Lo zeitgeist del “caso”

Il Giornale Online
Il caso sembra essere diventato il nuovo paradigma scientifico, una specie di “spirito del tempo”, in tedesco zeitgeist. Il caso come fondamento della realtà, è il ritorno di una filosofia antica che non può pretendere di essere trattata come scienza.

[link=http://www.enzopennetta.it/]di Enzo Pennetta[/link]

E’ di questi ultimi giorni l’attenzione rivolta dalla stampa alle teorie del multiverso proposte dal fisico statunitense Brian Greene, il 13 luglio scorso è infatti stato pubblicato sull’Unità l’articolo [link=http://www.unita.it/scienza/notizie/infiniti-mondi-paralleli-la-teoria-del-fisico-brian-greene-1.510771]“Infiniti mondi paralleli. La teoria del fisico Brian Greene”[/link] seguito il 17 luglio da [link=http://www.lastampa.it/2013/07/17/scienza/tuttoscienze/se-luniverso-non-vi-piace-ce-ne-sono-tantissimi-altri-u4jHO9wpb8pc1QtPBLyvoJ/pagina.html]“Se l’Universo non vi piace ce ne sono tantissimi altri”[/link] pubblicato sulla Stampa e in cui si informa anche della premiazione dell’ultimo libro di Greene al premio Merck Serono.

Il collegamento tra la teoria del multiverso e il ruolo del caso viene evidenziata nell’intervista su l’Unità:

“Ammettiamo che l’ipotesi dei multiversi sia vera, il ruolo del caso nel nostro universo aumenterebbe: non c’è nessun motivo per cui l’universo che conosciamo è fatto così com’è, tant’è vero che ce ne sono molti altri. “Sì è così. Però ci dovremmo essere abituati. La vita stessa è un fenomeno transitorio e raro, anche se fosse vero il multiverso.

Dovremmo essere ben contenti della finestrella di opportunità che ci è stata data, anche perché in termini cosmici si chiuderà presto”. In che senso? “I dati ci dicono che nel futuro le condizioni non saranno tali da sostenere la vita”.”

Dall’articolo purtroppo non è dato sapere quali dati dicano che in futuro (quanto lontano?) le condizioni non saranno tali da sostenere la vita.

Ma il ruolo del caso viene ribadito, anche se in modo meno esplicito, nell’intervista su la Stampa:

«Quando si tenta di misurare l’energia oscura, si approda a valori piccolissimi, davvero minimi. E resta difficile spiegare la peculiarità di quel valore. Ma, invece di provare a dargli un significato a tutti i costi, la prospettiva del multiverso consente di ipotizzare tanti livelli differenti: come risultato, quindi, ci sarebbero tanti habitat fisici, compreso il nostro, il quale, essendo compatibile con la formazione delle stelle e delle galassie, si rivela anche favorevole alla vita come noi la conosciamo».

Emerge quindi ancora una volta come una delle ragioni d’essere principali della teoria del multiverso sia quella di spostare l’attenzione dalle implicazioni filosofiche di un principio antropico forte che vede l’universo incredibilmente strutturato per accogliere la vita, ad un principio antropico debole che constata solo la necessità di determinate costanti fisiche e cosmologiche che sarebbero rese statisticamente probabili dato un numero sufficientemente alto di tentativi, un numero che verrebbe reso possibile proprio dall’esistenza di innumerevoli universi.

Le congetture elaborate da Greene prevedono misteriosi urti tra tali universi “dai satelliti potremmo osservare le potenziali collisioni tra il nostro Universo e gli altri, misurando le variazioni di temperatura nello spazio profondo“, insomma non sappiamo nulla della fisica di tali universi però possiamo sapere che possono collidere e quali effetti avrebbero delle collisioni di una fisica sconosciuta. Ma per definizione l’esistenza di universi paralleli, in quanto paralleli, non sarebbe dimostrabile e la teoria non può essere considerata scientifica, come non può essere considerata scientifica anche per il fatto di non avere in criterio di falsificabilità: quale evento se verificato falsificherebbe la teoria del multiverso?

Il caso è dunque il grande trionfatore della scienza del XXI secolo?

L’astrofisica con la teoria del multiverso e la biologia con la Sintesi Moderna (anche ammettendo tutte le varianti) hanno introdotto nella scienza la non-teoria del caso, la non-spiegazione dei fenomeni naturali, delle non-spiegazioni che si fanno veicolo a livello sociale del non-senso di tutto, anche dell’esistenza umana, che del resto è solo un’esperienza che “si chiuderà presto“. Ma questa non-scienza non è neanche una novità, è il pensiero di Democrito, una filosofia che vedeva bene nell’ipotizzare l’esistenza degli atomi, ma che invece ipotizzando l’assenza di principi primi come guida dei fenomeni naturali finiva per negare la possibilità stessa della scienza, fatto rilevato da Aristotele.

Il caso come spiegazione dei fenomeni naturali è dunque una negazione della possibilità stessa di fare scienza.

Si va alimentando sempre più una “zeitgeist” del “caso”, un modo di pensare del caso, che va oltre il campo della scienza diventando visione del mondo dell’uomo contemporaneo, una visione che mentre pretende di essere scienza diventa infine profondamente antiscientifica e nemica della scienza.

Ma ancor peggio, nemica dell’uomo stesso.

Immagine: Autumn Rhythm (Number 30), 1950 di Jackson Pollock (American, 1912–1956) http://www.metmuseum.org/toah/works-of-art/57.92
Fonte: http://www.enzopennetta.it/2013/07/lo-zeitgeist-del-caso/