Fukushima, scoperta una nuova fonte di radioattività

Fukushima, scoperta una nuova fonte di radioattività
Fukushima
(Foto: SOUICHIRO TERIYAKI, KANAZAWA UNIVERSITY)

Un nuovo studio apparso su Pnas, ha scoperto enormi accumuli di materiale radioattivo intrappolato nella sabbia fino a 100 chilometri di distanza dalle coste giapponesi.

Il disastro della centrale nucleare di Fukushima sembra non avere fine. Infatti, un recente studio statunitense apparso su Pnas ha appena scoperto l’esistenza di una nuova fonte di radioattività: la sabbia e le acque sotterranee. Secondo i ricercatori della Woods Hole Oceanographic Institution, in collaborazione con la Kanazawa University (Giappone), i materiali radioattivi rilasciati dalla centrale nucleare esattamente l’11 marzo 2011 si sono accumulati lentamente nella sabbia e nelle acque sotterranee fino a 96 chilometri circa di distanza dalla costa giapponese. La sabbia, come si legge nello studio, ha preso e trattenuto il cesio radioattivo, rilasciandolo poi nell’oceano. “Nessuno è esposto a queste acque e, quindi, non è un problema di primaria importanza per la salute pubblica”, precisa il team di ricercatori. “Ma questo nuovo e imprevisto percorso di accumulo e rilascio di radionuclidi verso l’oceano dovrebbe essere preso in considerazione nella gestione delle zone costiere in cui si trovano altre centrali nucleari”.

Secondo l’ipotesi del team di ricercatori, guidato da Virginie Sanial, Ken Buesseler, Matthew Charette e Seiya Nagao, gli altissimi livelli di cesio radioattivo rilasciati durante l’incidente nucleare sono stati trasportati lungo le coste dalle correnti oceaniche. Giorni e settimane dopo, il moto ondoso e le maree hanno trasportato il cesio sulla costa, dove è rimasto intrappolato tra le superfici dei granuli di sabbia. La sabbia, arricchita di cesio, è rimasta così nell’acqua salmastra, ovvero un mix di acqua dolce e acqua salata, al di sotto delle spiagge.

Come precisano i ricercatori, nell’acqua salata il cesio non si può incastrare tra i granuli di sabbia. Così, quando maree e moto ondoso hanno riportato l’acqua marina dall’oceano, l’acqua salmastra al di sotto delle spiagge è diventata abbastanza salata da poter liberare il cesio, trasportandolo poi nell’oceano. “Oggi, nessuno si aspettava che alti livelli di cesio si trovassero nelle acque sotterranee a molti chilometri di distanza dalla costa”, precisa Sanial.

Per capirlo, il team di ricercatori ha campionato, tra il 2013 e il 2016, 8 spiagge entro i 100 chilometri di distanza dalla centrale elettrica nucleare di Fukushima Dai-ichi. Prelevando le acque sotterranee e analizzandone, è emerso che il livello di cesio nelle acque sotterranee era fino a 10 volte superiore a quello dell’acqua di mare all’interno del porto della centrale nucleare. Inoltre, il team ha identificato non solo il cesio 137, che potrebbe provenire anche da armi nucleari testate negli anni ’50 e ’60, ma anche di cesio-134, una forma radioattiva di cesio che può venire solamente dall’incidente di Fukushima.

Successivamente, i ricercatori hanno condotto esperimenti in laboratorio sui campioni di spiaggia per dimostrare come il cesio era intrappolato tra i grani di sabbia, perdendo poi il suo incastro una volta venuto a contatto con l’acqua salata. “È come se la sabbia fungesse come una sorta di spugna contaminata dal 2011 e solo il tempo rimuoverà lentamente il cesio dalla sabbia”, concludono i ricercatori. “Ci sono 440 reattori nucleari operativi nel mondo, di cui circa la metà situata lungo la costa. Quindi questa nuova fonte di contaminazione deve essere considerata nel monitoraggio delle centrali nucleari e negli scenari di futuri incidenti”.

Marta Musso

wired.it