La Via Lattea è più grande

La Via Lattea è più grande
Via Lattea
Impressione artistica della forma ondulata della Via Lattea.

La Via Lattea potrebbe essere almeno il 50% più grande di quanto stimato fino ad ora. Lo ipotizzano scoperte recenti che rivelano una forma del disco galattico sagomata in diverse increspature concentriche.

La Via Lattea potrebbe essere almeno il 50% più grande di quanto stimato fino ad ora. Lo ipotizzano scoperte recenti che rivelano una forma del disco galattico sagomata in diverse increspature concentriche. La ricerca, condotta da un team internazionale guidato da Heidi Jo Newberg, professoressa presso il Rensselaer Polytechnic Institute, è basata sulla rivisitazione dei dati della Sloan Digital Sky Survey, che nel 2002 ha stabilito la presenza di un anello di stelle al di là della porzione di spazio che sapevamo occupato Via Lattea. «In sostanza, quello che abbiamo trovato è che il disco della Via Lattea non è solo un disco di stelle lungo una superficie piana: è ondulato», ha detto Heidi Newberg, professoressa di fisica, fisica applicata e astronomia presso la Rensselaer School of Science.

«Vediamo almeno quattro increspature nel disco della Via Lattea, e sebbene questi dati ci mostrino solo una parte della galassia, assumiamo che questo andamento si possa applicare a tutto il disco».

È importante sottolineare che i risultati mostrano che le forme precedentemente identificate come anelli fanno in realtà parte del disco galattico, estendendo l’ampiezza della Via Lattea da 100.000 anni luce a 150.000 anni luce, ha detto Yan Xu, scienziato presso il Osservatorio Astronomico Nazionale Cinese (che fa parte della Accademia Cinese delle Scienze di Pechino), ex scienziato in visita a Rensselaer, e autore principale dello studio.

«Addentrandosi nella ricerca, gli astronomi avevano osservato che il numero di stelle della Via Lattea diminuisce rapidamente circa 50.000 anni luce dal centro della galassia, e poi era apparso un anello di stelle a circa 60.000 anni luce dal nucleo galattico», ha detto Xu . «Quello che osserviamo ora è che questo anello è in realtà un’ondulazione interna al disco. E può anche darsi che ci siano più onde, che non abbiamo ancora visto, a distanze maggiori».

La ricerca, finanziata in parte dalla National Science Foundation (NSF) e dal titolo “Rings and Radial Waves in the Disk of the Milky Way” (letteralmente “Anelli e Onde radiali nel disco della Via Lattea”), è stato pubblicato oggi sulla rivista Astrophysical Journal. Newberg, Xu e i suoi collaboratori hanno utilizzato dati dalla Sloan Digital Sky Survey (SDSS) per mostrare un’asimmetria oscillante nei conteggi di stelle di sequenza principale lungo tutto il piano galattico, partendo dal Sole e guardando verso l’esterno dal centro galattico. In altre parole, quando si guarda verso l’esterno della Galassia rispetto al Sole, il piano galattico è perturbato verso l’alto, poi verso il basso, poi nuovamente verso l’alto e verso il basso.

“Estendere la nostra conoscenza della struttura della Via Lattea è di fondamentale importanza”, ha detto Glen Langston, program manager presso la NSF. “La NSF è orgogliosa di sostenere questo sforzo per mappare la forma della nostra Galassia estendendo le nostre conoscenze precedenti”.

La nuova ricerca si basa su una scoperta del 2002 con la quale Newberg ha stabilito l’esistenza del “Monoceros Ring”, una sovradensità di stelle ai bordi esterni della Via Lattea che si estende oltre il piano galattico. A quel tempo, Newberg notò la presenza di un’altra densità eccessiva di stelle, tra il Monoceros Ring e il Sole, ma non era in grado di indagare ulteriormente. Con la mole maggiore di dati disponibili dalla SDSS, i ricercatori hanno indagato nuovamente su questo mistero.

«Volevo capire che cosa fosse l’altra sovradensità», ha detto Newberg. «Queste stelle erano state considerate appartenenti al disco, ma non corrispondono alla distribuzione di densità ci si aspetta per stelle del disco, così ho pensato che potesse trattarsi di un altro anello, o di una galassia nana estremamente distorta».

Quando i ricercatori hanno analizzato nuovamente i dati, hanno trovato quattro anomalie: una a nord del piano galattico a 2 kilo-parsec (kpc) dal Sole, una a sud del piano a 4-6 kpc, una terzo a nord a 8-10 kpc , e una quarta a sud, a 12-16 kpc dal Sole. Il Monoceros Ring è associato alla terza increspatura. I ricercatori hanno inoltre scoperto che le oscillazioni sembrano allinearsi con le posizioni dei bracci a spirale della galassia. Newberg ha detto che i risultati confermano altre ricerche recenti, tra cui una teoria che mostra come una galassia nana o un addensamento di materia oscura passando attraverso la Via Lattea potrebbero produrre un effetto di increspatura simile a quelli osservati. Di fatto, le increspature potrebbero essere studiate per stimare gli addensamenti di materia oscura nella nostra galassia.

«È molto simile a quello che accadrebbe gettando un sasso nell’acqua: le onde si irradiano dal punto di impatto», ha detto Newberg. «Se una galassia nana passa attraverso il disco, attira gravitazionalmente il disco mentre entra, e lo trascina con sé mentre ci passa attraverso. Questo crea un movimento ondulatorio che si propaga verso l’esterno. Se questo risultato si osserva alla luce delle ricerche emerse negli ultimi due o tre anni, si inizia a vedere il quadro che si sta formando». La ricerca è stata finanziata dalla NSF, così come la National Science Foundation cinese e il National Basic Research Program della Cina.

Newberg attualmente studia la struttura e l’evoluzione della nostra galassia, utilizzando stelle come traccianti del disco e dell’alone galattico. Queste stelle vengono a loro volta utilizzate per tracciare la distribuzione di densità della materia oscura nella Via Lattea. Ha partecipato attivamente alla Sloan Digital Sky Survey, ed è attualmente a capo della partecipazione statunitense al Large Sky Area Multi-Object Fiber Spectroscopic Telescope in Cina (LAMOST), una partnership che ci permette agli astronomi americani di prendere parte a una survey di oltre 7 milioni di stelle.

Elisa Nichelli

media.inaf.it