Massa – Morte

Il Giornale Online
di: Giuseppe Costantino Budetta

I più attrezzati laboratori del mondo e tra questi il CERN di Ginevra sono alla ricerca del bosone di Higgs che dovrebbe conferire la massa agli oggetti. La particella misteriosa – definita la particella di Dio – non è stata ancora trovata. Secondo alcuni scienziati, l’universo sarebbe bidimensionale e la tridimensionalità illusione dei sensi. Euclide (III sec. A. Cr.): i suoi postulati – in particolare il quinto delle rette parallele – presupposero già l’esistenza di un universo bidimensionale con completa omogeneità, isotropia e infinita estensione. Tale quadro sembra in stretto accordo con il reale universo, secondo le moderne vedute in cosmologia. Homo sapiens sapiens del basso Neolitico avrebbe intuito la realtà bidimensionale legata alle immagini ed alla visione oculare, ma avrebbe avvertito anche la presenza di una entità non definibile, indicata dagli antichi Greci come φϋσις.

Ci sarebbe identità tra ADE, φϋσις (la massa degli oggetti) e il concetto di morte fisica. I massi neolitici di Stonehenge hanno disposizione verticale per collegarsi a forze misteriose ed universali. Si tratta di pietre non dipinte e non scolpite. Gli uomini che con grandi sforzi li eressero ebbero sentore dell’immenso potere insito nella massa. Forse i semplici artefici di Stonehenge vollero – senza rivolgersi al trascendente – esaltare la massa in sé e per sé, la vera entità che sottende il mondo fisico. Perchè potessero stare in verticale i macigni di Stonehenge dovevano avere il baricentro ricadente all’interno dell’area di base. Ancora una volta una entità ignota – il baricentro – era in un punto al di sotto dell’area superficiale, pur influenzando la statica dell’intero corpo.

Le gigantesche statue dei faraoni egizi affermano l’autorità intangibile del potere così come le piramidi tramite massa e geometria hanno forti valenze simboliche. Non solo c’era l’immagine come mezzo di comunicazione, di rappresentazione, di divinazione simbolica e intuizione magica, ma anche una entità profonda e sfuggente: la massa = fiusis. Perfino un cervello primitivo come quello di alcuni tipi di scimmie può essere indotto a false credenze. In gruppi di scimpanzè sono stati osservati particolari comportamenti definiti inganni tattici.

Questi comportamenti non rientrano nel contesto del mimetismo e sono stati indicati come atti del normale repertorio individuale, usati con bassa frequenza ed in una situazione diversa da quello nel quale è adoperata la versione frequente (e onesta) dell’atto, tali da rendere probabile che un altro individuo del gruppo fraintenda il significato dell’atto a tutto vantaggio dell’autore. Ecco qui due esempi significativi da Pilbeam D, (1990).

Dopo uno scontro con un membro del gruppo, uno scimpanzè sconfitto finge di zoppicare solo quando è nel campo visivo del rivale, mentre cammina normalmente non appena ne esce. In questo modo egli evita per parecchi giorni di essere nuovamente attaccato.

• Un babbuino inseguito da un gruppo di maschi adulti del suo stesso branco che volevano punirlo, si ferma improvvisamente e scruta la valle come osservasse l’arrivo di pendolari più pericolosi, cosa non vera, e così devia l’attenzione dei suoi diretti aggressori verso l’eventuale, ma inesistente pericolo. In sostanza affinché l’inganno sia tale, l’ingannatore deve indurre una credenza falsa comprensibile dagli ingannati. Ma per fare questo di nuovo, si deve presumere che l’ingannatore creda di poter ingannare, che si rappresenti i consimili dotati di stati intenzionali, secondo quanto ipotizza la teoria ingenua della mente. Allora se oggi ci si ritrova a dover postulare forme di rappresentazione mentale in animali privi di linguaggio, si potrebbe avanzare il sospetto che gli stati intenzionali non presuppongano il linguaggio e che anche animali privi di linguaggio siano capaci di avere stati intenzionali.

La complessità del reale avrebbe avuto la funzione di scimmia ingannatrice lasciando intendere agli uomini del Neolitico di trovarsi di fronte ad un mondo tridimensionale, rappresentabile in due dimensioni coi dipinti sulle rocce. L’inconciliabilità tra massa e superficie causa di stupore e disorientamento.

L’immagine legata ad una realtà bidimensionale può essere spostata da un punto all’altro. E’eidos ed è simile al sogno ed all’anima, di spazio privi. Al presente le immagini viaggiano nel cyber space e coprono smisurate lunghezze in pochi secondi. La massa legata al concetto di Chaos, di φϋσις e di θάνατος (la morte) è ancora sfuggente, come quella immensa di un buco nero, al di là dell’invalicabile orizzonte degli eventi.

L’immagine che la mente rileva come risultante di una lunga concatenazione di eventi avviene con l’ausilio della stretta osservanza delle tre similitudini: geometrica, cinematica e dinamica. Insiemi neuronali di strati colonnari nella corteccia visiva primaria ed in altre aree corticali (V2, V3 ecc), temporali e parietali funzionerebbero mediante strutture plastiche tra loro direttamente comparabili secondo le tre similitudini fisiche. Molte illusioni ottiche in particolare le immagini fallaci stanno ad indicare che il processo della visione ottica avviene in osservanza alle tre similitudini citate. Una connessione incrociata fra la regione V4 e l’area dov’è rappresentata la forma dei numeri (entrambe localizzate nel giro fusiforme) sarebbe alla base della sinestesia che porta a sovrapporre un determinato colore a un numero.

Alcuni affetti da sinestesia sovrappongono al numero cinque il colore rosso. In certi casi il cinque è all’interno di un insieme di numeri e non è facile distinguerlo. Queste persone con sinestesia vedono allora al posto del cinque una macchia rossa. La sinestesia potrebbe essere dovuta ad alterazioni delle similitudini geometrica, cinematica e dinamica tra due (o più) delle tante configurazioni a mappa in aree preposte alla elaborazione dei dati visivi. Nella sinestesia alcune mappe neuronali non sarebbero tra loro sovrapponibili in modo perfetto.

In definitiva, il principio d’identità tra mente e mondo reale avviene in osservanza delle tre similitudini e nel momento in cui si verifica e si completa, scompare la massa ed appare l’immagine.

La Scienza fornirebbe la dimostrazione secondo la quale l’immagine comunque è scissa dalla massa: un oggetto che finisca in un buco nero lascia al di qua dell’orizzonte degli eventi la rispettiva immagine per un periodo di tempo abbastanza lungo.

Gl’impulsi retinici di un occhio hanno diversa afferenza temporale e spaziale nell’area visiva primaria rispetto all’altro occhio (Ornstein R. et all., 1987). Vediamo un mondo tridimensionale perché vediamo cogli occhi un po’ sfasati tra loro. Gli occhi che guardano un oggetto in lontananza sono in parallelo tra loro. Se un oggetto si avvicina alla faccia, gli occhi s’inclinano in direzione del naso. Di conseguenza l’immagine dell’oggetto sotto osservazione cade su aree retiniche alquanto diverse tra un occhio e l’altro. La minima differenza retinica – riferita allo spazio ed al tempo – è rilevata dalla corteccia visiva primaria: è questa disparità di messa a fuoco che sta alla base della visione tridimensionale del mondo.

Studi recenti hanno approfondito i meccanismi della visione legati alla bidimensionalità ed alla tridimensionalità. Damasio AR,1999; Gazzaniga, M.S, 2000; Geschwind N,1984; Polka L, Bohn OS, 2003; Boahen K, (2005) et all. confermano in sostanza i dati di Orstein et all.

fonte:www.psicolab.net