Manifesto per la nuova archeo-astronomia

Manifesto per la nuova archeo-astronomia

archeo-astronomiaOltre Stonehenge c’è molta altra archeo-astronomia. Presentati a Portsmouth gli ultimi risultati di una scienza che si vorrebbe ancora più interdisciplinare, per comprendere la relazione tra la cultura materiale, il cielo e l’organizzazione sociale preistorica.

di Stefano Parisini

Al National Astronomy Meeting (NAM)  in svolgimento a Portsmouth, nel sud dell’Inghilterra, si discute anche di un campo di ricerche in rapido sviluppo, l’archeo-astronomia, un particolare ambito multidisciplinare che mette insieme tecniche astronomiche con lo studio di antichi manufatti, inseriti nel contesto circostante. Dal ‘sentiero di cristallo’ che unisce i cerchi di pietre nella Brughiera di Bodmin, in Cornovaglia, ai megaliti allineati con le stelle nel Portogallo centrale, gli archeo-astronomi stanno trovando sempre più prove di come le popolazioni del Neolitico e dell’Età del Bronzo fossero acute osservatrici sia del Sole che della Luna e della stelle, e di come incorporassero riferimenti astronomici all’interno dei loro territori.

“C’è molta più archeo-astronomia rispetto a Stonehenge”, spiega orgogliosamente Daniel Brown, della Nottingham Trent University, nel presentare gli aggiornamenti del suo lavoro sui megaliti di Gardom’s Edge, nella contea inglese del Derbyshire, vecchi di 4000 di anni e astronomicamente allineati.

“L’archeo-astronomia moderna comprende molte altre aree di ricerca quali l’antropologia, l’etno-astronomia e anche la ricerca educativa.

Rispetto ai suoi inizi speculativi, questa scienza trova ora fondamenta più solide basandosi su metodi statistici. Tuttavia, questo approccio scientifico puro viene continuamente messo alla prova da sfide che possono essere superate solo accettando influenze umanistiche e contestualizzando la ricerca nel territorio e nelle culture locali.”

Per farla corrispondere meglio a questo nuovo carattere, alcuni ricercatori ritengono che sarebbe meglio rinominare l’archeo-astronomia in Skyscape Archaeology, che potremmo tradurre come ‘archeologia celeste’. “Avremmo molto da guadagnare se astronomia e archeologia andassero a braccetto verso una più piena e più equilibrata comprensione dei megaliti europei e delle società che li hanno eretti”, sostiene Fabio Silva, della University College London e co-editor della nuova rivista scientifica Journal for Skyscape Archaeology. “Gli archeologi dovranno imparare alcune nozioni di astronomia osservativa, ma gli archeo-astronomi dovranno, dal canto loro, impegnarsi di più con la documentazione archeologica e con la formulazione del quesito di ricerca. Non è più sufficiente raccogliere semplicemente i dati di orientamento per un gran numero di monumenti dislocati su vaste regioni e cercare un valido modello che li descriva. Inoltre, gli archeo-astronomi non possono basare le loro ipotesi sui concetti moderni di precisione e simmetria dell’asse, a meno che questo possa essere dimostrato in modo indipendente. Per capire cosa significassero gli allineamenti per le popolazioni preistoriche e perché decisero di inserirli nelle loro strutture, abbiamo bisogno di identificare i modelli e le interazioni tra le strutture, il paesaggio (landscape) e la volta celeste (skyscape)”.

Gli studi di Silva su megaliti europei si sono concentrati sui siti di svernamento e sulle strutture megalitiche vecchie di 6000 anni nella valle del Mondego, nel Portogallo centrale. Il ricercatore ha scoperto che i corridoi d’ingresso di tutte le tombe in una determinata necropoli sono allineati con il sorgere stagionale sulle vicine montagne di Aldebaran, la stella più luminosa nella costellazione del Toro. Questo legame tra l’apparizione della stella in primavera e le montagne, sulle quali i costruttori di dolmen avrebbero poi trascorso le loro estati, trova delle risonanze nel folklore locale e nel nome stesso della catena montuosa, Serra da Estrela.

Pamela Armstrong, dell’Università gallese Trinity St David, ha integrato l’idea di skyscape nel suo lavoro sulle più belle tombe di pietra a camera in Gran Bretagna, nelle colline Cotswolds settentrionali. Gli abitanti del Neolitico seppellivano i loro morti in questi tumuli di terra, ma è possibile che abbiano orientato le loro tombe verso punti significativi del sorgere lunare, solare e stellare sui loro orizzonti locali. Il lavoro della ricercatrice getta nuova luce su come questi coloni neolitici praticassero un’astronomia differente da quella dei cacciatori-raccoglitori mesolitici che li hanno preceduti in questo territorio.

Brian Sheen e Gary Cutts dell’Osservatorio Roseland hanno lavorato insieme a Jacky Nowakowski, dello Historic Environment Service del Consiglio della Cornovaglia, per esplorare un importante astro-paesaggio dell’Età del Bronzo che si estende per diversi chilometri quadrati nella Brughiera di Bodmin, in Cornovaglia appunto. Nel cuore di questa zona si trovano gli Hurlers, tre cerchi distinti di pietre, di cui due collegati da una pavimentazione in granito risalente a 4.000 anni fa, soprannominata il ‘sentiero di cristallo’. Il team ha confermato che gli abitanti dell’Età del Bronzo hanno utilizzato un calendario controllato dai movimenti del Sole, contrassegnando i quattro punti cardinali assieme a solstizi ed equinozi. I punti cardinali sono ricavabili attraverso due pietre erette fuori dai circoli principali, i cosiddetti Pipers Outliers, allineate lungo l’asse est-ovest. “Pensiamo che anche i tre cerchi che compongono gli Hurlers possono essere disposti sul terreno per assomigliare alla Cintura di Orione”, aggiunge Sheen. “Lungi dall’essere tre cerchi isolati nella brughiera, sono collegati in un unico paesaggio”.

(INAF)
Immagine: I Pipers solitari, megaliti esterni ai cerchi principali degli Hurlers. Sono orientati secondo l’asse est-ovest. Crediti: Brien Sheen
Fonte: media.inaf.it