Fuori dalla tua testa: lasciando il corpo indietro

Il Giornale Online
13 Ottobre 2009
di Anil Ananthaswamy

Il ragazzo si svegliò avvertendo un senso di vertigine. Si alzò e girò intorno, vedendo se stesso giacere nel letto. Urlò al suo corpo addormentato, lo scosse, e ci saltò sopra. Successivamente la cosa che capì fu di giacere giù, ma vedendo ora se stesso vicino al letto e scuotere il proprio corpo addormentato. Preso dalla paura saltò fuori dalla finestra. La sua stanza era al terzo piano. Si ritrovò gravemente ferito.

Quello che questo ventunenne aveva appena sperimentato era un’esperienza fuori dal corpo, uno dei più particolari stati di coscienza. Fu probabilmente innescata dalla sua epilessia (Journal of Neurology, Neurosurgery and Psychiatry, vol 57, p 838 http://dx.doi.org/10.1136/jnnp.57.7.838 ). “Non voleva suicidarsi,” disse Peter Brugger, il neurospicologo del giovane alla University Hospital Zurich in Svizzera.”E’ saltato per trovare un incontro fra corpo e sè stesso. Deve aver avuto un attacco.” Nei quindici anni da quel drammatico incidente, Brigger ed altri hanno fatto progressi nel capire le esperienze fuori dal corpo.

Hanno ristretto le cause del malfunzionamento a specifiche aree del cervello e ora stanno lavorando a come queste conducano alla quasi sovrannaturale esperienza di lasciare il proprio corpo e osservarlo da lontano. Stanno inoltre usando l’esperienza fuori dal corpo per affrontare un problema di vecchia data: come noi creiamo e manteniamo il senso del sé. Rese in drammi di grande effetto da autori quali Dostoevsky, Wilde, de Maupassant e Poe – alcuni tratti da conoscenza personale – le esperienze fuori dal corpo sono generalmente associate ad epilessia, emicranie, ictus, tumori celebrali, uso di droghe e persino ad esperienze di pre-morte.

E’ chiaro, tuttavia, che persone senza evidente disturbo neurologico possano avere un’esperienza fuori dal corpo. Da alcune stime, circa il cinque percento delle persone in salute ne hanno una ad un certo punto della loro vita. Persone senza un apparente disordine neurologico possono avere un’esperienza fuori dal corpo. Perciò, cos’e’ esattamente un’esperienza fuori dal corpo? Una definizione è emersa recentemente che coinvolge una serie in aumento di percezioni bizzarre.
La meno grave è una esperienza doppelgänger: avvertite la presenza o vedete una persona che sapete essere voi stessi, nonostante rimaniate ancorati al vostro corpo. Questo spesso progredisce allo stadio 2, quando il vostro senso del sé si muove avanti e indietro dal vostro corpo reale al doppelgänger. Questo è ciò che i pazienti di Brugger hanno sperimentato. Alla fine, il vostro sè lascia completamente il corpo e lo osserva dall’esterno, spesso in posizione elevata come dal soffitto. “Questa separazione è una delle caratteristiche che più colpiscono di un’esperienza fuori dal corpo,” dice Olaf Blanke, un neurologo allo Swiss Federal Institute of Technology di Lausanne.

Sorprendentemente piacevole

Alcune delle esperienze fuori dal corpo coinvolgono solo uno di questi stadi; alcune tutti e tre, in progressione. Stranamente, diverse persone l’hanno riportata come una esperienza piacevole. Quindi cosa può succedere nel cervello per creare tale sensazione apparentemente impossibile? Il primo sostanzioso indizio pervenne nel 2001, quando il team di Blanke incappò in un modo di indurre un’esperienza fuori dal corpo in piena regola. Stavano operando chirurgicamente sul cervello di una donna di 43 anni con gravi epilessie per determinare quale parte rimuovere allo scopo di curarla. Quando stimolarono una regione vicina al retro del cervello, chiamata giunzione tempoparietale (TPJ), la donna riferì che stava fluttuando sopra di sé e guardando giù verso sè stessa.

Questo ha una sorta di significato neurologico. Il TPJ elabora segnali visivi e tattili, equilibrio e informazioni spaziali dall’orecchio interno e sensazioni propriocettive da articolazioni, tendini e muscoli che ci dicono dove le parti del nostro corpo sono in relazione tra loro. Il suo compito è di fondere queste insieme per creare una sensazione di personificazione: un senso di dove il vostro corpo si trova, dove finisce e dove inizia il resto del mondo. Blanke e colleghi ipotizzarono che le esperienze fuori dal corpo sorgono quando, per qualsiasi ragione, il TPJ non riesce a fare tutto questo correttamente (Nature, vol 419, p 269 http://dx.doi.org/10.1038/419269a ).

Maggiori prove emersero in seguito per cui una mal funzione del TJP era il cuore delle esperienze fuori dal corpo. Nel 2007, per esempio, Dirk De Ridder dell'University Hospital Antwerp del Belgio stava tentando di aiutare un uomo di 63 anni con un tinnito (ndt.ronzio nelle orecchie) intrattabile. In un ultimo tentativo di sopprimere il suono nelle sue orecchie, il team di Ridder impiantò elettrodi vicino al TPJ del paziente. Non curò il suo ronzio, ma lo condusse a sperimentare qualcosa di simile ad un’esperienza fuori dal corpo: avrebbe sentito sollevarsi per cinquanta centimetri indietro e a sinistra rispetto al suo corpo. La sensazione sarebbe durata più di quindici secondi, abbastanza da effettuare una scansione PET (Positron Emission Tomography) del suo cervello. Abbastanza sicuro, il team scoprì che il TPJ era attivo durante le esperienze.

Solo la comprensione dei disordini neurologici e della chirurgia cerebrale ti possono portare così lontano, comunque, non meno perché i casi sono rari. Sono necessari studi su larga scala e per ottenere questo, Blanke e gli altri hanno usato una tecnica chiamata “funzione di trasformazione del proprio corpo” per costringere il cervello a fare cose che apparentemente fa durante le esperienze fuori dal corpo. In questi esperimenti, ai soggetti viene mostrata una sequenza di brevi personaggi di cartoni che indossano un guanto su una mano. Alcuni di questi guardano il soggetto, altre gli danno le spalle.

Il compito è di immaginare voi stessi nella posizione del personaggio del cartone per stabilire su quale mano sia il guanto. Per farlo, dovete mentalmente ruotare il vostro corpo come un’immagine segue l’altra. Appena i volontari eseguivano il compito, i ricercatori mappavano la loro attività celebrale con un EEG (Elettroencefalografia) e scoprirono che il TJP era attivo quando i volontari immaginavano loro tessi in una diversa posizione dal loro vero orientamento – una posizione fuori dal corpo.

Il gruppo,inoltre, stimolò il TJP con una stimolazione magnetica transcranica, una tecnica non invasiva che può temporaneamente disabilitare aree del cervello. Con un TPJ perturbato, ai volontari servì più tempo per compiere la funzione della trasformazione del proprio corpo ( http://dx.doi.org/10.1523/jneurosci.2612-04.2005 ). Anche altre regioni del cervello sono state implicate, incluse quelle vicine al TPJ. L’opinione generale che ne emerge è che quando queste regioni funzionano correttamente, noi ci sentiamo tutt’uno con il nostro corpo. Ma disturbiamole e il senso che abbiamo della corporeità se ne può andare.

Comunque questo non spiega la caratteristica che più colpisce delle esperienze fuori dal corpo. “E’ un puzze il perché, dal luogo fuori dal corpo, le persone visualizzano non solo i loro corpi ma anche le cose che stanno attorno, come altre persone,” dice Brugger. “Da dove provengono queste informazioni?” Una linea di prova ci perviene dalla condizione conosciuta come paralisi del sonno, nella quale persone in salute si ritrovano il corpo immobilizzato come nel sonno nonostante siano coscienti (vedi http://www.newscientist.com/article/mg20427291.000-are-you-asleep-exploring-the-minds-twilight-zone.html ).

In un’indagine di circa 12,000 persone che hanno sperimentato la paralisi del sonno, Allan Cheyne della University of Waterloo di Ontario, Canada, scoprì che molti riferivano sensazioni simili alle esperienze fuori dal corpo. Queste comprendevano il fluttuare fuori dal loro corpo, girarsi e guardarlo. Cheyne suggerisce che potrebbe essere il risultato di un conflitto di informazioni all’interno del cervello. Durante la paralisi del sonno, è possibile entrare in uno stato simile al REM nel quale sogniamo di muoverci o di volare. Per queste circostanze siete consci di una sensazione di movimento, ma ancora il vostro cervello sa di non potersi muovere.

Nel tentativo di risolvere questo conflitto sensorio, il cervello taglia il senso del sé (Cortex, vol 45, p 201 http://dx.doi.org/10.1016/j.cortex.2007.05.002 ). “Esso risolve dividendo il sé dal corpo,” dice Cheyne. “Il sé sembra andare col movimento e il corpo viene lasciato indietro.” Probabilmente un simile conflitto sensorio causa la classica esperienza fuori dal corpo.

“Il sé sembra andare col movimento e il corpo viene lasciato indietro.”

Brugger, nel frattempo, ha un suggerimento su come qualcuno potrebbe vedere cose persino ad occhi chiusi, basato su uno dei suoi pazienti che ha riportato un’esperienza fuori dal corpo. In accordo con il padre del paziente, che sedeva di fianco al letto, aveva i suoi occhi chiusi. Successivamente ha riferito di vedere, da una prospettiva al di sopra del letto, suo padre andare in bagno, tornare con un asciugamano bagnato e passarselo sulla fronte. Presumibilmente il paziente sentì il padre camminare verso il bagno e far scorrere dell’acqua, e deve aver avvertito l’asciugamano bagnato sulla sua fronte. Brugger ipotizzò che il suo cervello convertì quegli stimoli in un’immagine visiva, non diversamente da come accade in una sinestesia. In ogni modo, questo non spiega ancora il punto di vantaggio esterno. “Non è chiaro come il cervello lo costruisca,” dice il filosofo cognitivo Thomas Metzinger della Johannes Gutenberg University a Mainz, Germania.

Metzinger ha un suggerimento. Immaginate un episodio di una vacanza recente. Visualizzate voi stessi da una prospettiva in prima persona o in terza persona con voi nella scena? Sorprendentemente, la maggioranza di noi lo fa nel secondo modo. “Codificando le memorie visive, il cervello usa già una prospettiva esteriore” dice Metzinger.”Non ne sappiamo molto sul come e perché, ma se qualcosa viene estratto da tale banca dati [durante un’esperienza fuori dal corpo]”, deve esservi materiale per vedere sè stessi dall'esterno”.

Qualunque sia il meccanismo, lo studio delle esperienze fuori dal corpo promette di aiutare a rispondere ad una profonda domanda di neuroscienza e filosofia: come emerge l'auto-coscienza? E’ abbondantemente chiaro che abbiamo un senso del sé che risiede, la maggior parte del tempo, nei nostri corpi. E ancora è chiaro dalle esperienze fuori dal corpo che il senso del sé possa apparentemente distaccarsi dal nostro corpo fisico. Perciò, come sono in relazione sé e corpo? Per affrontare questa domanda, Metzinger si è unito a Blanke e ai suoi colleghi in un esperimento che induce un’esperienza fuori dal corpo in volontari in salute.

Filmano ogni volontario da dietro e proiettano l’immagine in un display montato sulla testa del volontario così che possano vedere un’immagine di sè stessi in piedi a due metri, davanti. Gli sperimentatori allora accarezzano la schiena dei volontari – che loro vedono fare al proprio sé virtuale. Questo crea un conflitto sensorio, e molti riportano la sensazione di migrazione del sé fuori dal corpo fisico verso quello viirtuale (Science, vol 317, p 1096 http://dx.doi.org/10.1126/science.1143439 ).
Per Metzinger, questi sperimenti dimostrano che l'auto-coscienza inizia con la sensazione di possedere un corpo, ma vi è di più nell'auto-coscienza della semplice sensazione di corporeità. “L’individualità ha molti componenti,” dice Metzinger. “Stiamo cercando di riempirli, a poco a poco. Questo è solo l’inizio.”

Anil Ananthaswamy is a contributing editor for New Scientist

Fonte: http://www.newscientist.com/article/mg20427291.100-out-of-your-head-leaving-the-body-behind.html?full=true
Tradotto da Diego per Altrogiornale.org
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