Lene Vestergaard Hau, colei che fermò la luce

“Ogni passo avanti nella scienza, è partito da un nuovo spunto dell'immaginazione”.
John Dewey

“La scienza non fa veri progressi
se non quando una verità nuova
trova un ambiente pronto ad
accoglierla.”

Pëtr Kropotkin

Lene Vestergaard Hau, nacque a Vejle (una città danese di circa cinquantamila abitanti situata sull’omonimo fiordo [1] ,nella parte nord-occidentale di Fredericia,sulla costa orientale dello Jutland) il tredici novembre del 1959. Nonostante provenisse da una famiglia priva di qualsiasi legame con il mondo della scienza (il padre lavorava nell’industria calorifera, e la madre in un semplice negozio), ella sviluppò sin da piccola una grande abilità nello studio e nella comprensione della matematica; una dote, questa, che le permise addirittura di tralasciare l’ultimo anno di scuole secondarie (medie), ed entrare direttamente al ginnasio. Considerando ella stessa le sue grandi capacità di apprendimento nel campo delle cosiddette “scienze dure” (dall’inglese: hard sciences), decise quindi di proseguire i suoi studi in fisica e matematica, iscrivendosi all’Università di Aarhus [2] (situata a pochi chilometri dalla città in cui viveva).

Il suo primo approccio con la fisica, non fu per lei così interessante, nel senso che non corrispondeva affatto alle sue aspettative. Riprendendo le sue stesse parole: “Quando iniziai per la prima volta a frequentare l’Università di Aarhus, lo studio della fisica mi annoiava. I professori ci insegnavano solo la termodinamica e la meccanica classica e questo mi annoiava parecchio.

Ma mi piaceva la matematica e quindi in quel periodo preferivo dedicarmi a quest’ultima, piuttosto che passare le giornate al cinema. Dopo qualche tempo però, scoprii la meccanica quantistica, il che riaccese il mio interesse per la fisica”. Dopo aver conseguito la laurea in matematica nel 1984, la Hau continuò i suoi studi all’università di Aarhus, al fine di ottenere un Master in fisica, che ricevette soltanto due anni dopo.

Per le sue ricerche di dottorato sulla teoria quantistica, la Hau lavorò su idee simili a quelle inerenti al trasporto della luce in fibre ottiche, con la differenza che i suoi studi, includevano anche gruppi di atomi in un cristallo di Silicio per il trasporto di elettroni. Mentre lavorava per l’ottenimento del dottorato, la Hau trascorse sette mesi al CERN [3] .

Strada facendo, dovette necessariamente approfondire le sue conoscenze della lingua inglese, francese e tedesca. La conoscenza (seppur discreta) del francese, fu per lei di vitale importanza durante i sette mesi di ricerca che condusse al CERN. Ricordando il periodo trascorso a Ginevra, disse: “Mi piaceva molto la vita al CERN. La gente era veramente appassionata del proprio lavoro. Persino alle tre del mattino era possibile scorgere sempre qualcuno nei laboratori”.

Conseguì il Ph.D. nel 1991, ma le sue ricerche cambiarono direzione molto prima di quella data. Torniamo quindi un attimino indietro nel tempo, per capire meglio le cose. Nel 1988, ricevette una borsa di studio dalla Fondazione Carlsberg [4], che le permise di dedicarsi per un anno intero alla sola ricerca. Un periodo che la Hau ricorda con queste parole: “ Fui davvero fortunata ad essere di nazionalità danese.
La Danimarca ha una lunga tradizione scientifica, nella quale troviamo incluso anche il grande fisico Niels Bohr, uno dei principali fondatori della teoria quantistica. In Danimarca, la fisica è ampiamente rispettata sia dagli scienziati che dai profani in materia; dove questi ultimi, molte volte contribuiscono anche al suo sviluppo. Per fare un esempio, la ricerca nel campo della meccanica quantistica, è stata supportata in Danimarca dai produttori di birra Carlsberg sin dagli anni venti; io stessa fui supportata dalla stessa Carlsberg, grazie ad una borsa di studio che mi permise di dedicarmi al solo ambito della ricerca, per un periodo di un anno”.

In quello stesso anno (1988), la Hau si trasferì all’università di Harvard, negli Stati Uniti, dove incontrò Jene A.Golovchenko, colui con cui discusse le sue idee a proposito di quelle che sarebbero state, da li a poco,le sue “future ricerche”. Golovchenko lavorava sia all’ Università di Harvard che al Rowland Institute for Science [5] , situato anch’esso a Cambridge, nello stato del Massachusetts. Così ricorda la Hau, le sue prime discussioni con Jene Golovchenko:

“Dissi a Jene quello che sino ad allora avevo fatto e che volevo procedere verso un totale cambiamento di rotta. Volevo lavorare sugli atomi freddi. Egli mi disse che non sapeva nulla sugli atomi freddi, ma che comunque ci avremmo potuto lavorare sopra insieme. E così, qualche tempo dopo, il Rowland Institute mi concesse il beneficio di un laboratorio tutto personale e di uno staff con il quale lavorare e portare avanti così le mie ricerche”.

Anche se durante il suo primo anno ad Harvard, le ricerche della Hau furono in gran parte supportate dai finanziamenti della Carlsberg, più avanti ella si avvalse della carica (o nomina se preferite) di Gordon McKay Professor di Fisica Applicata ad Harvard, in qualità di “Principale investigatore per i gruppi atomici freddi” al Rowland Institute. Un articolo del 1992, intitolato: “Bound states of guided matter waves: An atom and a charged wire”, descrive il lavoro con il quale ella ottenne il dottorato.

La sua notorietà comunque, non fu dovuta tanto al suo lavoro di tesi, ma piuttosto ai suoi successivi esperimenti atti a rallentare la luce. Il diciotto febbraio del 1999, la rivista Nature [6] scelse come articolo di copertina il saggio intitolato: ”Light speed reduction to 17 metres per second in an ultracold atomic gas” (tradotto: “Riduzione della velocità della luce a diciassette metri al secondo in un gas atomico ultrafreddo”), scritto da Lene Hau in collaborazione con Stephen Harris dell’ Università di Stanford e due studenti di Harvard (Zachary Dutton e Cyrus Behroozi).

Nei successivi esperimenti si arrivò a rallentare la luce fino alla velocità di un miglio orario, poi nel 2001 il suo team fu in grado di fermare letteralmente la luce per un millesimo di secondo. Uno strabiliante risultato che la Hau commentò con queste parole: ”Questa è una durata di tempo straordinaria. Ma crediamo che la luce possa essere fermata per molto più tempo (…)”. Il modo in cui questo risultato è stato realizzato, implica necessariamente una descrizione tecnica. Il primo passo fu la creazione del “candelabro” [7], un dispositivo di fondamentale importanza che la Hau e Jene Golovchenko concepirono e costruirono nel 1994; un apparecchio che Lene Hau descrisse con queste parole:

”Il candelabro è un dispositivo con il quale vengono estrappolati degli atomi di Sodio da un metallo di Sodio [8] fuso e proiettati in un apparato refrigerante, che grazie a dei lasers, raffredda gli atomi ad una temperatura di 50 bilionesimi di grado sopra lo zero assoluto [9] ”. Questo dispositivo, che la Hau e colleghi chiamarono “candelabro”, servì quindi negli esperimenti atti a rallentare la luce. In tale congegno, gli atomi di sodio vengono in seguito intrappolati in un magnete e raffreddati maggiormente da un processo di evaporazione.

Il risultato è quello di un condensato di Bose-Einstein [10] contenente milioni di atomi. Tale condensato fu predetto da Satyendranath Bose e Albert Einstein nel 1924, ma la sua verifica non la si potè mai eseguire sperimentalmente fino al 1995, anno in cui, grazie all’enorme sviluppo tecnologico avutosi in più di mezzo secolo di ricerche in ogni ambito della scienza, fu possibile produrre delle temperature abbastanza basse da creare un condensato in un esperimento e stabilire quindi definitivamente la fondatezza delle teorie di Bose ed Einstein.

Nonostante il condensato in questione contenga milioni di atomi, esso si comporta come se fosse costituito da un singolo atomo, continuando ad esibire il classico comportamento dualistico onda-particella. Il motivo del comportamento del condensato di Bose-Einstein è essenzialmente dovuto al Principio di Indeterminazione di Heisenberg, per il quale, a tali temperature così basse, il momentum [11] degli atomi è conosciuto accuratamente. Ciò varrebbe a dire che più precisamente il momentum (velocità) di una particella è conosciuto, e meno precisamente è possibile misurare la sua posizione, e vice-versa.

Negli esperimenti della Hau, una volta che il condensato è stato creato, uno speciale laser sintonizzato per entrare in risonanza con la massa bloccata di atomi, viene irradiato in tale massa affinché atomi e fotoni di luce restino “impigliati” tra di loro, comportandosi come se fossero una singola cosa (entità). Una sonda a pulsazioni laser, viene poi “sparata” nel condensato (già rivestito a sua volta dalla precedente irradiazione laser) da una diversa direzione, e una parte della luce vi passa attraverso, ma ad una velocità di venti milioni di volte più lenta di quella della luce nel vuoto.

Molto più recentemente (febbraio 2007), la Dr.ssa Hau e il suo team di studenti e scienziati, hanno eseguito nuovamente gli esperimenti di qualche anno fa (2001), ma cambiando alcuni “dettagli” e arrivando quindi ad ottenere dei nuovi risultati, considerati da molti “addetti ai lavori”, addirittura assai più stupefacenti di quelli del 2001. In questi ultimi esperimenti, anziché usare una sola “nuvola” di atomi di sodio, ne sono state utilizzate due, separate l’una dall’altra, da una frazione di millimetro. La Hau, cercò di spiegare ai giornalisti i dettagli dell’esperimento, usando le seguenti parole:

”Un impulso di luce fu fatto brillare sulla prima nube atomica, imprimendo così un “getto” dello stesso impulso, in un gruppo di atomi “filanti” di sodio, spinti in direzione del secondo condensato. Questo gruppo assai lento di atomi, composto interamente da atomi di sodio, è in grado di convertire la luce in materia. Nel momento in cui tale gruppo di atomi (chiamato “messaggero”), si fonde con la seconda nube atomica, un secondo fascio di luce laser vien fatto brillare attraverso il condensato, per far “rivivere” l’impulso di luce originale.

Quest’ultimo (ovvero il fascio di luce “ricostruito”), “riparte” immediatamente,accelerando sino a raggiungere la normale velocità della luce. Le analisi hanno rivelato che tale fascio di luce, continua a possedere la stessa “proporzione” e lunghezza d’onda di quello originale, seppur un pochino più “debole”.”
In una breve recensione sull’operato della Hau e colleghi, apparsa recentemente sulla rivista internazionale Nature, il Prof. Michael Fleischhauer dell'università di Kaiserslautern in Germania, ha descritto l'esperimento come qualcosa di “notevole ed intrigante”.

Aggiungendo che la scienza, negli ultimi sei – sette anni, ha fornito le basi per un controllo sperimentale su luce e materia, senza precedenti; basi che potrebbero portare, tra non molto tempo, a dei veri e propri “benefici tecnologici” del tutto “reali”. Le applicazioni in campo tecnologico, potrebbero includere dei dispositivi ottici di memorizzazione e computers quantistici, molto più rapidi e potenti degli attuali.

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NOTE:

[1] Un fiordo (dal norvegese fjord, islandese fjörður, da una radice indoeuropea che significa “approdo”) è un braccio di mare che si insinua nella costa (anche per vari km) inondando un'antica valle glaciale o fluviale. Solitamente infatti le pareti del fiordo sono molto simili a quelle dei calanchi, ripide e scoscese, ma coperte di foreste.

[2] Århus (o Aarhus) è la seconda città più popolosa della Danimarca nonché il principale porto del paese e capoluogo della provincia omonima.Situata sulla costa orientale della penisola dello Jutland, in corrispondenza della foce del fiume Aarhus, è affacciata sulla baia omonima.

[3] Il CERN, European Organization for Nuclear Research, (storicamente il nome è l'acronimo di Conseil Européen pour la Recherche Nucléaire), è il più grande laboratorio al mondo di fisica delle particelle. Si trova al confine tra Svizzera e Francia alla periferia ovest della città di Ginevra. Qui i fisici cercano di esplorare i segreti della materia e le forze che regolano l'Universo. La convenzione che istituiva il CERN fu firmata il 29 settembre 1954 da 12 stati membri. Oggi fanno parte del CERN 20 stati membri più alcuni osservatori anche extraeuropei.Il CERN esiste soprattutto per fornire ai ricercatori gli strumenti necessari per la ricerca in fisica delle alte energie attraverso complessi esperimenti. Questi strumenti sono principalmente gli acceleratori di particelle, che portano le particelle ad energie molto elevate e i rivelatori che permettono di scoprire nuovi tipi di particelle che si creano durante le collisioni.

[4] Carlsberg è una delle più importanti società produttrici di birra al mondo, presente in circa 50 nazioni.Gli uffici centrali sono situati a Valby, quartiere di Copenhagen. Il marchio principale della società è la Birra Carlsberg, ma produce anche la birra Tuborg oltre a singoli marchi nazionali. La Compagnia è stata fondata nel 1847 da J.C.Jacobsen. Dopo la fusione con il gruppo birrario norvegese Orkla nel Gennaio 2001, Carlsberg è diventata il 5 gruppo mondiale nella produzione di birra, e impiega attualmente circa 31000 persone.

[5] L' Istituto Rowland,situato ad Harvard e fondato dall’inventore della fotografia Polaroid (Edwin H.Land), è dedicato alla scienza sperimentale su una vasta gamma di discipline. La ricerca attuale è effettuata nell’ambito della fisica, della chimica e della biologia, con un'enfasi sul lavoro interdisciplinare e sullo sviluppo di nuovi attrezzi sperimentali. L'istituto è situato a Cambridge, Massachusetts, vicino al ponte di Longfellow sopra il fiume Charles,ad alcune miglia di distanza lungo il corso del fiume, dalla città universitaria principale.

[6] Nature è una delle più antiche ed importanti riviste scientifiche esistenti, forse in assoluto (insieme a Science) quella considerata di maggior prestigio nell'ambito della comunità scientifica internazionale. Viene pubblicata fin dal 4 novembre 1869.Essa pubblica articoli di ricerca riguardanti un ampio intervallo di campi scientifici. Alcune delle più importani ricerche scientifiche sono apparse su questa rivista: ad esempio, la scoperta dei raggi X e la struttura a doppia elica del DNA.

[7] Il dispositivo che la Hau e colleghi chiamarono “candelabro”, incorpora uno “stoppino” costituito da una lamina d’acciaio inossidabile placcata in oro, in grado di assorbire il metallo di sodio fuso e di riscaldarlo fino al punto in cui si vaporizza. A tal punto,un “getto” di atomi caldi di sodio “spara fuori” da un foro piccolissimo ed entra immediatamente nell’apparato refrigerante che li raffredda ad una frazione molto piccola di un grado sopra lo zero assoluto.

Un atomo a temperatura ambiente si muove ad alta velocità, ma quando viene bombardato da ben tre direzioni con dei fasci di luce laser,perde energia e rallenta, ovvero si raffredda (diventa “freddo”).In una complicata serie di fasi, il dispositivo del Dr.Hau, usa dei lasers per raffreddare gli atomi di sodio ma solo parzialmente, lasciando quindi che quelli più veloci (ovvero i più caldi) evaporino, mentre quelli più freddi restino “intrappolati” nel suo dispositivo.Al termine di questa operazione di raffreddamento (che dura esattamente 38 secondi),la “nuvola” di atomi intrappolata nel dispositivo, si raffredda sino ad una temperatura di cinquanta bilionesimi di grado sopra lo zero assoluto.

[8] Il sodio, nella sua forma metallica, è un componente essenziale nella produzione di esteri e di composti organici. Questo metallo alcalino è anche uno dei componenti del cloruro di sodio (NaCl) che è essenziale per il metabolismo cellulare.

[9] Lo zero assoluto è la temperatura più bassa che teoricamente si possa ottenere in qualsiasi sistema macroscopico, e corrisponde a 0 K (−273,15 °C; −459,67 °F).

[10] Il condensato di Bose-Einstein (in sigla BEC) è uno stato della materia che si ottiene quando si porta un insieme di bosoni a temperature estremamente vicine allo zero assoluto (0 K, oppure -273,15 gradi Celsius). In queste condizioni di grande raffreddamento, una frazione non trascurabile delle particelle si porta nello stato quantistico di più piccola energia, e gli effetti quantistici si manifestano su scala macroscopica.

Questo stato della materia venne predetto per la prima volta, sulla base della meccanica quantistica da Albert Einstein, basandosi sul lavoro di Satyendra Nath Bose, nel 1925. Settanta anni più tardi, il primo condensato di questo tipo fu prodotto da Eric Cornell e Carl Wieman nel 1995 al laboratorio NIST-JILA dell'Università del Colorado, usando un gas di rubidio alla temperatura di 170 nanoKelvin (nK). Cornell e Wieman e Wolfgang Ketterle hanno vinto il Premio Nobel per la fisica nel 2001.

[11] In fisica con momentum si intende semplicemente una quantità di moto,esprimibile in termini matematici con la seguente equazione: p = m * v (dove “p” rappresenta la quantità di moto,ovvero il momentum, “m” la massa e “v” la velocità. L'equazione illustra che la quantità di moto è direttamente proporzionale alla massa dell'oggetto e direttamente proporzionale alla velocità dell'oggetto.

Immagine: https://en.wikipedia.org/wiki/Lene_Hau
Fonte: [link=http://www.oloscience.com/]oloscience.com[/link]

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