Nikola Tesla: la scienza di un altro mondo

Tesla

Nikola Tesla«La luce brillò nelle tenebre, ma le tenebre non la compresero» (Vangelo di Giovanni): ma non la compresero oppure non vollero comprenderla? Questo è il problema. Riferirsi alla luce che brilla parlando dell’inventore della corrente alternata e della lampadina a fluorescenza può sembrare una boutade, ma questo passo del Vangelo di Giovanni si adatta per molte ragioni alla vicenda di Nikola Tesla, che possiamo dividere in due distinte fasi le quali, almeno in un certo senso, coincidono con luce e tenebra.3

Nikola Tesla è nato nel 1856 a Smiljan, in Croazia, da padre serbo – ministro di culto ortodosso – e madre croata; dopo essersi laureato nel 1857 in ingegneria con indirizzo elettrico e meccanico a Graz, in Austria, nel 1884 si trasferisce definitivamente negli Stati Uniti, dove arriva con in tasca una lettera di presentazione di un ingegnere inglese con cui aveva lavorato in Europa e poco di più.

I suoi primi anni negli Stati Uniti furono quelli delle invenzioni e realizzazioni per le quali, almeno per la maggioranza del pubblico, è rimasto celebre: la bobina per la corrente alternata, la lampadina a fluorescenza, il tachimetro e l’iniettore elettrico per automobili e tante altre che non è facile, nè breve, elencare, dal momento che i brevetti registrati da Tesla sono stati circa 700. A lui, e non a Marconi, si deve anche l’invenzione della radio, come ha riconosciuto la Corte Suprema degli Stati Uniti anche se molti anni dopo la sua morte.

Nonostante la funzionalità pratica ed anche l’economicità d’uso di queste sue prime invenzioni, che erano oltretutto in grado di produrre alti profitti con il loro impiego su vasta scala, non fu affatto così facile e scontato per Tesla far valere le sue realizzazioni: un intreccio di interessi economici e di consolidate verità scientifiche vi si opponevano, in particolare quelli legati alla produzione e distribuzione di energia elettrica basati sulla corrente continua elaborata da Edison, per la cui compagnia anche Tesla lavorò. Ma la indiscutibile maggior efficacia della tecnologia messa a punto da Tesla prometteva anche un più elevato ritorno economico, soprattutto in termini di minori investimenti necessari per la produzione e la distribuzione dell’energia; alla fine Tesla si impose ed ebbe i riconoscimenti che meritava, anche economici, che gli permisero di cominciare libero da condizionamenti nuove ricerche e sperimentazioni.

Che cosa spingeva Nikola Tesla verso nuove ricerche e, soprattutto, che cosa cercava?

Per cercare di rispondere a questo interrogativo è utile una riflessione sul metodo di lavoro di questo scienziato, che era basato interamente sull’osservazione sperimentale: prima di iniziare una formalizzazione matematica o tecnica, Tesla registrava minuziosamente tutti i fenomeni che riscontrava nei suoi esperimenti, ripetuti fino ad aver annotato tutte le «risposte» scaturite dalle sperimentazioni, senza ignorare nessuna di esse: come un puzzle da ricostruire con tutti i pezzi disponibili, nessuno escluso.

Un atteggiamento di grande umiltà nei confronti della natura che ci circonda, che per Tesla andava compresa nel profondo per poter imbrigliare tutte le potenzialità in essa nascoste al fine di ottenere un miglioramento delle condizioni dell’umanità.Altri scienziati hanno invece spesso trascurato deliberatamente le anomalie che riscontravano nei loro esperimenti per far quadrare i loro calcoli , rischiando così di costruire un edificio, magari formalmente ineccepibile, ma costruito su di un terreno sbagliato, facendo così una mappa del territorio ma non un immagine reale dello stesso. Ed è proprio nel corso di uno dei suoi esperimenti-osservazioni che Tesla intuisce che «qualcosa» era all’origine delle anomalie da lui riscontrate, «qualcosa» che chiamò «etere»: una sostanza che pervaderebbe tutto l’universo, una potenziale infinita energia che, se imbrigliata, sarebbe disponibile per tutti.

«L’etere è portatore di luce e riempie ogni spazio, l’etere agisce come forza creativa che dà la vita». (1) L’intuizione dell’esistenza dell’etere avviene durante gli esperimenti che Tesla conduceva prima a Long Island e poi a Colorado Springs, lo scopo dei quali era quello di trovare la possibilità di ottenere energia utilizzando un’onda che, indirizzata fino al centro della terra, la quale avrebbe «risuonato» elettricamente con la sua frequenza, sarebbe poi rimbalzata su di una strumentazione che l’avrebbe amplificata e spinta verso la ionosfera per poi essere ritrasmessa a terra e raccolta mediante appositi ricevitori (2): il risultato sarebbe stato quello di una trasmissione di energia elettrica senza fili ed in quantità illimitata su tutto il pianeta.

Questo era il vero significato della ricerca per Tesla: «la scienza non è nient’altro che una perversione se non ha come suo fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell’umanità». (3) Ed è a questo punto che le ricerche di Tesla diventano economicamente non profittevoli per i grandi capitali, anzi, potenzialmente fallimentari per tutti coloro che avevano investito ingenti somme nella produzione e distribuzione di energia elettrica.

Non solo: anche per la scienza «ufficiale» Tesla diventa un problema: la teoria della relatività viene pubblicata nel 1905 e riscuote un enorme successo nella comunità scientifica: ma l’etere di Tesla non ha posto nella struttura di questa costruzione teorica. Tesla viene quindi emarginato sia dall’ambiente accademico che da quello industriale e la sua produzione tecnico-scientifica, da questo momento in poi, è rimasta nei suoi appunti e in alcuni – rari – articoli di giornale. «Il dono del potere della mente proviene da Dio, Essere Divino, e se concentriamo le nostre menti su quella verità, noi ci sintonizziamo con questa grande potenza». (4)

Tesla si è certamente sintonizzato con questa potenza, ma il mondo accademico e industriale lo abbandona: dal suo isolamento ogni tanto fa sentire la sua voce, ed in modo chiaro ed esplicito, come nel 1908 sul New York Times: «Ogni atomo ponderabile è differenziato da un fluido tenue, che riempie tutto lo spazio meramente con un moto rotatorio, proprio come fa in vortice di acqua in un lago calmo. Una volta che questo fluido – ovvero l’etere – viene messo in movimento, esso diventa grossolana materia. Non appena il suo movimento viene arrestato la sostanza primaria ritorna al suo stato normale…

Può allora accadere che, se riesce in qualche modo a imbrigliare questo fluido, l’uomo possa innescare o fermare questi vortici di etere in movimento in modo da creare alternativamente la formazione e sparizione della materia. Dunque al suo comando, quasi senza sforzo da parte sua, vecchi mondi svanirebbero e nuovi mondi entrerebbero nell’esistenza. L’uomo potrebbe così alterare le dimensioni di questo pianeta, controllare le sue stagioni, aggiustare la sua distanza dal sole, guidarlo nel suo viaggio eterno lungo l’orbita di sua scelta, attraverso le profondità dell’universo. Egli potrebbe far collidere i pianeti e creare i suoi soli e le sue stelle, il suo calore e la sua luce, egli potrebbe dare origine alla vita in tutte le sue infinite forme. Dare origine alla nascita e alla morte della materia sarebbe il più grande degli atti umani, cosa che darebbe all’uomo una conoscenza profonda della creazione fisica; tutto questo gli permetterebbe di compiere il suo destino ultimo». (5)

Fantascienza?
A poco più di mezzo secolo dalla sua morte, avvenuta nel gennaio del 1943, le intuizioni di Tesla sembrano trovare conferme sempre più concrete: uno dei più noti ricercatori che oggi ha proseguito lungo la direzione da lui indicata è il fisico nucleare Thomas Bearden, che ha elaborato una formulazione matematica degli esperimenti di Tesla giungendo a delle conclusioni ancora più straordinarie in relazione all’etere: «le onde di Tesla, quelle che lui chiamava vagamente ‘etere’ o ‘energia cosmica’ non sarebbero altro che onde scalari in un flusso di cariche senza massa… queste onde nascerebbero dal vuoto, un vuoto senza massa ma dotato di carica ed inondato da un flusso di particelle virtuali cariche.

Si tratterebbe di qualcosa che non esiste nello spazio ordinario ma solo nello spaziotempo nella sua totalità… in questa strana iper-realtà, secondo i calcoli ed i ragionamenti di Bearden diventerebbero possibili manifestazioni che sono impossibili nell’universo vettoriale: velocità superluminale, universi multipli, viaggio avanti e indietro nel tempo, dimensioni più elevate, variazione di tutte le costanti fondamentali in natura, materializzazione e smaterializzazione e perfino violazione del principio di conservazione dell’energia. Usando dunque le onde scalari, le interazioni scalari e la matematica atta a descriverle si entrerebbe in un regno da Bearden definito come ‘super-relativistico’, l’unico in grado di descrivere la realtà elettromagnetica espansa messa alla luce da Nikola Tesla». (6)

Ma anche oggi, così come all’epoca di Tesla, queste teorie, pur parlando con il linguaggio della scienza, hanno vita difficile: troppi interessi di varia natura, economica, accademica, le ostacolano: ciò che la scienza sta scoprendo, lentamente ma inesorabilmente, destruttura una visione puramente materiale dell’universo che ci circonda; uno dei pilastri di questa concezione del mondo, che possiamo esemplificare con «credo solo a ciò che posso vedere e toccare» perde completamente significato: ciò che siamo in grado di percepire, ciò che chiamiamo realtà, è probabilmente solo una frazione, un «ologramma» di qualcosa che è al di fuori della capacità percettiva dei nostri sensi, perlomeno dell’uso che normalmente di essi facciamo.

Solo un atteggiamento verso il mondo libero da schemi rigidi e preconcetti permetterà l’evoluzione della coscienza; così saremo in grado di confrontarci con la nuova scienza, liberandoci dalla dimensione «materiale» che ci ha finora tenuti prigionieri, verso l’alba di un nuovo futuro in cui saremo in grado di riconoscere la luce.

Diego Sozio

Note:

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