In Giappone è aperta la sfida alle batterie per i veicoli elettrici!

In Giappone è aperta la sfida alle batterie per i veicoli elettrici!

veicoli elettriciIl problema dei veicoli elettrici è che hanno bisogno di batterie, elementi costosi e pesanti, che si scaricano velocemente, necessitano di lunghi tempi di ricarica e non sostengono molti cicli di ricarica. Rispetto a questi problemi è proprio il caso di dire che il Giappone sia uno dei paesi più attivamente impegnati: se solamente ieri infatti segnalavamo i progressi compiuti dai ricercatori della Nissan e dell’Università del Kansai rispetto alla riduzione dei tempi necessari per la ricarica completa delle batterie, oggi andiamo a riferire di alcune delle più interessanti novità portate avanti da altre aziende nipponiche in sinergia con università ed enti di ricerca locali.

Toyota, ad esempio, in collaborazione con il politecnico di Tokyo e il KEK (Kou Enerugi Kasokuki Kenkyuu Kikou – The High Energy Accelerator Research Organization), sta mettendo a punto un prototipo di batteria a forma di foglio, una soluzione che permetterebbe di immagazzinare una quantità di energia di molte volte maggiore a quanto è possibile fare oggi mantenendo lo stesso volume e riducendo i costi.

Mazda e l’Università di Hiroshima stanno invece sperimentando un nuovo materiale elettrodo a base di sfere molecolari di carbonio che consentirebbe di raddoppiare, con la medesima carica, la distanza percorsa o, in alternativa, di ridurre della metà il peso della batteria mantenendo i range di autonomia attuali. NEC (Nippon Electric Company), la multinazionale impegnata nel campo dell’IT, starebbe infine lavorando su nuove soluzioni elettrolitiche che potrebbero portare a sostenere fino a 20000 cicli di ricarica (invece delle poche migliaia attuali); una batteria del genere potrebbe cioè durare per tutta la vita dell’autoveicolo senza necessità di sostituzione dopo sette, otto anni.

Ufficialmente stiamo parlando di opzioni possibili e, a quanto pare, già funzionanti in laboratorio, per le quali però bisognerà aspettare ancora alcuni anni (cinque? dieci?) prima di vederle applicate in serie e commercializzate.

Francesco Calderone
technews.it