La memoria dell’acqua

memoria dell'acquaLa vita e le opere di Jacques Benveniste ci forniscono preziosi insegnamenti su come affrontare la scienza anomala, dice Philip Ball.

Jacques Benveniste, che ha dato al mondo la memoria dell’acqua, è morto a Parigi il 3 Ottobre.

Sarà certamente ricordato per l’espressione che le sue opere hanno ispirato, che è diventata il titolo di una commedia e di una canzone rock, come pure un’immagine del parlare quotidiano.

Ma la sua controversa carriera ha anche messo in evidenza la complessa questione di come affrontare gli aspetti marginali della scienza, una problematica in cui la stessa Nature è rimasta strettamente invischiata.

In Francia, Benveniste era una celebrità, e non è difficile capire perché. Era un uomo di spettacolo carismatico che sapeva come brandire un fioretto retorico. Il suo parlare di caccia alle streghe, clero scientifico, eresie e ‘persecuzioni in stile Galileo’ ben si adattavano a coloro che hanno l’inclinazione a considerare la scienza come un’arrogante Inquisizione dei tempi moderni. Ha rievocato immagini di un’ortodossia conservatrice, i cui accoliti erano scandalizzati da una scoperta innovativa che demoliva le loro dogmatiche certezze. Era, ha asserito, un Newton che sfida un gretto cartesianesimo meccanicista.

Andando indietro al 1988, comunque, Benveniste era parte integrante dell’establishment. Era il direttore senior dell’Unità 200 dell’organizzazione medica francese INSERM, in Clamart, che studiava l’immunologia delle allergie e delle infiammazioni. Tale era quando inviò il suo famoso articolo a Nature1. In tale articolo, riportava che alcuni dei globuli bianchi del sangue chiamati basofili, che controllano la reazione del corpo agli allergeni, possono essere attivati in modo da produrre una risposta immunologica a soluzioni di anticorpi che sono stati diluiti così tanto da non contenere affatto nessuna di queste biomolecole.

Risultato incredibile
Era come se le molecole d’acqua in qualche modo mantenessero una memoria degli anticorpi con cui erano venute a contatto in precedenza, cosicché rimaneva un effetto biologico quando gli anticorpi non erano più presenti. Ciò, sembrava, validava le affermazioni riguardanti le altamente diluite medicine omeopatiche.

Dopo un lungo procedimento di revisione, in cui i referees insistevano nel voler vedere l’evidenza che l’effetto potesse essere replicato in altri tre laboratori indipendenti, Nature pubblicò l’articolo. L’editore, John Maddox, vi pose come prefazione un commento editoriale intitolato ‘Quando credere all’incredibile’, che ammetteva: “Non c’è un’oggettiva spiegazione di queste osservazioni”.

Naturalmente, l’articolo fece sensazione. “L’Omeopatia trova un supporto scientifico”, affermò Newsweek. Ma nessuno, incluso Benveniste, pose particolare attenzione alla critica questione di come un tale effetto ‘memoria’ potesse essere prodotto. L’articolo stesso offriva soltanto l’indizio, dal valore intrinseco abbastanza insensato, che “L’acqua potrebbe agire come uno ‘stampo’ per le molecole [degli anticorpi], per esempio grazie ad una rete infinita di ponti-idrogeno, oppure grazie a campi elettrici e magnetici”.

L’idea che le molecole di acqua, collegate da legami a idrogeno che durano soltanto circa un picosecondo (10-12 secondi) prima di rompersi e riformarsi, potessero in qualche modo aggregarsi in durevoli imitazioni di anticorpi sembrava assurdo. Altri gruppi furono di conseguenza incapaci di replicare l’effetto, ed i risultati indipendenti che i “referees