IL FUTURO DELL'ENERGIA E' TUTTO RINNOVABILE!


Roggiolani Fabio – Presidente Commissione Agricoltura della Regione Toscana Presidente Gruppo Verdi, Consiglio Regionale della Toscana

Conclusioni

C’è un lavoro infinito nella difesa dell’ambiente.

Dalla punta del golfo di Baratti si vedono due mondi e due economie, uno basata sulle acciaierie, che ha consentito la crescita economica e lo sviluppo – pagando un prezzo altissimo sulla pelle e sulla salute dei lavoratori e degli abitanti di Piombino e della Val di Cornia -, l’altro che è stato preservato grazie al lavoro e alla ricchezza prodotta dal quello che è il regno della bellezza, della natura e oggi fonte di ricchezza legata al turismo.

Non c’era alternativa allo sviluppo delle acciaierie, era la visione del modello economico, l’unico conosciuto, quello che, consumando risorse (anziché produrle, come invece l'agricoltura), ha consentito per un po' di tempo sviluppo e occupazione, è stato fonte di promozione sociale e di ricchezza; un modello oggi in pesantissima crisi propria che non ha più forza propulsiva e perde sempre più posti di lavoro. Quando questo sistema si sviluppò non se ne conoscevano gli effetti sulla salute, per le emissioni in atmosfera, non conoscevamo gli effetti cancerogeni, non si pensava che le risorse, energetiche e di materiali, potessero esaurirsi, e, … non esisteva l’altra economia, quella dell’altra parte del golfo.

Ecco ormai la ex-Lucchini, che rappresenta la contraddizione Toscana e ne esemplifica la dinamica.

Noi Verdi siamo profondamente rispettosi della storia e delle conoscenze acquisite in quelle officine, conosciamo il sudore e le lacrime che vi sono state versate e siamo altrettanto coscienti che, se ci è possibile parlare di queste cose senza l’assillo della fame, molto lo si deve a questo sviluppo. Ma abbiamo anche un nostro bagaglio di conoscenze e di analisi che oggi può essere prezioso alla nostra comunità per uscire dalla crisi in cui versa, impegnandosi a risanare le ferite della terra ed è capace di creare le premesse per una economia in grado di migliorare il clima, il paesaggio e che contemporaneamente possa far aumentare l’occupazione, rendendo nuovamente competitivo il nostro sistema di imprese in particolare delle piccole e medie, spina dorsale della nostra attuale economia.

Le acciaierie non dovranno necessariamente chiudere, ma neppure dovranno restare obbligatoriamente aperte, se non riusciranno più ad essere fonte di sviluppo e di reddito e soprattutto se non saranno in grado di smettere di seminare fumi cancerogeni oltre dodici volte i limiti massimi imposti dalla Unione Europea e dalla Organizzazione Mondiale della Sanità sui polmoni dei Piombinesi.

Siamo figli della civiltà del lavoro e una civiltà del lavoro vogliamo far crescere, ma abbiamo anche scoperto gli effetti negativi dell’amianto, cosa fanno le polveri fini, cosa produce il buco dell’ozono, quanto sconvolge il nostro clima l'aumento dell'effetto serra, e quante vite umane e quante lacrime si stanno versando a causa di questa mancanza di conoscenza e di coerenza. Abbiamo scoperto, in poche semplici parole, che il modello cui siamo abituati non ha futuro, che dobbiamo cambiare ancora più velocemente di quanto abbiamo fatto dall'epoca dei nostri nonni ad oggi

Fino a poco tempo fa era prevalente nel nostro messaggio politico la denuncia di tutto ciò e la ricerca delle cure alle conseguenze più nefaste; è giunto però il momento per i Verdi di proporre le soluzioni per una nuova rinascita economica (e lo stiamo facendo da un pezzo, ormai), basata sulla cura dei mali prodotti fino ad oggi e sull’impiego di quelle nuove tecnologie che la riflessione ecologica mondiale – una globalizzazione finalmente positiva – sta mettendo a disposizione di coloro che avranno la lungimiranza di basare su queste lo sviluppo del futuro proprio e di tutti.

Questo volume vuole avere proprio questa finalità: dimostrare, portando proposte, ipotesi, realizzazioni, conoscenze scientifiche e progetti tecnologicamente avanzati, che il cambio dell’economia, da economia di spreco a economia di riutilizzo e riconversione, è l’unica possibilità in grado di rispettare l'ambiente che ospita tutto il genere umano, la Terra, al fine di far proseguire la vita a tutti gli esseri umani e a tutti gli essere animali, che la popolano, ma anche che sia in grado di avviare quel processo di produzione e di competitività indispensabile sia alle economie come la nostra che, non detenendo materie prime, sono riuscite a sviluppare comunque un fiorente sistema economico, sia a quelle “prigioniere” delle stesse materie prime, in particolare l'oro nero e il gas, contese, sfruttate e compresse da sempre.

L'anello critico del sistema economico è davvero quello energetico, il petrolio e le energie fossili.
Il petrolio è in particolare la base di tutti i paradossi, essendo la materia prima, eccezionale per sua natura, che ha rivoluzionato tutto il XX secolo.

Non c’è attività economica umana che non ne sia stata influenzata e modificata; il vero problema è che i suoi benefici vantaggi sono stati scoperti dall'uomo in maniera troppo approfondita e i suoi usi portati al livello generale con troppa facilità. Questo fenomeno, progressivamente, ha drogato tutta la nostra economia e, per l'esagerato utilizzo, ha avvelenato tutto il nostro pianeta, bloccando ogni altro sviluppo scientifico e tecnologico che vi si contrapponesse. Il petrolio è pericoloso – come gli OGM -, è pericoloso e semplice da applicare ed è stato usato senza tener conto delle conseguenze a cui avrebbe portato, e poi, dopo che se ne sono conosciute le conseguenze, era diventato troppo potente per accettare di essere ridimensionato.

In tal modo si sono perse le conoscenze agricole del pianeta, e sono state sostituite dalla tossicodipendenza di pesticidi e concimi, la cui produzione è basata su alcune tonnellate di petrolio per ogni tonnellata di prodotto; abbiamo infatti campi inondati di petrolio-modificato per far iperprodurre le nostre derrate alimentari e impoverire così, ad ogni stagione, la fertilità dei suoli.

Oggi, che abbiamo riscoperto l’agricoltura biologica e biodinamica grazie a eroici agricoltori ecologisti e che abbiamo assaporato e conosciuto il valore alimentare, il piacere del palato, la rinnovabilità dei suoli e l’accrescimento della sua fertilità, che conosciamo l’efficacia di riassorbimento nei terreni del carbonio, paghiamo ancora la metà del bilancio comunitario per permettere alla nostra agricoltura di spandere nei terreni per coltivare ancora petrolio e addirittura stiamo consentendogli l’aberrazione dell'OGM?

Un processo antico e che sarebbe l'esemplificazione di tutto questo è la coltura della Canapa.

La canapa infatti è facile da farsi, si può produrre in ogni angolo del pianeta coltivabile, si autodiserba e quindi non richiede né pesticidi né concimi per crescere, è rigogliosa d’estate ma non pretende irrigazioni oltre la naturale piovosità delle aree coltivabili, e quando la si raccoglie lascia il terreno più ricco di prima.

Io ne sono innamorato, il presidente della Toscana, Claudio Martini, ci ha creduto ed ha accettato di finanziare con 1.300.000 euro un legge proposta dai Verdi per il rilancio della sua coltivazione ed è per questo che la conosco bene, avendo girato molti luoghi dove adesso ancora la si produce o la si riproduce, ma non divaghiamo.

Dicevo appunto che la canapa è l’esemplificazione dell'overdose di petrolio che ha colpito il pianeta. L’ingegner Diesel inventò il suo primo motore alimentandolo con un carburante a base di olio di noccioline (1900 World's Fair in Paris) e successivamente di canapa, il motore diesel è nato quindi per bruciare combustibili oleosi da agricoltura; è un motore adatto a usare spremuta di oli agricoli ed è stato adattato per bruciare i carburanti più difficili.

Ecco quindi il nostro agricoltore che, invece di essere abilitato a mettere nel serbatoio del proprio trattore una parte della propria produzione agricola, è costretto a chiedere – per andare avanti – uno sgravio fiscale per il gasolio agricolo per spandere pesticidi su quei suoli che si impoveriscono ogni anno.

Se coltivasse la canapa od altre biomasse oleaginose avrebbe autonomamente il suo carburante, potrebbe vendere gli altri derivanti della pianta per produrre tessuti, cosmetici, mangimi o farine alimentari e con le biomasse residue potrebbe produrre cellulosa o usarla per riscaldarsi o magari produrre energia elettrica per gli altri usi. Ed ogni anno la canapa, dal momento che cresce tanto in altezza, sopra la terra, (può raggiungere i quattro metri di altezza), quanto in profondità, sotto terra, gli avrebbe lasciato il suolo più ricco e fertile per tutte le altre colture pregiate. (vedi I -Georgofili – Quaderni – 2003 – II, Firenze, 11 giugno 2003)

Il petrolio è entrato sottocosto nelle nostre economie ed ha ammazzato tutti i concorrenti prima con i costi e poi con le armi della politica e delle leggi per non fare riemergere i concorrenti e quando non vi si adattavano semplicemente con le armi vere e proprie.

Un dumping reso possibile, prima dalla facilità della sua estrazione e poi dalla progressiva messa sotto tutela politica e prima ancora militare delle aree del pianeta dove veniva via via scoperto.

Se siete tra coloro che credono che i giovani americani siano stati mandati in nome della democrazia a morire in Iraq a uccidere decine di migliaia di giovani, vecchi, donne, bambini ed altri uomini Iracheni, avete sbagliato libro, come è evidente che vi abbiamo fregato i soldi del volume se siete tra coloro che credono Osama Bin Laden un leader religioso che lotta per qualcosa d’altro che non il controllo dei pozzi e le quotazioni del petrolio.

Interessante a questo proposito la dichiarazione rilasciata dal ministro del petrolio Kuwaitiano alla presidenza di turno dell’Opec che, dopo aver abolito la fascia di oscillazione tra 22 e 28 $ al barile di greggio perché palesemente irrealistica, ha candidamente dichiarato che fino a 60$ al barile non vi saranno apprezzabili effetti sulla economia mondiale e nei fatti ha indicato il futuro prezzo di riferimento su cui i produttori riterranno necessario intervenire con misure calmieratrici.
In ultima analisi, inoltre, non sono stati previsti i costi sociali dell'utilizzo in grande massa e in modo selvaggio del petrolio, ed ancora oggi vengono elargite facilitazioni legislative scaricando tutti gli effetti collaterali sul resto delle collettività.

L’ecologia infatti comincia a venir in evidenza quando si scoprono i frutti perversi dell’applicazione di questo materiale altamente pericoloso, capace di inquinare i fiumi e i mari, riempiendoli di chiazze oleose e dannosissime al sistema faunistico, che hanno scatenato riflessioni e rifiuti indiscriminati, in primis degli ecologisti e successivamente di tutta la società. Chi infatti oggi in Italia si opporrebbe per il disinquinamento delle acque o per ripulire i mari? Certamente nessuno! Ma allora a chi imputare i costi spaventosi di tutto ciò? Quella benzina, a basso costo per decine di anni, quella plastica usa e getta, quante volte la ripaghiamo sotto forma di bollette per i rifiuti o di tariffe per l’acqua il cui costo prevalente non è la potabilizzazione ma il disinquinamento.

La gran parte delle pianure della Comunità Europea sono state dichiarate zone sensibili ai nitrati, che in soldoni significa zone inquinate da residui di agricoltura e dovranno passare decine di anni prima che possano ritornare salubri e fertili. Le aree urbane sono state dichiarate inquinate da polveri fini e costrette a chiudere il traffico. I rimborsi assicurativi per cause naturali, in gran parte di origine climatica, hanno sorpassato da alcuni anni quelli per cause umane e tecnologiche (eccetto nel 2001, ma furono le Twin Towers estranee al petrolio?). Allora quanti costi stiamo pagando nella sanità per tutto questo e non solo?

Vedete, parlo di costi e non di dolori e lutti, i lutti e i dolori nel mercato della giostra della vita appaiono purtroppo sempre relativi; chi ha passato l'epoca della fame, e confronta le statistiche sull’allungamento della vita nei paesi occidentali, avrebbe buon gioco nell’affermare che in fondo a noi occidentali l’era del petrolio ha allungato la vita media. Quindi il prezzo di chi vive o nelle aree metropolitane o nelle pianure fertili del nostro paese è un costo sociale relativo, come – dall'altro lato – è un costo necessario che la vita media, nei paesi del terzo mondo,in questi anni si sia – specularmente alla nostra – accorciata.

Parlo di costi, perché questi sono alla base della evidente crisi economica di questi ultimi anni e dell’impoverimento generale del nostro paese con conseguente shock sui consumi e crisi verticale dei nostri maggiori sistemi industriali. Parlo di costi, perché se è sempre possibile farsi condizionare dai media quando il portafoglio è pieno e le prospettive tranquille ed è facile accomodarsi nelle idiozie più inverosimili fatte passare per verità assolute, oggi non possiamo più accomodarci ad ascoltare le favole, quando al mattino il direttore di banca ci chiude il fido o quando i risparmi di una vita si continuano a prosciugarsi o peggio vengono distrutti; e dato che non abbiamo più nulla, avendo dato in pegno tutto quello che avevamo, vengono a pignorarci la casa o si portano via il computer dei figli e tutti gli oggetti che amiamo.

Chi non conosce l’angoscia di andare sul bollettino dei protesti o nell’elenco dei falliti, chi non conosce il dolore di non trovare un lavoro a quarant’anni perché non si rientra più in nessuna delle categorie per poter abbassare il costo del lavoro o la frustrazione di aver studiato una vita per trovarsi con il preciso convincimento di aver perso vent’anni e non può permettersi di sperare nella prospettiva che in questo libro indichiamo? Allora, bisogna rimboccarsi le maniche, per questi e per tutti gli altri, che non ne possono fare a meno.

Non voglio farci prendere solo dai drammi di oggi, ma è del tutto evidente che molti imprenditori in questi ultimi anni stanno bruciando ricchezza e non la stanno creando. L’alta mortalità aziendale, compensata, in numeri assoluti, dalla nascita di altrettante nuove aziende – in progressiva ulteriore polverizzazione – la dice lunga sulla crisi che investe il nostro e i paesi dell’area occidentale, in primis quelli senza risorse petrolifere dirette.

E’ una crisi del tutto paradossale, derivata dall'innalzamento dei consumi, e l'uso smisurato di energia mette i cittadini in condizione di bruciare la gran parte del proprio reddito per riscaldamento, aria condizionata, carburanti e assicurazioni sulla mobilità, bollette per acqua e rifiuti ed energia elettrica, in percentuali molto maggiori rispetto agli anni sessanta.
Secondo dati Istat, i soli consumi energetici familiari sono passati a rappresentare una percentuale del reddito prodotto dal 3,6% nel 1973 a circa il 6% nel 2004.

All'apparenza, non sembra molto, ma se pensiamo che un calo dei consumi dello 0,2% ha determinato una crisi della grande distribuzione in Italia, si capisce l’enorme portata di questo cambiamento.

Così arriviamo al paradosso di paesi come gli Stati Uniti che, pure essendo detentori di grandi risorse energetiche, consumando il doppio, rispetto al nostro paese che ne è del tutto carente, si trovano in analoga crisi di consumi e crisi economica conseguente.

E, paradosso dei paradossi, paesi con il doppio dei consumi in termini energetici, non aggiungono niente in termini di benessere e qualità della vita disponibile.

E' pertanto evidente che, oltre un certo livello di consumi energetici, non c’è aumento di benessere ma dissipazione e quindi malessere; in altri termini i danneggiamenti del clima, la riduzione del reddito disponibile, il rallentamento per eccesso di veicoli di ogni collegamento, rendono la qualità della vita percepita inferiore!

La fuga dalle metropoli, nei paesi occidentali, indica che questa tendenza è in corso, ma che ancora non è percepita come coscienza, per effetto dell'azione e della forza dei mass-media, che ormai opera con categorie da controllo sociale di massa.

Usare un motore a benzina con Gpl o metano significa spendere la metà a parità di prestazioni e di costi. Allora, perché la maggioranza degli automobilisti non usa metano o Gpl?

Usare biomasse legnose con le nuove caldaie per il riscaldamento domestico comporta un risparmio di oltre il 50% rispetto all’uso del Gpl o del metano e in più non crea una alterazione climatica dell’atmosfera. Allora, perché insistiamo addirittura ad avere milioni di caldaie a gasolio che consumano 4 volte rispetto alle biomasse?

E perché oggi, che i semioleosi possono sostituire il gasolio in tutti i motori diesel non alterando il clima, sviluppando l’agricoltura, e rendendo le aree di produzione energeticamente libere, questi non vengono utilizzati?

E perché non si utilizzano il solare e l’eolico o il geotermico per riscaldare e raffrescare? E perché i capannoni industriali hanno un tetto in plastica che li costringe a dissipare energia?

E perché, dopo che abbiamo dimostrato con l’iniziativa di Duel, scontro tra Ippopotamo e Rinoceronte, che un Tir da Livorno a Palermo, se va per mare, arriva tre ore prima e risparmia il 30% dei costi, si insiste a non prendere le navi e magari si resta per tre giorni intrappolati nella neve della Salerno – Reggio Calabria?

E’ chiaro che oltre al Grande Fratello ci sono mille interessi correlati e quindi enormi interessi che si sentono minacciati, ma è altrettanto vero che quella combinazione, di rapina organizzata per dissipare energia, operato ai danni dei redditi e della vita dei cittadini.

Tutto ciò, come abbiamo accennato, ha portato ormai ad una contrazione dei consumi, che sta soffocando il nostro sistema economico e riducendo notevolmente gli standard di vita, in termini di fiducia dei consumatori, di reddito disponibile, di tempo da dedicare alla famiglia e al tempo libero, e quindi anche allo shopping, e sta contemporaneamente mettendo in crisi l’intero nostro sistema industriale, sia per perdita di fatturato e di nuove commesse, per effetto del calo dei consumi e sia per la perdita di competitività internazionale delle nostre imprese – svantaggiate al confronto con i paesi che detengono risorse petrolifere oppure carbone o risorse fossili o, nel breve periodo, anche verso quelli che hanno centrali nucleari. Ho precisato nel breve periodo, perché oggi producono sottocosto, ma domani dovranno fare i conti con l’irrisolvibile rebus delle scorie, della loro custodia e del loro trattamento (e non parlo dei tremendi rischi e dell’impoverimento delle riserve e della qualità dell’uranio).

Ecco allora: il futuro dell’energia, o meglio, il nostro futuro è tutto rinnovabile, e deve essere necessariamente tale. E noi vogliamo che l’oggi deve cominciare ad esserlo da subito, per quote via via più importanti. La Toscana, anche grazie alla spinta determinatasi nella fase preparatoria del convegno, e per le conseguenti riflessioni, ha licenziato un piano energetico che punta al 50% di energie rinnovabili entro il 2012, proponendo in questa fase, come unica energia fossile utilizzabile, il gas naturale.

Le leggi energetiche approvate permeano ormai ogni atto legislativo, e quindi, il piano di riproposta dei porti rilancia le autostrade del mare; la legge urbanistica prevede un 10% di premio di cubatura in più per chi costruisce in bioedilizia o installa sistemi di risparmio energetico che comportino un risparmio in casa o in azienda superiore al 50%; il progetto di costruzione dei 4 nuovi ospedali prevede sia il risparmio energetico che la cogenerazione e l’autonomia energetica delle costruzioni; la legge sulla pesca professionale prevede incentivi per chi modifica i motori delle barche per renderli compatibili con l’uso del biodiesel o della spremuta di semi di girasole. Sono piccole e grandi cose che possono avviare il cambiamento.

Le energie rinnovabili oggi sono assolutamente competitive ai nuovi prezzi del petrolio e i paesi dalle forti economie del futuro, Cina e Russia, assorbiranno in proprio le risorse fossili residue.

Sta a noi saper costruire un sistema energetico che, trovando la sua ragione d’essere finanziaria nel risparmio da consumo di petrolio, può trovare le risorse per la rivoluzione del XXI secolo, quella energetica. La democrazia economica, manomessa dalle “sette sorelle”, può trovare ragione di essere nella capacità di prodursi autonomamente l’energia dalle fonti rinnovabili, che possono dare il plusvalore della produzione, non più all'Enel o alle multinazionali, ma ai distretti industriali oppure alle Amministrazioni Comunali o alle comunità locali organizzate. E nel medio termine, abbiamo ragione di credere, a tutti. Possiamo allora produrre risorse finanziarie da immensi fondi di rotazione che si basino sugli attuali costi energetici mantenuti stabili fino al finanziamento degli impianti.

Ad esempio, se un cittadino usa un’auto elettrica, che ogni 100 km spende 1 Euro di ricarica, quello pagherà i 9 Euro di differenza che avrebbe pagato andando con un’auto a benzina, fino a quando non se l'è del tutto ripagata. E' chiaro, pertanto, che se questa idea fosse applicata su media o larga scala, in pochi mesi verrebbero abbattuti i costi, attualmente esagerati, delle auto elettriche. E così per il solare termico, se io risparmio il 50% della mia bolletta del riscaldamento e raffrescamento, mi posso consentire, per sei mesi l’anno, una qualità di vita assolutamente superiore. In quanti anni posso ripagare il nuovo impianto? E quante risorse pubbliche possiamo impegnare dato che queste nuove tecnologie riducono l’inquinamento e fanno risparmiare in costi sanitari?

Le banche, che noi abbiamo contattato – compresa quella che ha contribuito alla stampa del presente volume -, dimostrano una grande disponibilità e percepiscono l’enorme prospettiva finanziaria ed economica che può aprirsi dall'applicazione delle tecnologie di risparmio energetico, e dimostrano di capire che non è più solo il tempo di nuovi esperimenti ma è cominciato già quello delle applicazioni massicce e su vasta scala, dell'efficienza e della produzione energetica rinnovabile creando un nuovo sistema industriale che punti come straordinaria forza delle energie alternative, fonte di business, per la Toscana, per l'Italia e per l'Europa.

Questa è la scommessa del futuro, la nascita di un nuovo capitalismo su basi ecologiche e democratiche, il capitalismo naturale.

fonte:www.ecquologia.it