Parlare senza parole, in battaglia

Il Giornale Online
Inviata da BIO

Roma – Al centro di una giungla intricata, il plotone aperto a ventaglio attende il momento giusto per far scattare la trappola contro i nemici. Ad un cenno del capo del comandante tutti gli uomini scattano in sincrono, nel silenzio assoluto, cogliendo le proprie vittime di sorpresa: neppure un mugugno ha tradito la presenza degli incursori fino ad un attimo prima dell'assalto. E da dove sono spuntati quei rinforzi aerotrasportati?

L'Esercito USA ci riprova. Dopo aver esplorato le possibilità di una macchina in grado di “leggere” le corde vocali senza fare rumore, ora punta tutto sulla lettura del pensiero: un dispositivo che decodifichi le onde cerebrali o, per meglio dire, lo schema di funzionamento della materia grigia per trasformare il pensiero del soldato in azione. Non ci sarà bisogno di parlare per impartire o disobbedire agli ordini, basterà pensare di farlo.

Gli “elmetti pensanti” sono l'obiettivo a cui puntano le forze armate statunitensi: per il momento ci hanno investito 4 milioni di dollari, equamente suddivisi tra gli scienziati di Università del Maryland, Università di Irvine (California) e Carnegie Mellon, che collaborano allo sviluppo. Gli elmetti dovrebbero trasformarsi, secondo il capo del programma Elmar Schmeisser, in “radio senza microfono” attraverso le quali i commilitoni si scambierebbero messaggi pensieri in “linguaggio semplice, chiaro e in codice”.

All'interno del tech-elmetto non meno di 128 sensori, incaricati di tracciare un elettroencefalogramma del soggetto. Qualcosa di molto simile a quanto già si trova in vendita, in versione molto meno sofisticata ed evoluta, sotto forma di controller neurale per i videogame: in questo caso, come nel precedente, un computer tenta di decodificare ed identificare gli schemi cerebrali che corrispondono ad un pensiero o all'intenzione di svolgere un'azione, traducendo gli stessi in un effetto tangibile nell'universo fisico.

Se nel caso di un videogioco ci si può spostare avanti o indietro, per i soldati si tenterà di fare di più: “Riteniamo di poter impiegare il computer per identificare le onde che corrispondono ad un comando che il cervello impartisce a labbra e lingua” spiega Schmeisser. A questo punto, il comando verrebbe trasformato in una informazione da passare al, o agli, interessati. Scavalcando, tuttavia, tutta una serie di difficoltà tecniche di varia entità.

Mike D'Zmura, ricercatore di Irvine, ne illustra alcune: decodificare l'impronta di un pensiero in un EEG non è così scontato, ad esempio, e può constare anche di un complesso lavoro di analisi di diversi flussi per scremare solo le informazioni utili allo scopo. Un'operazione, quest'ultima, che può essere resa possibile in tempo reale solo da una adeguata potenza di calcolo a monte, ma che non può prescindere, tra l'altro, dalle differenze delle onde cerebrali di ciascun individuo: la macchina dovrebbe quindi essere tarata per ciascuna “testa pensante”.

Rigettata ogni accusa di “leggere nel pensiero” dei coscritti: “Per far funzionare il dispositivo bisogna volerlo, bisogna allenare il sistema a leggerti la mente – chiarisce D'Zmura – Impossibile farlo senza il contributo e l'impegno del soggetto”. Quest'ultimo dovrebbe allenarsi a “pensare forte” per rendere cristalline le proprie intenzioni al computer, fattore questo che prevede – almeno per il momento – una certa dose di preparazione per l'utilizzatore.

In prospettiva, vale a dire tra almeno una decina d'anni, Schmeisser ritiene che questo tipo di interfaccia possa farsi strada anche tra i civili: ad esempio come strumento di conversazione realmente discreta, anche negli spazi più angusti, a prova di maleducati. Resta da capire come, oltre ad ascoltare, l'elmetto pensate sarà in grado anche di parlare al cervello di chi lo indossa.

Luca Annunziata

Fonte: http://punto-informatico.it/2411887/PI/News/parlare-senza-parole-battaglia.aspx