I dermatologi ospedalieri chiudono il congresso nazionale all'insegna di nuove cure e nuovi modi di pensare alla salute

Il Giornale OnlineCurare la psoriasi: c'è grande attesa e fiducia per i nuovi farmaci. Sono cinque ed entreranno in Italia nell'arco di due anni con l'obiettivo di agevolare la vita di chi soffre di questa malattia, che colpisce il 3 per cento della popolazione. Si è chiuso con un auspicio e una ventata di ottimismo il 52esimo Congresso Nazionale ADOI (associazione dermatologi ospedalieri italiani), che ha scelto Lucca e le Sala Monumentali di Palazzo Ducale come cornice ideale per la quattro-giorni di lezioni frontali, approfondimenti scientifici e corsi pratici sulla dermatologia. “Con questi nuovi farmaci in arrivo – ha spiegato il dott. Carlo Mazzatenta – ci sono maggiori speranze nella cura della psoriasi. I cinque nuovi farmaci, che al momento non sono in commercio, riusciranno a stabilizzare la malattia e a tenerla costantemente sotto controllo.

La psoriasi è una malattia cronica che richiede una terapia lunga e costante: una volta che la cura viene iniziata, non può essere interrotta”. Non solo psoriasi: durante l'ultima giornata di congresso sono stati illustrati gli ultimi studi in tema di tumori della pelle e dermatite atopica. Anche in questo caso le novità abbondano e sembrano delineare un futuro sempre più promettente, in termini di cure e rapporti con i pazienti. “Sono state presentate interessanti novità per quanto riguarda la terapia farmacologica di alcuni tumori della pelle molto frequenti – continua Mazzatenta – Terapie che consentiranno di trattare i pazienti non più chirurgicamente, ma con l'assunzione orale o attraverso specifiche creme”. È una dermatologia sempre più attenta alla comunicazione medico-paziente, con una sensibilità particolare per i giovani e per la ricerca a tutto tondo, quella che si è mostrata nel congresso appena concluso.

In poche parole, una dermatologia sempre più slow. Non è un caso, quindi, che a chiudere i lavori sia stato proprio il dott.Andrea Gardini, direttore sanitario dell'Ospedale di Ferrara e uno dei fondatori di Slow Medicine, il movimento, nato a Ferrara due anni fa, che propone un modo diverso di pensare alla salute. Slow Medicine chiede alla medicina di tornare a essere sobria, rispettosa e giusta, e identifica sette veleni che la intossicano: l'idea che nuovo sia sempre meglio; la suggestione che ogni procedura proposta sia sempre sicura ed efficace; la convinzione che l'utilizzo di nuove tecnologie risolverà ogni problema; il sentimento comune secondo cui più si fa e meglio è, perché ciò aiuta a guarire e migliora la qualità della vita; il messaggio secondo il quale scoprire una malattia prima che dia sintomi (e quindi sottoporsi a molti esami e a check-up) è sempre e comunque meglio; l'impostazione per la quale i potenziali fattori di rischio devono essere affrontati con farmaci.

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