Nessuno è perfetto. Né CRISPR né la peer-review

Nessuno è perfetto. Né CRISPR né la peer-review
crispr
Science Photo Library / AGF

Uno studio appena pubblicato accusa la nuova tecnica di editing genetico CRISPR di provocare centinaia di mutazioni inattese, gettando nel panico gli investitori. Ma le critiche allo studio si moltiplicano, sottolineando il piccolo numero di soggetti esaminati – appena due – e vari altri errori di metodo: tanto che a finire sul banco degli imputati potrebbe essere il processo di validazione degli articoli scientifici. La perfezione non è di questo mondo, e nemmeno di CRISPR. Ma chi la settimana scorsa ha suonato la campana per la più celebrata tecnica di editing genomico dovrà, probabilmente, ricredersi. Dalla comunità scientifica infatti si sono levate numerose voci critiche riguardo allo studio appena pubblicato da “Nature Methods” sulle “centinaia di mutazioni inattese” causate da CRISPR. E alcuni ricercatori hanno già annunciato di essere sul punto di pubblicare delle analisi che contraddicono le conclusioni dell’esperimento.

CRISPR è considerata una tecnica di modificazione genetica semplice da usare, economica e molto precisa, per questo è stata rapidamente adottata da migliaia di laboratori in tutto il mondo. Ma molto precisa non vuol dire infallibile.

È risaputo che l’enzima responsabile del processo di editing (Cas9) può tagliare, e dunque modificare, il DNA in punti diversi da quello prescelto come bersaglio. Tant’è vero che diversi gruppi di ricerca hanno lavorato per mettere a punto delle varianti più specifiche dell’enzima, come la Cas ad alta fedeltà. Il punto insomma non è se CRISPR possa generare delle mutazioni indesiderate.

Le domande a cui rispondere sono altre: queste mutazioni di troppo, che sono chiamate off-target, si presentano spesso? E disponiamo di approcci efficaci per tenere il problema sotto controllo?

Il responso degli specialisti finora era stato ottimista: adattando la concentrazione dei reagenti, veicolando adeguatamente le molecole guida dentro le cellule ed utilizzando le varianti più avanzate della tecnologia, le mutazioni indesiderate sono un problema gestibile. Sul rapporto prodotto a fine aprile da un gruppo di lavoro ad hoc incaricato dalla Commissione europea, ad esempio, si legge che: “in confronto agli effetti indesiderati delle tecnologie convenzionali, gli effetti fuori-bersaglio delle nuove biotecnologie sono rari”.

Com’è possibile allora che Kellie Schaefer e colleghi su “Nature Methods” abbiano riportato oltre mille mutazioni generate in un singolo esperimento di editing sul topo? Il panico degli investitori, che si sono affrettati a vendere le azioni delle società biotech specializzate su CRISPR, è giustificato? I sogni di una nuova terapia genica all’insegna di CRISPR sono destinati a infrangersi?

A ben vedere lo studio in questione ha diversi punti deboli, uno dei quali macroscopico e facilmente comprensibile anche per i non-specialisti. Si basa su un campione talmente esiguo da apparire del tutto inaffidabile: i topi editati con CRISPR e analizzati sono solo due, e a questi si aggiunge un solo topo non modificato e usato come controllo.

“Penso che questa sia la prima volta che vedo una pubblicazione in cui il numero degli autori (6) e delle affiliazioni (7) supera il numero degli animali usati”, ha notato sarcastico un ricercatore in un forum online.

Se poi si aggiunge che i due topi editati erano fratelli, mentre non è chiaro il grado di parentela dell’animale di controllo, sorge naturale il sospetto che molte delle mutazioni attribuite a CRISPR fossero normali variazioni genetiche condivise dalle due cavie prima ancora dell’editing. Affermazioni importanti richiedono prove solide e queste davvero non lo sono.

Gli autori dello studio contestato sostengono che CRISPR abbia causato mutazioni in siti imprevedibili, diversi da quelli identificati dagli algoritmi per la previsione delle mutazioni fuori bersaglio. Ma anche qui sarebbero scivolati su una buccia di banana.

Un commento che assomiglia a una confutazione è comparso su PubMed Commons a firma di Xiaolin Wu, che contesta persino la “top ten” dei siti off-target. Un altro ricercatore specializzato nell’uso di CRISPR, Gaetan Burgio, ha annunciato sul suo blog l’imminente pubblicazione di un’analisi critica, probabilmente su BioRxiv. La sua ipotesi è che ci troviamo di fronte a una miriade di “falsi positivi”, ovvero variazioni naturali scambiate per mutazioni indotte da CRISPR.

Anche l’italiano Enrico Bucci, noto per aver smascherato diversi articoli scientifici contraffatti, sta passando al setaccio i numeri pubblicati su “Nature Methods” e al telefono con noi manifesta seri dubbi: “Questi dati protrebbero essere veri, sbagliati o casuali”.

Perplesso è anche Michele Morgante, presidente della Società italiana di genetica agraria, che ci fa notare una sproporzione sospetta nella tipologia delle mutazioni riscontrate. Ulteriori ragioni di scetticismo sono state espresse su twitter da Sam Sternberg, collaboratore di una delle inventrici di CRISPR, Jennifer Doudna (e suo co-autore nel libro su CRISPR che uscirà il 13 giugno). Anche lui avrebbe voluto vedere un campione di topi statisticamente presentabile e una progettazione sperimentale ben più solida.

In definitiva questo lavoro anziché svelare i difetti nascosti di CRISPR, potrebbe rivelare la fallibilità del processo di validazione degli articoli pubblicati dalle riviste specializzate.

Nessuno è perfetto, dicevamo. Nemmeno la peer-review.

Anna Meldolesi/CRISPeRMania

(L’originale di questo articolo è stato pubblicato nel blog CRISPerMania il 4 maggio 2017. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)

lescienze.it