NANODIAGNOSTICS

Il Giornale Online
Storia e Progetto

A metà degli anni Novanta, in due diverse circostanze, ci capitò la possibilità di analizzare due filtri cavali che si erano rotti in vivo (i filtri cavali sono dispositivi metallici che s’impiantano nel lume della vena cava inferiore per impedire l’embolia polmonare). Sulla loro superficie trovammo tracce di metalli che non appartenevano né alla lega di cui il filtro era costituito né all’organismo. A quel tempo, non fu possibile spiegare il ritrovamento.

A fine 1998 un paziente fu trasferito al Policlinico di Modena da un ospedale ubicato in un’altra città. Il problema da risolvere era quello di una febbre intermittente, resistente a qualsiasi trattamento, che si era istaurata oltre otto anni prima. La diagnosi emessa dai medici modenesi fu di una granulomatosi epatica e renale sulla cui origine era impossibile pronunciarsi. Per una serie di coincidenze, i reperti bioptici arrivarono al nostro Laboratorio di Biomateriali, dove furono esaminati secondo un metodo che stavamo allora sperimentando e che si giovava di un microscopio elettronico a scansione ambientale equipaggiato con una microsonda a raggi x con cui, pur con qualche limitazione, potevamo analizzare la composizione chimica elementare del campione.

Con grande sorpresa dei medici, fu subito evidente che quei tessuti contenevano materiale particolato inorganico la cui composizione era ascrivibile ad una ceramica i cui elementi sono estranei, tanto singolarmente quanto in qualsiasi forma legata, all’organismo umano. Inoltre, nessuno di quei composti è biodegradabile. Costatammo, allora, che il paziente portava una protesi dentaria la cui composizione chimica corrispondeva a quella che avevamo trovato nelle particelle e che la protesi era logorata in modo anomalo a causa di una malocclusione. Occorre aggiungere che quella protesi era stata impiantata appena pochi mesi prima che i sintomi insorgessero. Con quei dati era ragionevole supporre che il paziente si fosse mangiata parte della protesi, inghiottendo per anni particolato inorganico che aveva raggiunto fegato e reni. Come, non avevamo elementi per dirlo.

Più di questo, cioè se le particelle avessero innescato la granulomatosi o fossero state catturate da un tessuto già patologico, non si poteva stabilire. Se i problemi erano generati dall’ingestione continua di detriti ceramici, non esistevano terapie applicabili, e la sola possibilità era quella di eliminare la fonte. Di fatto, rimossa la protesi, il paziente migliorò notevolmente, con un recesso dell’epatomegalia e dei problemi di funzionalità renale.

Nel frattempo, spinti dalla curiosità per un ritrovamento così insolito, avevamo cominciato a controllare le biopsie di pazienti affetti da malattie criptogeniche, cioè malattie alle quali la medicina attuale non sa attribuire un’origine. Il primo passo fu quello di cercare altri casi di granulomatosi criptogeniche conservati negli archivi dell’Università di Modena e in quelli del Royal Free Hospital di Londra e dell’Università di Magonza con cui avevamo stabilito una collaborazione Il risultato della ricerca fu che in tutti i casi che ci fu dato di osservare erano presenti particolati inorganici, e quei particolati non potevano essere di origine biologica, dato che gli elementi che li componevano non appartengono ad alcuna forma di vita. Ne consegue che questi detriti dovevano provenire da una fonte esterna, penetrata con molte probabilità attraverso una delle porte naturali del corpo umano, vale a dire l’apparato respiratorio o l'apparato digerente.

Esiste una preoccupazione crescente riguardo l’eventualità che materiali di derivazione ambientale e micro- e nano-particelle possano danneggiare la salute umana. Da molto tempo è stato riconosciuto come l’inquinamento atmosferico sia uno tra gli agenti principali di patogenicità dell’apparato respiratorio. Ora si pone la questione se corpi estranei micro- e nano-dimensionati possano causare l’insorgere di malattie penetrando nell’organismo attraverso l’apparato digerente. Il progetto europeo QLRT-2002-147 mira a studiare la presenza e il significato di micro- e nano-particelle in varie patologie di origine ignota.

INCENERIMENTO DEI RIFIUTI

L’Associazione dei Medici Per l'Ambiente (ISDE Italia) è fortemente preoccupata in merito all’ incremento dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani (RSU) tramite incenerimento, che si sta proponendo nel nostro paese, sia con la costruzione di nuovi impianti, sia con l’ ampliamento di quelli esistenti.

Lo smaltimento dei rifiuti esige, innanzi tutto, una seria politica delle “R” come Razionalizzazione, Riduzione della produzione, Raccolta differenziata, Riciclaggio, Riuso, Riparazione, Recupero.

Solo dopo aver attuato tutti i punti precedenti, si potrà eventualmente valutare correttamente la migliore tecnica impiantistica per lo smaltimento della frazione residua scelta tra i sistemi che garantiscono meglio salute umana ed ambiente (pensare al trattamento con recupero energetico dell’'esigua frazione residua). Solo con questa politica, oltre a ridurre i costi economici, si possono ottenere impatti ambientali e sanitari inferiori a quelli prodotti dagli inceneritori e dalle discariche.

L' incenerimento degli RSU è, fra tutte le tecnologie, la meno rispettosa dell' ambiente e della salute. E’ inevitabile la produzione di ceneri (che rappresentano circa 1/3 in peso dei rifiuti in ingresso e devono essere smaltite in discariche speciali) e l'immissione sistematica e continua nell’atmosfera (di milioni di m3) di fumi, polveri grossolane (PM10) e fini (PM2.5 , ovvero con diametri inferiori a 2.5 micron) costituite da nanoparticelle di sostanze chimiche (metalli pesanti, idrocarburi policiclici, policlorobifenili, benzene, diossine e furani, ecc.) estremamente pericolose, perché persistenti ed accumulabili negli organismi viventi.

La combustione trasforma infatti anche i rifiuti relativamente innocui quali imballaggi e scarti di cibo in composti tossici e pericolosi sotto forma di emissioni gassose, polveri fini, ceneri volatili e ceneri residue che richiedono costosi sistemi per la neutralizzazione e lo stoccaggio.

Per noi, Medici per l’Ambiente, è prioritario pensare agli effetti sugli esseri umani più fragili, perché già malati, o più suscettibili come bambini, donne in gravidanza, anziani. Il rischio non è solo riferibile ad una maggiore incidenza di tumori (già segnalata), ma anche ad altre problematiche quali: incremento dei ricoveri e della mortalità per cause respiratorie e cardiocircolatorie, alterazioni endocrine, immunitarie e neurologiche.

Si ribadisce che in problematiche così importanti e complesse devono sempre essere privilegiate le scelte che si ispirano al principio di “precauzione”, alla tutela e salvaguardia dell'ambiente, consci che la nostra salute e quella delle future generazioni è ad esso indissolubilmente legata come le drammatiche esperienze su amianto, benzene, piombo e polveri fini dovrebbero averci insegnato).

L’Associazione Medici per l’Ambiente chiede che:

1. Venga istituita immediatamente una moratoria sui progetti di termodistruzione (o termovalorizzazione) in corso;
2. Venga incentivata economicamente la politica delle “R”;
3. A cura delle Autorità competenti, vi sia una efficiente ed efficace azione di verifica e controllo, in continuo, dei possibili inquinanti (al camino, aria, terra e falde acquifere) per gli impianti già in funzione e che questi controlli siano simultaneamente affiancate da rigorosi monitoraggi sanitari delle popolazioni già potenzialmente esposte;
4. Siano istituzionalizzati i Garanti delle popolazioni che dovranno conoscere in tempo reale i risultati delle campagne ambientali, sanitarie e l’andamento delle misurazioni di tutte le possibili emissioni causate dal sistema di smaltimento operante, al fine di proporre tempestive soluzioni.

TUTTI GLI UOMINI SONO RESPONSABILI DELL’ AMBIENTE,
I MEDICI LO SONO DOPPIAMENTE!

Associazione Medici per l'Ambiente – ISDE Italia (www.isde.it) affiliato a International Society of Doctors for the Environment

Che cosa sono le nanopatologie

Per “nanopatologie” s'intendono le malattie provocate da micro- e nanoparticelle inorganiche che sono riuscite, per inalazione od ingestione, ad insinuarsi nell’organismo e si sono stabilite in un organo o in un tessuto.

Le particelle sono liberate naturalmente in atmosfera dai vulcani attivi, dagl’incendi, dall’erosione delle rocce, dalla sabbia sollevata dal vento, ecc. In genere, le particelle di queste provenienze sono piuttosto grossolane. Spesso più sottili e normalmente assai più numerose, sono le particelle originate dalle attività umane, soprattutto quelle che prevedono l’impiego di processi ad alta temperatura. Tra questi processi, il funzionamento dei motori a scoppio, dei cementifici, delle fonderie e degl’inceneritori.

I concetti fondamentali da ricordare sono:
1. Qualsiasi sorgente ad alta temperatura provoca la formazione di particolato.
2. Più elevata è la temperatura, minore è la dimensione delle particelle prodotte.
3. Più la particella è piccola, più questa è capace di penetrare nei tessuti.
4. Non esistono meccanismi biologici od artificiali conosciuti capaci di eliminare il particolato una volta che questo sia stato sequestrato da un organo o un tessuto.

Cibo

Pur non in maniera estensiva, sono già stati eseguiti alcuni controlli sul cibo e sulle materie prime alimentari. Particelle di natura metallica e ceramica sono state individuate in diversi campioni di grano. Per la maggior parte, questi inquinanti solidi sono indubbiamente di origine ambientale. Ad esempio, grano inquinato da particelle di ferro è stato individuato in un campo in prossimità di una linea ferroviaria.
Ma particelle inorganiche inquinanti sono state rinvenute anche nei prodotti finiti come pane e biscotti. E’ ragionevole pensare che la maggiore presenza d’inquinanti nel prodotto finito possa essere introdotta principalmente dai macchinari usati nei processi di lavorazione.

Altro materiale particolato è stato individuato nel fieno, in alimenti quali omogeneizzati per bambini, verdure, e carni. Può essere interessante osservare come particelle di cobalto, cromo, tungsteno e niobio siano state rinvenute nel fegato di acciughe dell’Adriatico e tungsteno nel fegato di pesci gatto pescati in Emilia. Risulta evidente come, una volta che il particolato micro- e nano-dimensionato non biodegradabile sia entrato nella catena alimentare, se non si studieranno e si applicheranno tecniche ad hoc sarà molto arduo se non impossibile liberarsene prima che questo sia arrivato all’uomo.

Fonte: nanodiagnostics.it