L’intuito è davvero il nostro sesto senso?

L’intuito è davvero il nostro sesto senso?

intuitoVista, olfatto, udito, gusto, tatto: sono i sensi che finora conosciamo e che possiamo sperimentare ogni giorno nelle molteplici situazioni che si presentano, ormai ci sono familiari e sappiamo di non poterne fare a meno.

Ma che cosa dire di un presunto sesto senso, che alcuni negano di avere, molti pretendono di far valere, altri infine spacciano per leggenda? Esiste davvero? E se sì, dove è collocato?

Possiamo averne qualche esperienza come ci capita con gli altri cinque sensi, o è appannaggio di pochi eletti come spesso si pensa? Freud ne Il Disagio della Civiltà riferendosi ai poeti esclama: “E ci sia consentito trarre un sospiro di sollievo vedendo che a singoli uomini è dato ricavare senza una vera fatica, dal vortice dei propri sentimenti, le più profonde intuizioni”, mentre agli altri non resta che muoversi tra mille incertezze e mille ipotesi cercando di raggiungere quelle stesse verità. E se il padre della psicanalisi si fosse sbagliato?

Se di queste intuizioni non fossero depositari solo i poeti, i fisici o i grandi artisti? Oggi ricerche scientifiche sempre più avanzate si moltiplicano cercando di fornire chiarimenti su questo “senso” misterioso, nascosto, che tuttavia qualche volta lancia segnali evidenti della sua presenza, si “rivela” attraverso quelle che chiamiamo intuizioni.

Così si scopre che probabilmente esso ha a che fare con una zona specifica del cervello, il corpo calloso, un fascio di fibre nervose che consente la comunicazione tra i due emisferi: pare che l’intuito abbia origine proprio grazie ad una buona trasmissione di dati e quindi ad un ottimo collegamento tra i due. In altre parole, se la sede del linguaggio e del ragionamento in senso stretto è l’emisfero sinistro e quello destro è il luogo deputato alla nascita delle emozioni, l’intuizione, per accendersi, ha bisogno di un processo neurale che coinvolge entrambi gli emisferi e probabilmente anche alcune zone marginali del nostro cervello.

Le ricerche sul corpo calloso ancora non sono giunte a termine, e se da un lato è accertato che la sua morfologia determina una fondamentale differenza tra i sessi, è anche vero che alcuni ne sono del tutto privi, senza conseguenze allarmanti. Si è dimostrato comunque che nelle donne questa parte del cervello è più grande e più spessa, ragion per cui ora gli uomini possono tranquillamente fidarsi del famoso intuito femminile, anche col beneplacito della scienza.

Ci consola, dunque, sapere che i lampi di genio non comprendono solo l’Eureka di Archimede, la formulazione della teoria della relatività di Einstein, o i capolavori di Van Gogh, perché intuizioni, sia pure più banali e meno universali, capita a tutti di averne, e non si può negare che, sebbene il motivo di una nostra azione ci sia ignoto, spesso l’intuizione che l’ha generata è stata provvidenziale.

L’intuito

Esplorando la mente più in profondità, infatti, psicologi e neuroscienziati stanno portando alla luce prove di percezioni e capacità inconsce più complesse: il nostro cervello, cioè, incamera a nostra insaputa informazioni che al momento opportuno fa emergere in nostro aiuto.

Gary Klein, uno psicologo dell’Ohio che si occupa di counselling per le risorse umane, ha condotto in questi anni moltissimi studi su persone comuni che hanno agito sotto la spinta di un’inspiegabile ispirazione, determinando spesso la salvezza di vite umane, come in alcuni esempi da lui citati di vigili del fuoco, medici o infermieri. Si tratterebbe appunto in questi casi di un’intuizione dettata dall’esperienza, frutto di dati che il cervello capta e tiene, per così dire, in riserva fino al momento in cui ci tornano utili.

Altri studiosi ritengono che questa capacità eccezionale possa essere esercitata e potenziata. Goleman, docente di psicologia ad Harvard, ad esempio, sostiene che la risposta ad un quesito che ci tormenta, di qualsiasi natura esso sia, è già dentro di noi, basta saperla cercare e tirare fuori.

Spesso tali risposte arrivano del tutto inaspettate in sogno o in dormiveglia, o mentre ci stiamo dedicando ad altre occupazioni. Certo ci fa sorridere pensare che con un po’ di allenamento quello che era elementare per Sherlock Holmes lo sarà finalmente anche per Watson, e forse i risultati di queste ricerche sottraggono un po’ di fascino a questa dote così stravagante. Ed è proprio la sua imprevedibilità, il fatto che sfugga ad un inquadramento preciso che assicura la sopravvivenza della mente umana, l’inesauribilità della ricerca, e la possibilità di battere un computer grazie allo scarto di un’intuizione.

Marta Stella De Giovine
arcobaleno.net