Gli imprevedibili vulcani di Io

Gli imprevedibili vulcani di Io

Gli effetti del vulcanismo su questa luna di Giove nel filmato della sonda New Horizons. Un fenomeno al centro di molti studi e future missioni, sia europee che americane.

Una eruzione di queste dimensioni, sulla Terra ricoprirebbe l’intera America in tempi brevissimi. L’eruzione vulcanica del filmato, datata del 2007 e ripresa dalla sonda NASA New Horizons, è solo un esempio di quanto può avvenire su Io, la luna di Giove, il corpo vulcanicamente più attivo di tutto il sistema solare. Una luna che continua a porre agli scienziati numerosi interrogativi.

vulcani di Io

L’animazione è composta da 5 immagini realizzate dallo strumento Long Range Reconnaissance Imager (LORRI) della missione New Horizons, quando la sonda passava accanto alla luna di Giove, ad appena 4 milioni di chilometri. Le 5 immagini sono state realizzate il 1 Marzo del 2007, coprendo un tempo di appena 8 minuti. L’incredibile erurzione si estende per 330 Km sopra la superficie e solo una parte della nuvola di fumo e detriti generata, è visibile nell’animazione. In realtà Tvashtar, il vulcano responsabile, è situato nella parte nascosta della luna, a 130 Km al di sotto del bordo del disco.

Altri due vulcani in fase di attività sono identificabili nell’immagine: Masubi a ore 7 sul disco di Io, e Zal a ore 10. Un terzo vulcano attualmente non attivo ma ben riconoscibile sulla superficie è la struttura scura a forma di zoccolo di cavallo del vulcano Loki, probabilmente un enorme oceano di lava solidificata. Infine si intravede Boosaule Mons sul bordo destro del disco, con i suoi 18 Km di altezza: la montagna più alta della luna di Giove, nonché una delle più alte dell’intero sistema solare.

A prima vista, i motivi fisici della incredibile attività vulcanica di questa luna sono facilmente intuibili. A causa della sua posizione, Io è sconquassata da forze che la tirano in direzioni opposte: il campo gravitazionale del vicino pianeta gigante Giove e l’attrazione delle due lune Europa e Ganimede, che le passano accanto con periodi cadenzati (cioè con orbite in risonanza).

A detta degli esperti, l’effetto di queste forze mareali opposte distorce l’orbita e la forma di Io, scaldando il suo interno e estremizzando il suo vulcanismo. Ma se questi meccanismi sono noti da anni, rimangono sulla questione numerosi interrogativi. Una ricerca pubblicata in questi giorni da un gruppo di ricercatori NASA ed ESA che utilizza dati storici dalle missioni Voyager e Galileo, mostra come la localizzazione dei vulcani osservati negli ultimi decenni su Io, sorprendentemente non coincida con le mappe derivanti dai modelli teorici predetti dal meccanismo ipotizzato (vedi immagine qui sotto).

Due mappe di distribuzione del calore sulla superficie di Io ottenute con due diversi modelli teorici di riscaldamento per forze mareali (rosso zone calde, blu zone più fredde). Crediti: NASA/Christopher Hamilton

Per spiegare questa discrepanza sarà necessario studiare sperimentalmente la struttura interna di Io e delle altre lune di Giove, uno degli obiettivi principali della prossima generazione di missioni interplanetarie, che includerà sonde come l’europea Juice o la recente proposta americana per l’esplorazione di Europa. Una storia, questa, ancora tutta da scrivere.

Livia Giacomini
media.inaf.it