La civiltà sotterranea della Death Valley

La civiltà sotterranea della Death Valley

Death ValleyLa Valle della Morte potrebbe celare una città sotterranea descritta nelle leggende dei nativi Paihute. Apparentemente, della città si parlò per la prima volta 68 anni fa nel libro di Bourke Lee “Death Valley Men”.

Il libro narra la storia di due uomini (Bill e Jack) della Death Valley, i quali dicevano di aver scoperto i resti di un’antica civiltà in seguito ad una caduta nel fondo di una vecchia miniera nei pressi di Wingate Pass. Avrebbero seguito la caverna per 20 miglia, trovando mummie conservate in quella che appariva come una città sotterranea. Le mummie indossavano fasce sulle braccia e portavano lance d’oro.

Tra gli oggetti, statue gigantesche, una grande tavola rotonda, lingotti d’oro e gemme preziose; carriole di pietra perfettamente equilibrate ed enormi porte di pietra contrappeso. Scoprirono che la fonte di luce per questa città era un ingegnoso sistema alimentato da gas del sottosuolo.

I due arrivarono alla conclusione che l’antica città (come la Death Valley) era probabilmente sott’acqua secoli fa e questo avrebbe potuto spiegare le strutture ad arco simili a banchine per l’attracco di navi.

Nel libro, Lee dice che i due esploratori recuperarono una parte dei tesori e provarono a venderli a scienziati associati allo Smithsonian Institute, ma i manufatti furono rubati, Bill e Jack non riuscirono a localizzare mai più le caverne e Lee non seppe più nulla di loro. Nel 1946, il dottor Bruce Russell affermò di aver scoperto un simile insediamento sotterraneo nella Valle della Morte nel 1931, l’anno prima che venisse pubblicato il testo di Lee. Disse di avervi trovato delle mummie alte due metri e mezzo e descrisse manufatti di disegno egiziano e nativo americano.

collab_3Russell e un gruppo di investigatori formarono una impresa chiamata “Amazing Explorations, Inc.”, per trarre guadagno dagli oggetti ancora custoditi nelle caverne, ma anche per loro risultò impossibile individuarne l’entrata. L’automobile di Russell fu ritrovata guasta e abbandonata qualche tempo dopo nella Valle della Morte. Nell’abitacolo c’era la sua valigia, ma Russel era scomparso e di lui si perse ogni traccia per sempre. Ci sono dei resti di un’antica civiltà o una Atlantide sotto la Death Valley? A meno che moderni esploratori si imbattano nuovamente nelle caverne, non lo sapremo mai.

Il computer di 2000 anni fa

Gli antichi Greci potrebbero aver inventato la prima macchina calcolatrice della civiltà. Un meccanismo simile all’orologio che sarebbe stato in grado di calcolare il moto delle stelle e dei pianeti. Alcuni tuffatori al largo dell’isola di Antikythera lo trovarono a bordo di un relitto nel 1901 e da allora è rimasto al Museo Greco Nazionale di Atene. Nel 1959, Scientific American lo definì “l’oggetto scientifico più complesso che si sia conservato dall’antichità”.

Il meccanismo è alloggiato in una scatola con quadranti all’esterno ed un complesso insieme di ingranaggi e rondelle, che ricorda un orologio del diciottesimo secolo.

Su tutta la superficie disponibile della scatola ci sono delle lunghe iscrizioni che sembrano descrivere le operazioni dell’apparecchio. Dice Scientific American: “Stando a ciò che sappiamo della tecnologia dell’era ellenica avremmo ipotizzato che questo apparecchio non esistesse”. Gli scienziati che lo hanno esaminato affermano che non si tratta di uno strumento di navigazione, ma che fosse in grado di calcolare il moto annuale del Sole, della Luna, delle costellazioni e dei pianeti conosciuti all’epoca (Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno).

Funzionava come un moderno computer analogico che usava parti meccaniche per risparmiare noiosi calcoli. I Greci potevano quindi calcolare anche le eclissi lunari basate su un ciclo lunare di 223 mesi.

L’apparecchio era datato 82 a.C. e le iscrizioni indicano che fu usato per due anni. Dopo di che, fu portato a bordo della nave e si perse in mare.

Pablo Ayo

strangedays.it