Principio di compensazione quantistica dei nuclei inconsci

Fausto Intilla

“Come nella memoria si costellano fatti lontani fra loro, formando mulinelli nel flusso dei ricordi, così capita nella vita che si aprano vortici dove roteano svasati in una coincidenza, in una simultaneità inspiegabile, elementi che dovrebbero essere separati dal tempo e dallo spazio. Ne nasce, in chi vive quegli attimi, una meraviglia pura: un’aura sprigiona da quelle sovrapposizioni. Viene in mente la metafora degli scolastici: gli angeli che sono fuori dal fiume del tempo, di quando in quando vi immergono un piede. Quando avvengono coincidenze, è come se scorgessimo un’orma angelica nel nostro mondo.
Elémire Zolla

Dai “nuclei inconsci” alla Sincronicità

Fausto Intilla
Fausto Intilla

Qualche anno fa, ebbi l’occasione di conoscere …per “puro caso”(1), la famosa ricercatrice americana Brenda Dunne, manager dell’istituto e laboratorio di ricerche PEAR (l’acronimo si traduce in: Princeton Engineering Anomalies Research), situato nei pressi della Princeton University, nel New Jersey, Stati Uniti. In quel periodo i miei pensieri erano quasi tutti rivolti verso un tipo di ricerca che fosse in grado di unificare i concetti di Sincronicità (Junghiana), Non Località e collasso della funzione d’onda.

1 Chi conosce le basi della teoria Junghiana della Sincronicità, e riconosce in essa una buona dose di attendibilità e veridicità, è altresì consapevole del fatto che nulla (…ma proprio nulla), accade nella vita di qualsiasi essere umano per puro caso; ma tutto è predefinito secondo una sorta di Piano Divino che non lascia spazio a nessun evento casuale. E questo è l’unico motivo per cui ho posto tra virgolette l’espressione: per puro caso.

Che tale correlazione esista realmente, si evince palesemente analizzando con un minimo di senso critico tutto ciò che tali principi e teorie ci offrono con i loro aneddoti, le loro “speculazioni”,le loro “sane radici” culturali da cui provengono, e tant’altro; ma riuscire a definirne i reali contorni e caratteristiche fondamentali (magari anche in termini matematici, possibilmente),è tutto un altro…”paio di maniche”. Ebbi quindi modo di discutere di tali argomenti, con la dottoressa Dunne ed alcuni membri del PEAR. La complessità sul piano logico-matematico che ovviamente nasceva dal voler trovare una teoria che unificasse le tre teorie succitate, inizialmente suscitò in noi tutti un certo senso di impotenza unito ad una frustrante semi-consapevolezza che stessimo per avventurarci in qualcosa di “troppo grande” per delle comuni menti umane (come le nostre ovviamente;anche se fornite di una buona dose di “sapienza scientifica”).

Passammo quindi alcuni mesi, a tentare di unire le nostre forze per poter giungere a delle sane ipotesi, che ci permettessero di ideare degli esperimenti in grado di dimostrare almeno in parte alcuni “principi base” di unificazione delle tre teorie in questione (Sincronicità,Non Località e collasso della funzione d’onda). Tutti i nostri tentativi, si rivelarono comunque assai infruttuosi.

La svolta arrivò, inaspettatamente, qualche tempo dopo aver unanimemente rinunciato a compiere degli “sforzi psichici” in una direzione che a tutti noi appariva quasi surreale e forse ai limiti del “buon senso scientifico”.

L’intuizione che ci aiutò a muovere i primi passi verso una parziale concretizzazione di alcuni aspetti relativi appunto alla tanto agognata “teoria unificatrice”, l’ebbi proprio nel momento in cui ormai avevo perso ogni speranza di trovare qualche soluzione (o principio di base) “oggettivamente accettabile”, che si adattasse all’attuale modello teorico sui concetti in questione. Una semplice intuizione che mi portò a formulare il seguente principio (al quale diedi il nome di Principio di compensazione quantistica dei “nuclei inconsci”): “Per ogni annullamento di qualsivoglia nucleo energetico inconscio,definito principalmente da determinate aspettative-convinzioni (umane),vi è un determinato collasso della funzione d’onda dell’elettrone (che definisce la realtà che attorno al soggetto-individuo prende forma), i cui esiti saranno positivi o negativi, a dipendenza dell’intensità e dei parametri della realtà soggettiva, relativi ai nuclei inconsci del soggetto-individuo in questione”.

Ciò che chiaramente occorre definire (prima di ogni altra cosa) in tale Principio, è il significato di “nucleo inconscio”. L’idea che tali nuclei, siano da intendersi esclusivamente in “senso figurato”, poiché tendenzialmente veniamo indotti a relegarli in ambito psicologico (e non fisico), è da escludersi in partenza. Essi sono quindi da intendersi come delle vere e proprie strutture energetiche che potrebbero estendersi anche oltre i limiti volumetrici del cervello (o trovarsi semplicemente altrove, in un’altra parte del corpo umano); ovvero come delle quantità di energia che vengono liberate in determinate condizioni particolari, e soprattutto fisicamente non quantificabili poiché “integrate” nel nostro campo elettromagnetico.

Oltre a tale aspetto, è altresì d’uopo considerarne un altro, anch’esso non meno importante; ovvero, tali nuclei hanno sicuramente (a mio avviso) una natura dualistica (ossia possono essere intesi sia come delle vere e proprie strutture energetiche, sia come delle onde di probabilità).

Fatta questa prima premessa, per poter affrontare anche il seguito di queste teorie, occorre comunque che sia ben chiara la definizione di “Principio di compensazione quantistica dei nuclei inconsci”. Spero innanzi tutto che sia chiaro il fatto che le mie ricerche vanno oltre la semplice “interpretazione quantistica” del pensiero umano. Una domanda che mi è stata posta parecchie volte sui forum scientifici presenti in Internet (forum italiani, inglesi ed americani, ai quali solitamente partecipo per divulgare queste mie teorie allo scopo di capire quali sono, agli occhi del lettore interessato, i punti più oscuri in esse contenuti e che necessitano quindi di ulteriori delucidazioni), è la seguente:

“Cosa si intende con esiti positivi o negativi, menzionati nel tuo Principio sui nuclei inconsci ?” In genere,per rispondere a questa domanda, prendo in prestito un breve stralcio di testo presente in uno dei miei libri (Dio=mc2), che fa da introduzione ad uno degli ultimi capitoli (Stargate) e che funge quindi da esempio-aneddoto, ottimo ritengo, come primo abbozzo di risposta ad una domanda che appare assai semplice, ma che allo stesso tempo si ritrova legata a dei concetti non proprio così evidenti e di facile comprensione. Il testo è il seguente:

“(…)Vedo una scala .In cima a questa scala vi è una porta.Cosa ci sarà dietro quella porta? Proviamo a salire…ecco la porta,sono dinanzi a essa. Poggio la mia mano sulla maniglia. Chissà, sarà aperta oppure chiusa? Mi basterà fare una leggera pressione sulla maniglia per scoprirlo…et voilà, ecco che la porta inizia ad aprirsi…Il luogo in cui mi ritrovo è davvero incantevole,forse è bene che io vi rimanga …almeno per un po’, diciamo…qualche minuto.

Uno ….due….tre….quattro minuti…ora è meglio che io rientri a casa, si è fatto tardi. Tornerò domattina. Esco. Richiudo la porta e scendo le scale. Ed eccomi il giorno dopo.

La stessa scala;la stessa porta. Salgo le scale. Sono dinanzi alla porta. Chissà, quest’oggi sarà ancora aperta oppure no? Mi basterà fare una leggera pressione sulla maniglia per scoprirlo…et voilà, ecco che la porta inizia ad aprirsi…Il luogo in cui mi ritrovo è sempre lo stesso. Vi rimango solo tre minuti, poi esco. Richiudo la porta e scendo le scale. Tornerò domattina. Passano le ore… Il giorno dopo… Ci risiamo,ecco la scala ed ecco la porta. Salgo le scale.Sono dinanzi alla porta e penso:

“Molto probabilmente sarà aperta”. In modo piuttosto disinvolto poggio la mano sulla maniglia…et voilà, per la terza volta consecutiva la porta era effettivamente aperta. Non ne sono affatto meravigliato. Ancora lo stesso luogo. Vi rimango per circa due minuti. Poi esco,richiudo la porta e scendo le scale, promettendomi di ritornare in quel posto l’indomani. Il giorno successivo…  Ecco la solita scala e la solita porta. Inizio a salire le scale. “Allora, vediamo…oggi devo andare dal barbiere, andare in posta a spedire delle lettere, controllare la posta elettronica, passare da mia madre a riportarle la pirofila…ma comunque ora entriamo in questo stupendo luogo di pace dall’aspetto idilliaco”. Mi mancano tre gradini e avrò raggiunto la porta; mi vedo già oltre la soglia, all’interno di quel luogo ameno.

Ho la certezza inconscia pressoché assoluta che tra pochi istanti poggerò la mano su quella maniglia e aprirò quella porta, niente e nessuno potrà ostacolarmi. Abbozzo un sorriso e in modo assai deciso abbasso la maniglia gettandomi in avanti con impeto…colpo di scena!…la porta non è aperta, e io per poco non ci ho sbattuto contro la testa. Ancora una volta,come accade spesso a tutte le persone nell’arco di una vita (…o di più vite), gli ultimi pezzi di un semplice puzzle sembrano non voler combaciare con le proprie aspettative. Delle aspettative inconsce che rispondono soltanto ad una logica, quella propria e soggettiva di ogni essere umano.

Ragazzi, la logica dell’Universo è assai più complessa. Ogni volta che le nostre aspettative si trasformano in qualcosa di più “solido”, ossia in strutture mentali che non danno più spazio ad ogni sorta di dubbio, e che quindi definiscono un potenziale futuro come qualcosa che in definitiva non ha più nulla di potenziale, poiché viene dato quasi completamente per scontato; ebbene in questo preciso istante, tutte le funzioni d’onda che il nostro sistema (corpo-mente-anima) è riuscito a far collassare in precedenza a proprio favore (creando quindi una realtà “positiva”), cambiano completamente direzione per dar spazio invece ad una realtà meno favorevole. Lo sapete che cosa significa questo? Significa che sono le nostre aspettative,i nostri desideri più accesi, le nostre stupide convinzioni, le nostre stupide illusioni…a far sì che la realtà muti attorno a noi nel modo più sfavorevole!(…)”

In tale “caso limite”, si potrebbe quindi parlare di un esito negativo, relativo ad un determinato nucleo inconscio (l’assoluta convinzione inconscia di trovare la porta aperta). La realtà delle cose, prende forma attraverso la reciproca interazione tra aspettative-convinzioni (assolute e semiassolute) proprie di ogni mente-pensiero umano con quelle di qualsiasi altro individuo (o entità biologica “pensante”) e l’ambiente inanimato a noi circostante, dando luogo in ultima analisi al collasso della funzione d’onda relativo al sistema preso in considerazione, che a sua volta va ad influenzare la funzione d’onda dell’intero Universo a noi noto. I nuclei energetici che definiscono le aspettative-convinzioni umane, sono rapportabili (poichè strettamente connessi) al “collasso della funzione d’onda dell’elettrone”, che in ultima analisi definisce la Realtà delle cose a noi circostante.

Il perchè, tali aspettative-convinzioni, quando creano delle vere e proprie strutture “solide” a livello psichico (nuclei inconsci difficilmente dissolvibili), diano luogo a dei “collassi negativi” della funzione d’onda (nel senso che la realtà prende forma attorno al soggetto in modo ad egli sfavorevole), non mi è ancora purtroppo chiaro. La mancanza di nuclei inconsci solidi (ovvero di forti aspettative e convinzioni in relazione ad un determinato oggettocontesto) in un individuo, facilita il verificarsi di eventi sincronistici (sincronismi) e dona una certa serenità psico-fisica al soggetto in questione. Si tenga presente che tutto il lavoro svolto da uno psicoterapeuta serio ed intelligente, durante qualsiasi seduta con rispettivo “paziente”, non è nient’altro che uno scambio di Informazione, atto a dissolvere (grazie al cambiamento di prospettiva che viene proposto dall’analista e inculcato dolcemente a livello conscio-inconscio al suo paziente) ogni inutile e mal interpretata aspettativa-convinzione di quest’ultimo sulla Realtà che egli crede di vivere.

Jung chiamava tali convinzioni, assai radicate nella mente di alcuni individui, Costellazioni….e a rigor di logica, difficilmente dissolvibili durante il lavoro di terapia paziente-analista. Fu a questo punto quindi, che riuscii ad intravedere i primi spiragli di luce verso i primi possibili esperimenti da effettuare, atti a dimostrare almeno in parte, alcuni principi base relativi al concetto di nucleo inconscio.

Il Synchro Energy Project (SEP), stava per decollare, e averne semplicemente il “sentore”, per me fu un’emozione ineffabile. Il primo esperimento (al quale parteciparono sessanta volontari disposti a sottomettersi al rilevamento di dati EEG), fu eseguito all’inizio di novembre del 2006 in un piccolo laboratorio nei pressi dell’Università di Losanna (in Svizzera), e per il quale mi avvalsi della collaborazione di tre persone straordinarie (che non smetterò mai di ringraziare per la pazienza e soprattutto la fiducia che hanno riposto nelle mie idee-teorie sin dall’inizio) che rispondono ai nomi di: Patrick Reiner (fisico teorico), Jean- Michèl Bonnet (ingegnere elettronico) e Christine Duval (neuropsicologa e fisiologa). L’esperimento, assai semplice da qualsiasi punto di vista, necessitò del seguente materiale:

– 89 carte della tipologia di quelle Zener, ma prive di qualsiasi immagine; bensì unicamente di colore differente l’una dall’altra, ma solo da un lato, mostrando quindi lo stesso colore se rivolte tutte dalla parte corrispondente al loro retro (back). Tali carte, saranno quindi suddivise a loro volta in tre distinti colori:
ventidue carte bianche, sessantasei rosse ed una sola carta di colore nero. Esse, devono poi essere disposte su un tavolo una sopra l’altra (impilate, ossia a mazzetto) in tale sequenza e coperte (ossia mostrando il retro):

Nera – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca –tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca – tre carte rosse – una bianca
(l’ultima carta a completamento del mazzetto sarà quindi quella bianca, mentre la carta nera rimarrà poggiata sulla superficie del tavolo, coperta dalle altre ottantotto carte).

– Una macchina modulare (Modul Machine) per elettroencefalogramma (EEG). Fu necessario costruire anche (e qui l’intervento di Jean Michèl Bonnet fu davvero decisivo, al fine di poter procedere con l’esperimento), un interruttore di conversione bimodale (per l’entrata inversa del segnale) di transizione e collegare il modulatore di rumore bianco al generatore DC ad alta frequenza. Senza questo interruttore, non sarebbe stato possibile far sì che la doppia elica inerente alla sequenza delle carte si autoestinguesse. Cosa che avrebbe annullato in partenza qualsiasi segnale di stimolo inerente all’EEG. L’esperimento consistette nel misurare (in ben sessanta soggettiindividui volontari), la frequenza mediana dell’EEG (Mc Creery and Claridge, 1996) e la Correlazione di Pearson (Rho) tra i due emisferi (per le frequenze delta,theta, alfa,e beta), durante il lavoro di disposizione delle carte (in successione) una accanto all’altra con relativa “scopertura” delle stesse, sino all’ultima carta del mazzo, quella nera.

Le mie supposizioni (che alla fine si rivelarono fondate), furono sostanzialmente queste: Il soggetto in questione, durante lo svolgimento dell’esperimento, avrebbe dovuto creare-generare, un semplice nucleo energetico inconscio (dovuto al consolidamento graduale delle aspettative sulla regolare sequenza dei colori delle carte), che sarebbe rimasto “nascosto” (grazie ad una regolare-ordinaria oscillazione di frequenza del suo EEG) sino al momento in cui egli non avesse scoperto l’ultima carta (il cui colore nero, era in netto contrasto ovviamente con la regolare sequenza dei colori del resto delle carte).

A tal punto, nel momento esatto in cui sarebbe stata scoperta l’ultima carta (nera), la sorpresa nell’osservare-appurare che quest’ultima non aveva nulla a che vedere con l’ordinaria sequenza delle carte estratte in precedenza, avrebbe dovuto “distruggere” immediatamente quel semplice nucleo energetico inconscio (auto-generatosi attraverso il consolidamento graduale delle aspettative sulla regolare sequenza dei colori delle carte), producendo un’onda anomala ad alta frequenza (al limite della banda beta) che si sarebbe dovuta rilevare nell’analisi dell’EEG.

Maggiori saranno le aspettative (sulla successione sequenziale delle carte) “nuclearizzate” a livello inconscio nel soggetto, e più evidente sarà il picco dell’ “onda anomala” che scaturirà dalla dissoluzione di un tale nucleo inconscio temporaneo, al momento in cui viene scoperta la “carta anomala” (in contrasto con lo schema sequenziale delle precedenti carte). I risultati di tale esperimento, in ben 42 soggetti su sessanta, mostrarono dei picchi anomali in un range tra i 30 e i 30,5 Hz, in relazione alla scopertura dell’ultima carta. La Correlazione di Pearson, mostrò invece in tali soggetti (42) un’improvvisa diminuzione della coerenza tra i due emisferi, proprio nel momento in cui veniva scoperta l’ultima carta.

Anche se le mie ipotesi si rivelarono fondate quindi, questo semplice esperimento, non dimostrava ancora l’effettiva esistenza dei cosiddetti “nuclei inconsci”, ma spingeva comunque a presupporla.

Infatti è ammesso anche dalla scienza ufficiale che stimoli non attesi (in questo caso la carta fuori sequenza) possano generare reazioni neuro-fisiologiche, cerebrali e non, ma da questo non si inferisce nulla di quello che mi interessava provare. Un’altra svolta decisiva, arrivò quindi nel momento in cui intuii qualcosa di ancora più importante, in relazione ad un particolare campo elettromagnetico, quello del cuore.

Ciò che inizialmente dovetti fare, fu di trasformare la seguente ipotesi-supposizione in una sorta di “dato di fatto”, attraverso un’analisi logica (non sperimentale) relativa ad un sistema purtroppo ancora poco conosciuto: il campo elettromagnetico umano e le varie interazioni con le onde cerebrali dello stesso individuo. L’ipotesi che formulai, era la seguente: La dimensione del campo elettromagnetico toroidale del cuore, viene amplificata solo ed esclusivamente durante il dissolvimento di un nucleo inconscio,ma non nel caso di un “picco anomalo” dell’EEG dovuto ad una semplice emozione temporanea.

Tale ipotesi, affonda le sue radici nel fatto che non può esistere nessun nucleo energetico inconscio, situato in zone assi distanti dal nostro cervello, in grado di dissolversi solo ed esclusivamente attraverso delle onde cerebrali. Tutta la medicina cinese, basata sulla manipolazione di determinate parti fisiche di un individuo, a soluzione di determinati problemi psico-fisiologici (come ad esempio l’agopuntura), porta senza ombra di dubbio (grazie ai suoi duemila anni di storia) a convalidare maggiormente tale ipotesi, sino a renderla, a mio giudizio, quasi una vera e propria constatazione, ossia una sorta di “dato di fatto”.

Anche se queste considerazioni, dette da un fisico teorico, potrebbero apparire quasi blasfeme (soprattutto agli occhi di qualsiasi fisicoscienziato, assolutamente fedele al consensus accademico e quindi per principio contrario a considerare-valutare qualsiasi ipotesi che appaia loro “poco ortodossa”), rimango del parere che debbano essere presto o tardi rivalutate anche dai più scettici, onde poterle finalmente rivestire di una degna e meritata importanza, che purtroppo da duemila anni a questa parte, sembra rimanere prevalentemente una prerogativa del mondo orientale.

Tutto ciò che esporrò quindi da ora in avanti a proposito dei successivi esperimenti sui nuclei inconsci, ha un senso solo e soltanto se si considera come un vero e proprio assunto di base questa mia ultima considerazione (esposta precedentemente in grassetto); altrimenti tutto perderebbe inevitabilmente di credibilità e significato. La componente magnetica del campo del cuore, è all’incirca 5000 volte più potente di quella prodotta dal cervello, non è impedita dai tessuti e può essere misurata anche a distanza dal corpo con uno Strumento a Superconduzione di Interferenze Quantiche (SQUID), basato su magnetometri. Riferendoci ora all’esperimento da me proposto al PEAR, è possibile stabilire un legame tra “picco anomalo” dell’EEG al momento del dissolvimento di un nucleo inconscio (generato da una determinata costellazione inconscia), e ampiezza del CEM Toroidale (CEM Toroidale = Campo elettromagnetico del corpo, generato dal cuore,la cui geometria è a forma di Toro).

La dimensione del CEM Toroidale varia da un minimo di 2,5 ed un massimo di tre metri (con asse verticale centrato nel cuore); misurando il rapporto tra il valore del “picco anomalo” dell’EEG al momento del dissolvimento di un nucleo inconscio , e il valore della dimensione (ampiezza) del CEM Toroidale (anch’essa effettuata al momento del dissolvimento di un nucleo inconscio ), si dovrebbe ottenere un valore costante (EEG / SQUID = K).

La mia principale supposizione (confermata in seguito anche in questo caso dagli esperimenti), fu che il CEM Toroidale aumentasse leggermente di ampiezza, proprio nel momento in cui avviene il “picco anomalo” dell’EEG dovuto all’annichilazione di un determinato nucleo inconscio. Come abbiamo visto precedentemente,è vero che la scienza ammette la possibilità di onde anomali durante un determinato evento che vada a toccare i centri emozionali di un individuo;ma affiancando una misurazione SQUID, alla misurazione EEG durante un evento di dissolvimento di un nucleo inconscio,e possibile discernere quali onde anomali siano dovute ad una semplice emozione temporanea, e quali invece siano dovute ad una annichilazione di un nucleo inconscio. E il perché è semplice:

La dimensione del CEM Toroidale viene amplificata solo ed esclusivamente durante il dissolvimento di un nucleo inconscio,ma non nel caso di un “picco anomalo” dell’EEG dovuta ad una semplice emozione temporanea! Conducendo quindi due esperimenti paralleli (con misurazione SQUID e EEG affiancate), uno che preveda un “picco anomalo” dell’EEG dovuto al dissolvimento di un nucleo inconscio, e uno che preveda un “picco anomalo” dell’EEG dovuto ad una semplice emozione temporanea; e andando infine a calcolare i valori ricavati dal rapporto EEG/SQUID in queste due rilevazioni, si andrà ad osservare questo: gli unici valori che definiranno una costante,saranno solo quelli ricavati dal rapporto EEG/SQUID nell’esperimento sui “picchi anomali” generati dal dissolvimento di un nucleo inconscio.

All’inizio del mese di febbraio di quest’anno (2007), partimmo con la seconda fase del Synchro Energy Project. Creammo innanzi tutto due gruppi di volontari di 60 persone ciascuno, per un totale quindi di 120 persone. Il primo gruppo, fu sottoposto all’esperimento con le 89 carte, con rilevazione affiancata di dati EEG (elettroencefalografia) e SQUID (magneto-cardiografia); mentre il secondo gruppo, fu anch’esso sottoposto all’ esperimento con le 89 carte (con rilevazione affiancata di dati EEG e SQUID), ma con una “particolarità” in più rispetto al primo gruppo,ossia: durante la tranquilla seduta in cui il soggetto doveva scoprire le carte una dopo l’altra, circa trenta secondi dopo che egli aveva iniziato a compiere tale operazione, veniva fatto esplodere (ovviamente a totale insaputa del soggetto in questione) un colpo con una pistola scacciacani, proprio dietro alle sue spalle, a pochi metri di distanza(2).

La prima soddisfazione, l’ebbi nel constatare che i risultati relativi al primo gruppo, davano la conferma (con un margine di errore relativamente basso), all’ipotesi sul valore costante (K) ricavato dal rapporto EEG/SQUID nel caso in cui si “dissolvessero” dei veri e propri nuclei inconsci. La cosa che comunque ci impressionò parecchio, fu il fatto che il CEM Toroidale dei soggetti appartenenti a questo primo gruppo, una volta amplificatosi (in misura di pochi centimetri) durante l’estrazione dell’ultima carta (in 39 soggetti su sessanta), ci impiegava circa 40-50 minuti a rientrare nei suoi valori standard (ordinari), propri di ogni individuo.

Questo fatto potemmo appurarlo grazie a quattro volontari che accettarono di rimanere sotto osservazione per qualche ora in più rispetto alla durata standard dell’esperimento. La seconda ed ultima soddisfazione, l’ebbi invece nell’appurare (a conferma anche quest’ennesima volta delle mie ipotesi) che durante una semplice emozione temporanea, (indotta nei soggetti appartenenti al secondo gruppo con l’esplosione inaspettata di un colpo di pistola scacciacani), il CEM Toroidale rimane praticamente invariato.

2 A compiere questo “lavoro ingrato”, che consisteva appunto nel premere di nascosto il grilletto nel momento giusto, fu quasi sempre Jean Michèl. Ancora oggi, ogni volta che gli rammento quella fase dell’esperimento, anche se in tono scherzoso, mi fa comunque osservare che non fu per nulla divertente ricevere insulti di ogni tipo quando incappavano in soggetti …”poco socievoli”.

A questo punto però, il lettore attento si porrà indubbiamente la seguente domanda (del tutto lecita e pertinente al nocciolo dell’argomento in questione, definito da un’idea di partenza che si prefiggeva di trovare un punto d’incontro tra la teoria Junghiana della Sincronicità,il Principio di Non Località e il collasso della funzione d’onda), ovvero: “Ma cosa c’entra il dissolvimento di un nucleo inconscio con la teoria della Sincronicità?” Ogni evento sincronistico (o sincronico), è caratterizzato dal fatto che durante ogni sua manifestazione, avvengano nel soggetto in cui esperisce tale evento, dei “mutamenti di prospettiva” sulla realtà delle cose (che egli interpreta secondo i propri parametri soggettivi), definiti essenzialmente da determinati schemi (nuclei inconsci) in cui diverse aspettative e convinzioni tendono solitamente ad indebolirsi , incrementando così la “crescita spirituale” del soggetto in questione. Mi rendo conto che siamo ancora ben lontani dal trovare una vera e propria teoria in grado di unificare i concetti di Sincronicità , Non Località e collasso della funzione d’onda; il fatto comunque di aver trovato delle vere e proprie correlazioni tra alcuni aspetti-conseguenze della teoria della Sincronicità e la mia teoria sui nuclei inconsci (tra l’altro in parte comprovate dai risultati degli esperimenti compiuti in seno al Synchro Energy Projetc), dovrebbe indurci a credere che forse siamo proprio sulla buona strada per poter giungere un giorno, a qualcosa di molto più vasto e concreto.

Il magnetometro SQUID:

Il dispositivo a superconduzione di interferenze quantiche (SQUID), è composto da due superconduttori separati da sottili strati isolanti, che vanno a formare due giunzioni parallele di tipo Josephson. Il dispositivo può essere configurato come magnetometro per rilevare i campi magnetici incredibilmente piccoli negli organismi viventi.

Il campo limite (o “soglia”) per tale dispositivo (SQUID), equivale a 10^-14 T. Il campo magnetico del cuore equivale invece a 10^-10 T; mentre quello del cervello equivale a 10^-13 T. La grande sensibilità dei dispositivi SQUID, è associata ai cambiamenti di misurazione in un campo magnetico connesso ad un flusso quantico. Una delle scoperte connesse alle giunzioni di Josephson, fu che il flusso tha è quantizzato nelle seguenti unità:

Se un costante flusso di corrente “in eccesso” è mantenuto all’interno del dispositivo SQUID, la tensione (voltaggio) misurata oscilla con i cambiamenti di fase alle due giunzioni, che dipende dal cambiamento nel flusso magnetico.

La meditazione, un “rimedio”alla retrocausalità?

Per concludere con un “tocco di mistero” questa mia esposizione divulgativa sul Principio di compensazione quantistica dei nuclei inconsci e le sue varie correlazioni con la teoria della Sincronicità e il collasso della funzione d’onda, vorrei a questo punto prendere in considerazione un “elemento” finora escluso in tale contesto, ma che a ben vedere, rivela anch’esso un’importanza non indifferente, soprattutto se lo si accosta al principio di Retrocausalità. Questo “elemento”, non è nient’altro che uno stato particolare della nostra coscienza: quello meditativo. Su tale questione, ebbi il piacere di discorrere non molto tempo fa, con l’italiana Cinzia Turnaturi (citata all’inizio di questo libro nei Ringraziamenti), un’esperta in tecniche di meditazione e filosofia Buddhista.

Premetto che se non avessi ritenuto assai interessanti le sue ipotesi-opinioni, sull’interazione tra stato meditativo e principio di retrocausalità, non avrei ovviamente riportato il nostro breve “scambio di vedute” nel presente volume. Se è vero che la nostra mente altera la realtà (“Io non posso credere che la Luna esista soltanto perchè io la osservo” – Albert Einstein,discutendo sulle problematiche inerenti al collasso della funzione d’onda), e se è vero che la meditazione (yoga,pratiche zen,…) “altera” la mente (ovvero produce stati mentali non ordinari), ne consegue, da un punto di vista logico, che la meditazione è da considerarsi come un fattore-vettore nel processo di “alterazione” della realtà (volgarmente:la meditazione “altera” indirettamente la realtà).

Chi è o cos’è alla fine che fa collassare la funzione d’onda? L’osservatore o chi viene osservato (sia esso un corpo animato o inanimato)?…bè, fino ad oggi ancora nessuno è riuscito a trovare delle risposte definitive su tale questione. La realtà è semplicemente…Maya, ovvero qualcosa di cui nessun essere umano potrà mai conoscerne la vera “natura ultima”; un tempo credevamo che massa ed energia fossero due cose ben distinte,ma all’inizio del secolo scorso ci pensò lo zio Albert a cambiare le carte in tavola. Poi,nella seconda metà del secolo scorso comparvero le prime teorie sull’Informazione (Shannon;Bekenstein)…oggi sappiamo quindi che l’Energia,non è nient’altro che una forma complessa di Informazione. Il giorno in cui scopriremo che cos’è,fondamentalmente, l’Informazione,potremo sicuramente affermare di aver raggiunto un gran bel traguardo (…sulla “definizione di realtà”). Secondo la Turnaturi:

“La meditazione modifica la realtà nel senso che ne annulla la distorsione causata dallo stato non meditativo. In altre parole, la meditazione non modifica la realtà ma la rende reale, la rende cioè quella che è. E’ lo stato non meditativo che modifica la realtà. La Realtà non può essere definita, perchè la realtà è un esperienza e per fare esperienza di una cosa devi mettere da parte la mente; e come puoi usare la mente per definire una cosa che esclude la mente? Quando dico che è lo stato non meditativo a modificare la realtà, intendo dire che è la mente a modificarla. Quando si osserva la realtà attraverso la mente, ne abbiamo un’immagine distorta e quando la osserviamo direttamente, con la mente non in funzione, allora la realtà ci appare quella che è. Inoltre, osservare la realtà con il filtro della mente, è come osservarla in play-back; la nostra percezione avviene qualche istante dopo che le cose sono accadute. Mentre, quando la osserviamo senza la mente, i fenomeni vengono colti nell’istante in cui accadono. I miei “studi” mi dicono che non solo il passato modifica il futuro (la mente è passato), ma che anche il futuro modifica il passato”.

Negli ultimi anni un numero crescente di ricerche ha dimostrato l’esistenza della retrocausalità: situazioni nelle quali le cause sono collocate nel futuro e l’informazione si muove a ritroso nel tempo. In questo lavoro si suggerisce di inserire queste informazioni nei processi decisionali al fine di governare in modo più efficace ed efficiente il presente. Le dimostrazioni più
famose di retrocausalità sono state prodotte da:

• PEAR (Princeton Engineering Anomalies Research) che, studiando l’interazione mente/macchina, ha dimostrato la possibilità di modificare l’andamento di generatori di numeri causali con la semplice intenzionalità (Jahn e Dunne 2005).
In questi esperimenti l’interazione anomala mente-macchina risulta essere più marcata nella modalità retrocausale PRP (Precognitive Remote Perception), raggiungendo una significatività (rischio di errore) di p=0,000002 (Nelson 1988).
•Cognitive Science Laboratori che, studiando stimoli fortemente emotivi, ha scoperto l’esistenza di una riposta cutanea anticipata di 3 secondi (James 2003), con significatività statistica (rischio di errore) di p=0,00054.
• Radin e Bierman (1997) i quali dimostrano che la risposta anticipata del sistema nervoso autonomo e la conduzione cutanea possono essere utilizzati come predittori di esperienze future.
• Parkhomtchouck (2002) che utilizza la fMRI (functional magnetic resonance imaging) per studiare la retrocausalità. Tutte queste ricerche hanno mostrato che le emozioni costituiscono il veicolo principe della retrocausalità e delle informazioni che provengono dal futuro. Alle stesse conclusioni era giunto Luigi Fantappiè quando, nel 1942, trovò il collegamento tra soluzione negativa dell’equazione di Dirac, sintropia ed emozioni (Fantappiè 1993).

Chris King (1989) lega la retrocausalità al libero arbitrio e afferma che in ogni momento la vita deve scegliere tra le informazioni che provengono dal passato e le informazioni che provengono dal futuro. Secondo King, da questa attività costante di scelta, da questo indeterminismo di base, nasce l’apprendimento e la coscienza. King sottolinea che la coscienza soggettiva è una necessaria conseguenza della supercausalità che nasce dall’unione della casualità ordinaria con la retrocausalità. (King 2003).

Turnaturi: “Se la causalità ordinaria e la retrocausalità sono determinate dal pensiero, il pensiero è ciò che ci rende coscienti della nostra individualità. In assenza di pensiero, infatti, si perde l’individualità e si entra nella coscienza universale. E’ ildesiderio che trasforma il positivo in negativo. E da sempre ci domandiamo perchè le cose ci vadano sempre male. Siamo noi gli artefici della nostra realtà sfavorevole. Tu da scienziato parli di collasso della funzione d’onda, io da profana parlo di pensiero come “azione”, e che, come tutte le azioni provoca risposte contrarie. Per spiegarmi meglio potrei fare il paragone con il braccio di ferro. Se io tento di buttarti giù, tu reagisci nel senso contrario.

La filosofia buddhista dice che il mondo è una nostra “creazione”, nel senso che sono i nostri pensieri che modellano il mondo secondo le nostre aspettative, e che ci sono tanti mondi quante sono le menti. Trascendere la mente vuol dire osservare l’unico mondo (l’unica realtà) che a quel punto è uguale per tutti. “Osservare” il mondo attraverso i pensieri significa costruirsi un mondo tutto proprio che andrà inevitabilmente a scontrarsi con i mondi degli altri esseri umani. La coscienza razionale è relativa perchè non ci permette di vedere l’insieme, ma solo una parte di esso. La mente razionale crea gli opposti e può “vederne” uno solo alla volta. Se vede il bianco non può vedere il nero, se vede il giusto non può vedere lo sbagliato e se vede il male non può vedere il bene. La mente razionale ha quindi le sue limitazioni ed è come se fosse circondata da un recinto oltre il quale non può vedere.

Trascendere la mente razionale (che il buddhismo chiama ego) vuol dire vedere in un solo colpo tutti gli opposti che a quel punto non sono più opposti ma complementari e che non possono esistere l’uno indipendentemente dall’altro. Trascendere la mente razionale vuol dire cogliere in ogni aspetto il positivo e il negativo, il bello e il brutto, il buono e il cattivo. Ed è per questo che chi ha trasceso la mente appare contraddittorio, per non dire pazzo; perchè egli ha liberato la sua mente dai paletti imposti dal pensiero che non permette di osservare la totalità. E è per questo che si dice che chi ha trasceso la mente (il risvegliato, per intenderci) diventa l’universo, perchè egli non ha più limiti e diventa infinito come l’universo. La Realtà Assoluta non può essere dimostrata perchè essa fa parte di una esperienza soggettiva che ha luogo in assenza di pensiero; e come posso tradurre in parole (quindi dimostrabile) una esperienza che avviene in assenza di “parole”? Ogni intuizione avviene in istanti di cessazione del pensiero e se riesci a divenire consapevole di questo, la tua mente razionale si trasforma nella “Mente di Dio”.

Dal mio punto di vista, la meditazione produce degli stati non ordinari di coscienza,che a loro volta stabiliscono (fissano),attraverso il fenomeno della retrocausalità, determinati percorsi di vita dai quali alla fin fine non possiamo più “sottrarci”, poiché si “cristallizzano” a livello inconscio, stabilendo delle “regole” a noi ignote, che siamo “costretti” a seguire fino alla fine della nostra esistenza terrena. Questo è indubbiamente uno di quei concetti che necessitano ulteriori chiarimenti e approfondimenti, affinchè perda quel velo di ambiguità in cui è avvolto.

La prima cosa che occorre fare,è stabilire una base sulla quale costruire poi tutte le rispettive ipotesi-teorie sul tema in questione;ovvero: la meditazione e i suoi “rapporti” con la Realtà.Tale base,la potremmo improntare su una di queste due possibilità, che da tempo immemorabile fanno discutere l’uomo in seno al concetto di Libero Arbitrio;ovvero: Determinismo o Indeterminismo? La mia risposta quindi è la seguente: Determinismo (…nulla succede per caso,ma proprio nulla). Stabilito questo assunto di partenza,possiamo quindi andare oltre…

Adottando il concetto di Determinismo,qualsiasi “modello” di “volontà soggettiva” volessimo adottare per “spiegare” l’atto in sé della meditazione, non avrebbe alcun senso (in un contesto appunto di “oggettività forte”). La “strada maestra” che qualsiasi individuo percorre nella propria esistenza terrena è una sola, ma con infinite e potenziali diramazioni che a loro volta possono condurre, o completamente “fuori rotta” per poi difficilmente rientrare sulla “strada maestra”,oppure su “strade parallele” che in ogni caso alla fine portano ad una destinazione predefinita. Il punto di arrivo è quindi sempre ed esclusivamente uno solo (e per ogni essere umano vi è un punto d’arrivo diverso, ovvero un determinato “traguardo evolutivo” che potrà affinarsi solo col tempo,ossia col susseguirsi di altre vite).

Il perché quindi,alcune persone siano più predisposte rispetto a molte altre, ad entrare facilmente in determinati stati non ordinari di coscienza (meditazione), non ci è dato saperlo (visto che nel contesto di un’ “oggettività forte”, parlare di volontà soggettiva,scelte consapevoli e libero arbitrio,non ha alcun senso). L’unica accezione in cui possiamo intendere la seguente affermazione,ossia: “La meditazione altera la realtà”,è la seguente: Liberare la mente da tutte le “informazioni superflue” che ci circondano (meditare), non significa quindi aprire un varco verso altre “strade maestre”, ma semplicemente eliminare tutte quelle “diramazioni” che portano in zone “pericolose” per la nostra salute-incolumità (e oltretutto poco “istruttive”), per fissare, attraverso il fenomeno della retrocausalità, uno “schema” di molteplici (ma non infinite) “diramazioni positive” (consone alla nostra natura), attraverso le quali possiamo tranquillamente “inoltrarci” , intuendone, grazie alla retrocausalità, tutti i “benefici”.

Con la meditazione quindi, fissiamo dei parametri a livello inconscio, che ci consentiranno per tutta la vita, di inoltrarci attraverso innumerevoli “diramazioni positive”, di cui ne possiamo intuire a priori tutta la loro importanza in relazione al nostro “senso della vita” (che ovviamente varia da individuo a individuo). In linea di principio (teoricamente), la meditazione dovrebbe quindi provocare, indurre nel soggetto che la esperisce,una minor quantità di “conflitti d’informazione” (a livello inconscio), rispetto all’ipnosi regressiva e alla PNL (programmazione neurolinguistica).

Turnaturi: “Il libero arbitrio non esiste, anche se noi crediamo tutto il contrario. E questo è dato dal fatto che l’ego (fittizia entità) non potrebbe “pensare” diversamente. L’ego stesso è il libero arbitrio, nel senso che ci fa credere che abbiamo il libero arbitrio. Ma dal momento che l’ego è falso, anche il libero arbitrio lo è, perchè esso dipende unicamente dalla esistenza dell’ego. Quanto al perchè alcune persone sembrano essere più predisposte di altre alla meditazione, la mia “opinione” è che questo dipende da un misto di fortuna e di livello evolutivo del soggetto. E’ un pò come lo sviluppare una determinata malattia: dipende dalla genetica (fortuna) e dal comportamento (livello evolutivo) del soggetto”.

Assai interessanti, sono anche queste sue ipotesiconsiderazioni sulla correlazione tra meditazione e retrocausalità, che indubbiamente si discostanto per certi aspetti dalle mie, ma offrono ugualmente degli ottimi spunti di riflessione:

“Attraverso la meditazione cessa il fenomeno della retrocausalità (e della causalità), che si ha quando noi siamo inconsapevoli, mentre essere meditativi vuol dire essere consapevoli. Quando si è in meditazione, quando non ci sono aspettative, quindi, il fenomeno della retrocausalità non si verifica, e l’evento positivo che ne sussegue, non è una trasformazione dal negativo al positivo ma quello che doveva essere. In altre parole: avere delle aspettative (non essere in meditazione) trasforma la realtà in eventi negativi, mentre non avere delle aspettative (quando si è in meditazione, quindi), la realtà è quella che è e non si può definire nè positiva nè negativa. La meditazione è per eccellenza una condizione che elimina definitivamente tutti i conflitti, perchè i conflitti provengono dalla mente, ma se sei in meditazione la mente non è “presente” e allora dove sono i conflitti? La PNL è, invece, un lavoro mentale come tutte le terapie psicologiche; psiche vuol dire mente e l’addove agisce la mente ci saranno sempre conflitti. La meditazione estirpa i problemi alla radice, e quando estirpi le radici, le erbacce non possono più crescere”.

Una volta Laplace disse:

“Un’intelligenza che, ad un dato istante, conoscesse tutte le forze da cui è animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se per di più fosse abbastnza profonda per sottomettere questi dati all’analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei più grandi corpi dell’universo e dell’atomo più leggero: nulla sarebbe incerto per essa e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi.”

Ebbene questa teoria è stata smentita perché tutti hanno preferito basarsi unicamente sul Principio di Indeterminazione di Heisenberg, ignorando il fatto che esso scaturisca e prenda forma dall’Umana Ignoranza, definita dai nostri stessi limiti di osservazione.L’uomo in genere preferisce credere solo e unicamente a ciò che è in grado di vedere…ma se tutto fosse visibile,paradossalmente,egli non vedrebbe più nulla;poichè verrebbe accecato dal Tutto. Il Determinismo è morto con la nascita del Principio di Indeterminazione di Heisenberg;e tutti gli scienziati se ne guardano bene dal portarlo ancora in luce, per paura di perdere di credibilità all’interno della comunità in cui operano…e quindi di perdere il lavoro. Esso comunque (Determinismo),celato nei cuori di parecchi scienziati (…forse i migliori),continuerà ugualmente a vivere…permettendo alla scienza di non dover mai scomodare Heisenberg,Schrödinger,Bohr e tutti coloro che hanno gettato le basi della QED.
(Se Gödel fosse stato preso veramente sul serio,tutta la matematica sarebbe sicuramente finita su un binario morto.Ogni scienza, per poter progredire,paradossalmente,ha bisogno sempre da parte nostra,di un pizzico di Illogicità ed Ignoranza).

Turnaturi: “Quando nella mente c’è troppo sapere non c’è spazio per il nuovo. Il sapere è cultura, che è importante, ovviamente, ma se il sapere non è accompagnato dall’intuito, che scaturisce in “assenza” di mente, e quindi in presenza di ignoranza, da solo è limitante. E’ un paradosso, è vero, ma è la vita a essere un paradosso, e questo fatto lo si può”capire” solo se ragioniamo “senza” la mente, perchè la mente non può vedere i paradossi, poichè essa è raziocinio, logica. Io ritengo che uno scienzato, un ricercatore, deve avere un pò d’ignoranza per poter essere un vero scienziato e un vero ricercatore, perchè solo quando si fa il vuoto di tutto l’acquisito nella propria testa, può esserci spazio per il Tutto.

Nel tuo racconto sulla porta in cima alla scala avevamo visto come le aspettative positive hanno trasformato la realtà in un evento sfavorevole; io aggiungo che quando le aspettative sono negative la realtà prende forma attorno al soggetto in modo, ad egli favorevole. E’ classico l’esempio di quando aspettiamo una telefonata con ansia, che non arriva, e che arriva, invece, quando oramai avevamo perso le speranze.
Ogni volta che abbiamo delle aspettative modifichiamo la realtà a noi circostante, mentre quando non abbiamo aspettative (meditazione), la realtà si manifesta (quindi non viene modificata) per quello che è, e non si può dire che sia positiva o negativa, ma neutra.

C’è da dire, però, che in un certo senso è come se fosse positiva, ma solo dal punto di vista percettivo, poichè quando si è in meditazione si prova un senso di pace. La meditazione, però, non è uno stato non ordinario della coscienza, ma è la mente che provoca stati non ordinari della realtà, e dal momento che non conosciamo la meditazione pensiamo che essa sia non ordinaria. Lo è, nel senso che non è la regola. Quelli che tu chiami nuclei inconsci vengono formati dalla attività mentale (aspettative), mentre quando si è in meditazione non si ha formazione di nuclei inconsci, secondo me, perchè in meditazione non ci sono pensieri (e quindi non ci sono aspettative).

Se la meditazione è assenza di pensiero, quindi assenza di aspettative, non si verificano nuclei inconsci e quindi nemmeno fenomeni di causalità e di retrocausalità. La meditazione non è un qualcosa in più, non è una struttura acquisita; la meditazione è qualcosa in meno, una struttura perduta. Buddha diceva che è la mente a creare il mondo, e ognuno di noi crea il suo mondo.La meditazione, invece, fa scomparire tutti i mondi personali e fa apparire la Realtà che è uguale per tutti”.

Dopo tutte queste ipotesi e considerazioni, è chiaro che al lettore attento sorgerà spontanea la seguente domanda: Ma lo stato di coscienza che comunemente definiamo “meditativo” (ovvero l’atto in sé del meditare), pone effettivamente un “freno” al principio di Retrocausalità, oppure no? Ebbene per poter rispondere a questa domanda con un minimo di oggettività e cognizione di causa, occorre innanzi tutto ricordare quanto segue:

Nel 1942 Fantappiè (uno dei maggiori matematici italiani) dimostrò che la soluzione positiva dell’energia (+E) è governata dalla legge dell’entropia, mentre la soluzione negativa dell’energia (-E) è governata da una legge simmetrica all’entropia, da lui chiamata sintropia. Studiando le proprietà della sintropia Fantappiè scoprì, con suo grande stupore, la coincidenza tra queste proprietà e le caratteristiche tipiche dei sistemi viventi, quali ordine, organizzazione, crescita e tendenza alla complessità; egli arrivò così ad affermare che le proprietà tipiche della vita sono la conseguenza di cause collocate nel futuro.

Per qualsiasi valore di E (energia) quindi che volessimo considerare in seno ad uno stato psichico che escluda determinati stimoli di azione-reazione, difficilmente esso potrà essere nullo. Anche volendo considerare unicamente la psiche, intesa come una forma complessa di Informazione dinamica (che alla fine è pur sempre energia, ma in un particolare stato al limite tra il ponderabile e l’imponderabile) ed escludendo quindi la massa cerebrale e tutte le sue componenti (neuroni, neurotrasmettitori, neuropeptidi,…),che in definitiva giocano, attraverso gli stimoli esterni, a favore di una costante “oscillazione energetica”; anche considerando, dicevo, la sola psiche,essa stessa,per quanto possa trovarsi in una sorta di “stato condensato” (meditazione),dove non è più possibile interagire con gli stimoli esterni della realtà ad essa circostante, essa dovrà per “forza di cose” assumere dei “valori energetici” sicuramente infinitamente piccoli, ma mai nulli; e questo per il semplice fatto che non può esistere, uno “spazio vuoto di campo”.

“Solo l’idea del campo come rappresentante la realtà, in combinazione con il principio generale di Relatività, riesce a rivelare il vero nocciolo dell’idea di Descartes: non esiste spazio vuoto di campo”.(A. Einstein)

Con queste mie ultime precisazioni-considerazioni, non intendo comunque invalidare le ipotesi della Turnaturi (come neppure valorizzarle, ovviamente); ma semplicemente far capire ai lettori più …”curiosi”, che a volte le cose non sono così semplici come si sarebbe,ad un primo esame, tentati a credere. Detto ciò, è chiaro che in un campo assai complesso come questo, dove i confini tra fisica e metafisica si fanno via via sempre più sottili, qualsiasi porta che conduca a nuove frontiere ancora inesplorate della ricerca scientifica, rimane aperta.

Tutto è possibile quindi, anche se non sperimentalmente dimostrabile; non dimentichiamo il fatto che parecchie teorie fisiche (e in special modo alcuni postulati della Relatività), formulate all’inizio del secolo scorso, si sono potute dimostrare sperimentalmente solo durante gli ultimi decenni (basti pensare ad esempio ai condensati di Bose-Einstein, di cui si è parlato all’inizio del libro). C’è da considerare poi il fatto che anche in ambito matematico, da cui nascono e prendono forma tutte le ideeipotesi del mondo della fisica, vi sono delle “verità” ancora non dimostrate sulla base delle quali continuiamo a costruire teorie fisiche che per certi aspetti quindi, hanno ben poco senso.

Senza andare a scomodare Gödel, per fare un esempio, basti pensare all’ultimo teorema di De Fermat (3), che si è riusciti a dimostrare solo pochi anni fa (tra l’altro indirettamente), a circa trecento anni di distanza dalla sua formulazione! Vi sono idee quindi che seguono dei percorsi brevi,in quanto ad una loro dimostrazione; altre dei percorsi un po’ più lunghi, tutto ovviamente dipende dalla complessità che tali idee rivelano col tempo, e dall’importanza che esse rivestono nelle applicazioni pratiche nelle quali alla fine dovrebbero venir incluse, al fine di migliorare la qualità di determinati aspetti funzionali di vecchie e nuove tecnologie (che a loro volta sono legate alla qualità della nostra vita).

3 Tale teorema afferma che per la seguente equazione: x^n + y^n = z^n , non esistono soluzioni con numeri interi per n maggiore di 2. Semplicemente cambiando il 2 nella equazione di Pitagora con qualunque altro numero superiore, diventa praticamente impossibile trovare una soluzione con numeri interi. La dimostrazione di tale teorema, fu trovata non molti anni fa dal matematico Andrew Wiles.

Al momento quindi, stabilire in che misura le mie teorie, che ho avuto modo di sviluppare in seno al Synchro Enery Project, possano in futuro trovare delle applicazioni in determinati ambiti scientifico-tecnologici, risulta un’impresa assolutamente ardua, se non addirittura impossibile. Le mie speranze (…anche se sarebbe sbagliato averne,poiché come ora sappiamo molto bene, portano solo ad un sacco di delusioni e ad eventi non molto piacevoli), attualmente, si potrebbero riassumere con questa semplice considerazione: Ora che il dado è tratto, occorrerebbe che qualcun altro presto o tardi, percorra la mia stessa strada, giungendo possibilmente a dei nuovi traguardi, magari anche più significativi di quelli che ho raggiunto io, usufruendo soltanto della mia modesta cultura e intelligenza.

Fausto Intilla
oloscience