Il Sistema del Nemico

Il Giornale Online
di John E.Mack, M.D.
(versione ridotta di quella pubblicata su The Lancet)

“Esiste un corpo d'opinione sostanzioso, influente politicamente e aggressivo, per il quale lo spettro di un grande e spaventoso nemico esterno, che va esorcizzato solo tramite vaste preparazioni militari e atteggiamenti molto belligeranti, è divenuta una necessità politica e psicologica.”
-George F.Kennan, ex-Ambasciatore USA nell'USSR
(1)

“Il nostro nemico è un rozzo e storto megalomane che punta ad ucciderci”
-Tommy White, ex US Air Force Chief of Staff
(2)

La minaccia dell'annientamento nucleare ci ha stimolati a cercare di comprendere cosa nell'umanità abbia portato a tale comportamento autodistruttivo. In questa indagine è centrale l'esplorazione delle relazioni avverse tra gruppi etnici o nazionali. Da queste inimicizie la guerra, inclusa la guerra nucleare, è sempre nata. L'inimicizia tra gruppi di persone deriva dall'interazione di elementi psicologici, economici e culturali. Questi includono paura e ostilità (spesso strettamente legate), competizione per risorse percepite come scarse, (3) la necessità degli individui di identificarsi con un grande gruppo o una causa, (4) una tendenza a non riconoscere e assegnare altrove la responsabilità di impulsi e intenzioni indesiderate e una peculiare suscettibilità alla manipolazione emozionale attuata dai leaders che giocano sulle nostre inclinazioni più selvaggie nel nome della sicurezza nazionale o dell'interesse nazionale. Una piena comprensione del “sistema del nemico” (3) richiede approfondimenti da molte specialità, inclusa la psicologia, l'antropologia, la storia, la scienza politica e le discipline umanistiche.

Nella loro dichiarazione sulla violenza (5) venti scienziati della società e del comportamento, che si sono incontrati a Siviglia, in Spagna, per esaminare le radici della guerra, hanno dichiarato che non c'erano basi scientifiche per ritenere l'uomo un animale aggressivo per natura, portato inevitabilmente alla guerra. La dichiarazione di Siviglia implica che abbiamo vere scelte. Punta anche ad un paradosso di speranza dell'era nucleare: la minaccia della guerra nucleare può aver provocato la nostra capacità di polarizzazione guidata dalla paura, ma allo stesso tempo ha ispirato sforzi senza precedenti verso la cooperazione e la gestione delle differenze senza la violenza.

Il Nemico Vero e quello Creato

I tentativi di esplorare le radici psicologiche dell'inimicizia si sono spesso incontrati con le risposte nelle seguenti righe: “Io posso accettare le spiegazioni psicologiche delle cose, ma il mio nemico è reale. I Russi (o Tedeschi, Arabi, Israeliti, Americani) sono armati, ci minacciano e intendono ferirci. Inoltre, ci sono vere differenze tra noi e i nostri interessi nazionali, come la competizione per il petrolio, la terra o le scarse risorse e conflitti genuini di valori tra le nostre due nazioni. E' essenziale essere forti e mantenere un bilanciamento o una superiorità di potere militare o politico, per timore che l'altro prenda vantaggio sulle nostre debolezze.” Questo argomento non tocca la distinzione tra la minaccia nemica e il proprio contributo a tale minaccia tramite distorsioni nella percezione, parole e azioni provocatorie. In breve, il nemico è reale, ma noi non abbiamo imparato a capire come abbiamo creato quel nemico o come l'immagine minacciosa che abbiamo di esso si leghi alle sue vere intenzioni. “Noi non vediamo mai i motivi del nostro nemico e non valutiamo la sua volontà, con nulla che approcci l'oggettività”.(6)

Gli individui possono aver poco a che fare con la scelta dei nemici nazionali. Molti Americani, per esempio, sanno solo cosa viene riportato dai mass media sull'Unione Sovietica. Siamo largamente inconsapevoli delle forze che operano nelle nostre istituzioni, influenzando il pensiero dei nostri leaders e di noi stessi e che determinano come l'Unione Sovietica verrà a noi rappresentata. Desideri e volontà malate di vendetta verranno trasmessi da una generazione all'altra e non ci viene insegnato a pensare in modo critico su come vengano selezionati per noi i nemici. Nelle relazioni tra potenziali nazioni avversarie ci saranno, inevitabilmente, torti reali che sono terreno per l'inimicizia. Però l'attitudine di una persona verso l'altra è solitamente determinata dai leaders che manipolano le menti dei cittadini per ragioni politiche locali che generalmente sono sconosciute al pubblico. Come ha detto il sociologo Israelita Alouph Haveran, in tempi di conflitti tra nazioni, l'accuratezza storica è la prima vittima. (8)

L'Immagine del Nemico e Come Noi la Sosteniamo

Il veterano Vietnamita William Broyles ha scritto: “La guerra inizia nella mente, con l'idea del nemico.”(9) Però per sostenere questa idea nella guerra e nel tempo di pace, i leaders di una nazione devono mantenere pubblico supporto per le enormi spese necessarie richieste. Studi sull'inimicizia hanno rivelato suscettibilità, anche se non considerate necessariamente come tali dalle elites al governo, che forniscono materiale grezzo dal quale i leaders possono attingere per sostenere l'immagine di un nemico. (7,10) Freud (11) nella sua analisi della psicologia di massa, ha identificato la propensione degli individui ad abbandonare la responsabilità personale ai leaders di grandi gruppi. Questo abbandono avviene sia nelle società totalitarie che in quelle democratiche e senza coercizione. I leaders possono quindi scegliere nemici esterni e agire contro di essi con poca opposizione. Serve ulteriore ricerca per comprendere i meccanismi psicologici che spingono gli individui ad uccidere o permettere l'uccisione in proprio nome, spesso con poca discussione sulla moralità o sulle conseguenze di tali azioni.

Il filosofo e psicologo Sam Keen chiede perchè praticamente in ogni guerra “Il nemico è visto come meno che umano? Non ha faccia. E' un animale”. Keen cerca di rispondere alla propria domanda: “L'immagine del nemico non è solo la più potente arma del soldato; è l'arma più potente della società. Permette alle persone di partecipare in massa in atti di violenza che non avrebbero mai considerato come individui”.(12) I leaders nazionali divengono bravi nel presentare l'avversario con immagini disumanizzate. I mass media, prendendo spunto dalla leadership, contribuiscono fortemente al processo.
L'immagine del nemico come meno che umano, può essere difficile da rimuovere. Per esempio, un insegnante di Boston, ha riportato che durante una lezione alle scuole superiori sull'Unione Sovietica, uno studente ha protestato: “Stai cercando di farcele vedere come persone”. Stephen Cohen e altri esperti Sovietici hanno notato quanto sia difficile cambiare la percezione Americana dell'Unione Sovietica, nonostante la gran quantità di nuova informazione che contraddice i vecchi stereotipi”. Bernard Shaw nella sua prefazione di Heartbreak House, scritto alla fine della Prima Guerra Mondiale, ha osservato ironicamente: “Dire la verità non è compatibile con la difesa del reame”.

Le nazioni vengono solitamente create dalla sconfitta violenta degli ex abitanti di un pezzo di terra o di nemici esterni e i leaders nazionali divengono abili a mantenere l'attenzione del loro popoplo concentrata sulla minaccia di un nemico esterno. (14) I leaders forniscono anche quello che lo psichiatra Vamik Volkan ha chiamato “obiettivi idonei di esternalizzazione” (10) – es: nemici esterni sui quali leaders e cittadini possono scaricare i propri fardelli di sconfitta privata, i propri dolori e la propria umiliazione. (15) Le idee che tutto abbracciano, come le ideologie politiche e i credi religiosi fissati, agiscono come amplificatori psicologici o culturali. Tali ideologie possono abbracciare interi sistemi economici, come socialismo o capitalismo o attingere dalle credenze che implicano che una collettività debba la sua esistenza a qualche potere superiore nell'universo. Non fu Stalin come individuo ad essere incolpato da Nadezhda Mandelstam per l'uccisione politica di suo marito poeta Osip e di milioni di altri cittadini, ma la voglia di una idea onnicomprensiva che spiegherebbe tutto nel mondo e porterebbe l'armonia universale in un colpo”. (16)
Ogni nazione, non importa quanto la sua nascita sia stata sanguinaria e crudele, vede le proprie origini in un'era gloriosa di eroi che hanno sconfitto nemici meno degni. La propria razza, il proprio popolo, paese o sistema politico viene percepito come superiore rispetto a quello dell'avversario, benedetto da un dio meno degno. L'era nucleare ha generato un nuovo tipo di mito. Questo è meglio esemplificato dalla strategic defense initiative degli Stati Uniti. Questa fantasia celestiale offre protezione dall'attacco di testate nucleari, la fede qui non è per un dio, ma per una tecnologia anti-nucleare di laser, satelliti, specchi e così via, nei cieli.

Legami di gruppo individuali e Lezioni dell'Infanzia

Per scoprire la fonte dell'odio o dell'antagonismo abbiamo bisogno di capire la relazione complessa tra la psicologia dell'individuo e il gruppo nazionale. (17) Possiamo iniziare esaminando come l'inimicizia si sviluppi nell'infanzia. Nel primo anno di vita un bambino inizia ad avere senso del sè, (18) che include l'abilità di distinguere tra persone famigliari con cui lui o lei si sente a suo agio e quelle sconosciute e percepite come aliene. L'abilità del piccolo bambino nel distinguere tra amici e stranieri (19) è accompagnata da schemi di pensiero che tendono a dividere le persone e le cose in buono e cattivo, sicuro e insicuro. Da questo pensiero primitivo crescono più tardi le strutture dell'inimicizia. Nel secondo anno il bambino apprende che la cattiva volontà diretta verso quelli da cui lui dipende, è pericolosa per il suo benessere. Egli sviluppa, di conseguenza, meccanismi come lo spostamento e l'esternalizzazione che gli permettono di disconoscere tali impulsi negativi. I nonni e i genitori possono passare ai figli storie sulle azioni cattive dei gruppi nemici designati, in modo che gli spostamenti resistano da una generazione all'altra.

Da disegni e commenti di bambini in Germania, negli Stati Uniti, in America Centrale e Samoa, Hesse ha mostrato che dall'età di cinque anni un bimbo capisce l'idea del nemico, che verrà, lui o lei, dipinto in qualsiasi modo minaccioso per la sua cultura o come mostro, animale selvaggio o uomo cattivo. (20) Per l'età di otto anni un bimbo comprende che “l'idea del nemico” ha a che fare con una relazione non amichevole. Però questa idea solitamente non viene espressa in termini politici fino all'età di 10-12 anni. E' da notare che i bimbi della ricerca di Hesse, inclusi i più grandi, tendono a non vedere il proprio paese come cattivo o responsabile di azioni cattive. Il senso di impotenza del piccolo bimbo è accompagnato da una sensazione di vulnerabilità e consapevolezza di dipendenza dagli altri. La formazione delle relazioni o delle alleanze con altri individui e gruppi, iniziando con i membri della famiglia fino al vicinato, la scuola, il cortile scolastico e i gruppi di adolescenti, è una strategia importante per ottenere senso di potere. Tali alleanze sono il prototipo per future relazioni politiche.

Tutti questi meccanismi primitivi o infantili, forniscono suolo fertile per i leaders politici nei reali conflitti della vita interetnica o internazionale. Gli slogan nazionalisti e la manipolazione dei media, spingono la mente del bambino ( o la mente bambina dell'adulto) sulle persone o i sistemi che lui dovrebbe ipoteticamente odiare o temere (Ebrei, Arabi, capitalisti o comunisti). Il reclutamento patriottico degli Stati Uniti è accompagnato da profitto commerciale, per esempio, giocattoli robotici da guerra progettati per uccidere comunisti. (21) Le straordinarie dimensioni della minaccia nucleare hanno generato anch'esse esempi di pensiero apocalittico, in cui il mondo è diviso in forze di bene e male e la credenza che, nell'evento di un olocausto nucleare, il buono sarebbe salvato e il cattivo perirebbe. In tale pensiero le tendenze primitive e polarizzanti della mente bambina sono evidenti.

Creare un Mondo più Sicuro

La scoperta di Hesse per cui anche il bambino più grande non percepisce la responsabilità del proprio paese negli stati di inimicizia, è in accordo con queglii psicologi e scienziati della società, ovvero non esiste autoconsapevolezza o auto-responsabilità al livello politico che corrisponda alla consapevolezza della personale responsabilità con cui siamo famigliari in campo clinico”. Nella vita politica, l'assegnazione di colpe, il rifiuto della responsabilità e la negazione del contributo del proprio paese alle tensioni e all'inimicizia, sono la norma. (23) Il primo compito, quindi, è applicare gli approfondimenti delle scienze comportamentali per creare una nuova aspettativa di responsabilità politica. Le armi nucleari hanno connesso tutti i popoli della terra. Non solo le superpotenze nucleari, ma anche tutte le persone ora sono interdipendenti e vulnerabili a vicenda. Le nazioni possono avere valori conflittuali, ma non possono permettersi di avere nemici. L'educazione nelle scuole elementari e secondarie che riflettono questa nuova realtà, dovrebbe essere la nostra massima priorità. Invece di incolpare costantemente gli altri, è necessario dare nuova attenzione alla cultura e alla storia dell'avversario, alle sue reali intenzioni così come alle sue speranze, ai suoi sogni e ai suoi valori. Comprendere non è perdonare, ma la consapevolezza e la conoscenza potrebbero portare ad un apprezzamento più realistico di chi ha contribuito e con cosa ai problemi e alle tensioni esistenti nel mondo. Le persone giovani dovrebbero essere istruite nelle proprie case e scuole, sul come identificare e resistere alla propaganda ideologica.

Nell'era nucleare è necessario ridefinire idee obsolete come la sicurezza nazionale o l'interesse nazionale. Dato che non possiamo più permetterci dei nemici, non esiste più tale nozione di sicurezza nazionale. La sicurezza di ognuno dipende dall'altro e la comunicazione di questa realtà deve divenire il punto principale del nostro sistema educativo. Similmente, l'interesse nazionale non può più essere definito unilateralmente, ma esiste in un contesto di mutui interessi e dipendenze. I medici che comprendono le realtà della tecnologia nucleare e ottengono maggior consapevolezza di queste dinamiche psico-politiche, possono giocare una parte vitale nell'educare i propri pazienti e il pubblico in generale sulle necessità di base della sicurezza planetaria nell'era nucleare.

La responsabilità personale politica può iniziare in giovane età. Nancy Condee ha chiesto a Tolya, un ragazzino di nove anni Russo, “Quali soluzioni dovremmo cercare per ridurre le tensioni tra i nostri due paesi?”. Il ragazzo ha risposto: “Direi a Reagan che la cosa che sta costruendo nello spazio causerà una guerra. Gli direi “Costruiscila lentamente! Prenditi il tempo! Non correre!” Se potesse inpiegare un milione di anni nel costruirla, avremmo un milione di anni di pace. Solo dopo, appena sarebbe pronta, avremmo la guerra.”

Riferimenti

1. Kerman GF. The Gorbachev prospect. Review of Perestroika: new thinking for our country and the world by Mikhail Gorbachev. New York: Harper and Row, 1987. In: The New York Review 1988; 34:3 and 6-7.
2. White T. Quoted in Kaplan F. The wizards of armageddon. New York: Simon and Schuster, 1983.
3. Zur O. The psychohistory of warfare: the co-evolution of culture, psyche and enemy. J Peace Res 1987; 24: 125-34.
4. Kelman H. On the sources of attachment to the nation. Presented at panel on patriotism: Meeting of the International Society of Political Psychology, San Francisco, 1987, July 4-7.
5. Seville Statement, Interciencia, 1987; 12: 53-54.
6. Bunting III. Looking for truths from an old enemy. Review of brothers in arms: a journey from war to peace by William Broyles Jr. New York: Knopf, 1986. The Boston Sunday Globe 19863 May 25: B11-B12.
7. Mack JE. Foreword in: Cyprus-war and adaptation: a psychoanalytic history of two ethnic groups in conflict. Volkan Vamik E, Charlottesville: University Press of Virginia. 1979: ix-xxi.
8. Harevan A. Notes and transcript of a conference on psychological impediments to international negotiations, Watergate Hotel, Washington, DC. January 20-26, 1980.
9. Broyles W Jr. Why me?-why them? The New York Times 1986, May 26: 19.
10. Volkan VD. The need to have enemies and allies: a developmental approach. Political Psychol 1985; 6: 219-47.
11. Freud S. Group psychology and the analysis of the ego. Complete psychological works. Vol 18. London: Hogarth, 1955: 67-143.
12. Keen S. Faces of the enemy. Public Broadcasting Service. 1987; May 27.
13. Cohen SF. America’s Russia. Princeton Alumni Weekly 1986; September 30:11-13.
14. Mack JE, National security reconsidered: new perspectives generated by the prospect of a nuclear winter. In: Grinspoon L, ed. The long darkness: psychological and moral perspectives on nuclear winter. New Haven: Yale University Press, 1986: 103-40.
15. Shulman MD. Man bites dogma. New York: Columbia, 1981: 17-20.
16. Mandelstam N. Hope against hope: a memoir. New York: Atheneum, 1983.
17. Mack JE. Nationalism and the self. The Psychohistory Review 1983; 11: 47-69.
18. Stem DN. The interpersonal world of the infant: a view from psychoanalysis and developmental psychology. New York: Basic Books, 1985.
19. Pinderhughes CA. Differential bonding from infancy to international conflict. Psychoanalyt Inquiry 1986; 6: 155-73.
20. Hesse P. Stereotypes mask feelings of fear. Media and Values. 1987; 39 (May): 5-6.
21. Carlsson-Paige N, Levin D. The war play dilemma; balancing needs and values in the early childhood classroom. New York: Teachers College Press, Columbia University, 1987.
22. Mack JE. The challenge of political self-responsibility in the nuclear age. J Humanistic Psychol (in press).
23. Hoffman S. On the political psychology of peace and war: a critique and an agenda. Political Psychol 1986; 7: 1-2 1.

© 1988 John E. Mack, M.D.
Originally published in The Lancet August 13, 1988, pp. 385-387

A longer version of The Enemy System was published in Volkan, Vamik D., Demetrios A. Julius, and Joseph V. Montville, eds. The Psychodynamics of International Relationships. Volume I. Lexington, MA: Lexington Books, 1990, pp. 57-67

John E. Mack, M.D. è stato autore e vincitore di un Premio Pulitzer e professore di psichiatria alla Harvard Medical School.

Fonte: http://johnemackinstitute.org/1988/08/the-enemy-system-short-version/
Tradotto da Richard per Altrogiornale.org
Si ringrazia il John E Mack Institute per la gentile concessione