Intervista a Luca Scantamburlo

M.S.Gorbachev e Giulietto Chiesa durante la conferenza stampa sull’isola di San Servolo. (Italia, Giugno 2006). Foto di L. Scantamburlo.

Luca, come puoi vedere anche leggendo il blog, stiamo vivendo in un periodo in cui quotidianamente nel mondo, avvengono strani fenomeni in cielo. Cosa ne pensi tu, ti chiedo un’opinione personale, sul fenomeno UFO?

L.S. Che siamo diventati un po’ schiavi di questo acronimo inventato diversi decenni fa. In passato Stephen Bassett, negli Stati Uniti, si è espresso in termini analoghi. Tendo ad usarlo poco, infatti. Il vero interrogativo che dobbiamo porci è un altro: fatta una selezione, scremate le segnalazioni, eliminati i casi di fenomeni naturali e sperimentazioni di armi segrete (test di volo, ecc..), che cosa si può dire dei piloti e delle loro intenzioni, se accettiamo l’ipotesi dell’origine extraterrestre?

E quali accordi sarebbero stati presi dai Governi che – eventualmente – avessero avuto l’opportunità d’incontrare segretamente gli equipaggi di questi ordigni volanti? E che cosa mangiano questi esseri? A quali malattie sono soggetti? In che cosa credono, a livello religioso? Quali sistemi politici adottano? Anche loro discutono di libertà, progresso, rispetto per l’individuo e la sua soggettività, oppure vivono in società in cui lo spazio per il singolo e la sua iniziativa è soffocato da un sistema feudale, o totalitario?

Hanno abolito la schiavitù, come abbiamo fatto noi sulla Terra? Viviamo per caso in uno zoo galattico, senza rendercene conto? Altri prima di me hanno sollevato queste questioni, ma noto che la tendenza generale continua a limitarsi ad uno studio statistico (importante nel XX secolo, ma ormai che senso ha?). La mole di dati, testimonianze, analisi, raccolta nei decenni da varie associazioni ufologiche di Brasile, Stati Uniti, Germania, Svizzera, Italia, ecc… è talmente imponente, che mi domando quale senso abbia ancora organizzare convegni sulle foto e sui video.

Se fatto perché è cronaca ha senso, ma se si crede che con una foto od un video si possano avere delle risposte, secondo me si è sulla strada sbagliata. I convegni sono importanti, ma credo che dobbiamo riflettere di più sulle domande che poniamo ai convegni. Sono gli interrogativi che fanno la differenza. Il contesto in cui essi sono posti. Poi, ben vengano foto, video, ma vanno inseriti in un contesto che smuova gli ambienti scientifici, politici, umanistici…

Secondo me, continuando ad usare il termine Ufo, non si riuscirà mai a fare luce sulla questione. Anche perché nell’immaginario collettivo tale termine non ha la stessa valenza che ha per un ricercatore od ufologo: per le persone che ignorano la questione, il suo contesto storico ed il grande lavoro fatto negli anni dagli ufologi, il termine Ufo è un termine che si accompagna al mito. Alla burla, all’inganno, allo svitato. Per altri è una possibilità, remota, di visita dallo Spazio.

Rispetto agli anni’90, quando seguivo l’argomento dalla pagine delle riviste specializzate (e non in Rete), non è che la percezione del fenomeno sia poi così cambiata. E trasmissioni come Voyager della Rai – che indubbiamente realizzano servizi con sempre maggiore attenzione e serietà, verso il fenomeno – sono un passo in avanti, ma colmano solo parzialmente il vuoto del grande interesse e del grande dibattito che si ebbe fra il 1995 ed il 1999. Oggi, purtroppo, non vedo tanta onestà intellettuale e serietà, in giro…

Tornando agli avvistamenti, attualmente il livello tecnologico è tale che diventa sempre più difficile discernere, distinguere un lavoro fatto al computer per elaborare una frode, da un autentico filmato di avvistamento. Il confine fra verità e finzione è diventato troppo labile. Ed anche i nuovi segreti velivoli sperimentali statunitensi o russi, avranno certamente una tecnologia avanti di decenni rispetto allo F117 Nighthawk ed al bombardiere B2 Spirit.

Giudico molto più importante la rivelazione di un ex pilota, un ex astronauta o ex cosmonauta – una testimonianza umana – piuttosto che la diffusione di un video, anche spettacolare, di una presunta nave spaziale o di un disco volante. Siamo visitati, probabilmente da millenni. Anzi, forse da milioni di anni. Probabilmente alcune di queste visite hanno a che fare con le nostre origini, con l’accelerazione impressa agli ominidi.

Questo spiegherebbe l’anello mancante. Del resto, gli esseri umani stessi giocano a fare Dio con l’ingegneria genetica, su specie animali e vegetali alla nostra mercé. Il problema è da chi siamo visitati, e con quali intenzioni. Sicuramente – considerando la vastità dell’Universo, le innumerevoli stelle, e la loro età – siamo stati visitati da equipaggi dalla grande evoluzione non solo tecnologica, ma anche morale e spirituale.

Ed infatti testimonianze d’incontri in tal senso non mancano (Adamski, Siragusa, ecc…). Contemporaneamente, non si possono escludere colonie extraterrestri ed onde migratorie di razze aliene predatorie… Infatti, noi viviamo nel XXI secolo, ma il fenomeno dei pirati – come tutti sanno ascoltando i telegiornali o leggendo i quotidiani– non è scomparso. Anzi. In tal caso, non comprendo cosa ci sia di scandaloso a parlarne.

Del resto, ognuno di noi, prima di aprire la porta ad uno sconosciuto effettua una valutazione, se può. Intercettare intenzioni è una cosa che facciamo quotidianamente e senza accorgercene, attraverso soprattutto il linguaggio non verbale. Dare confidenza e fiducia al prossimo è bello, ma ci vogliono delle garanzie, ci vuole del tempo, per conoscersi. La vita, purtroppo, ci insegna che spesso riponiamo fiducia nelle persone sbagliate. Il tempo, in tal caso, è un maestro.

– Hai avuto difficoltà in questi anni, a divulgare le tue ricerche?

L.S. Più che difficoltà, direi fastidi dall’ambiente esterno. Solo quando – valorizzato da certi personaggi italiani ed esteri che mi hanno dato fiducia previa valutazione della mia persona e capacità – ho cominciato a scrivere con assiduità ed a certi livelli, battendo sempre sullo stesso tasto, e su mia iniziativa: il Pianeta X, Nibiru, e tutto quello che ci gira attorno. Il servizio che ha costituito una svolta è – probabilmente – quello pubblicato su numero 67 (febbraio-marzo 2007) di UFO Notiziario, a mia firma, ed intitolato “Dal caso Guardian alle anomalie nel Sistema Solare: il ritorno del Pianeta X?”

Molto, ma molto scomodo. Coloro che mi conoscono a malapena ed esprimono giudizi fuorvianti su di me, dovrebbero partire da una lettura di quel servizio. Forse si metterebbero una mano sulla coscienza… Altro punto di svolta – a livello mediatico – è stata l’intervista in inglese che concessi al Project Camelot.

Dopo quell’intervista capii che – senza tutele, senza una stabilità economica, e senza aver uno spazio privato lontano da tutti – probabilmente avrei vissuto dei brutti momenti, così come li hanno vissuti loro tornando dalla Norvegia, all’aeroporto Orio al Serio di Bergamo… Scrivevo – e scrivo ancora oggi, anche se con meno frequenza per una sorta di autocensura e freno che mi sono imposto – per piacere personale, per passione, e per comprendere la realtà. Relazionarsi con un pubblico è un’esperienza difficile.

Dà grandi soddisfazioni se fatta con lealtà e professionalità. Ma – inevitabilmente – ti può esporre a venti di tempesta se tocchi argomenti scomodi. Poi, per affrontare certi discorsi a certi livelli, ci vuole tanto tempo e costanza, ed in quel caso è meglio che diventi la propria professione: scrittore o giornalista poco importa, ma bisogna portare due Lire a casa, altrimenti non si ha il tempo e la necessaria attenzione.

Roberto Pinotti e Maurizio Baiata sono dei fortunati, a questo proposito. Se lo sono guadagnati, lo spazio di lavoro e di credito, ma al giorno d’oggi è molto più difficile raggiungere tali posizioni. Viviamo una crisi editoriale senza precedenti, in una crisi di recessione globale. Inoltre, senza una dedizione totale alla causa si commettono errori: ne è un esempio un mio recente intervento-intervista con gli Stati Uniti, in cui ho ricordato male alcune parole e fatti dell’anno 2007.

Se lavorassi a tali questioni da affermato mastino del giornalismo – come per un certo periodo ho sognato di diventare, visto il mio pregresso titolo di giornalista, e le buone premesse – non avrei commesso certi errori. Purtroppo per me – e forse alcuni godranno a sentirmelo dire – mi guadagno da vivere facendo altro, nella vita. Cosa che ho sempre fatto, ma c’è stato un tempo (durato pochi mesi) in cui sono riuscito a dedicare tutto me stesso nel tempo libero, con una forza, un’intuizione, uno spazio ed una caparbietà che non ho più avuto. Grandi sacrifici, anche di studio universitario. Dormivo molto poco per fare tutto ciò. La vita e le scelte personali hanno cambiato le carte in tavola.

– Tra i tuoi studi, ricerche, interviste, non possiamo non menzionare il caso delle missioni Apollo 19 e 20, tenute, segrete dal governo USA. Quali sono i punti focalizzanti, di queste vicende?

L.S. Tenute segrete da USA ed Unione Sovietica, se esse hanno avuto veramente luogo. Non dimenticare l’ex Impero Sovietico, e la sua ossessione per la segretezza. I punti su cui possiamo focalizzare l’attenzione sono pochi, credo: che ci sono almeno due anomalie – documentate da autentiche foto Nasa – entro un raggio di pochi chilometri, sulla faccia nascosta della Luna, vicino alla Piana di Fermi. Una è un oggetto sigariforme, fra i 4 ed i 5 chilometri; l’altra un oggetto triangolare, poco distante. Sono anomalie gigantesche.

Cosa sono è un altro discorso, ma è evidente – visto il contesto in cui sono discusse e le testimonianze da me raccolte – che una o più missioni spaziali coperte hanno avuto luogo nel secolo scorso, per indagarle. Americani e Sovietici insieme, sulla Luna? Perché no, visto che nel 1975 si sono stretti la mano in orbita, in piena Guerra Fredda. Ad ogni modo, rimando le lettrici ed i lettori del tuo blog a tutti i miei servizi ed articoli, usciti sia su UFO Notiziario nell’anno 2007 (nr. 69, 70 e nr. 71), sia sulla rivista X Times (nell’anno 2009, numero 3 e 4).

Per chi non potesse procurarsele, c’è il mio sito Web, www.angelismarriti.it, con i miei servizi in lingua inglese. Io non posseggo la verità: io ho realizzato delle inchieste, delle interviste, cercando di capire, di conoscere, di penetrare questioni scottanti e casi di cronaca. Il giudizio finale resta al lettore.

– Ci sono altre fonti, oltre alle tue ricerche ed interviste, che possano portarci in un certo modo, a capire che quelle missioni si siano svolte e coperte dal segreto?

L.S. Certo: l’iniziativa personale. Fare i propri compiti a casa, come diceva Phil Schneider. La consultazione e la lettura di libri. Il porre certe domande a certi addetti ai lavori, magari con discrezione ed in privato. Senza imbarazzarli. Interrogare addetti ai lavori durante conferenze stampa, congressi, scrivere lettere ai Direttori dei quotidiani, dei telegiornali. Cercare – durante i convegni – un’opinione da parte di ex astronauti o scienziati, ponendo sotto i loro occhi la foto delle anomalie, senza menzionare il caso di William Rutledge.

In quest’ultimo caso si possono raccogliere indizi, sensazioni, spunti per ulteriori ricerche. Basta esaminare la loro reazione, anche non verbale. Si può fare – con rispetto ed educazione – qualunque domanda a chiunque. Anche alla persona più importante. Ma bisogna farla con garbo, anche se con decisione. L’ambiguità e l’understatement pagano fino ad un certo punto.

Con Gorbaciov, ad esempio, sono stato diretto; ho tentato di porgli anche un’altra domanda nel giugno 2006, ma non voleva più ascoltarmi. Però ho avuto il mio spazio, di alcuni minuti. Ho chiesto di essere inserito nella lista di coloro che avrebbero posto gli interrogativi. Mi è stato concesso. Gorbaciov mi ha ascoltato in silenzio, con attenzione. Non si è sottratto. Era una conferenza stampa, ero accreditato, e sono stato trattato con rispetto, senza discriminazioni, e vi sono giunto senza avere raccomandazioni o favoritismi.

– Nella tua intervista a Blogtalkradio, menzioni di un “fascicolo”, redatto dal governo statunitense, riguardante il come comportarsi nel caso in quelle missioni si fosse trovato qualcosa di non convenzionale. Puoi sintetizzarcelo?

L.S. Proprio in occasione di questa intervista – con il gentile Zen Garcia – ho fatto delle affermazioni poco precise sulla testimonianza di William Rutledge, cercando di ricordare fatti e parole dell’anno 2007. Te lo spiego dopo. Veniamo alla tua domanda: il fascicolo a cui ti riferisci in realtà non è un fascicolo, ma uno studio approfondito, un dossier, e non è stato redatto dal Governo statunitense, ma da un ente privato, su commissione della Nasa.

Poi il testo è stato discusso al Congresso degli Stati Uniti, nell’ambito del Committee on Science and Astronautics, alla Camera dei Rappresentanti del Congresso, a cui fu presentato il 18 aprile 1961. Il New York Times ne parlò giovedì 15 dicembre 1960, sulle sue pagine, con un articolo intitolato “Mankind is Warned to Prepare For Discovery of Life in Space”.

Questo studio è conosciuto come Rapporto Brookings, o Brookings Report. Fu redatto dal celebre Brookings Institution di Washington, D.C. Titolo: “Proposed Studies on the Implications of Peaceful Activities for Human Affairs”. Porta la data del novembre 1960. La Nasa era stata creata solo due anni prima, nel 1958. Ne parlai sulle pagine di UFO Notiziario (nr. 70, agosto-settembre 2007).

In tale studio – realizzato nell’ambito della ricerca sociologica ed antropologica – vi sono alcune pagine dedicate alla problematica del contatto, della possibilità del ritrovamento di artefatti alieni nel Sistema Solare, durante l’esplorazione spaziale. Con particolare riferimento alla Luna, a Marte ed a Venere. Ebbene, oltre a ricordare che il passato ci dimostra come il contatto fra civiltà estranee, con diverse idee, stili di vita e livelli tecnologici, è foriero di grandi cambiamenti e spesso porta alla disintegrazione della civiltà diciamo inferiore, lo studio si pone anche degli interrogativi sull’opportunità o meno di rivelare al pubblico tali scoperte.

Testualmente, dice: <<[…] be presented or withheld from the public for what ends?>>. Inoltre, si pone l’attenzione su quale potrebbe essere il ruolo degli scienziati e dei decision makers a proposito della divulgazione di una tale scoperta. Se si ha la pazienza di leggere – soprattutto la pagina 215 – si troveranno le motivazioni del cover-up. Se simili scrupoli erano legittimi decenni fa, oggi credo che il principale ostacolo alla divulgazione sia di ordine economico e religioso (e non mi riferisco alla religione cattolica e cristiana più in generale), più che per timore di scatenare anomia e shock culturale. Nascerebbero nuovi religioni e nuove sette, anche fanatiche. Questo è inevitabile.

Poi, non bisogna dimenticare che rivelare al mondo una simile cosa, comporterebbe una rivoluzione copernicana dalle proporzioni bibliche, inimmaginabili. La vita di tutti, in pochi anni – anche sotto il profilo delle abitudini, della morale e dei costumi – prenderebbe vie inesplorate. Tutte le istituzioni – in primis quelle scientifiche e universitarie – subirebbero un contraccolpo che porterebbe a rivoluzionare consigli, senati accademici, corsi universitari… Un pandemonio. Si può gestire, ma fino ad un certo punto.

Molti – probabilmente – perderebbero credito, ruolo e forse anche la loro cattedra. Per tornare a William Rutledge, nel marzo 2009 a Zen Garcia ho rivelato per la prima volta pubblicamente che io – ed altri due o tre utenti di YouTube – nel 2007 assistemmo ad un filmato in bianco e nero, privo di audio, caricato in una sessione privata di YouTube il 30 maggio 2007, alla quale Rutledge ci consentì di accedere.

Il filmato fu rimosso poco dopo. Rutledge – (alias “retiredafb”) – nei nostri contatti mi autorizzò in seguito a parlarne pubblicamente, ma mi disse che prima di divulgare il filmato avrebbe cancellato i volti degli ingegneri visibili. Il filmato non è mai stato divulgato, fino ad oggi.

Nell’intervista con Zen Garcia dissi che risaliva agli anni’40, ricordando male quanto aveva scritto Rutledge come commento al video. Dissi anche che era stato realizzato al MIT. Un’altra inesattezza. Allora, per riparare a ciò, ti do qualche anticipazione. In futuro scriverò qualcosa in inglese: nel filmato – indubbiamente datato e credo genuino – si vedeva un presunto ingegnere, o tecnico – armeggiare con dei dispositivi elettronici di qualche tipo.

Rutledge spiegò – nel commento al video – che si trattava, in sintesi, di una presunta reverse engineering. Ecco un estratto di cosa scrisse su YouTube << […] use of foreign (alien) technology in the radeon laboratory […] This film was internat to the MIT, and shows reconstruction of a chip, with the 50’s technology.>>

Ricostruzione di un chip, filmata in un laboratorio Radeon, e poi conservata al MIT. Come puoi vedere dal testo in inglese c’è qualche problema sintattico, grammaticale, ma se è vero quanto rivelatomi sui problemi ad usare la tastiera e la lingua inglese, da parte di Rutledge, è coerente con il personaggio. Ne parlerò in futuro. Al di là della sua identità, il filmato lo vidi. Ne era in possesso. Evidentemente la reazione di scetticismo nata in Rete sulla sua storia, deve averlo dissuaso dal diffonderlo. E così, poi, mantenne soltanto la promessa di divulgare i filmati sulla EBE “Mona Lisa”.

Ricordo che è stato divulgata qualche tempo fa, una parte di registrazione mai trasmessa (ufficialmente spiegata nella diretta di allora come una caduta del segnale) , dell’Apollo 11, che qui riporto per conoscenza anche dei nostri lettori:

Apollo 11: “Si sente bene adesso?”

Controllo Missione: “Affermativo! Vi riceviamo, vi riceviamo!”

Apollo 11: “Ah, cos’è quello? Avete una spiegazione?”

Controllo Missione: “Non l’abbiamo! Non vi preoccupate! Continuate con il vostro programma.”

Apollo 11: “Mio Dio! … Incredibile! Questo è fantastico! Non lo potreste mai immaginare!”

Controllo Missione: “Roger! Ok, noi sappiamo di quello … però voi andate nell’altra
direzione! Andate dall`altra parte!”

Apollo 11: “Che diavolo è quello? … è molto spettacolare! Mio Dio! Che cosa è … allora me lo dite cos`è quello?”

Controllo Missione: “Cambiate frequenza … Usate Tango! .. Tango!”

Apollo 11: “… Allora … è una forma di vita quella!”

Controllo Missione: “Roger! Vi stiamo dicendo di cambiare comunicazione! Usate Bravo – Tango, Bravo – Tango … selezionate Jezebel … Jezebel!”

Apollo 11: “Si, ma tutto questo è incredibile!”

Controllo Missione: “Registrate su Bravo – Tango, Bravo – Tango!”

Apollo 11: “Cos’è? Per il Diavolo, cos’è? Non voglio saperne di più! Queste … piccole … cose … sono gigantesche, sono enormi! No, no, questa è addirittura un’allucinazione. No, no, no, questa non è un’illusione ottica! Oh, cielo, non ci crederà nessuno!”

Controllo Missione: “Cosa … cosa succede, dannazione? Come state, ragazzi?”

Apollo 11: “Sono là, sotto l’oriz zonte!”

Controllo Missione: “Cosa c’è? … Disturbi radio … qui è il Controllo Missione che chiama Apollo 11.”

Apollo 11: “Roger, siamo qui, ma abbiamo visto altri … devono essere qui da tempo per osservare le attrezzature.”

Controllo Missione: “Controllo Missione! Ripetete le ultime comunicazioni!”

Apollo 11: “Dico che ci sono altri veicoli spaziali. Sono allineati sull’orlo del cratere!”

Controllo Missione: “Ripetete! Ripetete!”

Apollo 11: “Lasciateci completare questa orbita, poi … a casa! In 625 a 5 … Ho regolato i relè … mi tremano le mani, non posso … filmare! Dio, chissà se queste dannate macchine fotografiche hanno ripreso qualcosa? …”

Controllo Missione: “Avete fotografato qualcosa di interessante?”

Apollo 11: “Non abbiamo pellicole a portata di mano … Disturbi radio … tre colpi dei dischi volanti, o quel che diavolo sono, possono aver rovinato le pellicole.”

Controllo Missione: “Controllo Missione. Qui è il Controllo Missione … siete sulla strada per il ritorno a casa? … Ripeto, siete sulla strada per il ritorno a casa? Cosa sono tutte queste voci sugli U.F.O.?”

Apollo 11: “Si sono posati là … sono sulla Luna … ci stanno osservando.”

Controllo Missione: “Gli specchi, gli specchi, li avete piazzati?”

Apollo 11: “Si, gli specchi sono al loro posto. Ma chi ha costruito simili navi spaziali può andare li domani e strappare via quei dannati specchi … Passo e chiudo.”

– Cosa ne pensi, anche alla luce delle tue ricerche, Luca?

L.S. Sei fuori strada. Quel dialogo – ammesso e non concesso che si rifaccia all’originale audio ascoltato più volte in Rete, ed anche in onda sulle televisioni italiane – è tradotto male e contiene frasi mai pronunciate. E non si parla di forma di vita, ma di luce. Inoltre, nel 1978 usciva un testo sulla falsariga di questo. Dunque, quello che hai riportato tu si rifà sicuramente a tale testo: Alternative 3 di Leslie Watkins, basato sul documentario (un docu-drama) della britannica Anglia Television Film, intitolato Alternative 3.

Scritto da David Ambrose, prodotto da John Rosenberg e diretto da Christopher Miles, andò in onda nel giugno 1977, nell’ambito del programma Science Report. La musica, fra l’altro, è di Brian Eno.

Il libro è stato edito da Sphere Books Limited, nel 1978, a Londra. Un dialogo fra il presunto astronauta Bob Grodin (nome di finzione) ed il Controllo Missione. Può anche darsi che l’audio sia autentico, e riferito chissà a quale missione spaziale. Ma ti chiedo: ti sembra la voce di Aldrin o quella di Neil Armstrong? A me no.

Le fonti sono importanti. Anche io feci ascoltare spesso quell’audio, durante alcune conferenze. Ma la conoscenza è un processo in fieri. Dobbiamo sempre avere il coraggio di mettere in discussione testimonianze e prove. Ad ogni modo, di quell’audio non si è mai discusso abbastanza la fonte. Mi sembra che sia proprio contenuto nel documentario Alternative 3, anche se non ci giurerei.

Ricordo invece perfettamente che proprio da quel documentario proviene il presunto sorvolo di Marte del 1962, da un equipaggio dall’accento angloamericano, e visibile in Rete. Nel documentario è inserito nel contesto della testimonianza del presunto radioastronomo William Ballantine (nome di fantasia), deceduto in un incidente d’auto. Può darsi che il video – nondimeno – sia autentico. E sia stato inserito in tale contesto, di verità e finzione.

– Molti astronauti hanno ammesso di avere visto qualcosa di non terrestre lassù oltre l’esosfera (anche lo stesso Aldrin, poi smentita un po’ goffamente a mio avviso). Eppure le loro dichiarazioni dovrebbe essere presa in seria considerazione; perché questo non accade?

L.S. Viene preso in seria considerazione dalle persone come te, aperte e giovani. Forse tu ti riferisci alle alte sfere, politiche e scientifiche. Può darsi che lo facciano, in privato, ma in pubblico preferiscono non esporsi. Perché? Questa storia – delle presenze ed intelligenze aliene – è dinamite, come spesso dice un noto rivelatore americano. È come il vaso di Pandora. Riguardo ad Aldrin ed all’UFO di cui egli parlò ricordando il viaggio verso la Luna del 1969, non ti deve stupire il fatto che successivamente l’abbia smentito.

Si riferiva alla possibilità che fossero seguiti da un UFO, avendo compreso che lo stadio S-IV B del razzo Saturno V era troppo lontano dalla capsula Apollo per poter essere avvistato e scambiato per un oggetto volante non identificato, ed infatti ne ebbero la conferma via radio dal Controllo Missione a Houston.

Ad ogni modo, Aldrin ne aveva già parlato a metà circa degli anni ’90. Riportò la notizia proprio un numero della storica rivista Notiziario UFO – la cui eredità è stata raccolta dalla nuova UFO Notiziario – di cui all’epoca io ero soltanto un avido lettore, senza sospettare che nei primi anni del nuovo millennio non solo ne avrei scritto delle pagine, ma addirittura sarei arrivato a realizzare reportage ed interviste importanti proprio per essa.

Il cambiare versione – tornando ad Aldrin ed alle sue dichiarazioni rese in un documentario di pochi anni fa – spesso nasce dal fatto che su queste tematiche, a qualcuno certe affermazioni possono dare fastidio. Non escludo che egli abbia avuto caldi inviti a tornare sui suoi passi…Non necessariamente dal Governo americano o dalla Nasa. Ma queste – naturalmente – sono miei supposizioni.

Tuttavia, il fatto che l’ex astronauta Edgar Mitchell – nel luglio 2008 – abbia rilasciato allo show The Night Before della britannica Kerrang Radio delle dichiarazioni importanti sulla sua conoscenza della realtà extraterrestre e del cover-up di tale presenza, rientra probabilmente in un gioco di ampio respiro, un programma a lungo termine.

Non si può escludere che il dr. Mitchell abbia parlato soprattutto perché spinto solo dalla sua coscienza, ma la cosa è improbabile, essendo egli stesso un ex militare soggetto a certi vincoli di segretezza. Più probabile che all’interno del Governo americano – spesso criticato a sproposito – vi sia da tempo qualcuno che consente a tali importanti personaggi di parlare abbastanza liberamente, ma solo quando ricevono un via libera. Poi, magari, sta al singolo decidere quando.

Ovviamente, vi sono anche spiriti liberi – ex insiders governativi o del mondo scientifico – che possono anche agire in totale autonomia. Phil Schneider è stato uno di questi, e molti sanno quali pressioni abbia subito, e quale orrenda fine abbia fatto nel gennaio 1996.

Ora, tornando alla tua domanda, il perché questi astronauti non vengano presi in seria considerazione è da ricercarsi in un altro fattore, da tenere presente: la nostra società occidentale gira attorno a pochi valori e centri di gravità, e fra questi vi è l’intrattenimento: siamo davvero certi che la maggior parte della gente voglia cominciare a perdere il sonno su questioni gigantesche, mettendo da parte per un po’ i reality show, le partite di calcio, i programmi a premi, la propria tranquillità domestica?

I leader politici e scientifici lo sanno, ed è per questo che osano poco… In sintesi, la responsabilità è tutta nostra, non certo a causa della mancanza di credenziali di chi parla della questione extraterrestre: scienziati (pochi), ex piloti, controllori di volo, militari, astronauti, tutte persone qualificate. Poi, naturalmente, una grande responsabilità è da ascrivesi agli istituti universitari, dove si presume si formino teste pensanti… I futuri dirigenti, quadri, insegnanti e tecnici di un Paese.

Forse si formano bravissimi tecnici, ma sono rari i docenti di ateneo che consentono ai propri allievi di pensare e proporre rompendo certi paradigmi dominanti. Ecco perché molti giovani oggi non solo ignorano la portata del fenomeno Ufo, della vita extraterrestre intelligente, dell’esopolitica e delle loro implicazioni: nelle università non se ne parla, e se lo si fa si tratta di rare eccezioni. Senza avere un contesto storico od una conoscenza di base del fenomeno, non si può nemmeno affrontare il discorso.

– Hai avuto ancora contatti con William Rutledge e moonwalkers1966delta dopo che hai portato all’attenzione di tutti, la vicenda?

L.S. La vicenda non l’ho portata all’attenzione di tutti in un dato giorno, ma in una serie di servizi sul Web, sulla carta stampata, ed attraverso interventi radiofonici diluiti nel tempo, nell’arco di mesi. La stessa divulgazione dell’intervista con il dichiarato Comandante dell’Apollo 19, risale al settembre 2008, giusto? Più di un anno dopo l’intervista che mi concesse il presunto Comandante dell’Apollo 20: William Rutledge, alias “retiredafb”.

L’ultimo contatto che ebbi con William Rutledge, attraverso la messaggistica di YouTube, lo ebbi nel luglio 2007, come ho ribadito a Kevin Smith (nell’ottobre 2007) a Zen Garcia (conduttore radiofonico sul Web, dalla Georgia) ed a Stefano Famà e Salvatore Giusa all’inizio di aprile 2007, nel corso del loro show radiofonico Cose dell’Altro Mondo, in onda sulle frequenze di Radio Universal. Fra l’altro, la mia intervista con William Rutledge è stata tradotta in Rete in diverse lingue, spontaneamente…

Quindi è evidente che i contenuti della storia emersi dall’intervista – non soltanto l’impatto della visione dei video e delle loro presentazioni – sono stati giudicati degni d’attenzione da parte del pubblico. Riguardo all’altro utente di YouTube – “moonwalker1966delta” – preferisco non rispondere. Voglio però sottolineare una cosa: l’ultimo video da egli postato, l’incidente all’Apollo 19 nello Spazio – un video accolto da un’indifferenza generale dei cosiddetti esperti e della gente – è la chiara dimostrazione che la gran parte del pubblico sembra non avere il tempo o la necessaria preparazione per leggere presunte prove di operazioni coperte.

Dimestichezza con terminologia astronautica, conoscenza della lingua inglese e della pronuncia americana, e conoscenza degli interni di una capsula LEM o Apollo, sono requisiti indispensabili, tuttavia da soli non bastano. Il contesto storico in cui leggere eventi e prove, è fondamentale per comprendere fatti ed eventi presumibilmente accaduti durante gli anni ’70.

Il contesto fa la differenza. Solo una persona – che ha seguito la mia inchiesta sin dall’estate 2007, leggendo tutto ciò che ho scritto – quando ha visto la presunta prova dell’incidente dell’Apollo 19, è rimasto senza fiato e mi ha scritto subito molto emozionato.

Evidentemente aveva compreso l’importanza di quel video, perché aveva seguito la lunga cronaca della storia da me narrata, ponendosi sì molti interrogativi e dubbi, ma con la mente aperta e riuscendo – fra l’altro – a scoprire poi su un sito russo delle autentiche foto che ritraggono un anziano Leonov mentre firma delle – davvero poco conosciute – foto commemorative della missione Apollo-Soyuz Test Project, che mostrano la stessa modalità d’unione della bandiera americana e sovietica, visibili in uno dei video postati da William Rutledge su YouTube, e poi su revver.com.

– Cosa spinge un giornalista freelance, che non ha nessun interesse lucrativo e nessuna entrata economica certa, a ricercare la verità, e a mio personale modo di vedere trovarla, nonostante le difficoltà che come ci hai espresso prima, hai trovato? Di cosa sei stato testimone Luca?

L.S. Io non sono più ascrivibile alla categoria dei giornalisti. Puoi chiamarmi scrittore freelance, se ti piace, oppure puoi definirmi così in privato, riconoscendomi certe attitudini, propensioni, o per via del mio titolo pregresso, o dire che scrivo ancora come un giornalista, ma dal punto di vista legale non posso definirmi più tale, in quanto nel marzo 2008 ho dato le mie dimissioni dall’elenco dei Pubblicisti dell’Albo dei Giornalisti del Veneto, al quale ero iscritto dall’anno 2006.

Le dimissioni sono state accettate ai primi di aprile 2008. Le motivazioni sono state diverse, molto personali… Fra di esse, ad ogni modo, ha contribuito anche il fatto che in quasi due anni di vani tentativi per approdare ad una qualche collaborazione importante, o ad un qualche contratto, non ho cavato un ragno dal buco.

La maggior parte delle mie collaborazioni, come articolista, mi fruttarono davvero poco, in seguito a malapena sufficienti (od insufficienti, ora non ricordo esattamente) a pagare le tasse dovute all’Albo ed alla gestione separata dell’Inpgi, alla quale si è obbligati ad iscriversi per Legge. La maggior parte dei periodici e dei quotidiani che contattai, mi ignorarono.

E questo nonostante il mio titolo universitario, la mia iscrizione all’Albo dei Giornalisti, e le decine e decine di articoli da me scritti, la maggior parte dei quali in campo culturale (musica, teatro, cinema, eventi culturali vari). E nonostante il mio reportage sulla visita di Gorbaciov a Venezia.

Non solo non ho mai avuto entrate economiche certe nel campo giornalistico (ho sempre svolto altre mansioni per vivere, ed infatti l’iscrizione all’elenco dei Pubblicisti consente di fare anche altro nella vita, a differenza dell’iscrizione all’elenco dei Professionisti, previo esame), ma ad un certo punto i miei scritti, i miei interventi radiofonici con radio nordamericane, i miei convegni, il mio espormi in generale, mi ha comportato tutta una serie di fastidi su cui preferisco, in questa sede, sorvolare.

Ora giro a te la domanda: se scrivere non solo non consente di portare a casa la pagnotta, ma addirittura ti rende la vita complicata, chi te lo fa fare? Soprattutto quando poi le cose scritte e dette vengono travisate, sintetizzate male, lette parzialmente, superficialmente o addirittura strumentalizzate? L’interesse lucrativo, come lo definisci tu, non è mai stato al centro della mia vita, ma è evidente che tutti devono lavorare per vivere, e tutti – dunque – devono guadagnare.

Cerchiamo di non essere ipocriti. Se non si riesce nemmeno a sopravvivere facendo il lavoro che si ama (e quindi a guadagnare quanto basta per condurre una vita dignitosa), tale lavoro non può essere svolto con la necessaria professionalità e dedizione. Dedizione significa anche tempo. Da qui il passo verso un ritiro, è davvero breve. Ed infatti ciò è quello che è successo.

Ora scrivo quando ho voglia e nel tempo libero, senza scadenze, e spesso senza essere retribuito (collaborazioni gratuite). E scrivere un libro ad esempio, nonostante esponga e comporti comunque delle responsabilità non indifferenti, secondo me è un’attività culturale di profilo più basso rispetto ad un articolo, ad un servizio pubblicato su una rivista, ad una serie di convegni o interventi mediatici come un’intervista con una radio estera. Poi, leggere un libro è una cosa che richiede tempo, tranquillità, e riflessione.

Non tutti sono disposti ad intraprendere questa avventura… Un po’ come una foresta che cresce: fa meno rumore di un albero che cade. Soprattutto quando la casa editrice è piccola, sconosciuta, o addirittura estera, come nel mio caso (contattai decine e decine di case editrici italiane, a suo tempo, perché valutassero il mio saggio inedito, ma solo una – laziale – sembrò seriamente interessata, per poi defilarsi in un secondo momento senza darmi tante spiegazioni, ma posso capire il perché; il mio testo non è leggero…).

Se sono stato testimone di qualcosa, mi chiedi, probabilmente riferendoti a fatti spiacevoli? Tutti nella vita sono testimoni di cose che non piacciono. Ti rispondo così: l’integrità morale e la reputazione, e la serenità della vita privata, vanno sempre tutelati, a mio modo di vedere. Da questo, forse, si possono capire – in parte – certe mie scelte.

Comunque, per rispondere alla tua domanda su cosa mi spinge a cercare la verità, ti posso dire che è un quid, un qualcosa che mi accompagna sin dalla mia infanzia. Perché ad otto anni fui attratto dal bestseller The Bermuda Triangle di Charles Berlitz, sul Triangolo delle Bermuda, non lo so nemmeno io.

Fra l’altro uscì nel 1974, quando nacqui io, e fu tradotto ed edito in Italia dalla Sperling & Kupfer un paio d’anni dopo. Lo lessi con un’attenzione che – ripensandoci oggi – era del tutto anomala per un bambino di quell’età. Molti anni dopo – fra l’altro – ci lavorai anche, sulle acque del Triangolo, come assistente cameriere imbarcato su una nave battente bandiera liberiana.

Il fatto poi che anni più tardi sia riuscito ad intervistare Zecharia Sitchin, ed abbia avuto l’intuizione e l’opportunità di interpellare Gorbaciov sulle tematiche a me care, nell’estate 2006 – e vi sia riuscito strappandogli una conferma sulle affermazioni di Reagan in merito alla questione aliena – la dice lunga…
Destino?

– Nel tuo libro “The American Armageddon” (Lulu Enterprise Inc.), tra i vari argomenti trattati, parli anche del gioco di silenzio e mistero che i vari governi (Stati Uniti, Russia ecc.) attuano sull’argomento ufologico.

Anche alla luce dell’interessantissima domanda che tu personalmente hai posto a Michail Gorbaciov, nel quale gli richiedeVi se in qualche modo i due governi di allora (USA, URSS) avessero in qualche modo inquadrato la questione, risposta sua che fu “Regan qualche volta me ne parlò” (correggimi se ricordo male), cosa ne pensi, e cosa c’è davvero sotto tutto questo? Cosa nascondono i governi che sanno? (domanda che molte persone mi hanno chiesto di porti).

L.S. Quel giorno di giugno 2006, all’Isola di San Servolo (Venezia), in realtà a Gorbaciov chiesi cosa pensava delle dichiarazioni di Paul Hellyer (ex ministro della Difesa canadese) risalenti al settembre 2005 (sbagliai il mese, durante la conferenza stampa, dicendo novembre, ma m’ingannai sulla data del servizio di Maurizio Molinari, corrispondente da New York per La Stampa di Torino, il quotidiano che in Italia commentò le esternazioni dell’anziano ex politico canadese, da tempo in pensione).

La frase di cui parli tu, fu un appunto che l’ex premier sovietico mi fece – interrompendomi – mentre facevo un’introduzione ricordando a lui ed alla platea di giornalisti cosa disse Reagan più volte, in merito ad una minaccia aliena esterna. Gorbaciov m’interruppe e disse – nella traduzione dal russo di Giulietto Chiesa: “Fra le altre cose ne ha parlato una volta anche con me”.

Nel reportage che realizzai per UFO Notiziario, uscito sul numero di agosto-settembre 2006, le parole “una volta” non furono riportate, a causa di una mia svista durante la trascrizione. Successivamente, feci un errata corrige che fu pubblicato. Le esatte parole sono invece correttamente riportate a pagina 209 della prima edizione del mio saggio intitolato The American Armageddon, per i tipi di Lulu.com, Lulu Enterprises, Inc., Stati Uniti.

Il capitolo che le commenta è il dodicesimo, dal titolo Minacce dallo spazio profondo? Prova a dare un’occhiata alla pagina che ti ho menzionata, e le troverai. Più che di gioco del silenzio, che è una tua interpretazione, in realtà io faccio intendere che da diverso tempo diversi militari in congedo (e non solo) si stanno aprendo sulla tematica. Quindi se c’è un silenzio, quello che c’è è governativo ma c’è sempre stato, a parte alcune dichiarazioni a titolo personale di politici, scienziati e militari americani e sovietici, in servizio o non più tali.

Diverso è invece il caso dei rivelatori senza nome, più o meno attendibili. Naturalmente, scremando nel mare magnum del panorama degli insiders (molto scivoloso), quelli più attendibili e dalle credenziali verificate, fanno parte di una rete più o meno formale, la quale ha come obiettivo acclimatare l’opinione pubblica sulla visita extraterrestre.

Ne è un esempio la cosiddetta “Old Boys Network” – ma può darsi ne esistano anche altre – di cui parla da anni Robert O. Dean (USA, 1929), l’ex Sergente Maggiore dell’Esercito Americano ed ex analista dell’intelligence della Nato, in servizio allo SHAPE durante gli anni ’60. Da chi è composta o sarebbe composta la “Old Boys Network”? Basta documentarsi, ed andare alla ricerca di alcune affermazioni dello stesso Dean.

Ho scovato qualcosa di molto interessante in un servizio pubblicato da Tucson Weekly – sul numero 16, del periodo 29 giugno – 5 luglio 1995 – ed intitolato “Bob Dean is Flying High”. Gli articolisti – che hanno interpellato l’ex militare – fanno delle affermazioni sulla composizione di tale rete. Essi dicono, riferendosi a Dean:

“He still gets info today from a loosely knit “old-boys network” of astronauts, cosmonauts, admirals, Jesuits and others. (Yes, Jesuits–the Pope knows perfectly well what’s going on.).”

Gli autori del servizio dovrebbero essere Jim Nintzel ed Héctor Acuña. Dunque, nell’estate 1995 Dean avrebbe confidato che anche dei Gesuiti, assieme ad astronauti, cosmonauti, ammiragli ed altri ancora, da anni lo mettono al corrente d’informazioni vitali sulla presenza extraterrestre e sul cover-up. Ed il pontefice – di allora – sarebbe stato al corrente di cosa sta succedendo.

Quindi le conoscenze di Dean non dipendono soltanto dal suo ruolo ricoperto allo SHAPE della Nato, e dalle sue attività pregresse come sottufficiale dell’Esercito a stelle e strisce. Ora ti pongo io una domanda: siccome queste affermazioni su Dean risalgono al 1995, pensi sia soltanto un caso che sin dall’anno 2000 dapprima il Gesuita Padre Funes sulle pagine del Corriere della Sera – Funes, ricordo, è Direttore dal 2006 della Specola Vaticana – e poi anche altri Gesuiti, sempre astronomi – si siano pronunciati pubblicamente sulla possibilità di una vita extraterrestre intelligente?

E come mai proprio un Gesuita – operante a Roma in una struttura della Santa Sede – contattò Cristoforo Barbato a partire dall’anno 2000? Purtroppo, però, taluni invece di ragionare con la propria testa e spendere il proprio tempo leggendo e riflettendo su libri, quotidiani e riviste, preferiscono affidarsi soltanto alla Rete e vedere disinformazione e complotti ovunque, in un relativismo che tutto appiattisce e svilisce, in cui non c’è più spazio per la testimonianza umana.

Internet è un grande strumento di socializzazione (nato grazie agli Americani, dalla militare Arpanet, ma pare che le giovani generazioni lo ignorino, e siano poco grati agli Stati Uniti) ed è straordinario come mezzo per la diffusione della cultura, e per velocizzare contatti e notizie. Per non parlare della possibilità di ascoltare interviste audio e video risalenti anche a diversi anni fa, di consultare cataloghi ed articoli scientifici, e di caricare in Rete video personali.

Ma bisogna usarlo, non farsi usare da esso. Tornando all’attendibilità dei testimoni, per capire se una persona merita attenzione, le sue affermazioni vanno scandagliate e vanno pesate nel tempo… Naturalmente la verità non può essere appannaggio di un singolo, né è umanamente possibile che un singolo detenga la Verità in toto.

Ma da qui ad insinuare dubbi od esprimere perplessità su una persona solo perché è un ex militare statunitense, quando invece l’esame del tempo dimostra che questa persona – un autentico galantuomo – vedeva lontano ed evidentemente diceva il vero sul suo curriculum (messo in discussione), beh, ti dà le dimensioni di quanta poca serietà e malafede esistano nel nostro Paese.

Ma Dean è stato ingiustamente attaccato e calunniato anche e soprattutto negli Stati Uniti, non tanto in Europa. Forse in Italia la sua reputazione è stata a malapena scalfita da certe insinuazioni. Analogo trattamento ha avuto il colonnello Corso. Un altro personaggio su cui si è sparato a zero è Milton William Cooper (1943-2001), detto Bill Cooper, assassinato in un conflitto a fuoco nell’autunno 2001, ad Eager, in Arizona.

Tu sapevi cosa disse Cooper durante una delle puntate del suo show radiofonico, il 28 giugno 2001? Parlò di un imminente attacco, un qualcosa di terribile che sarebbe stato attribuito ad Osama Bin Laden. Ed a fine giugno 2001! Disse quanto segue (la trascrizione dall’audio è mia, augurandomi di non aver commesso errori, e se ne ho commessi me ne scuso):

<< […] a CNN reporter found Osama Bin Laden. took a television camera crew with him, went into Osama Bin Laden house, interviewed him and his top leadership, and he came out and told everybody “Within 3 weeks Osama Bin Laden is going to attack United Stated and Israel”. And I am telling you – be prepared for a major attack. But it will not be Osama Bin Laden. It will be those behind the New World Order who, once again, want to take the guns and the freedom away from the American people because we are the only left in the world who can oppose the destruction of freedom in the world and the implementation of one world totalitarian socialist government, and that is the goal, and whatever is gonna happen […] to blame Osama Bin Laden, don’t you even believe it […] They must do something terrible>>

Milton William (Bill) Cooper
Hour of the Time Broadcast
06-28-2001

parte del suo intervento radiofonico è contenuto nel documentario DVD intitolato

The Hour of Our Time. The Legacy of William Cooper
Ether Film Works
USA

Dunque, alla luce di quello che ti ho detto, la risposta che mi sento di darti è la seguente: non esiste un unico Governo, ma esistono più Governi nei Governi, e Dio solo sa che cosa sanno le élite di potere che gestiscono questioni scottanti, da dietro le quinte, e quali divisioni le attraversino. Un concetto abbastanza simile è stato espresso anche da Richard Hoagland a Bill Ryan e Kerry Cassidy (Project Camelot), durante una loro intervista, parlando della Nasa.

Sono gruppi di potere oscuri, Governi ombra, non eletti democraticamente. Sono oligarchie in seno alle quali – nella mia opinione – alcuni sicuramente si pongono problemi di coscienza, morali, mentre altri sono governati da un cinismo spietato, determinato anche dagli interessi di grandi corporation.

Probabile che alcune fazioni di queste oligarchie di potere – e sottolineo alcune – siano a conoscenza della presenza aliena, e proprio per questo e di quello che hanno saputo, siano responsabili dell’attuale situazione internazionale, che ha avuto una svolta l’11 settembre 2001, con il probabile colpo di Stato che – alla luce delle contraddizioni della versione ufficiale, delle testimonianze passate purtroppo in sordina, dei ragionamenti onesti e razionali, delle diverse analisi chimiche delle polveri del WTC (tracce di combustione da termite, rilevate in analisi indipendenti, negli Stati Uniti ed in Danimarca) – ha avuto luogo all’inizio del nuovo millennio. Un cosiddetto attacco false flag.

Perpetrato da chi? Non ho alcun elemento in mano per pronunciarmi, ma è ovvio che se esso è accaduto, può esserci stata la complicità più o meno diretta di alcuni elementi dell’apparato della Difesa (ed alcuni non significa l’intero apparato), o collegati al Pentagono. Credo tuttavia che non sia improbabile che – anche considerati elementi politici della passata Amministrazione americana che hanno mostrato a tutti il loro volto – chi ha portato a termine il golpe aveva mezzi e tecnologie militari, ma non necessariamente è riconducibile ad una struttura del Pentagono.

Fra l’altro, se davvero l’11 settembre 2001 il Pentagono fosse stato avvicinato da un aereo civile in picchiata od in discesa, privo di transponder militare per il riconoscimento amico-nemico, si sarebbero attivate automaticamente le batterie missilistiche a difesa della struttura. Quella del Pentagono è una no-fly zone. Non mi risulta che un aereo di linea disponga di transponder militare (il cosiddetto IFF, Identification Friend or Foe, come ben argomentato nel film-inchiesta Zero, di cui discuterò a breve) o di codici analoghi per l’identificazione radar di tipo amico-nemico.

Tornando a chi potrebbe esserci dietro, vi sono budget in nero per l’attuazione di progetti coperti che sfuggono alla supervisione del Congresso. Quali strutture esistano, agiscano e sotto il comando di chi, non lo sa nemmeno il Presidente degli Stati Uniti, nonostante sia al vertice delle Forze Armate.

Le storie del senatore e Generale Barry Goldwater, e dei candidati alla presidenza G. Ford, J. Carter e B. Clinton (poi Presidenti) che tentarono lodevolmente – anche se senza successo – di accedere a certe conoscenze o sensibilizzare le autorità sul fenomeno Ufo, ne sono una palese testimonianza. Per questo io non nutrirei tante aspettative nei confronti di Obama in merito ad un possibile disclosure. Anche se Obama – sia per la sua formazione universitaria, intelligenza e relativamente giovane età ancora permeata di grandi sogni – costituisce indubbiamente una rottura rispetto agli ultimi decenni.

La domanda su chi ci sarebbe dietro questo presunto colpo di Stato dell’Undici Settembre dovrebbero porsela i giornalisti professionisti, che si presume tutti ligi alla deontologia ed innamorati della professione. Seri ed audaci come hanno dimostrato di essere Maurizio Blondet e Giulietto Chiesa (di cui non condivido né certe prese di posizione né certe simpatie politiche da loro espresse, ma considero fra i più capaci e coraggiosi oggi in circolazione nel panorama italiano, soprattutto alla luce delle loro inchieste sugli attentati dell’Undici Settembre 2001).

Solo che – per quanto ne sappia – nemmeno Giulietto Chiesa e Maurizio Blondet si spingono così oltre da vedere un interesse archeologico e tecnico-scientifico occulto per l’antica Mesopotamia ed i suoi reperti, lasciatici in eredità dai Sumeri e dagli Assiro-Babilonesi, al punto da creare un casus belli per occupare militarmente l’Iraq.

Se davvero i Sumeri furono istruiti da esseri provenienti da altri mondi, a cui dovevano cieca obbedienza, che cosa celano ancora le sabbie del deserto dell’Iraq? Analoghi interrogativi si possono sollevare in merito alla lunga occupazione del Tibet da parte del Governo cinese. Perché tanto interesse per quelle terre?

Altra domanda scomoda: come mai, ad esempio, una radio cubana – proprio l’11 settembre 2001 – avanzò l’ipotesi che quando accadeva a New York ed al Pentagono fosse il frutto di un golpe? Un vero paradosso, questa notizia, perché la prima voce libera sulla tragedia dell’attacco all’America sembra sia venuta proprio da un regime dittatoriale, quale Cuba è ancora, dove i dissidenti politici vengono spesso imprigionati.

Concludo con alcune riflessioni sulle quali si può essere più o meno d’accordo: il vero nemico non è l’America, per quanto l’Amministrazione Bush abbia commesso errori in malafede, mentendo all’opinione pubblica ed al Congresso degli Stati Uniti. Il vero nemico è chi vuole un’umanità ignorante, disunita ed in perenne conflitto.

Un’umanità indebolita e sotto il giogo del fanatismo, e solo attraverso l’ignoranza e la manipolazione delle emozioni si può arrivare a questo. Mi sembra che l’attuale situazione internazionale sia proprio questa. Malattie, immigrazione selvaggia (non regolamentata), sovrappopolazione, depauperamento delle risorse, crisi finanziaria prima ed economica poi, fanatismo religioso diffuso (soprattutto islamico), pirateria, terrorismo internazionale reale e creato ad arte, cambiamenti climatici sempre più marcati e crisi energetica alle porte… con il Drago cinese in costante ascesa, ed affamato di energia e di benessere.

Un cocktail che giudico pericolosissimo, per un Armageddon non solo americano…

Prendi in considerazione anche quanto detto dalla gola profonda “Victor” sull’anniversario ventennale dell’uscita del documentario con il colloquio con la presunta entità aliena, ospite – si fa per dire – nell’Area 51. Si tratta della seconda intervista video – sempre a volto coperto e con la voce camuffata – da egli rilasciata alcuni mesi fa a Jeff Broadstreet.

Il ventennale dell’uscita della sua prima intervista video con la Rocket Pictures, cade proprio nel 2017. Poco tempo fa il giornalista Maurizio Baiata ha realizzato in proposito un servizio per la sua rivista X Times (nr.4, febbraio 2009, “L’alieno della S4”, pagg. 13-14).

Considera a proposito di questa data (il 2017) anche le affermazioni di Giulietto Chiesa – già europarlamentare e giornalista di lungo corso – fatte al Goethe-Institut di Monaco di Baviera, nel maggio 2008, in occasione della presentazione del film inchiesta dal titolo Zero (presentato al Festival del Cinema di Roma 2007), a cui egli ha contribuito come autore. La Piemme ne ha editato un testo dall’omonimo titolo, venduto in un cofanetto: film da 104′ più il libro di 434 pagine.

Nella tedesca Monaco, G. Chiesa parlò – in sintesi – di una probabile resa dei conti militare fra l’Oriente di Pechino e l’Occidente statunitense: un futuro scontro militare Stati Uniti-Cina, indicando come anno cruciale proprio il 2017. Una coincidenza? Riporto alcune parole di Chiesa, che proprio in quell’incontro di Monaco aveva anche messo in guardia la platea – ed i fatti gli hanno dato la ragione – sulla crisi economica globale che stiamo vivendo da alcuni mesi, diversi mesi prima che il bubbone scoppiasse:

<<[…] Perché ho detto 2017 e perché ho detto la Cina? Perché il terrorismo islamico ci è stato messo davanti agli occhi come ai tori nelle corride spagnole viene messo di fronte il drappo rosso. A noi ci hanno fatto sventolare sotto il naso il drappo verde. Ci hanno terrorizzato con il terrorismo islamico. Ma è quello il vero pericolo? […] Gli Americani in questo momento stanno spendendo un’enorme quantità di denaro […] per la conquista dello spazio cosmico […] armamenti che preparano un conflitto strategico mondiale. E perché la Cina? […] mentre tutto l’Occidente è fermo.

L’America sta entrando in recessione. L’Europa anche, tra poco, fra sei mesi anche noi entreremo in recessione. Se non siamo ciechi, naturalmente. Ma no, ovvio che voi non leggerete queste cose sui giornali economici, perché non ve le dicono. Bene, allora io dico: l’America è già in recessione, e non ce lo dicono […] siamo fermi. Bene, la Cina sta crescendo quest’anno con l’11%, l’11,4 % del prodotto interno lordo. Se la Cina continua a crescere così, ancora cinque anni, 11 x 5 fa cinquantacinque, fra 5 anni, non fra 6 mesi, non fra seicento anni, […] cioè nel 2013, la Cina sarà una volta e mezzo …>>

Dal discorso di Giulietto Chiesa in conferenza a Monaco di Baviera, maggio 2008

Per chi non confidasse nella mia trascrizione, puo’ consultare o arcoiris.tv, oppure uno spezzone della conferenza di Chiesa, caricato su YouTube:

Il terrorismo internazionale è un grave pericolo, ed è reale. Ma il ragionamento di Chiesa sugli ingenti sforzi americani per la supremazia nello Spazio non fanno una grinza. Leggiti anche il suo recente saggio Prima della tempesta. Tuttavia l’economia cinese è una locomotiva che sta anch’essa rallentando, come conferma l’articolo de la Repubblica uscito giovedì 16 aprile 2009, a firma di Elena Polidori ed intitolato “Prezzi Usa in calo, allarme deflazione e l’economia cinese rallenta ancora”.

Un pezzo giornalistico in cui si parla di un Pil cinese che oscilla fra il 6 ed il 6,8 %, ma in probabile calo. Un Pil – a mio giudizio – comunque imponente e che dovrebbe far riflettere. Tornando alle esternazioni di Giulietto Chiesa, non posso ignorare un collegamento che si può fare con il mondo degli insiders: forse egli non conosce il cosiddetto caso ufologico di Carp, nell’Ontario (Canada), in cui fu coinvolto il famigerato rivelatore appellatosi con il nome di “Guardian” (1989-1992).

Ma molti appassionati e ricercatori nel campo dell’ufologia, tale cronaca dovrebbero ricordarla bene. Una storia che conteneva presunti documenti e rivelazioni che – in parte – dipingevano uno scenario di conflitto futuro molto vicino a quello delineato dal giornalista italiano Chiesa. Prima ancora del crollo dell’Unione Sovietica (la storia di Guardian cominciò nel 1989 e si concluse nel 1992, se ricordo bene).

Per non parlare di un antico simbolo mesopotamico impresso su uno dei documenti di appunti realizzati a mano presumibilmente dallo stesso “Guardian”… Semplice coincidenza? Dei contenuti – quelli del controverso caso “Guardian” – che se fossero autentici potrebbero aver spinto qualcuno ad alti livelli (anche di strutture segrete) ad orchestrare l’11 settembre per mettere in moto il complesso militare-industriale statunitense, e dispiegare le forze terrestri e navali americane e Nato verso l’Oriente, ed il tutto occupando uno dei più importanti siti archeologici del mondo:

l’Iraq meridionale. Ovviamente tradendo ed ingannando il popolo americano e la comunità internazionale. Non si possono fare previsioni deterministiche ed io non dispongo di una magica sfera di cristallo, ma credo che ignorare certe rivelazioni non sia saggio, per quanto esse vadano prese cum grano salis.

Fra l’anno 2011 e l’anno 2017 – a mio modo di vedere – si giocheranno molte “partite”, a diversi livelli, tutti interconnessi: economico, geopolitico, d’intelligence e militare. Ma già prima dell’anno 2012 le problematiche ambientali e climatiche più in generale – nel Sistema Solare – potrebbero accentuarsi ulteriormente.

In questo senso il 2012 potrebbe essere un punto di non ritorno. Non a caso, uno scienziato americano di tutto rispetto come Michio Kaku (professore universitario di Fisica) ha parlato ai mass media del picco dell’attività solare del ciclo 24 che si avrà a cavallo fra il 2011 ed il 2012. Tempeste solari fortissime che potrebbero mettere a dura prova non solo il sistema delle telecomunicazioni – e quello satellitare più in generale – ma anche le reti elettriche a terra ed i nostri strumenti elettronici.

Non a caso, sempre il quotidiano la Repubblica in data 16 aprile 2009 ha pubblicato un breve articolo intitolato “Blackout e cellulari in tilt. “Colpa delle tempeste solari”, dall’occhiello “Due satelliti della Nasa trasmettono immagini in 3D di questi tsunami”. Un articolo dove si parla delle sonde spaziali Stereo e del loro prezioso lavoro.

Fra tutte le – chiamiamole così – partite da giocare, quella che credo verosimilmente collegata a tutte le altre sarà quasi certamente il probabile passaggio al perielio (ed al perigeo) del Pianeta X, ufficialmente non riconosciuto dalla moderna astronomia, che lo considera ancora al centro di una questione teorica, speculativa, dai pochi indizi fisici. A parte la voce fuori dal coro di alcuni scienziati, ridotti poi al silenzio da prematura morte o da scelte personali.

Il Pianeta X è l’antico dio-pianeta Nibiru adorato in Mesopotamia? Una risposta chiara – e cosa essa comporterà – sarà soltanto il tempo a darla. E la avremo entro pochi anni.

Luca Scantamburlo come giornalista, corrispondente dall’isola di San Servolo (Venezia) per il magazine italiano Tecnologia&Difesa e UFO Notiziario (Giugno 2006.)

Riproduzione delle foto su gentile concessione dell’Autore