La trasparenza nelle sperimentazioni cliniche: il caso Tamiflu

Il Giornale Online
di Cristiano Alicino -saluteinternazionale.info
(medico in formazione specialistica in Igiene e Medicina Preventiva, Università di Genova)
-12 dicembre 2012-

Nel corso degli ultimi decenni non ci siamo limitati a tollerare un sistema in cui l’industria del farmaco occulta dati, inganna i medici e danneggia i pazienti, ma abbiamo completamente delegato a essa la ricerca in ambito farmacologico.

“I risultati di tutti gli studi clinici condotti sui farmaci devono essere messi a disposizione della comunità scientifica per una valutazione indipendente”. Si tratta dell’appello lanciato nelle scorse settimane da Fiona Godlee, capo redattore del British Medical Journal (BMJ), dalle pagine dell’autorevole rivista scientifica britannica[1].

Il caso del Tamiflu

A finire sotto i riflettori della campagna, intrapresa dal BMJ, per rendere completamente pubblici i dati delle sperimentazioni cliniche condotte su farmaci e vaccini è Oseltamivir (nome commerciale Tamiflu, Roche), un farmaco antivirale utilizzato per la prevenzione e il trattemento dell’influenza. L’intricata storia di questo farmaco si intreccia con la controversa vicenda della pandemia influenzale del 2009: numerosi governi, in previsione di un evento di questo tipo, avevano accumulato ingenti scorte di Oseltamivir. I soli Stati Uniti avevano acquistato confezioni di questo antivirale per circa 1 miliardo e mezzo di dollari. Queste misure erano adottate in pieno accordo con il piano pandemico dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che ritiene Oseltamivir “intervento farmacologico chiave per la prevenzione dell’influenza nelle fasi precoci di un evento pandemico, quando non è ancora disponibile il vaccino”[2] e con il piano pandemico del Department of Health and Human Services (HHS) statunitense che dichiara il farmaco “efficace nel diminuire il rischio di polmonite, dimezzare le ospedalizzazioni e ridurre la mortalità per influenza”[3].

L’efficacia di Oseltamivir sembrava essere ulteriormente confermata da una revisione sistematica della letteratura condotta nel 2005 da un qualificato gruppo di ricercatori indipendenti, guidato da Tom Jefferson, afferenti alla Cochrane Collaboration(a). I ricercatori giungevano alla conclusione che il farmaco fosse in grado di ridurre la durata dell’influenza di circa un giorno, limitarne la trasmissione, e diminuire la probabilità di complicanze quali le infezioni del tratto respiratorio inferiore[4,5]. Tuttavia, a luglio 2009, il governo britannico commissionava, a Jefferson e colleghi, una nuova revisione sistematica su Oseltamivir allo scopo di aggiornare le valutazioni sull’efficacia del farmaco[6].

A pochi giorni da questa richiesta, un pediatra giapponese inviava alla Cochrane Collaboration un commento relativo alle conclusioni della precedente revisione. “Sostenete che Oseltamivir prevenga importanti complicanze dell’influenza quali le polmoniti” scrive Hayashi. “Le vostre valutazioni si basano, però, su un’altra revisione della letteratura [7], e non su una vostra analisi dei dati”[6]. La revisione citata dal pediatra era, a sua volta, una meta-analisi di 10 studi clinici finanziati dalla stessa industria farmaceutica che produceva il farmaco. Eppure, anche a cercarli, erano stati pubblicati su riviste scientifiche peer-reviewed i risultati di due soli trial clinici (b).

Il dubbio sollevato dal pediatra giapponese, infatti, è che i dati non pubblicati fossero determinanti per la dimostrazione dell’efficacia di Oseltamivir e, pertanto, chiedeva alla Cochrane Collaboration di esaminare rigorosamente i risultati degli 8 studi mancanti. Ad alimentare ulteriormente le perplessità del pediatra contribuivano i conflitti d’interesse dichiarati dagli autori della meta-analisi. Quattro erano dipendenti della Roche, uno era un suo consulente (pagato); solo un autore sembrava non avere legami finanziari con l’azienda[6]. Tom Jefferson, spinto dalle osservazioni del pediatra giapponese e dovendo effettuare una nuova revisione per il governo inglese, nei primi giorni di settembre del 2009 prova a richiedere a Roche i dati grezzi dei 10 trial clinici condotti su Oseltamivir.

I suoi tentativi sono, però, destinati al fallimento. Roche dapprima pretende, senza successo, che il ricercatore firmi un accordo di confidenzialità che rende impossibile sia la completa pubblicazione dei dati sia rivelare l’esistenza stessa di tale accordo. Successivamente l’azienda comunica che non può fornire i dati richiesti perché già trasmessi ad un altro gruppo di ricercatori per una valutazione analoga a quella della Cochrane. Poi, Roche invia a Jefferson alcuni estratti dalle relazioni finali di tutti gli studi clinici condotti sull’antivirale. Il gruppo di ricercatori analizza i dati, ma arriva alla conclusione che sono insufficienti a verificare l’efficacia di Oseltamivir nel prevenire le complicanze dell’influenza. Roche promette, quindi, di fornire ulteriori informazioni nella settimana successiva. Tuttavia, il termine per la presentazione della revisione richiesta dal governo inglese è ormai scaduto[6].

Nei primi giorni di dicembre del 2009, sul BMJ vedono la luce i risultati della meta-analisi effettuata da Jefferson e colleghi. Queste le conclusioni a cui giungono gli autori: “La scarsità di dati di buona qualità ha intaccato le precedenti conclusioni sull’efficacia di Oseltamivir nel prevenire le complicanze dell’influenza. Sono necessari studi randomizzati e indipendenti per dirimere l’attuale situazione d’incertezza”[8]. Immediatamente dopo la pubblicazione dei risultati della meta-analisi, Roche ha reso pubblici parte dei dati mancanti sul proprio sito internet, promettendo, entro breve tempo, di rendere completamente disponibili le relazioni conclusive dei 10 studi clinici condotti su Oseltamivir. Roche ha, però, precisato che “le relazioni conclusive di tutti gli studi inclusi nella meta-analisi di Kaiser erano già state consegnate alle autorità regolatorie, fra cui la Food and Drug Administration (FDA) statunitense e l’European Medicine Agency (EMA), per la loro revisione (prima della commercializzazione del farmaco)”[9].
I due enti regolatori, dopo aver visionato queste relazioni, sono però giunti a conclusioni differenti. FDA non ritiene il farmaco in grado di ridurre le complicanze dell’influenza, come ambiziosamente affermato dal Centers for Disease Control and Prevention (CDC), né di prevenire la trasmissione dell’influenza; assunto che, invece, rappresenta il fulcro della profilassi di massa proposta nel piano pandemico dell’OMS che, nel marzo 2011, ha addirittura inserito Oseltamivir nella lista dei farmaci essenziali[10]. Al contrario, l’EMA ha riconosciuto la capacità del farmaco di prevenire le complicanze dell’influenza a carico delle vie aree inferiori[10]. Jefferson ha provato, nei mesi scorsi, a chiedere delucidazioni a OMS e CDC circa le loro raccomandazioni all’utilizzo di Tamiflu – a fronte dell’assenza di solide prove sulla sua efficacia – ottenendo risposte fumose e spesso contradditorie(c) [10].

Nel 2010, il gruppo di ricercatori della Cochrane Collaboration ha cominciato un nuovo lavoro di revisione sull’efficacia e la sicurezza di Tamiflu basato unicamente sui dati grezzi ottenuti negli studi clinici. Questa volta Jefferson e colleghi sono riusciti ad ottenere, attraverso cinque diverse richieste effettuate all’industria produttrice, decine di migliaia di pagine tratte dalle relazioni conclusive degli studi clinici condotti su Oseltamivir.“Quanto ottenuto da Roche” – hanno precisato i ricercatori – “per quanto ampio e dettagliato, è solo una piccolissima parte dei dati ancora in loro possesso”[10]. I risultati della nuova meta-analisi sono stati recentemente pubblicati dalla Cochrane Collaboration[11]. Ancora una volta gli autori si sono dichiarati “impossibilitati a trarre conclusioni sull’efficacia di Oseltamivir nel prevenire la trasmissione e le complicanze dell’influenza. Per chiarire definitivamente queste questioni sarebbero necessari i resoconti completi di tutti gli studi clinici, contenenti il protocollo dello studio e i dati dei singoli pazienti” [11]. Tuttavia, a distanza di 3 anni dalla promessa di Roche di rendere pubblici i dati nascosti di Oseltamivir, oltre il 60% dei dati grezzi ottenuti negli studi clinici sponsorizzati dall’azienda rimane segreto[1,11].

La vicenda del Tamiflu, per quanto emblematica, è tutt’altro che isolata

La storia di altri farmaci è segnata dall’occultamento dei risultati d’importanti sperimentazioni cliniche. Basti citare il recente caso dell’antidiabetico orale Rosiglitazone (nome commerciale: Avadia, GlaxoSmithKline) la cui controversa efficacia e l’aumento del rischio cardiovascolare sono stati accuratamente nascosti dall’industria produttrice. Tom Jefferson, commentando la storia del Tamiflu, ha dichiarato: “per decenni l’industria farmaceutica e gli enti regolatori hanno indisturbatamente operato secondo l’accordo – talvolta rafforzato da leggi, altre volte con un tacito patto – che i dati fossero confidenziali e dovessero essere considerati alla stregua di un segreto commerciale. Da alcuni anni stiamo realizzando che le disastrose conseguenze di questo tipo di politica sarebbero state evitabili se i risultati di tutte le sperimentazioni cliniche fossero stati routinariamente disponibili per una valutazione indipendente” [12].

E allora perché questo non avviene?

Perché l’industria farmaceutica è autorizzata ad auto-valutare i propri prodotti e a tenere segreta una gran parte (spesso sconosciuta) dei risultati ottenuti? Perché a queste aziende viene concesso di decidere chi e con quali scopi può avere accesso a questi dati?[1] Perché gli enti regolatori che approvano la commercializzazione dei farmaci, gli organismi che ne raccomandano l’utilizzo, i governi che ne dispongono l’acquisto non pretendono, prima di assumere qualsiasi decisione, la disponibilità di tutti i risultati ottenuti nelle fasi di sperimentazione clinica?

La risposta a questi interrogativi impone necessariamente una riflessione circa i complessi rapporti che attualmente intercorrono fra l’industria del farmaco, i decisori politici, le autorità regolatorie, l’intera comunità scientifica e sull’incapacità, ormai strutturale, di far prevalere il diritto alla salute sulle prepotenti regole del “mercato”. Anche le soluzioni individuate dai protagonisti del “caso” Oseltamivir per rendere pubblici i risultati della sperimentazione clinica, quali il rafforzamento e la centralizzazione delle procedure di registrazione delle sperimentazioni cliniche e la pubblicazione, sul sito internet degli enti regolatori, dei dati dei singoli pazienti inclusi nelle sperimentazioni cliniche, opportunamente anonimizzati, per consentire un’analisi indipendente dei risultati[6], per quanto condivisibili, rischiano di non essere sufficienti a risolvere il problema. L’occultamento dei dati delle sperimentazioni cliniche è, infatti, l’epifenomeno di una situazione ben più grave e radicata.

Nel corso degli ultimi decenni non ci siamo limitati a tollerare un sistema in cui “l’industria del farmaco occulta dati, inganna i medici e danneggia i pazienti”[13], ma abbiamo completamente delegato a essa la ricerca in ambito farmacologico, lasciando non solo che fosse “proprietaria” dei risultati e ne potesse disporre in totale libertà, ma che si appropriasse delle priorità della ricerca e dei suoi metodi. Abbiamo assistito all’indebolimento degli enti regolatori la cui opera di controllo è prevalentemente pagata con i soldi di coloro che dovrebbero essere controllati. Molte carriere accademiche sono state costruite su un’organizzazione della ricerca e dell’università largamente basata sui fondi dell’industria privata:

il ricercatore contribuisce in maniera sempre più limitata alla definizione degli obiettivi della ricerca, dei metodi con cui sarà condotta, non ne analizza i dati ottenuti perché non ne è il proprietario, e, tuttavia, ne diffonde i risultati, attraverso una o più pubblicazioni scientifiche, come premio della sua totale complicità con tale sistema. Il ricercatore, che in questo contesto si è costruito una carriera solida e autorevole, è chiamato negli organismi nazionali e sovranazionali a decidere i contenuti di linee-guide, raccomandazioni, politiche di salute. I governi assistono impotentemente al consolidarsi di queste prassi o, addirittura, le favoriscono esplicitamente con politiche di riduzione dei fondi pubblici alla ricerca e leggi costruite a beneficio delle grandi multinazionali del farmaco piuttosto che a tutela della collettività.

In assenza di una riflessione più profonda sulle priorità e le modalità con cui la ricerca viene condotta, particolarmente in ambito biomedico, e senza l’onesta ammissione che molta di questa ricerca persegue obiettivi aziendali di mercato, spesso convergenti con obiettivi accademici di carriera, piuttosto che rappresentare uno spazio permanente di risposta a bisogni di salute inevasi, qualsiasi strategia per rendere più trasparenti i risultati della ricerca sarà vana perché vanificata da una logica, quella del profitto, che non ammette regole.

Cristiano Alicino, medico in formazione specialistica in Igiene e Medicina Preventiva, Università di Genova

Bibliografia

1.Godlee F. Clinical trial data for all drugs in current use. BMJ 2012;345:e7304.
2.World Health Organization. WHO interim protocol: rapid operations to contain the initial emergence of pandemic influenza. 2007. [PDF: 293 Kb] 3.The White House. National Strategy for Pandemic Influenza: Implementation Plan
4.Jefferson TO, Demicheli V, Di Pietrantonj C, Jones M, Rivetti D. Neuraminidase inhibitors for preventing and treating influenza in healthy adults. Cochrane Database Syst Rev 2006;3:CD001265.
5.Jefferson T, Demicheli V, Rivetti D, Jones M, Di Pietrantonj C, Rivetti A. Antivirals for influenza in healthy adults: systematic review. Lancet 2006;367:303-13.
6.Doshi P. Neuraminidase inhibitors–the story behind the Cochrane review. BMJ 2009;339:b5164.
7.Kaiser L, Wat C, Mills T, Mahoney P, Ward P, Hayden F. Impact of oseltamivir treatment on influenza-related lower respiratory tract complications and hospitalizations. Arch Intern Med 2003;163:1667-72.
8.Jefferson T, Jones M, Doshi P, Del Mar C. Neuraminidase inhibitors for preventing and treating influenza in healthy adults: systematic review and meta-analysis. BMJ 2009;339:b5106.
9.Smith J, on behalf of Roche. Point-by-point response from Roche to BMJ questions. BMJ 2009;339:b5374.
10.Doshi P, Jefferson T, Del Mar C. The imperative to share clinical study reports: recommendations from the Tamiflu experience. PLoS Med 2012;9:e1001201.
11.Jefferson T, Jones MA, Doshi P, Del Mar CB, Heneghan CJ, Hama R, Thompson MJ. Neuraminidase inhibitors for preventing and treating influenza in healthy adults and children. Cochrane Database of Systematic Reviews 2012, Issue 1.
12.Payne D. Tamiflu: the battle for secret drug data. BMJ 2012;345:e7303.
13.Goldacre B. Bad Pharma. Fourth Estate, 2012.

Nota

a. La Cochrane Collaboration è un’iniziativa internazionale no-profit nata con lo scopo di raccogliere, valutare criticamente e diffondere le informazioni relative all’efficacia e alla sicurezza degli interventi sanitari.

b. Nell’ambito della ricerca scientifica la valutazione tra pari, revisione dei pari, o revisione paritaria (meglio nota con il termine inglese di “peer review“) indica la procedura di selezione degli articoli o dei progetti di ricerca proposti da membri della comunità scientifica, effettuata attraverso una valutazione esperta eseguita da specialisti del settore per verificarne l’idoneità alla pubblicazione scientifica su riviste specializzate o, nel caso di progetti, al finanziamento degli stessi.

c .La corrispondenza completa fra Tom Jefferson e OMS e CDC su Oseltamivir è disponibile sul sito del BMJ: tamiflu

Fonte: http://www.saluteinternazionale.info/2012/12/la-trasparenza-nelle-sperimentazioni-cliniche-il-caso-tamiflu/
Vedi: http://alltrialsitalia.blogspot.it/