Il nucleare italiano: solo un’altra perdita di tempo

Il Giornale Online
di Jacopo Grossule

Da qualche tempo si è tornati a discutere la possibilità che l'Italia possa produrre energia nucleare da centrali proprie. “L’energia nucleare in Italia non è soltanto un’opportunità ma anche un bisogno.” Queste le parole pronunciate ad una conferenza a Parigi dal Dirigente dell’Enel Fulvio Conti; parole che vorrebbero riportare a tutti i costi l’energia atomica nel Bel paese. Numerosi gli scienziati e studiosi che da parecchio tempo contestano la competitività e la sicurezza di queste costruzioni. Una cosa infatti spesso sottovalutata riguarda l’impatto ambientale di queste opere.

Per quanto si dica, infatti, il nucleare non è pulito come potrebbe sembrare. L’Uranio non è un materiale rinnovabile, la quantità presente sulla terra è limitata e stimata attorno ai cinque milioni di tonnellate. Da questo si può facilmente desumere che suddetto metallo prima o poi finirà. Supponendo che il consumo attuale rimanga costante, cosa poco probabile dato il continuo aumento di richieste energetiche, l’Uranio terrestre dovrebbe esaurirsi verso il 2055; quindi tra circa 45 anni. Secondo i più ottimistici dati UIC e IAEA si tratterebbe invece di circa 65-70 anni. Un tempo in ogni caso piuttosto limitato. Carlo Rubbia, premio Nobel per la Fisica ed ex Presidente dell’ENEA, dichiara: “Il nucleare è un attività che si può fare solo con tempi molto lunghi. Solo in un periodo di 40-50 anni il costo del nucleare diventa positivo. Non è vero che il nucleare ridurrà i costi dell’energia.”

Quindi considerando almeno 10 anni tra iter burocratico, costruzione e messa in sicurezza, tempi che in Italia sarebbero comunque da considerare record, si rischierebbe di arrivare al momento in cui l’Uranio sarà esaurito ancora in perdita o al massimo in pari con le spese.
Un altro problema forse sottovalutato è lo smaltimento delle scorie. Esistono essenzialmente tre tipi di scorie radioattive derivanti dallo sfruttamento dell’Uranio. Le scorie di estrazione sono le prime del processo di lavorazione. I residui dell'estrazione dell'Uranio dalle miniere contengono diversi nuclei radioattivi come i Radio. La raffinazione dell'Uranio dà luogo, ovviamente come ogni processo industriale, a materiali di scarto che possono essere contaminati da questi metalli radioattivi. Le scorie di arricchimento, più conosciute come Uranio Impoverito sono composte da un isotopo debolmente radioattivo che però diventa pericoloso se respirato o ingerito sotto forma di polveri sottili.
Infine le scorie di fissione sono le scorie più pericolose, in quanto contengono isotopi altamente radioattivi e un tempo di dimezzamento piuttosto lungo (anche centinaia o migliaia di anni). Alcuni di questi si possono fissare all'interno del corpo umano, come l’isotopo dello Stronzio o gli isotopi radioattivi dello Iodio. Per questo motivo occorre immagazzinare le scorie di fissione in luoghi sicuri che siano cioè a prova di terremoto o azione terroristica. Le scorie infatti non possono essere né riciclate né smaltite; possono essere solo stoccate per un periodo di tempo pari a circa un’era geologica, tempo utile per completare il decadimento. I costi per il trattamento delle scorie sono quindi altissimi e vi sono pochissimi luoghi sulla terra che si possono considerare sicuri.
Tutto questo non può essere considerato pulito ed economicamente valido.

Ciò nonostante il ministro degli Esteri Franco Frattini dal convegno “Gli scenari dello sviluppo dell’area Adriatico – Balcanica”, organizzato dalla Regione Friuli Venezia Giulia risponde ai giornalisti che chiedevano l’opinione del governo sul nucleare dicendo: “Si, l’Italia è favorevole alle centrali in casa propria e quindi anche in Albania e in Slovenia, e ci sono già stati dei contatti per concretizzare queste ipotesi.” A questo punto sorge spontanea una domanda; qualcuno ha mai chiesto veramente all’Italia un opinione in merito?

Si, fu’ nel 1987 e il popolo, che in Italia dovrebbe essere sovrano grazie al primo articolo della costituzione, rispose chiedendo l’abrogazione della legge che permetteva la costruzione e il mantenimento in attivo di centrali nucleari su suolo italiano.
Considerando che questa fu’ l’ultima risposta dei cittadini sull’argomento è forse un po’ scorretto considerare oggigiorno “l’Italia favorevole alle centrali in casa propria”.

Ora sono d’obbligo un paio di interrogativi: un governo che sta tagliando fondi in qualsiasi campo che possa portare ad una crescita del paese (istruzione, ricerca, ecc) sarà in grado di assicurare la sicurezza degli impianti e dei rifiuti da smaltire? A questo punto è giusto e lungimirante affidare la gestione di centrali nucleari a queste persone?

Tutto questo permette di concludere che il nucleare non può essere “La” risoluzione ai problemi energetici del futuro. Si tratta al massimo di un espediente per temporeggiare, e scegliere tra tutte le possibilità la più costosa e pericolosa; insomma la solita perdita di tempo all’italiana.