Molecole di grafene nello spazio

Il Giornale Online
Il telescopio Spitzer avrebbe individuato tracce di grafene osservando il gas emesso da stelle morenti nelle Nubi di Magellano. Considerato l’erede del silicio sulla Terra, nello spazio questo materiale a base di carbonio desta estremo interesse sotto molti punti di vista.

di Elena Lazzaretto

In molti lo considerano il materiale del futuro e infatti già promette di spodestare il silicio: dai computer ai pannelli solari, il grafene potrebbe rivoluzionare l’elettronica di consumo della prossima generazione. Non è un caso che le ricerche sulle sue proprietà uniche abbiano portato Andre Geim Konstantin Novoselov a vincere il premio Nobel per la fisica, nel 2010. Il grafene è costituito da atomi di carbonio posizionati gli uni rispetto agli altri secondo uno schema preciso: un susseguirsi di esagoni che formano uno strato sottilissimo (lo spessore è pari a quello di un atomo). Nonostante possa essere prodotto sinteticamente e venga studiato proprio per le sue applicazioni tecnologiche, il grafene non lo si trova soltanto nei laboratori ma anche decisamente molto più lontano, dove la sua presenza ha implicazioni completamente diverse. Il telescopio orbitante Spitzer, della NASA, ne avrebbe individuato tracce addirittura nello spazio, in due piccole galassie satellite della Via Lattea, dette Nubi di Magellano. Più precisamente, il grafene rilevato da Spitzer farebbe parte di quella materia emessa dalle stelle più vecchie quando, giunte alla fine del proprio percorso evolutivo, esplodono come nebulose planetarie.

In questo contesto, l’interesse per il materiale non è più di tipo tecnologico bensì di tipo chimico con implicazioni che sconfinano nella bioastronomia. Comprendere le reazioni chimiche che, nello spazio, coinvolgono il carbonio è estremamente importante dato che è a partire da esso che si formano i composti organici che sono alla base di ogni forma di vita conosciuta. Il grafene, assieme ad altre molecole a base di carbonio, appartiene alla famiglia dei fullereni. Di qualche rappresentante di questa famiglia è stata trovata traccia anche in alcuni meteoriti. Esperimenti di laboratorio hanno inoltre dimostrato che è possibile “incapsulare” molecole d’acqua all’interno di un particolare tipo di fullerene: ciò dimostra che in alcuni casi i fullereni possono anche essere considerati come una sorta di contenitori e, molto tempo fa, avrebbero potuto agevolare il trasporto di materiali dallo spazio alla Terra. Secondo gli astronomi, il grafene e altri composti della famiglia dei fullereni si formebbero quando l’onda d’urto, generata dalle stelle nelle fasi finali della loro evoluzione, investe composti di carbonio e idrogeno. I risultati ottenuti analizzando i dati di Spitzer sono frutto del lavoro di un gruppo di ricerca guidato da Domingo Aníbal García-Hernández dell’Instituto de Astrofísica de Canarias, in Spagna e sono stati pubblicati su Astrophysical Journal Letters.

Articolo scientifico: http://iopscience.iop.org/2041-8205/737/2/L30/pdf/2041-8205_737_2_L30.pdf

(INAF)
Fonte: http://www.media.inaf.it/2011/08/16/grafene-nello-spazio/