome non nasce che da un desiderio finisce con esso. In realtà Dio implica il mondo e l’illimitatezza divina implica quella mondana pur mutevole. Non vi é però reiterazione eterna dello stesso universo (eterno ritorno dell’uguale) ciò significherebbe ancora finitezza che con la ripetizione diventa falsa infinitezza.
Cicli

Anticamente la concezione ciclica del tempo veniva appoggiata dagli stoici col loro concetto di “grande anno”. In tempi moderni l’ eterno ritorno dell’ uguale sarà ripreso da Nietzche.

Vi sono mahakalpa, alternantisi con i mahapralaya, formati da sette kalpa (i “mondi” maya e hopi), alternantisi con i pralaya e sono i giorni e le notti di Brahma. Un kalpa é formato da quattordici manvantara, le età dei manu (progenitori dell’ umanità), che é formato da settantuno mahayuga di quattro yuga che sono krita o sathya, treta, dvapara e kali. Noi siamo nel settimo manvantara, nel quinto mahayuga e alla fine del quarto yuga; dunque dire che noi siamo nel quarta età (maya), quinto sole (aztechi), quarto mondo(hopi) e settimo manvantara (indù) non é contraddittorio, ma si riferisce a suddivisioni diverse dello stesso calendario universale. Vi fu il diluvio di Satyavrata o Vaivasvata tra il mahayuga precedente e il nostro e vi sarà un incendio universale alla fine del nostro manvantara.

Secondo le dottrine indù vi sono molti cicli maggiori e minori:

mahakalpa
kalpa (giorno di Brahma)
manvantara (regno di un Manu)
mahayuga

19.880.000.000 mahakalpa (100×2 kalpa)
99.400.000 kalpa (14×2 manvantara)
3.550.000 manvantara (71 mahayuga)
50.000 mahayuga o chaturyuga (4 yuga)

che si risuddividono in:

krita yuga
treta yuga
dvapara yuga
kali yuga

rapporto 4-3-2-1
20.000 krita
15.000 treta
10.000 dvapara
5.116 kali

oppure:

età dell’oro
argento
bronzo
ferro

In conclusione possiamo ancora una volta notare che il tempo come lo spazio siano una semplice illusione mentale. Questa illusione esiste però solo nell’ ego individuale e non già nella mente cosmica che trascende ogni limitazione.

Alessandro Bardi autore de “La genesi ritrovata