L’acqua? È più antica del Sole

L’acqua? È più antica del Sole
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Il viaggio attraverso il tempo del ghiaccio d’acqua, a partire dalla nube molecolare (in alto a sinistra), precedente alla formazione del Sole, giù attraverso tutte le fasi di formazione stellare, fino a diventare parte del sistema planetario. Crediti: Bill Saxton, NSF / AUI / NRAO

Datata per la prima volta l’origine del ghiaccio presente nel Sistema solare: risale in buona parte a un’epoca precedente alla formazione della nostra stella. Brucato (INAF): «Si conferma così che le condizioni iniziali per la vita possono essere presenti anche in altri sistemi planetari»

di Marco Malaspina

Non avrà magari il potere di farci tornare tutti bambini, come suggeriva un divertentissimo spot dell’anno scorso, ma certo è che la sua formazione risale all’infanzia del Sistema solare. Anzi, stando a uno studio uscito oggi su Science, addirittura lo precede: una significativa percentuale dell’acqua presente sulla Terra, forse anche più della metà, deriva direttamente da ghiaccio già presente nella nube interstellare dalla quale ha avuto origine lo stesso Sole. E nei corpi più antichi del Sistema solare, poi, come per esempio le comete, la percentuale sale ulteriormente.

Come sia avvenuta la sintesi delle molecole d’acqua presenti nel Sistema solare, e in particolare dove e quando atomi d’idrogeno e ossigeno come quelli che escono dai nostri rubinetti abbiano preso ad andare a braccetto, è una domanda con la quale gli scienziati si confrontavano da tempo. Quel che è certo è che siano piovute dal cielo sotto forma di ghiaccio. Ma da quale “nube”? Quella del disco protoplanetario, più recente, nella quale si sono formati asteroidi, comete e pianeti? O quella interstellare, l’antica nube molecolare nella quale lo stesso Sole si è formato? Nel primo caso, il ghiaccio primordiale sarebbe l’esito d’una serie di processi di trasformazione – per esempio di ionizzazione – innescati dal Sole, e dunque avvenuti contestualmente alla formazione dei pianeti. Nel secondo, invece, risalirebbe a un’epoca anteriore.

Per arrivare a una datazione certa, un team guidato da Ilse Cleeves, dottoranda in astronomia all’Università del Michigan, ha messo a punto un modello basato sull’abbondanza isotopica del deuterio, l’isotopo dell’idrogeno che arricchisce l’acqua pesante – o meglio, in questo caso, il “ghiaccio pesante”. Il ghiaccio presente nelle nubi interstellari, a causa delle temperature estremamente basse alle quali si forma, tende infatti a essere assai ricco di deuterio. I ricercatori hanno dunque simulato un disco protoplanetario “vergine” – completamente privo di ghiaccio contenente deuterio – e lo hanno fatto “girare” per un milione di anni, per vedere se fosse in grado di produrre ghiaccio pesante in quantità analoghe a quelle presenti nelle meteoriti, negli oceani terrestri e in quelle vere e proprie capsule temporali che sono le comete. Risultato: niente. Di conseguenza, buona parte dell’acqua presente nel Sistema solare doveva già essersi formata quando il Sole ancora non c’era.

Una conclusione, questa, che incoraggia ulteriormente la ricerca di pianeti abitabili – o magari già abitati da qualche forma di vita – al di fuori del Sistema solare, come sottolinea John Robert Brucato, astrobiologo all’Osservatorio Astrofisico di Arcetri dell’INAF, commentando il lavoro dei colleghi statunitensi. «Poiché il nostro pianeta si è formato in una zona arida del Sistema solare, già sapevamo che tutta l’acqua che troviamo sulla Terra vi è stata trasportata da piccoli corpi, come le comete e gli asteroidi. Con questo lavoro si fa un ulteriore passo in avanti. Si è riuscito, infatti, a capire che l’acqua che oggi costituisce gli oceani terrestri, e che è presente negli altri corpi del Sistema solare, è rimasta praticamente inalterata rispetto a quella presente nel mezzo interstellare. Ovvero, non ha subito trasformazioni durante il processo di formazione dei pianeti. Questo ci permette di capire che le condizioni iniziali che hanno favorito la nascita della vita non sono uniche, cioè non dipendono dalle caratteristiche peculiari del nostro Sistema solare, ma possono essere comuni nello spazio. E dunque presenti», osserva Brucato, «anche in altri sistemi planetari. Questo aumenta ulteriormente la speranza di trovare segni di vita in qualche altro angolo della nostra galassia. Basterà “semplicemente” saperli cercare».

Per saperne di più:

Leggi su Science l’articolo “The ancient heritage of water ice in the solar system“, di L. Ilsedore Cleeves, Edwin A. Bergin, Conel M. O’D. Alexander, Fujun Du, Dawn Graninger, Karin I. Öberg e Tim J. Harries

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