Peter Swan: "In 20 anni l’ascensore spaziale sarà realtà"

Il Giornale Online

Grazie a una piattaforma marina all'equatore e a un cavo in nanotubi di carbonio intrecciati porteremo nello Spazio merci e persone. Ce lo racconta il direttore dell’International Space Elevator Consortium

di Christian Benna

“Vuoi uno scoop stellare? Vediamoci fra vent’anni alle isole Galapagos e sarà tutto tuo”. Peter Swan se la ride anche oggi, presentando in anteprima, nella sede di Altec a Torino, il centro di tecnologica logistica avanzata di Thales Alenia Space che ha ospitato il simposio sul Futuro dell’esplorazione spaziale, le 400 pagine di studio di fattibilità dell’ ascensore spaziale che porterà in orbita merci e persone. Tra vent’anni o giù di lì, secondo Swan, il filo dei sogni sarà pronto.

Lui è il direttore e vicepresidente dell’ International Space Elevator Consortium, l’ente nato nel 2008 a Mountain View in California, che vuole strappare l’ ascensore spaziale dalla fantascienza e portarlo nella dimensione della realtà. Da giovane ricercatore universitario di aerodinamica, Peter Swan studiava il modo di collegare la Terra con la Luna. Il tentativo non è andato a buon fine, ma gli ha insegnato molto, dice lui. Poi si è concentrato sul lancio dei satelliti lavorando per l’Air Force degli Usa e in seguito per Motorola, è anche diventato professore emerito all’Università di Tecnologia di Delft.

Negli ultimi quattro anni è tornato al primo amore, a quel progetto di collegare la Terra con lo spazio attraverso un filo. E ha diretto il team di 41 scienziati e ingegneri, membri dell’ International Academy of Astronautics, l’ong con sede a Parigi che promuove una nuova corsa all’esplorazione di stelle e pianeti, per porre le basi del primo ascensore spaziale. “Ci arriveremo. È solo questione di tempo – dice Swan – Nel 2035 o nel 2050 poco importa. Ma l’ascensore spaziale è l’unica soluzione economicamente sostenibile per trasportare merci ed esseri umani nello Spazio. E il nostro studio dimostra che l’infrastruttura è realizzabile. Quando ci riusciremo dipenderà dallo sviluppo dei materiali idonei per questo tipo di opera. Ma non siamo molto lontani dalla meta”. La cassetta degli attrezzi, innanzitutto.

L’ascensore pensato dal team di Swan è un tether elettrodinamico lungo 100 chilometri con una base su una piattaforma marina, di quelle usate per le perforazioni petrolifere offshore, da localizzarsi all’equatore, preferibilmente nei pressi delle Galapagos. Una zona dove i “mari non sono particolarmente mossi, e inoltre è una posizione strategica, lontano dagli appetiti di singoli governi, perché vogliamo che la struttura sia accessibile a tutti i paesi”. Per realizzare l’opera, tuttavia, servono materiali che oggi non esistono. Come quel tether elettrodinamico su cui cui viaggerà la navicella ascensore. Al suo apice avrà un diametro di un metro, e sarà realizzato interamente in nanotubi di carbonio intrecciati, e dovrà avere una resistenza di 38 MYuri (N/kg/m), in grado di sopportare condizioni climatiche avverse: fulmini, radiazioni, collisioni con meteoriti.

“In laboratorio oggi arriviamo a 10 MYuri. Quindi c’è ancora molta strada da fare. Ma molte aziende e istituti di ricerca stanno lavorando per raggiungere l’obiettivo dei 38 MYuri”. E cita il caso dei finlandesi di Kone che hanno appena presentato al mercato dei supergrattacieli un filo in carbonio per ascensori capace di estendersi fino a un chilometro. L’ascensore si muoverà grazie alla forza di pannelli solare fino a portare a destinazione il carico, nella stazione Geo, il complesso spaziale che accoglierà la navicella e da cui partiranno le missioni per rifornire la Stazione spaziale internazionale. La costruzione inizia con il lancio di un satellite (di 87 tonnellate) e viene completata con dei veicoli che aumentano lo spessore del cavo, fino a un metro, avvolgendo i nanotubi di carbonio.

L’investimento per l’infrastruttura è stimato oltre i 10 miliardi di dollari. Che dovrebbe andare in conto a un consorzio di costruttori internazionali. Il rendiconto economico, secondo Swan, è garantito. E in meno di dieci anni possiamo immaginare una struttura in grado di fare utile. “Oggi spedire merce nello spazio costa 20mila dollari per chilo. L’ascensore spaziale potrebbe farlo per 500 dollari. Un razzo impiega fino all’80% del suo carico per il carburante, il 16% per la sua stazza, e poco rimane per il trasporto. Le nostre navicelle ancorate sul cavo prevedono di trasportare, senza interruzione, carichi fino a 14 tonnellate alla velocità di 200 chilometri all’ora. In un primo tempo solo merci, poi anche i passeggeri”. Fantascienza o realtà poco importa. A fine agosto a Seattle si riuniranno i maggiori esperti di ascensori spaziali per la conferenza mondiale dell’International Space Elevator Consortium. E sarà presentato integralmente lo studio di fattibilità del team di Peter Swan.

Immagine: crediti – Photolibrary http://www.cosmosmagazine.com/features/orbital-express/
Fonte: http://daily.wired.it/news/tech/2013/07/04/swan-esplorazione-spaziale-562785.html