La geometria quantistica dell’entanglement, come superare l’interpretazione di Copenhagen della fisica quantistica

La geometria quantistica dell’entanglement, come superare l’interpretazione di Copenhagen della fisica quantistica
geometria dello spaziotempo
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In un documento recente del fisico di punta Leonard Susskind, direttore dello Stanford Institute for Theoretical Physics, si affronta un nodo fondamentale della interpretazione di Copenhagen della meccanica quantistica.

Lo studio inizia identificando una delle principali debolezze di tale interpretazione, ovvero la richiesta di un singolo osservatore esterno che non sia parte del sistema analizzato.

Questo requisito ha portato molta confusione ed inconsistenze logiche nel cercare di comprendere la relazione tra molteplicità di osservatori e sistema osservato.

Ovviamente, la situazione è insostenibile, dato che l’universo è pieno di sottosistemi che possono fare da osservatori e non esiste isolamento di uno di essi, tale da permettere “misurazioni” indipendenti.

In un documento intitolato The Unified Spacememory Network, il fisico Nassim Haramein, il biofisico William Brown e l’astrofisico Amira Val Baker, discutono la molteplicità degli osservatori o “sottosistemi”, per preparare le basi di un modello ontologico della fisica della coscienza, esponendo alcune inconsistenze logiche della meccanica quantistica di Copenhagen. Nell’articolo The Unified Spacememory Network: from Cosmogenesis to Consciousness (Journal of NeuroQuantology, 2016), Haramein, Brown e Val Baker affermano:

“Una indagine della natura della coscienza, da quanto risulta, è legata strettamente all’esplorazione della natura della realtà. Questo è esemplificato nel secolare adagio “se un albero cade nella foresta e nessuno è lì per ascoltare, produce un suono?”.

A quale livello la realtà oggettiva dipende dall’osservatore? Chiaramente, molti di noi risponderebbero che produce in effetti un suono, dato che il suono nasce dalla vibrazione delle molecole dell’aria.

Questa domanda è comunque nuovamenta affiorata nella forma del gatto di Schrödinger, in parte per dimostrare la natura non fisica del modello Heisengberg-Bohr della teoria quantistica, detto anche interpretazione di Copenhagen, il modello oggi predominante.

Tali interpretazioni sono tentativi di descrivere i meccanismi fisici del famoso esperimento della doppia fenditura, che alcuni fisici consideravano privi di spiegazione classica. Tuttavia recenti studi sperimentali hanno trovato una soluzione diversa basata sulla dinamica dei fluidi nei sistemi classici.

L’interpretazione di Copenhagen ha spinto a pensare che osservatore e osservato possano essere isolati dal sistema in cui si trovano e che la loro relazione definisca la riduzione dell’ampiezza di probabilità (collasso della funzione d’onda) in un evento definito. In tale modello, la funzione d’onda che descrive la sovrapposizione di autovalori si tradurrebbe in ampiezza di probabilità e una particella non esiste fisicamente finchè non viene osservata in qualche modo.

Il concetto che un osservatore genera la realtà in cui avvengono gli eventi, tale emissione sonora di un albero caduto, assume l’isolamento del quadro di riferimento relativo all’evento. Ovvero, tutte le interazioni nel sistema, come ad esempio delle molecole d’aria, degli uccelli negli albero vicini, della vita microbica attorno e tante altre, possono essere considerate sistemi di riferimento (“osservatori”), che vivono l’evento da diverse prospettive. Esiste un meccanismo in cui la relazione dei sistemi di riferimento genera un comportamento collettivo che infine evolve in uno stato di auto-consapevolezza?

Di recente Susskind ha esaminato l’interpretazione di Copenhagen e afferma:

“L’interpretazione di Copenhagen ovviamente non può essere l’ultima parola. L’universo è pieno di sottosistemi e ognuno di essi può giocare il ruolo di osservatore. Non c’è posto nelle leggi della meccanica quantistica per il collasso della funzione d’onda, l’unica cosa che avviene è che la funzione d’onda generale evolve unitariamente e diviene sempre più intrecciata (entangled).

L’universo è una rete immensamente complicata di sottosistemi in stato entangled e solo in piccola approssimazione possiamo definire un particolare sottosistema, come OSSERVATORE.

– Leonard Susskind, Copenhagen vs Everett, Teleportation, and ER=EPR, 2016.

Questi recenti avanzamenti, che vengono da Susskind, Haramein e altri fisici prominenti, possono essere visti come un ritorno al realismo, perchè se non è possibile un vero isolamento di un sistema dalla miriade di sottosistemi che possono fare da osservatori, allora l’Interpretazione di Copenhagen per cui le particelle non esistono fino alla loro misurazione, diviene obsoleta. Una particella è sempre, ad un livello o l’altro, intrecciata con un altro sistema.

Questa costante interazione significa che la “misurazione” o osservazione, avviene costantemente, quindi non c’è un momento in cui la particella esiste solo come sovrapposizione astratta, una funzione d’onda puramente matematica senza precisa posizione o momento.

Nei documenti Quantum Gravity and the Holographic Mass e il più recente The Electron and the Holographic Mass Solution, la sfida secolare per descrivere le soluzioni alla fisica unificata, trova una risposta. Nella sua semplice essenza, la soluzione viene dalla struttura quantistica e la geometria multi-connessa dello spaziotempo, dove le fluttuazioni energetiche discrete nelle dimensioni più piccole, curvano lo spaziotempo fino a quando la gravità quantistica le riunisce in piccoli buchi neri, che sono le particelle elementari della materia.

Eseguendo i calcoli sfruttando il rapporto olografico degli oscillatori energetici dello spaziotempo, si hanno come risultato dei parametri fondamentali, la prima volta in cui i caratteri elementari della fisica vengono derivati da principi primari. Massa, carica, spin, forza elettromagnetica e di confinamento, sono tutte manifestazioni della rete di wormhole nella scala di Planck e del rapporto olografico nello spaziotempo curvo, quindi l’universo che parla con sè stesso.

Questi fattori non sono aggiunti ai calcoli in modo arbitrario, senza spiegare quale sia la fonte e non sono necessari campi indipendenti come quello elettromagnetico, il campo di Higgs e di colore della QCD, tutti questi domini vengono unificati come geometria multi-connessa dello spazio tempo o “gravità quantistica”.

Da questo vediamo come la geometria quantistica dello spaziotempo olografico sia sottostante a molte delle meccaniche e proprietà della fisica delle particelle. La scena utile ad affrontare alcuni degli aspetti più confusi della teoria quantistica, come entanglement, sovrapposizione e altre caratteristiche non-locali, è stata preparata.

Nel documento Unified Spacememory Network, Haramein e il suo gruppo di ricerca, hanno descritto la geometria estesa degli oscillatori del vuoto nella scala di Planck e mostra come siano in effetti dei micro-wormholes.

Questa rete di micro-wormholes forma delle reti di entanglement in tutti i riferimenti di spazio e tempo, legando essenzialmente assieme lo spaziotempo. In questo approccio, le particelle risultano essere formate da configurazioni discrete nella scala di Planck, collegate dalla rete di micro-wormholes che permette di scambiare informazione lungo tutte le scale dimensionali.

Questa comprensione rivelatrice della natura intrecciata dello spaziotempo e delle particelle, è quindi stata applicata per capire la fonte di grande coerenza che permette l’esistenza di sistemi auto-organizzanti e che li guida in una evoluzione di complessità e sinergia. Dobbiamo anche notare che nonostante sembrino concetti stravaganti, la matematica risultante predice con grande precisione masse e forze fondamentali delle particelle.

Altri ricercatori stanno convergendo alle stesse conclusioni. In un documento del 2013, Susskind e Juan Maldacena (leggete Firewalls or Cool Horizons) spiegano tutto questo con la semplice “equazione” ER=EPR, dove ER sta per ponti di Einstein-Rosen (wormholes o ERBs) ed EPR sta per correlazioni Einstein-Rosen-Podolsky (sistemi quantistici che soddisfano la diseguaglianza di Bell (non-località)). Essenzialmente spiegano che dove troviamo entanglemente quantistico tra due particelle, troviamo anche un wormhole che le connette.

Molti hanno dato a questa idea il significato che la geometria dello spaziotempo sia il risultato dell’entanglement quantistico, ma Susskind è andato oltre e asserisce che l’entanglement potrebbe essere il risultato della geometria dello spaziotempo, nel senso che dove ci sono wormholes, c’è l’entanglement (una idea controversa per molti fisici).

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In un documento più recente, Susskind espone altro sulla natura e le conseguenze dell’entanglement nel vuoto. Viene dimostrato come l’intero universo debba essere trattato come un singolo sistema entangled, una descrizione già presente nella Formulazione di Everett dello Stato-Relativo della meccanica quantistica, dove non c’è il collasso della funzione d’onda, una caratteristica primaria nell’interpretazione di Copenhagen.

Questo dona alle particelle della meccanica quantistica un nuovo realismo, in quanto esistono con una definita posizione e un definito momento prima di essere misurate, come nella teoria di de Broglie-Bohm dell’Onda Pilota, che descrive quasi tutti i fenomeni quantistici bene quanto l’interpretazione di Copenhagen, ma con una visione più chiara delle cause e degli effetti osservati.

Questo ha ottenuto particolare successo nella dimostrazione dei risultati del famoso esperimento della doppia fenditura, in cui un sistema analogo idrodinamico può dimostrare l’interferenza delle onde a causa dell’interazione delle “particelle” con la propria onda pilota in un mezzo fluido.

A supporto dell’importanza della geometria dello spaziotempo (in aggiunta alle sue proprietà idrodinamiche come descritte dalla teoria dell’Onda Pilota), Susskind dimostra come i fenomeni quantistici non-locali possano essere completamente descritti tramite connessioni attraverso micro-wormholes nella scala di Planck. Inclusi l’esperimento della doppia fenditura e del teletrasporto quantistico, oltre all’entanglement.

Un punto cruciale di tutto questo e riconosciuto dallo stesso Susskind, “è che non esiste netta separazione tra particelle e buchi neri” (vedere la sessione di domande e risposte della sua conferenza “ER=EPR, what’s behind the horizon of black holes?”), anche se le particelle sono piccole rispetto alle loro controparti astrofisiche.

Esplorando la struttura geometrica dello spaziotempo con maggior dettaglio, iniziamo a capire che esistiamo in effetti in un Universo Connesso, una visione sviluppata da Haramein in tre decenni.

William Brown
hiup.org

Per approfondire: