La favola della sezione aurea


di Pirazzi Lorenzo

Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze.
Il mistero del mondo è il visibile, non l’invisibile.

Oscar Wilde

Spesso accade che le suggestioni di massa e le illusioni ci trascinino nei loro vortici, iniettando in noi la voglia di conoscere, di spingerci oltre la linea dell’ignoto e di sfidare fenomeni che crediamo giganti rispetto a noi. La tanto reiterata quanto involontaria presenza in natura e nelle opere umane di proporzioni, dimensioni e rapporti riconducibili al valore approssimato di 1,618 ed altri strettamente connessi ad esso, ha fatto in modo che in quasi tremila anni l’uomo abbia maturato l’ennesima illusione, la più precisa. Essa prende il nome di “sezione aurea”, nonostante la storia della matematica l’abbia conosciuta sotto diverse identità e sembianze. La prima di queste fu la definizione di “sezione”, che riguardava, però, tutto il pentagono regolare simbolo della scuola pitagorica, che conteneva il segmento aureo. I dati certi riguardo all’evoluzione della sezione ci portano al 1498, quando Fra Luca Pacioli pubblica il “De Divina Proportione”, una summa delle conoscenze a lui anteriori, che raccoglieva le teorie sparse sull’ampio e scoordinato planisfero dello scibile matematico.

Fu proprio “divina proportione” la definizione che egli scelse per il rapporto aureo, ritenendo, da ecclesiastico quale era, che solo la mano dell’Altissimo avesse potuto forgiare una simile meraviglia. L’Ottocento che aveva aperto le proprie porte all’illuministica rivalutazione delle scienze, seppe corredare del dovuto sentimento di vago, indefinito e misterioso anche la divina proportione, costruendo su di essa leggende dal sapore squisitamente romantico, esaltazioni della rivalutazione dei classici come modello di spontaneità. Solo nel cuore del secolo si fece ritorno a studi di carattere puramente matematico e scientifico, che culminarono con l’aggiunta dell’aggettivo “aurea” al sostantivo “sezione”: il primo a farne uso fu Martin Ohm, matematico, fratello del celebre Georg Simon, fisico che ha dato il nome all’unità di misura della resistenza elettrica.
Matematicamente, la sezione aurea di un segmento è quella parte del segmento stesso che è media proporzionale tra l'intero segmento e la parte restante. La dimostrazione di ciò è molto semplice: preso un segmento si conduca la perpendicolare ad nel punto B e si prenda su di esso un segmento =, poi con centro in O si descriva la circonferenza di raggio ; , essendo perpendicolare al raggio nel punto di contatto B, è tangente alla circonferenza così ottenuta. Si unisca quindi A con O e si chiamino C e D le intersezioni della retta passante per A ed O con la circonferenza; si porti infine su il segmento =. Verificando la proporzione :=:, si dimostra che sia la sezione aurea del segmento . Infatti, per il teorema della tangente e della secante uscenti da uno stesso punto, si ha :=:, dalla cui scomposizione si ottiene ():=():. Siccome ==, si ha anche === e ==. Perciò, la proporzione sopra dedotta diventa :=:, da cui, invertendo, :=:. Pertanto, è la sezione aurea di .

L’equazione c^2 = c + 1 racchiude tutti i significati della celeberrima sezione: le radici di tale equazione, infatti, sono i numeri 1,6180339887… e -0,6180339887…, indicati, in origine, con le lettere greche F e f, poi divenute genericamente j , ad indicare normalmente il primo dei due numeri. Se consideriamo nell’ordine le potenze di j , ognuna di esse è la somma delle due precedenti ed i coefficienti di j compongono la serie di Fibonacci come parti intere delle potenze. Infatti: j ^2 = j +1 j ^3 = 2j +1 j ^4 = 3j +2 j ^5 = 5j +3 j ^6 = 8j +5 j ^7 = 13j +8.

Dedotta questa relazione con la successione enunciata da Fibonacci, si è scoperto come la sezione aurea fosse intimamente legata a tale serie numerica. Nel 1553 il matematico scozzese Simson scoprì che il rapporto tra numeri consecutivi della serie tende progressivamente a j , raggiungendo la precisione di quattro cifre decimali dal tredicesimo numero in poi. Anche le “spirali auree”, altrimenti dette “spirali di Fibonacci”, sono strettamente legate alla serie di Fibonacci e ciò si desume facilmente osservandone la costruzione: partendo da un quadrato di dimensioni qualsiasi di lato n, costruiamo su uno dei suoi lati un altro quadrato, arrivando ad avere una rettangolo 2n x n. Sul lato più lungo di questo rettangolo costruiamo un altro quadrato, che avrà lato pari a 2n. A questo punto avremo un rettangolo di dimensioni 3n x 2n. Ripetendo questo processo, continueremo nella costruzione della spirale aurea. Osservando la figura ottenuta, noteremo che i lati dei quadrati che sono venuti man mano a formarsi saranno rispettivamente 1n, 1n, 2n, 3n, 5n, 8n, 13n… Avranno dunque come coefficienti i numeri della serie di Fibonacci. Risulterà anche evidente come la costruzione si possa ora ottenere semplicemente puntando sull’angolo di ogni quadrato un compasso che congiunga i due angoli opposti diagonalmente. Altre definizioni matematiche della sezione aurea, non legate alla serie di Fibonacci, sono quella legata a semplici radicali in successione all’infinito: e quella di “più semplice delle frazioni continue”, ovvero .
Esiste anche una relazione tra i numeri di Fibonacci e i coefficienti binomiali scoperta da Lucas:

Catalan dimostrò un’altra relazione tra numeri della serie e coefficienti binomiali:

Il fatto che il matematico statunitense Mark Barr abbia indicato la sezione aurea con la lettera greca “phi”, suo attuale simbolo convenzionale, ci introduce uno dei primi riscontri tangibili dell’onnipresenza di questo rapporto: “phi” sarebbe stata scelta poiché lo scultore greco Phidias (Fidia) ne ha fatto grande uso, ad esempio nel celeberrimo tempio ateniese del Partenone. Oggi ci si interroga su quanto la sezione aurea fosse ricercata per i suoi riscontri matematici nell’antichità e la risposta ci viene da Erodoto, che anticipò le considerazioni degli “aureofobici” dei secoli a venire riguardo alla Grande Piramide: gli architetti del faraone egizio Cheope, infatti, avevano riprodotto rapporti aurei assolutamente precisi per una casualità di progettazione, legata al fatto, a parere di Erodoto e di altri architetti del tempo, che i rapporti legati alla sezione fossero esteticamente i migliori per l’occhio umano. Il celebre algebrista inglese Herbert Westren Turnbull, nella prima metà del secolo scorso, ha avvalorato la tesi di Erodoto relativamente alla casualità matematica, riportando studi molto precisi al riguardo. In merito alla sezione aurea come dilettevole proporzione alla vista umana, il filosofo tedesco Adolf Zeising ha pubblicato svariate opere, tra le quali spicca “Der Goldene Schnitt”, un trattato nel quale sostiene che essa sia il fondamento per comprendere tutta la morfologia, l’arte, l’architettura e la musica.

Pochi anni più tardi, lo psicologo tedesco Gustav Fechner, affascinato dal fatto che un semplice rapporto matematico potesse catalizzare l’attenzione inconscia della mente umana, compì numerosi studi per avvalorare la teoria di Zeising e per spiegarla. Egli, però, dedicò invano gli ultimi lustri della propria vita a tali studi, poiché dovette ammettere il fallimento della teoria dopo decine di insuccessi empirici, che gli fecero perdere definitivamente la fiducia anche nelle certezze matematiche. In realtà, infatti, si presume che la sezione aurea fosse stata introdotta nelle discipline artistiche e studiata dal punto di vista matematico solamente perché aveva attirato l’attenzione di alcuni artisti o matematici. Forse i primi a smascherare il volto matematico di j furono gli allievi di Pitagora o di Euclide, o, ancor prima, gli architetti dei faraoni egizi. Con quasi totale certezza, fu proprio Euclide, nel VI libro degli Elementi il primo teorizzatore matematico della sezione, nonostante essa fosse già nota a livello quantomeno esoterico agli Egizi. La tesi di Zeising, dunque, va capovolta nella sua lettura: non è tramite j che possiamo apprendere morfologia, arte, architettura e musica, ma studiando esse possiamo comprendere la sezione aurea ed il suo uso.

Un altro dettaglio che ha impegnato le menti di scienziati naturalisti per secoli è la straordinaria ricorrenza, con precisione quasi divina, di j in natura: i petali del fiore di geranio, ad esempio, sono distribuiti ed uniti tra loro a formare un perfetto pentagono regolare, la figura geometrica madre della sezione pitagorica. Anche le foglie della robinia contengono la sezione aurea, essendo distanziate sui rami da spazi che hanno tra loro la proporzione di j , come anche le rose nella disposizione dei petali e le mele in quella dei semi. La sapienza matematica della natura si traduce poi in diverse specie di margherite e girasoli, che presentano petali in numero aureo e stami e corolle che si succedono secondo gli schemi di spirali auree. Le stesse spirali ritornano nelle curve di accrescimento di pigne ed ananas, oltre che nel più elevato esempio di sezione aurea tradotta in natura: la conchiglia del nautilus. Questo grosso mollusco dei mari tropicali, considerato un fossile vivente essendo la sua specie antichissima, possiede una conchiglia che ha la sezione come una perfetta spirale aurea giacente su uno stesso piano (poiché ovviamente la conchiglia va riportata alla bidimensionalità per potervi identificare tale peculiarità), il che significa che tale involucro mantiene sempre la medesima forma durante il suo accrescimento.

Anche su più ampia scala la sezione aurea in ogni sua manifestazione fa da padrona, come nel caso di alcune galassie, nelle quali le traiettorie delle stelle attratte verso i centri gravitazionali disegnano limpidamente spirali auree; anche i bracci a spirale della Via Lattea e di altre galassie seguono ordinamenti matematici aurei. Nella prima metà del secolo scorso, numerosi matematici ed astronomi si sono dedicati allo studio dei fenomeni matematici che ricorrono nello spazio, arrivando a parlare perfino di galassie a spirale. Incuriositi dalla matematicità delle incalzanti scoperte astronomiche, anche alcuni filosofi del XVI e XVII secolo si occuparono della divina proporzione, ricercandone spiegazioni e significati filosofici. Tra essi si distinsero Bruno, che la definì “Harmonia della natura”, e Böhme, che la definì “Mysterium magnum”. Negli ultimi anni è emerso come anche il Sistema Solare mostri caratteri riconducibili alla serie di Fibonacci: i pianeti interni presentano uno schema di distanze che vede, con una certa approssimazione, Mercurio 1, Venere 2, Terra 3, Marte 5; i pianeti gioviani, invece, disterebbero allo stesso modo rispetto a Giove: Saturno 1, Urano 2, Nettuno 3, Plutone 5.

Tra il 1950 ed il 1959 lo scienziato americano Frank Lonc, affascinato dalle tesi di Zeising, volle ricercare il rapporto aureo anche nelle misure del corpo umano, riuscendo a concludere che il rapporto tra l’altezza di un essere umano e la distanza da terra del suo ombelico è riconducibile con approssimazione di almeno tre cifre decimali a j . Inoltre, studi successivi attestarono che anche la distanza dalla mano al gomito, mantenendo le dita tese, moltiplicata per j dà come risultato la lunghezza totale del braccio. La distanza dal ginocchio all’anca, moltiplicata per il numero d’oro, è pari alla lunghezza della gamba, dall’anca al malleolo. Anche nella mano i rapporti tra le falangi di medio ed anulare sono aurei ed anche il volto umano risulta scomponibile in una griglia i cui rettangolo hanno i lati in rapporto aureo.

Lo stesso Lonc, negli anni seguenti, quando la fama di p stava nuovamente riscotendo grande successo, riuscì a rettificare il valore di questo altro numero magico della matematica, calcolandolo proprio sulla base di j , elevandolo alla seconda potenza, moltiplicando per 6 il risultato e dividendo per 5. Il risultato ottenuto era particolarmente vicino a p, con una piccola differenza dal quarto decimale in poi. Dopo aver studiato a fondo la presenza della sezione aurea in natura, l’uomo ha cercato di riprodurla, originando applicazioni estremamente eterogenee ed originali, a cominciare da Fidia, fino ai più elevati studi nostri contemporanei. Lo scultore greco fu il primo a servirsi della divina proporzione, inserendola nel Partenone, relativamente alla pianta e ad alcuni particolari, come le cariatidi, con proporzioni fisiche auree, così come quelle dell’Eretteo, altro tempio presso l’Acropoli ateniese. Anche Platone si è occupato di sezione aurea, facendone cenno nel Timeo come una proporzione divina. Agli esempi, spesso forzosi, dei grandi templi greci come anche quello di Nettuno a Paestum, va aggiunto il teatro di Epidauro, perfettamente aureo, visto che non sono più le misure di arbitrari rettangoli sovratracciati a renderlo tale, ma i numeri di gradini e file di essi nei vari settori della costruzione. Nei secoli immediatamente successivi, il numero d’oro non ebbe grande successo, nonostante nell’Arco di Costantino a Roma sia presente un eccezionale schema costruttivo aureo.

Nello stesso periodo, in campo letterario, Virgilio diede all’“Eneide” una struttura che alcuni critici ritengono aurea. Anche l’arte gotica presenta dei cenni di rapporti aurei, come ad esempio l’enigmatico Castel del Monte, in Puglia, il cui portale segue minuziosamente il pentagono regolare con la stella inscritta. Il prepotente ritorno sulla scena della sezione aurea si ebbe durante il Rinascimento, quando Luca Pacioli pubblicò la sua opera, dando un eccezionale impulso allo studio delle proporzioni auree, soprattutto in campo artistico: Leonardo da Vinci, dopo aver eseguito i bozzetti illustrativi del “De Divina Proportione”, rimase particolarmente colpito da quel magico rapporto e lo tradusse in arte nel volto di Monna Lisa e nel corpo mutilato di San Girolamo. Molti sostengono, probabilmente suggestionati dall’opera analoga di Salvador Dalì, che anche l’Ultima cena di Leonardo contenga tracce di proporzioni auree, nonostante riguardo a ciò permangano seri dubbi. Lo stesso Leonardo fa convergere nell’Uomo Vitruviano i canoni della perfezione anatomica umana enunciati da Vitruvio nel “De Architectura”, che, secondo alcuni, conterrebbero dei riferimenti a j .

Tra i pittori dello stesso periodo, Bernardino Luini e Piero della Francesca fanno uso del numero d’oro, così come Sandro Botticelli, la cui Venere vanta il rapporto tra statura ed altezza dell’ombelico perfettamente aureo. Anche Palazzo Pitti testimonia diverse proporzioni auree, così come Palazzo Rucellai ed il Tempio Malatestiano in Rimini, disegnati da Leon Battista Alberti, grande cultore del numero d’oro. Altro esempio Fiorentino di architettura aurea è la Cappella dei Pazzi, mentre alla Galleria degli Uffizi è possibile ammirare Poliedri Stellati di Paolo Uccello, opera che testimonia come lo studio dei rapporti aurei all’interno di figure solide si stesse notevolmente sviluppando insieme allo studio dei poliedri stellati, di cui fu protagonista Keplero. Sulla base dei solidi aurei e delle loro proprietà, Salvador Dalì, eccezionale utilizzatore di sezione aurea, completò lo sfondo della sua celeberrima Ultima Cena e si ispirò per innumerevoli particolari di altre opere. Nel frattempo la Cattedrale di Notre Dame a Parigi era stata costruita su di una pianta aurea e tramite straordinari intrecci matematici. Anche Stradivari aveva scoperto il rapporto aureo, rendendolo peculiarità dei suoi famosi violini.

L’arte continuò a giocare con il raffinato estetismo della divina proporzione, con Seurat e con Van Gogh, il quale volle dedicarsi ad un’opera di chiara ispirazione matematica, Natura morta: vaso con cinque girasoli. Tra gli artisti che fecero uso della divina proporzione, vanno ricordati anche Mondrian, che dipinse New York City I, e Carrà, che studiò a fondo il rapporto tra oggetti e spazio, passando tramite proporzioni auree dai manichini ai solidi geometrici, per finire al paesaggio. Anche la musica di diversi grandi compositori ha notevoli basi auree, spesso ricercate dagli artisti stessi, come nel caso della Primavera di Stravinsky, delle fughe di Bach e di diverse opere di Debussy, Ravel, Bartok e Schubert. Mozart, amante e profondo conoscitore della matematica, inserì tracce di sezione aurea in alcune opere. Beethoven, nelle “33 variazioni sopra un valzer di Diabelli” suddivise la sua composizione in parti corrispondenti ai numeri della serie di Fibonacci, il cui rapporto corrisponde al numero d'oro. La moderna riscoperta della sezione aurea si riflette principalmente nell’architettura, a cominciare dalla Casa del fascio di Giuseppe Terragni a Como, che oltre ad essere aurea in pianta e nei principali caratteri architettonici, è aurea anche negli arredamenti interni.

Un altro eclatante esempio si rapporto aureo è il Palazzo di vetro, sede dell’ONU a New York. Il numero d’oro e la serie di Fibonacci trovano riscontro anche nella cinematografia, in particolare nel film “La Corazzata Potëmkin”, di Sergej Ejzenštein, le cui scene sono divise in sezione aurea a partire dalla lunghezza della celluloide sulla quale sono incise. La letteratura di fine ‘800 ed inizio ‘900 ha apprezzato particolarmente l’armonicità del rapporto aureo, concretizzandolo in “Le serpent qui danse” di Baudelaire, in “Sogni di Terre Lontane” di Gabriele d’Annunzio (in cui si alternano gruppi di 5 e 8 versi) ed in “Nostalgia” di Umberto Saba (composta da due gruppi di 8 e 5 versi). Il Ventesimo Secolo ha determinato una ramificazione capillare su tutto lo scibile umano della sezione aurea e dei rapporti ad essa riconducibili, affermandosi anche nella più blanda quotidianità: la forma totale delle barrette di cioccolato Kit Kat, ad esempio, è un rettangolo, così come le carte di credito Visa e Mastercard. Il secolo scorso, inoltre, grazie alle nuove tecnologie, ha portato a compiere studi sempre più complessi in merito al numero d’oro, tra cui il più preciso calcolo del valore di j effettuato dall’americano David Johnson con il calcolatore Transac S-2000: egli ha calcolato ben 2878 cifre decimali del numero d’oro, notando che tra le prime 500 ricorre l’insolita sequenza 177111777.

A partire dal 1927, Ralph Nelson Elliott, ingegnere americano, si dedicò allo studio degli andamenti dei mercati mobiliari dal 1850 in poi, formulando, sulla base della serie di Fibonacci un possibile schema di andamento aureo degli indici borsistici. Tale teoria trova ancora oggi svariati riscontri tangibili in borsa ed avrebbe potuto essere praticamente generalizzabile se Elliott avesse basato le variazioni dei valori non solo sulle reazioni umane agli eventi politici, ma sugli eventi stessi. Un complesso studio relativo ai videogiochi ha fatto emergere la bizzarra teoria secondo la quale un videogioco sarebbe tanto più longevo quanto più il rapporto tra il suo coefficiente di ludicità e quello di sviluppo tecnico (entrambi assegnati tramite canoni ben definiti) si avvicina a j . Una recente ricerca anatomica ha invece rivelato la strutturazione a nautilus dell’organo di Corti (coclea) nell’apparato uditivo umano: da ciò si è dedotto che, come la selezione dei suoni nel nostro orecchio avviene secondo canoni aurei, anche la progettazione di alcuni strumenti musicali e canne d’organo, che si basa sulla nostra anatomia, segue gli stessi principi. Su questa base ha trovato conferma l’ipotesi di proporzioni auree nei violini di Stradivari, rivelandone un’inattesa complessità non solo geometrica ma anche matematica.

Anche i megaliti di Stonehenge, secondo gli attuali sostenitori del numero d’oro come unità del mondo, sarebbero espressioni di divina proporzione: i due cerchi di pietre azzurre e sarsen sarebbero tra loro in rapporto molto vicino a j . Allo stesso modo, alcuni cartografi, probabilmente studiosi di sezione aurea, ritengono voluta la presenza di un rettangolo aureo unito ad un segmento aureo nella superficie della Centuriazione Cesenate romana. Uno studioso inglese nostro contemporaneo ha osservato che il seno dell’angolo di 666°, numero comunemente associato al maligno, è uguale a – 0,8090169, che è esattamente la metà del negativo di j , altrimenti detto “antiphi”: considerando il numero d’oro come espressione di una proporzione divina, la matematica confermerebbe la valenza diabolica di questo numero.

La smania di conoscenze relative a quello che Luca Pacioli ed Albrecht Dürer hanno definito “l’elemento proporzionale analogico tra la figura umana e la natura soggettiva” è ancora oggi molto forte e gli studi che ne conseguono portano ogni giorno a nuove scoperte, ultima delle quali, risalente ad alcuni mesi fa, quella relativa alla presenza di j nei quasi-cristalli, strani materiali individuati nell’ultimo ventennio dall’ingegnere israeliano Dany Schectman. Sicuramente l’utopia del numero d’oro come unità naturale del mondo non avrà mai riscontro matematico, ma è altrettanto certo che l’evoluzione lunga miliardi di anni, di cui la natura è stata protagonista, ha portato allo sviluppo in più ambiti di alcune costanti (come j e p), che rivelano come la matematica sia l’unica via che conduce alla perfezione.

Fonte: http://thepiraz.interfree.it/favola/la%20favola%20della%20sezione%20aurea.htm