L'architettura del Dna

Il Giornale Online
La sua struttura influenza la trascrizione dei geni perché avviluppandosi in strutture 3D permette l'interazioni tra geni e sequenze regolatri molto distanti (anche su cromosomi diversi)

di Caterina Visco

Lontanissimi. Così sono alcuni geni lungo la doppia elica del Dna, che però magari vengono trascritti insieme. O anche geni e quelle aree del genoma responsabili della loro trascrizione. Talvolta queste si trovano addirittura su cromosomi diversi. Eppure tutte queste regioni del codice genetico interagiscono tra loro per assicurare il corretto sviluppo delle cellule. Come è possibile?

Secondo uno [link=http://www.nature.com/nature/journal/vaop/ncurrent/full/nature12716.html]studio[/link] pubblicato su Nature dai ricercatori del DOE Joint Genome Institute del Lawrence National Laboratory a Berkeley (California), in collaborazione con il Genome Institute di Singapore e del dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze dell' Università di Milano Bicocca, la spiegazione è molto semplice: queste sequenze non sono affatto lontane bensì molto vicine nello spazio grazie all'architettura tridimensionale del Dna nella cellula.

Nel nucleo, infatti, il Dna non è una lunga sequenza bidimensionale di geni alternati regioni “non codificanti”, ovvero che non contegono geni ma che sono invece importanti per la corretta trascrizione del genoma. Questa macromolecola è invece avvolta su sé stessa in un conglomerato denso, chiamato cromatina. Quando i geni devono essere trascritti, la cromatina si srotola esponendo i geni da trascrivere e due regioni non codificanti: i siti promoter, che indicano dove deve cominciare la trascrizione, e le sequenze [link=http://bejerano.stanford.edu/readings/public/35_Genomics_Technology.pdf]enhancer (E)[/link], il cui compito legarsi alle sequenze promoter per favorire e aumentare la trascrizione dei geni: reclutano i fattori di trascrizione che permettono lo srotolamento della cromatina.

“Gli enhancer possono essere ovunque nel genoma anche molto distanti dai geni che controllano”, spiega Chia-Lin Wei, coordinatrice della ricerca che lavora da diversi anni allo studio di queste “relazioni a distanza”. “Poi però, grazie alla struttura della cromatina si avvicinano ai promoter che devono regolare”. L'architettura del Dna nelle singole cellule, dunque, è quella che permette le interazioni tra aree distanti del genoma. Per dimostrare questa tesi gli studiosi hanno preso in esame tre diversi tipi cellulari: staminali embrionali (ESC), staminali neuronali (NSC) e progenitrici delle cellule neuronali (NPC). Grazie a una recente tecnica chiamata ChIA-PET, i ricercatori sono riusciti a individuare 40mila interazioni, sia tra promoter sia tra questi ed enhancer, e ad isolare le stringhe di Dna che costituiscono queste regioni.

In questo modo le hanno potute amplificare sequenziare e replicare e hanno creato una mappa delle interazioni. Gli scienziati hanno poi confermato, con altre due tecniche, che le aree coinvolte, lontane nel genoma in forma lineare, fossero effettivamente vicine nell'architettura tridimensionale del Dna. In realtà, le tecniche impiegate per stabilire questa prossimità fisica ancora non permettono determinare la distanza con grande precisione: per ora si può stabilire che si trovano “nello stesso quartiere”, ma ancora non se sono davvero “vicine di casa”. Delle 40mila associazioni trovate, circa il 40 per cento era tra diversi promoter (P-P), e quindi tra geni che devono essere trascritti insieme o in sequenza. Circa 6000, invece, erano tra promoter ed enancher (P-E). Di queste, nelle cellule staminali embrionali (risultati simili sono stati osservati anche anche negli altri due tipi cellulari) il 76 per cento era tra zone molto distanti tra loro sulla sequenza lineare del Dna. Di queste il 40 per cento era addirittura tra aree situate in due cromosomi diversi.

Gli studiosi hanno osservato che molte di queste interazioni P-E sono specifiche per diversi geni e cellule. In particolare i ricercatori hanno dimostrato che mentre i promoter erano spesso gli stessi in diversi tipi cellulari, gli enancher erano per lo più unici, talvolta anche gene-specifici. Inoltre, i ricercatori hanno osservato che i P comuni a più cellule legavano tipi più E ed erano, probabilmente coinvolti nel funzionamento generale della cellula; quelli specifici per tipi cellulari, invece, ne legavano uno solo. Tutti questi dettagli dimostrerebbero l'importanza delle sequenze regolatrici nel corretto differenziamento e sviluppo cellulare, come spiega Wei: “La ricerca mostra non solo l'importanza dell'architettura del Dna ma anche quella di queste regioni non codificanti del genoma nella regolazione genica”.

Per confermare e approfondire questa importanza serviranno però altri studi. Le interazioni individuate dai ricercatori, infatti, riguardono uno stadio preliminare alla trascrizione, e non tutte proseguono nelle fasi successive di effettiva trascrizione e traduzione in proteine.Tuttavia la ricerca fornisce una possibile spiegazione di questo meccanismo di controllo a distanza dell' espressione dei geni, finora osservato ma non ancora esplorato. Inoltre, sottoliena il ruolo di queste sequenze nella regolazione genica, aprendo nuove strade per lo studio delle patologie in cui è stato riscontrato un malfunzionamento di questo processo. Questo è l'aspetto che più interessa i ricercatori italiani che hanno contribuito ottenendo e analizzando le cellule staminali neurali di topo.

“La lista dei geni che mostrano interazioni include molti geni coinvolti nello sviluppo normale del cervello o in malattie ereditarie nel cervello dell'essere umano”, spiega Silvia Nicolis docente di genetica dell' Università di Milano-Bicocca. “Le sequenza che regolano questi geni, identificate in questo studio, sono interessanti perché ci permetteranno di capire come vengono attivati o inibiti questi geni, e perché rappresentano esse stesse possibili bersgli di mutazioni patologiche”.

Fonte: http://daily.wired.it/news/scienza/2013/11/13/cromatina-dna-462378.html