Fenomeni quantistici nel cervello?

Il Giornale Online
di Silvia Salese

Qual è la natura della coscienza? Come fanno i contatti neurali a dare origine a pensieri e sentimenti? Molteplici sono i punti di vista, e molto attuale è il dibattito in corso tra filosofi, neuroscienziati, psicologi e fisici delle due principali posizioni sull’argomento: da una parte l’approccio funzionalista, che considera l’esperienza conscia come una proprietà che emerge ad un livello critico della complessità computazionale (è il caso dei riduzionisti, materialisti, funzionalisti, tanto per denominare alcune correnti del caso), dall’altro quello fondamentalista, che al contrario ritiene ingrediente necessario per l’emergere della coscienza un fattore protoconscio intrinseco alla realtà stessa, una sorta di elemento non fisico comprensibile, forse, attraverso la fisica moderna.

Di questa seconda corrente, la visione del panpsichismo (di cui è stato portavoce Baruch Spinoza), quella del pan-esperenzialismo (inaugurato dal filosofo e matematico Alfred North Whitehead) e del più recente pan-protopsichismo (sviluppato dal filosofo americano David Chalmers), considera la coscienza come un fenomeno non comprensibile attraverso i canoni della fisica classica, non riducibile alla complessità del sistema cerebrale e, in definitiva, non computabile. Ciò che occorre, peraltro, per chiarire l’annosa questione, è proprio una teoria unificata che combini la scala microscopica (messa in luce dalla fisica quantistica) con quella macroscopica, che spieghi cioè come tutto ciò di cui facciamo esperienza sia collegato alle proprietà delle particelle subatomiche e dello spazio-tempo descritte dalla nuova fisica.

Un tentativo in questa direzione è stato fatto da Roger Penrose e Stuart Hameroff, i quali suggeriscono che alla conosciuta attività neuronale del cervello siano connessi fenomeni quantistici macroscopici. Tali fenomeni, renderebbero conto dell’unitarietà dell’esperienza conscia, di come cioè la coscienza possa essere spiegata come fenomeno che coinvolge l’organismo nel suo insieme, e non solo una sua area (fatto reso evidente, inoltre, dai più recenti studi nella neuropatologia). Che ruolo avrebbe la coscienza nel loro modello (Orch-Or)? È abbastanza semplice: i due autori riferiscono che il flusso di coscienza sarebbe determinato da molteplici transizioni di tipo quantistico, nel loro momento di “collasso” da uno stato di superposizione.

Sempre secondo gli autori, gli stati quantistici che avvengono all’interno delle cellule neuronali, sfrutterebbero il tunneling quantistico attraverso delle piccole giunture tra i neuroni e la glia per diffondersi macroscopicamente in tutto il cervello. Ogni evento di riduzione, corrisponderebbe dunque ad una fase di computazione quantica identificata come uno stato di pre-consapevolezza e che culminerebbe in un evento conscio discreto, un “attimo di esperienza”. L’esperienza conscia emergerebbe dunque come una proprietà intrinseca dell’universo, come la carica e lo spin, che va al di là di una correlazione locale e temporale (caratteristica della superposizione).

Fonte: http://spaziomente.wordpress.com/2009/09/30/puo-il-cervello-ospitare-fenomeni-quantistici-di-silvia-salese/