Fischia il vento e infuria il buco nero

Fischia il vento e infuria il buco nero
Rappresentazione artistica di una galassia dal cui nucleo parte una vigorosa eruzione di gas e polveri. Nuove stelle si accendono in conseguenza dell’espulsione della materia. Osservazioni con il Vlt (Very Large Telescope) recentemente pubblicate nel marzo 2017 Nature hanno mostrato per la prima volta che alcune stelle possono formarsi all’interno di questi potenti flussi di materia. Crediti: Eso/M. Kornmesser

I buchi neri supermassicci possono lanciare getti di materia a distanze di circa 300mila anni luce: è come se una minuscola pulce riuscisse a scaraventare qualcosa a 10 mila chilometri di distanza. Questi getti, detti outflow, sono in grado di fornire un meccanismo di feedback fra gli stessi buchi neri e le galassie che li ospitano.

I buchi neri supermassicci, con masse da milioni a miliardi di volte quella solare, sono presenti nel centro di ogni galassia. In una piccola frazione di queste, i cosiddetti nuclei galattici attivi (Agn), i buchi neri accrescono gas e polveri. Potessimo trovarci nelle immediate vicinanze di uno di questi, lo spettacolo a cui assisteremmo sarebbe molto simile a quello presentato nel film del 2014, Interstellar: potremmo osservare il materiale diventare incandescente spiraleggiando verso il centro, sotto l’influenza gravitazionale di Gargantua, il buco nero del film.

Se questo si trovasse al centro della nostra stessa galassia, la Via Lattea, ci separerebbe una distanza di circa un miliardo di volte la dimensione buco nero (per inciso, la Via Lattea ha un suo proprio buco nero, seppur molto più piccolo rispetto a Gargantua). Qui sulla Terra, non ci accorgeremmo affatto della sua presenza, e neppure risentiremmo della sua attrazione, che interessa soltanto il materiale nelle sue immediate vicinanze (quello entro una distanza di circa “appena” mille volte la sua dimensione). Per questo motivo, per diversi decenni dalla loro scoperta, i buchi neri supermassicci sono sempre stati studiati come oggetti esotici e isolati dal contesto galattico.

Negli ultimi anni, però, diversi studi hanno portato alla conoscenza di uno stretto legame tra i buchi neri supermassicci e le galassie in cui risiedono. Per esempio, si è visto che la massa del buco nero centrale è circa un millesimo di quella dell’intera galassia. In qualche modo, è come se la crescita del buco nero avvenisse consapevolmente allo strutturarsi dell’intera galassia. La comprensione dell’origine di tale legame è di vitale importanza per ottenere una visione dettagliata di come le galassie si formano.

Molti modelli di evoluzione galattica chiamano in causa l’energia rilasciata dal buco nero in fasi di eccessivo accrescimento (una versione decisamente meno quieta di Gargantua). Questa energia, rilasciata in forma di venti o di getti di materia che attraversano l’intera galassia (generalmente chiamati outflow), riuscirebbe ad avere un ruolo fondamentale nel processo di formazione di stelle nella galassia. Attraverso un processo di feedback, l’energia riuscirebbe a influenzare il riciclo di materiale presente nella galassia, governando l’addensarsi di gas freddo, che porta alla formazione di nuove stelle, e lo stesso accrescimento di nuovo materiale sul buco nero.

Studi in corso e domande aperte

Osservazioni dirette di outflow sono state ottenute negli ultimi anni, individuando enormi quantità di materiale in veloce allontanamento dalle regioni nucleari delle galassie, con velocità da circa un centesimo fino a un decimo della velocità della luce. In alcuni casi, le velocità sono tanto alte da determinare il definitivo allontanamento del gas dalla galassia, e quindi la fine dei processi di formazione stellare.

In un lavoro pubblicato nel marzo 2017 su Nature, un team di ricercatori coordinato da Roberto Maiolino ha mostrato che la formazione di nuove stelle puo’ avvenire persino all’interno dei veloci flussi di materiale accelerato dal buco nero. Lo scenario che sta emergendo è sempre piu’ variegato e affascinante.

Lo studio dettagliato di questo fenomeno è solo agli inizi, e importanti tessere di un complicato puzzle devono ancora essere collezionate. La comprensione delle condizioni richieste all’innesco degli outflow, così come delle interazioni tra l’energia rilasciata e il materiale galattico, richiede la sinergia tra i più moderni telescopi terrestri e in orbita, che operano nelle diverse bande tra i raggi X e il millimetrico/radio. Grazie alle attuali e future osservazioni, e ad una più dettagliata descrizione teorica dei processi fisici che governano la molteplicità di interazioni risultanti nel feedback, riusciremo nel prossimo futuro ad ottenere una completa conoscenza del fenomeno della formazione delle galassie.

Michele Perna (assegnista di ricerca Inaf all’Osservatorio astrofisico di Arcetri)

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