Ho visto un Ufo ma gli alieni siamo noi

Il Giornale Online

Ho visto un Ufo. Quando un giornalista vede un Unidentified flying object (oggetto volante non identificato) ha due possibilità: o lo scrive o fa finta di niente. Io me ne sono dato una terza: l’ho detto a un altro giornalista. È stato un test interessante su come funziona l’informazione. Alla fine mi sono confermato in un antico convincimento: i fatti non esistono in quanto accadono bensì in quanto vengono raccontati.

I fatti, allora. Tarda serata di giovedì. Esco di casa per andare a prelevare in pizzeria mio figlio, che ha festeggiato il compleanno con alcuni compagni di scuola. All’improvviso una gigantesca capocchia di fiammifero solca il cielo buio e terso della Valpantena, provincia di Verona, da Est verso Ovest. Ha la stessa velocità delle stelle cadenti (la conosco bene: spesso mi soffermo a osservarle dal terrazzo nella notte di San Lorenzo). Ma è grande centinaia di volte, grosso modo come un quarto di luna. L’Ufo emana un colore verdastro intenso ed è circondato da un alone bianco, gassoso. Lascia dietro di sé una scia lunga e sottile. Questione di un secondo o due e la punta arrotondata scompare dietro le Torricelle, le colline che fanno da sfondo alla città di Romeo e Giulietta.
Non può essere un elicottero: le dimensioni non corrispondono.

Non può essere un fuoco d’artificio: si muove dall’atmosfera verso la Terra, non viceversa, e non ci sono sagre nelle vicinanze. Prudenza consiglia: quando non conosci la natura di una cosa, conviene non averci a che fare. Ma la curiosità del giornalista ha il sopravvento. Telefono a Maurizio Cattaneo, direttore dell’Arena. Gli riferisco il fatto e gli preciso l’ora esatta in cui è accaduto: 21.57. «Posso citare la tua testimonianza?», mi chiede. Per carità, lasciami fuori da questa storia, guai a te se fai il mio nome, gli ingiungo, fidando nel fatto che siamo amici, abbiamo lavorato insieme al Giornale, dunque saprà tutelare la mia privacy persino con i colleghi. Ho una teoria in proposito: sia nel bene che nel male, sui giornali è meglio non finirci.

L’indomani apro L’Arena. Titolino a due colonne, taglio basso: «“Gran luce verde”». Parole correttamente riferite fra virgolette: il matto che l’ha vista si assuma le sue responsabilità. C’è anche una fotina della luce verde – reperita in Internet, suppongo – invero molto somigliante all’originale. Il moto dell’Ufo è descritto nella direzione contraria. Poco male.

Ieri riapro L’Arena: «La luce verde? “L’ho vista, ma tre ore prima”». S’è guadagnata un titolo di spalla. «Altri lettori hanno osservato lo strano fenomeno in cielo». «Desidero confermare la visione di questa luce», scrive una lettrice, «da parte mia e di mio marito alla stessa ora e nello stesso luogo citati dal lettore che ha chiamato giovedì sera. Stavamo comodamente sul nostro divano a guardare la tv quando dalla finestra abbiamo visto questa luce verde. La cosa strana è che quando ne ho parlato a mio figlio mi ha detto: “Sì, l’ho vista anch’io alle ore 18.45 circa mentre voi eravate a fare la spesa”». Un’altra lettrice racconta che il marito «ha visto una luce, stavolta bianca, arrivare da sud e spegnersi sulle Torricelle. “Un disco grande come il sole”, ha detto, “velocissimo”». Pare che oggi il giornale locale esca con una terza puntata: altre testimonianze. «Il mistero resta. Ed è bellissimo», concludeva la cronaca di ieri. Viva l’ottimismo.

Giovedì sera, tornato a casa, m’ero illuso d’aver trovato il bandolo della matassa. Mi sono ricordato di un lancio dell’Ansa di qualche giorno prima. L’ho ripescato: «Un satellite spia americano di grandi proporzioni ha perso la sua energia propulsiva e potrebbe cadere sulla Terra tra la fine di febbraio o, al massimo, la fine di marzo in una località che non è possibile prevedere». È del 26 gennaio, due settimane fa, anche se è datato «Washington, 26 giugno». Grande delusione. Mi sono consolato leggendo sulla Stampa che l’orbita terrestre è «un infinito deposito di rottami pericolosissimi, un immondezzaio nel vuoto, una Napoli in assenza di gravità»: 1.400 tonnellate di oggetti «rientrati» in 40 anni alla velocità media di 36.000 chilometri orari.

Ieri pomeriggio un flash dell’agenzia Italia: «Un singolare avvistamento è stato segnalato da decine di persone in tutta la provincia di Bergamo: una sfera infuocata di colore arancione che attraversava il cielo lasciando dietro di sé una scia».

Vado a letto ricordandomi la risposta che mi diede Renato Magnoni, un ferramenta milanese ritiratosi a vivere sul Gran San Bernardo, isolato nella neve dal resto dell’umanità per sette mesi l’anno. Gli avevo chiesto come s’immaginasse la fine del mondo: «C’è uno spiritual degli schiavi neri d’America. Fa così: “Oh Signore, quel giorno in cui le stelle cominceranno a cadere…”. Ecco, cadranno le stelle». Occhio!

Stefano Lorenzetto

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